Quattro

Il liceo classico Cesare Beccaria è il più antico di Milano ed è anche una delle scuole più esclusive della città. È in zona Fiera, a otto chilometri di distanza dalla casa di Luca Betti. Sua moglie Elisa ha voluto a tutti i costi che la figlia lo frequentasse. “È in quella scuola che si forma la classe dirigente di questa città! È lì che vanno tutti quelli che contano.” Ha ripetuto questa litania per mesi, fino a quando il marito ha dovuto cedere. Per riuscire a iscrivere la ragazza all’indirizzo sperimentale in storia dell’arte, una sezione a numero chiuso, si è visto costretto a ricorrere alla raccomandazione di un lontano parente che lavora all’Ufficio scolastico provinciale. Anche se il poliziotto continua a dubitare che l’attuale classe dirigente del Paese sia esperta in storia dell’arte.

Sara Betti percorre tutti i giorni il tragitto casa-scuola con i mezzi pubblici. La linea verde della metropolitana da Udine alla stazione Garibaldi, poi l’autobus 37 per sette fermate. Oggi, però, suo padre ha deciso di farle una sorpresa. Il vice commissario attende la fine delle lezioni appoggiato al cofano della sua automobile, con le braccia conserte. Guardandosi intorno, tra le Porsche Cayenne, le Volkswagen Touareg e le Audi A7, si rende conto che il suo Qashqai grigio recita la parte di Cenerentola. E dire che ci ha riflettuto due mesi prima di decidersi ad acquistarlo. Naturalmente a rate. È l’auto più grande e più accessoriata che abbia mai posseduto. Quattro ruote motrici, interni in pelle e navigatore incorporato. Per un attimo si sente quasi in colpa a far salire la figlia su quella automobile, costringendola a rivelare a tutti la sua estrazione sociale. Poi si pente di aver pensato una cosa così stupida, vergognandosene quasi. “È l’amore per i figli. È qualcosa in grado di farci fare le cose più incredibili, nel bene e nel male.”

Dopo pochi minuti, un vero e proprio fiume di ragazzi si riversa fuori dal grande cancello, disperdendosi nelle varie direzioni. Luca Betti si sbraccia per farsi notare da sua figlia che, con i libri stretti al petto, sta chiacchierando allegramente con due compagne di scuola. Quando scorge il padre si blocca e resta per un attimo interdetta. Poi sorride (“Grazie a Dio,” pensa Betti) e saluta le due amiche dirigendosi verso il Qashqai.

“Come mai?” chiede la ragazza. “È successo qualcosa?”

“Perché?” risponde l’uomo dopo averle sfiorato la guancia con un bacio. “Non posso fare una sorpresa alla mia bambina? E poi volevo parlare cinque minuti con te…”

Il traffico dell’ora di punta è, come sempre, micidiale.

“Hai avvertito la mamma? Ci metteremo più del doppio del tempo che avrei impiegato con la metro.”

“Non preoccuparti per la mamma, gliel’ho detto che sarei passato a prenderti,” mente Betti. “Piuttosto, com’è andata oggi a scuola?”

“Dai, papà, non è di questo che vuoi parlare… e poi lo sai che a scuola vado bene. Ti ascolto, spara pure.”

“È una parola,” pensa l’uomo destreggiandosi per superare una Cinquecento spudoratamente abbandonata in doppia fila, mentre da dietro qualcuno protesta suonando il clacson.

“Volevo parlarti di stamattina,” dice il poliziotto continuando a fissare la fila di auto davanti a sé, “non so di preciso cosa hai sentito, ma forse è meglio chiarirci, prima che tu possa farti un’idea sbagliata.”

“Non c’è da farsi nessuna idea sbagliata. Lo so da un pezzo che anni fa la mamma ti ha tradito col tuo migliore amico. Quello che è stato in galera perché era corrotto e che poi ha tentato di incolparti per non scontare la pena.”

Betti è senza parole, non immaginava che sua figlia sapesse. Ai tempi era una bambina, è impossibile che capisse ciò che le stava accadendo intorno. Lui e la moglie hanno fatto di tutto per proteggerla, per tenerla all’oscuro.

“Come fai a sapere queste cose? Chi te le ha dette?”

“È stata Giulia. Tempo fa ci siamo trovate su Facebook e abbiamo ripreso i contatti. Sapeva tutto, sua madre gliel’ha raccontato. E lei ha fatto lo stesso con me.”

