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«Qui c’è un’ordinanza sul vagabondaggio?» chiese Reacher.
Il giudice annuì: «Come in molte cittadine dell’Ovest».
«Non ne ho mai vista una.»
«Allora le è andata molto bene.»
«Non sono un vagabondo.»
«Senza casa per dieci anni, senza occupazione per dieci anni, si sposta in pullman o chiede passaggi, oppure va a piedi e svolge lavoretti occasionali: in che altro modo si definirebbe?»
«Libero», rispose Reacher. «E fortunato.»
«Mi fa piacere che veda un aspetto positivo.»
«Che mi dice del diritto di libera assemblea del Primo Emendamento?»
«La Corte suprema l’ha stabilito molto tempo fa. I comuni hanno diritto di vietare l’accesso alle persone indesiderate.»
«I turisti sono persone indesiderate? Che ne pensa la Camera di commercio?»
«Questa è una cittadina tranquilla, all’antica. La gente non chiude a chiave la porta di casa. Non ne sentiamo la necessità. La maggior parte delle chiavi è andata perduta anni fa.»
«Io non sono un ladro.»
«Tuttavia, preferiamo eccedere nella cautela. Da esperienze fatte altrove risulta che i disoccupati vagabondi sono da sempre un problema.»
«E se non me ne andassi? Qual è la pena?»
«Trenta giorni di prigione.»
Reacher non disse nulla. «L’agente la condurrà ai confini della cittadina. Si procuri un lavoro e una casa, allora l’accoglieremo a braccia aperte, ma non torni finché non lo avrà fatto », concluse il giudice.

Il poliziotto lo riaccompagnò di sotto, gli restituì i contanti, il passaporto, il bancomat e lo spazzolino da denti. Non mancava niente. Poi gli porse i lacci delle scarpe e attese al banco dell’ingresso mentre Reacher li infilava negli occhielli, li stringeva e li legava. Mise quindi la mano sul calcio della pistola e disse: «In macchina». Reacher attraversò l’atrio camminando davanti a lui e uscì dalla porta principale. Il sole era tramontato. Era un’ora tarda del giorno, una stagione tarda dell’anno e stava facendo buio. Il poliziotto aveva spostato l’auto. Adesso era parcheggiata con il muso all’esterno.
«Sali dietro», ordinò.
Reacher udì un aereo in cielo, lontano, a ovest. Un monomotore che saliva rapido. Un Cessna, un Beech o un Piper, piccolo e solitario in quello spazio immenso. Aprì la portiera e scivolò all’interno. Senza manette stava molto più comodo. Si allungò di lato come avrebbe fatto in un taxi o in una limousine. Il poliziotto si chinò tenendo una mano sul tetto e una sulla portiera e disse: «Facciamo sul serio. Se torni, ti arrestiamo e passerai trenta giorni nella stessa cella. Sempre se non ci guardi storto e non ti spariamo per resistenza a pubblico ufficiale».
«Sei sposato?» domandò Reacher.
«Perché?»
«Secondo me no. Hai l’aria di uno che si ammazza di seghe. »
Il poliziotto rimase a lungo immobile, sbatté la portiera e salì davanti. Seguì la strada, girò a destra e si diresse a nord. Sei isolati per arrivare alla Main Street, pensò Reacher. Se svolta a sinistra, mi porta avanti, a ovest, forse lascio perdere, ma se svolta a destra e mi riporta a est, verso Hope, forse non lo farò.
Reacher detestava tornare indietro.
Il moto in avanti era il suo principio ispiratore.
Sei isolati, sei cartelli di stop. A ognuno il poliziotto rallentò, guardò a sinistra, a destra e proseguì tranquillo. Alla Main Street si fermò del tutto e attese. Poi diede gas, proseguì e sterzò.
Svoltando a destra.
A est.
Di nuovo verso Hope.