Ventotto
Aveva appena scostato la tapparella verso l’esterno, perché entrasse un po’ d’aria, e stava lasciando la finestra socchiusa. La stufa aveva fatto fumo.
‘E io non ci sto più con ’ste gambe’ si disse Amalia Cuotolo a mezza bocca.
Stava pensando di telefonare alla dottoressa quando le urla in strada la fecero tornare alla finestra. Da quel che poteva vedere erano i due soliti ragazzini che urlavano contro il biondino, quello che aveva ammazzato il moldavo, come aveva detto il giornale.
«Tu ucciso… tu ucciso… polizia… polizia».
«Ma smettetela… ci vado io alla polizia».
«Tu ucciso ragazza». E intanto, per quel che poteva vedere dalla fessura della persiana, stavano mostrandogli un qualcosa che uno dei due aveva in mano… un telefono?
«Volevi questo? Pagare… soldi… soldi! Tu morta ragazza… tu, polizia!»
«La volete piantare?»
«Tu paghi e noi diamo questo. Tu paghi…»
«Avanti, dammelo!»
«Tu paghi… polizia! Tu ucciso ragazza… polizia!»
Stavano urlando e ridendo, sgambettando proprio sotto la sua finestra.
«Basta!» urlò la donna. «Andate via! Sempre qua davanti dovete stare? Sempre qua davanti?» Chiuse rumorosamente la finestra. ‘Sempre qua davanti a far chiasso’ si disse. ‘E gli hanno appena ammazzato il fratello… era il fratello?’ Il giornale diceva di sì, che era il fratello maggiore. Sempre lì davanti a non far niente e a disturbare chi passava. Quel biondino… lui gli aveva ammazzato il fratello. Proprio lui era stato, lo aveva detto il giornale.
‘Ora telefono alla dottoressa, che muova il culo e che venga a vedere che cosa hanno le mie gambe, altro che polizia! La chiamo io, la polizia’.
Si avvicinò al tavolo, trascinando i piedi. Sul tavolo era steso il giornale che le aveva regalato l’inquilino del primo piano: quando l’aveva finito di leggere lo regalava a lei, che se anche era di un giorno indietro non importava.
Il titolo in grande diceva proprio che quel biondino, Alessandro Tosi, quello a cui avevano ammazzato la ragazza… be’, lui, aveva ammazzato un ladro, il ragazzotto che era sempre per strada con gli altri due, a far baccano e a disturbare la gente che passava. Sempre a ridere… che cosa avevano da ridere, poi?
Allungò la mano sul telefono, ancora di quelli con la cornetta, come una volta. Come piaceva a lei. Rosso. Gliel’avevano regalato a Natale, e lei lo aveva voluto rosso. Così lo vedeva bene. E anche se non suonava mai, faceva allegria già solo per il colore.
Mentre lo stava tirando verso di sé per chiamare la dottoressa, da sotto l’apparecchio spuntò un bigliettino: ‘Avvocato Aziz Bernardini’.
‘Ah, il negretto’ pensò con un sorriso. Le aveva fatto una bella impressione: uno che non si dava arie ma che era gentile.
Fece il numero della dottoressa, facile perché l’assistente sociale gliel’aveva messo in memoria, bastava premere il tasto due.
«Sono Amalia Cuotolo, mi abbisogna una visita domiciliare, dottoressa. Quando può?»
«Domani alle tre, fai la brava, Amalia. Ci vediamo domani alle tre».
Faceva la brava, sì. Ma le gambe erano le sue, accidenti. E quelle cure non le facevano più niente.
Riguardò il titolo del giornale. Quel ragazzo – aspetta, si chiamava Alessandro Tosi – aveva ucciso a casa sua un ragazzo moldavo, che si chiamava Nicolae… abitava con la madre, una sorella e due fratellini in una baracca ai Sempioni. Aveva diciassette anni.
L’aveva letto l’articolo, aveva capito la storia.
Si ricordava di quel ragazzino, l’aveva sentito ridere e gridare con il biondino che l’aveva ammazzato. Anzi, erano in due. C’era anche l’altro, il brunetto. Li riconosceva perché erano sempre intorno alla casa di quella Giulia, morta anche lei.
Il biondino era lo stesso di quella mattina. Lui e i due ragazzini. Tu ucciso ragazza… polizia polizia…
Che significava: ‘Tu ucciso ragazza, polizia polizia’?
La donna scosse la testa e ripiegò il giornale.
Avevano detto: ‘Tu ucciso ragazza’.
Non fratello, ragazza. ‘Tu ucciso ragazza, polizia polizia…’
Riguardò il titolo del giornale. Quel biondino aveva ucciso il loro fratello, perché avevano detto ‘ragazza’? Con quell’arnese tra le mani?
Tu ucciso ragazza…
Il telefono era lì. Anche il biglietto di quell’avvocato. Che male faceva? Lei diceva soltanto ciò che aveva sentito: sì, che male faceva?
«Non so se è importante, avvocato. Ma io questo ho sentito…»
«Va bene, la ringrazio signora. Vengo da lei domani. Va bene domani alle tre?»
«Sì, che va bene. Domani alle tre».
Non pensò all’appuntamento con la dottoressa. Pensò solo che non c’era niente di male. Lei avrebbe detto soltanto quello che aveva sentito.
Tu ucciso ragazza.