Epilogo
Fausto Lombardi apre la porta del suo appartamento parigino, un monolocale nel quartiere di Montmartre. Ha in mano un sacchetto di carta dal quale spunta l’estremità di una baguette, ancora calda, acquistata dal panettiere all’angolo. Appoggia la spesa su un tavolino e apre la borsa che porta a tracolla, estraendo i due quotidiani italiani appena presi all’edicola internazionale. Con l’ansia che accompagna ogni giorno questo rituale, sfoglia le pagine di cronaca nera, alla ricerca delle ultime novità sulle indagini che lo interessano. Non trova niente. Un sospiro di sollievo sottolinea l’inizio di altre ventiquattro ore di tranquillità.
Si domanda se preparare subito la cena o dedicarsi prima alle faccende di casa. Non può permettersi una governante per le pulizie del piccolo appartamento. Lo stipendio di assistente presso l’università privata nella quale è stato assunto basta appena per l’affitto, il cibo e le piccole spese. Non gli consente certo di vivere nell’agiatezza alla quale era abituato in Italia, col suo posto di docente alla Cattolica di Milano. Qualche volta pensa di attingere dai suoi risparmi, quelli che ha portato con sé, in contanti. Ma quei soldi, circa novantamila euro in banconote da cinquecento, sono tutto quello che possiede. Potrebbero servirgli nel caso si trovasse costretto a fuggire in Sudamerica, o in qualche paese africano. Rappresentano la sua unica via di salvezza, se le cose dovessero volgere al peggio.
La casa di Milano, quella sì che potrebbe assicurargli un benessere duraturo, se solo riuscisse a venderla. Ma Flavia ci abita ed è pressoché certo che, in sede di divorzio, il tribunale le assegnerà la proprietà definitiva, benché quella abitazione appartenga da molte generazioni alla famiglia Lombardi. Maledetti giudici italiani! Per partito preso sono sempre gli uomini a dover essere penalizzati nelle separazioni e nei divorzi.
Fausto decide che per oggi non vuol saperne di lavare pavimenti e stirare biancheria. Tira fuori dalla busta i pomodori e la paillard di manzo, deciso a ricompensare la sua deprimente giornata con una cena decente. Cipolla e sedano sono in frigo e c’è anche quella bottiglia di vino bianco che voleva riservare a un’occasione speciale. Al diavolo le occasioni speciali. La berrà stasera e poi proverà a chiamare quella studentessa di Lione, quella che gli ha fatto gli occhi dolci durante la lezione di ieri. Fausto ha copiato il suo numero di cellulare dalla scheda dell’università ed è quasi certo che quella biondina sia una che ci sta. Del resto lui può assicurarle il massimo dei voti all’esame del suo corso, e non è certo un’offerta da scartare per una studentessa mediocre come lei.
Il campanello della porta lo distrae da questi pensieri, mentre sta affettando la cipolla sul piccolo tagliere rettangolare.
Fausto si asciuga le mani sul grembiule a scacchi che indossa sempre quando cucina. Apre la porta, quasi certo che si tratti dell’anziana vicina ma sperando, inconsciamente, che possa trattarsi di una delle studentesse che ha più volte invitato a casa sua.
Lo sbigottimento trasfigura i suoi lineamenti quando si ritrova davanti sua moglie Flavia. Indossa un trench lungo, nero, enormi occhiali da sole e guanti di pelle. Ha i capelli biondissimi, raccolti in una acconciatura alta. L’espressione di sorpresa di Fausto Lombardi si trasforma in terrore quando la donna, con un gesto rapido, estrae un coltello affilato dalla tasca del trench e glielo infila nella pancia, sotto alle costole. Lombardi cerca di urlare, ma il dolore gli paralizza le corde vocali. Indietreggia portandosi entrambe le mani all’addome, mentre la chiazza rossa che si è materializzata sul suo grembiule si allarga a vista d’occhio.
Flavia richiude la porta mentre l’ex marito inciampa su una sedia e cade a terra, sempre nel tentativo di arginare l’emorragia con la pressione delle mani.
“Credevi che non l’avrei scoperto, vero?” dice Flavia, “pensavi che non fossi in grado di fare due più due. Ma erano anni che sapevo. Anni che ti spiavo mentre ti masturbavi davanti a quei filmati orribili, chiuso nel tuo studio. Quelle donne torturate… Ho sempre pensato che si trattasse di squallide messe in scena e invece… Invece era tutto vero. Tu pagavi per guardare quegli uomini che facevano del male a delle poverette, delle ragazze!”
“A… aiuto… sto morendo…” sussurra Lombardi con un filo di voce. “Ambulanza… ti prego… un dottore…”
“Quando ho saputo che quell’agenzia era coinvolta, allora ho capito,” continua Flavia senza curarsi delle suppliche dell’uomo. “Fosti tu a voler regalare quel servizio fotografico a Giulia. Tu l’accompagnasti, in quei giorni in cui eri a Roma per quel tuo convegno all’università. Rimasi stupita quella volta, non riuscivo a spiegarmi il perché di un gesto così affettuoso.”
“Flavia… l’ambulanza… ti prego…”
“Era stato quell’uomo, il titolare dell’agenzia, a farti entrare in quel circuito di pervertiti. Di sadici schifosi pervertiti. E tu gli hai portato Giulia. Perché l’hai sempre desiderata, ma sapevi che non avresti mai potuto averla. È così, bastardo, vero? Confessa che è così!”
“Flavia, ti scongiuro…” rantola Fausto Lombardi trascinandosi sul pavimento, “il telefono… dammi il telefono…”
“L’ho capito solo dopo. Dopo ho ricollegato. Il tuo modo di guardarla, quando la fissavi silenzioso, le volte che cenavamo insieme. Non era rimprovero, non era disinteresse. Il tuo era desiderio. Era il sogno di possederla. Anzi, di vederla posseduta, torturata da quei mostri assassini.”
Il sangue di Fausto Lombardi intanto ha creato una piccola pozza per terra. L’uomo sente le forze mancargli. Prova, con un ultimo sussulto, a raggiungere il suo cellulare, sul tavolino accanto alla poltrona, ma Flavia è molto più rapida di lui. Smonta la cover ed estrae la batteria. “Volevi questo?” dice mostrandogli il telefono. “Eccolo. È tutto tuo,” e gli lancia addosso con disprezzo quel che ne resta. Fausto è stremato. Sente le forze che l’abbandonano, rinuncia anche all’inutile tentativo di rallentare l’emorragia e si accascia a terra con gli occhi semichiusi.
Flavia si avvicina, tenendosi a una distanza di sicurezza per non sporcarsi di sangue. Lo fissa dall’alto contorcersi dal dolore, mentre le energie residue lo stanno progressivamente abbandonando.
“Sei l’ultimo errore della mia vita. Da ora in poi nessuno potrà più trattarmi come hai fatto tu. E se ci proveranno...” si china ed estrae bruscamente il coltello dallo stomaco dell’ex marito.
Lui, come riemergendo da un sonno profondo, spalanca gli occhi terrorizzato, mentre dalla ferita il sangue prende a sgorgare ancora più copiosamente.
“Se lo faranno, è questa la fine che li aspetta.”
Con gesti calmi, la donna pulisce la lama del coltello sul grembiule dell’uomo, poi lo rimette in tasca. Si guarda intorno, assicurandosi di non aver lasciato alcuna traccia del suo passaggio. Controlla i vestiti per verificare di non avere schizzi di sangue addosso. Poi, senza neanche degnare di uno sguardo Fausto Lombardi, ormai agonizzante, se ne va chiudendosi la porta dell’appartamento alle spalle.