“Facebook. Cristo, ci mancava proprio…”

“Dai, papà, non fare l’antico. Lo so che hai anche tu un profilo.”

“Sì, solo che io ho ventisette amici, ex compagni di scuola e di corso. Mentre tu ne hai quasi milleduecento, se non sbaglio…”

“Ma che fai, mi spii? Guarda che ti denuncio alla Polizia postale!” scherza la ragazza.

“Che c’entra? Il profilo è pubblico, no? Ho solo dato un’occhiata. Mi fido di te, non ho nessun motivo di spiarti.”

“Sì, come no…”

“Sara, quand’è che tu e Giulia vi siete sentite l’ultima volta? Potrebbe essere importante.”

“Sarà stato a settembre dell’anno scorso, abbiamo chattato per un periodo e si è confidata con me. Forse qualche tempo dopo se n’è pentita, si sarà sentita in imbarazzo… perché da un certo punto in poi non si è più fatta viva, e io ho preferito lasciarla in pace per non essere indiscreta. È ancora nella mia lista di amici.”

Luca Betti annota mentalmente le informazioni, ma è certo che una indagine ufficiale sui social network sia già in corso. Da quando il ministero degli Interni si è accordato con Facebook per rendere visibili i profili ai fini investigativi, è diventata quella la pista più seguita nei casi di sparizioni o omicidi, insieme con la lettura dei tabulati telefonici.

“Senti… che cosa ti ha raccontato di preciso Giulia?”

“Mi ha detto che suo padre è un gran bastardo. Che beveva e si drogava, che ha abbandonato lei e la madre e che tu sei stato l’unico a rimanergli accanto fino alla fine, anche quando fu cacciato dalla polizia.”

“Eravamo molto amici. Abbiamo lavorato insieme per anni e lui mi ha tirato fuori dai guai parecchie volte.”

“Mi ha raccontato che tu l’hai ospitato quando non aveva nessun posto dove andare e che lui, come ringraziamento, ha sedotto la mamma e ne è nata una breve storia. Fino a che non l’hanno sbattuto in galera, dove si è fatto sette anni prima di uscire e scomparire nel nulla.”

“Be’, non è andata proprio così. Devi capire che la mamma stava passando un brutto periodo, era depressa. Anche per i guai che avevo io sul lavoro…”

“Sì, eri nei guai perché il tuo caro amico ti aveva tirato in mezzo. Ha cercato di scaricarti addosso colpe che non avevi per pararsi il culo.”

“Turpiloquio a parte, parli di cose che non sai, non fino in fondo almeno. La realtà è che si era creata una situazione…”

“Dai, papà,” lo interrompe la ragazza, “guarda che Giulia è stata molto esplicita, mi ha raccontato tutti i particolari. Mi ha detto che odia suo padre e che non vuole rivederlo mai più. Lo odia per il male che le ha fatto. È stata una fortuna che sua madre si sia risposata con quel professore universitario. Giulia lo considera il suo vero padre.”

Luca Betti continua a guidare nel traffico milanese, in silenzio. Per un attimo valuta di chiedere a sua figlia se pensa che un giorno potrebbe accadere anche a lei di ritenere qualcun altro il suo vero padre. Ma in fondo sa che quella stupida fame di sicurezza è solo un altro dei tanti effetti collaterali causati dall’amore smisurato che prova per lei.

“Comunque,” continua Sara, “c’è una cosa che devi sapere su Giulia.”

“Ti ascolto.”

“Soffre un casino. Fa di tutto per fingere che di suo padre non gliene freghi niente ma non è così, ci sta male da morire a non sapere che fine ha fatto. Come abbia potuto, in tanti anni, non cercarla mai, non avere voglia di vederla, o anche solo di parlarle al telefono.”

“E tu come lo sai?” le chiede il padre voltandosi a guardarla.

“L’ho capito dalla cattiveria con la quale parlava di lui, quando mi ha raccontato quelle cose. Se non ti importa di una persona, non infierisci tanto contro di lei. Quindi, sappi che se qualche volta mi accanisco con te e mamma, è solo perché vi voglio bene.”

Luca Betti si volta verso la figlia, che gli sorride. E in quel momento si sente l’uomo più fortunato e più invincibile del mondo.