Venti
Claudio Barbagallo è un istruttore di difesa personale di trentanove anni. Fisicamente incarna il prototipo dell’ascetico atleta di arti marziali, cranio rasato, baffetti filiformi, fisico asciutto e ben modellato. In realtà è una persona solare ed espansiva, amante degli happy hour e della buona cucina, musicista, poeta, grande intrattenitore nelle feste e negli eventi conviviali. Luca Betti lo ha conosciuto un anno fa, quando ha iniziato a frequentare un corso avanzato di closecombat con l’intenzione di rispolverare le sue vecchie competenze nel karate sportivo che, un paio di decenni prima, gli avevano fruttato una cintura marrone. Fra i due è nata subito una bella amicizia, fatta di cene, aperitivi, serate di cinema o di musica dal vivo con le rispettive compagne. Quella di Claudio è una psicologa divorziata. Antonella è una donna affascinante che, come lui, esprime il proprio talento artistico in vari modi, compreso l’insegnamento di danza del ventre. Corsi che, per alcuni mesi, anche la moglie di Luca Betti ha provato a frequentare, prima di decidere che no, non facevano per lei.
“Prego! Accomodati pure, fai conto di essere a casa tua!” dice Claudio spalancando la porta del suo appartamento. È un bilocale a qualche traversa di distanza da casa di Betti, sempre in zona Lambrate.
“Grazie, Claudio,” dice il poliziotto trascinando un borsone di tela Samsonite. Ha raccolto, in fretta e furia, buona parte della sua biancheria più una decina di camicie, due paia di jeans e qualche giacca sportiva. Completano il bagaglio un paio di scarpe di ricambio e la trousse per l’igiene personale, quella che tiene sempre pronta per le partenze improvvise.
“Guarda, la casa la conosci già,” continua il suo ospite, “non fare complimenti. Le lenzuola sono pulite, qui nell’armadio trovi quelle di ricambio e gli asciugamani.”
“Perfetto. Comunque, ti ripeto, sarà per poco. Qualche giorno, giusto per capire come sistemarmi e…”
“Su, Luca, te l’ho detto, a me non dai nessun fastidio! Ormai sto in pianta stabile da Antonella. Ah, poi, in cucina trovi acqua minerale e birra in abbondanza. Purtroppo poco altro, perché non faccio la spesa da un secolo. Tanto l’Esselunga qui all’angolo la conosci bene.”
Luca Betti pensa a tutte le volte in cui è andato in quel supermercato con sua moglie e la figlia. Ricorda che Sara, a tre anni, si divertiva a stare nel carrello della spesa e che lui adorava scarrozzarla in quel modo.
Claudio si accorge dell’involontaria gaffe e tenta subito di sviare il discorso. “Senti, Luca, se Sara volesse venire a stare un po’ da te, nello studio c’è il divano letto. Se invece ti porti qualche donna, mi raccomando, che venga sempre accompagnata da un’amica figa, così mi fai un fischio e organizziamo una bella orgia!”
Luca Betti appoggia il borsone a terra e lo guarda con un sorriso amaro stampato in faccia.
“Dai, dai, scherzo,” gli dice Claudio dandogli una vigorosa pacca sulla spalla. “Adesso non pensarci troppo, magari tra un po’ di tempo si sistema tutto. In frigo c’è qualche lattina di Faxe da un litro, prenditi una bella sbronza e dormici sopra.”
“È un’idea da non scartare,” risponde Betti stringendo la mano all’amico.
Rimasto solo, si sente aggredire da una tristezza senza confini. Cerca di non di pensare a sua figlia, e al momento in cui sarà costretto a incontrarla per spiegarle quello che è successo. Per un attimo viene anche assalito dal dubbio di aver commesso un grave errore, uno di quelli irreparabili. Ma è solo un attimo. Gli basta ripensare al prima, all’infelicità nascosta che ha accompagnato tutti gli anni vissuti con sua moglie, per convincersi che la separazione era l’unica strada percorribile.
È strano come, a poche ore di distanza da un giorno qualsiasi della sua vita precedente, tutto, per Luca Betti, sia diventato così provvisorio, insicuro. Si sente vulnerabile, in balìa di ogni sorta di cambiamento. Questo pensiero lo spaventa ma, allo stesso tempo, lo elettrizza. La verità che ha tenuto nascosta dentro di sé per tanti anni gli appare ora in tutta la sua dolorosa crudezza: sua moglie non lo ama, non l’ha mai amato. Almeno non di quell’amore che lui avrebbe voluto, quella magica reazione chimica fatta di complicità, di desiderio, di condivisione. Lui ha rappresentato il minimo sindacale nella vita di Elisa. Un punto di riferimento, certo, ma senza passione, senza gioia, soprattutto senza entusiasmo. Una sicurezza “dovuta”, un centro gravitazionale intorno al quale ruotare, sfogando le proprie frustrazioni.
“Insoddisfatta”, pensa Luca, è questo il termine che si adatta meglio a sua moglie. Insoddisfatta professionalmente, per non essere riuscita a lavorare nel campo universitario dopo essersi laureata con centodieci e lode in Filosofia. Insoddisfatta socialmente, per non essere mai entrata a far parte di quegli ambienti esclusivi dell’alta borghesia milanese che in gioventù aveva frequentato grazie alle amicizie dei suoi genitori. Insoddisfatta sessualmente, nonostante lui l’adorasse e considerasse il farle provare piacere l’unico obiettivo della loro vita sessuale. Aveva immolato a questa causa tutte le sue energie, aveva cercato di trovare un equilibrio nei rapporti intimi con sua moglie, di comprenderne i desideri, anticiparne i pensieri. E invece, fra loro, il sesso si era trasformato, in pochi anni, in un vero e proprio incubo. Il desiderio di lui, mai corrisposto, era diventato quasi una colpa, un fardello da portare sulle spalle. Una realtà scomoda, costantemente nascosta, che riaffiorava in modo subdolo ogni qualvolta la visione dell’adorato corpo di Elisa faceva riemergere in Luca tutta la frustrazione per la sua inadeguatezza, la sua incapacità di renderla felice.
Le occasioni di allacciare relazioni con altre donne non gli erano mancate. Negli anni, nell’ambito del lavoro, ne aveva conosciute molte, ma nessuna si avvicinava neanche lontanamente a quel modello di bellezza, cultura ed eleganza che la donna che aveva sposato aveva sempre incarnato per lui.
Poi c’era stata la doccia fredda. Aveva scoperto la relazione fra Elisa e Marco. Il suo collega, il suo socio, l’uomo a cui aveva voluto bene come a un fratello.
Il grande amore per sua moglie lo aveva forzato a superare anche quell’ostacolo. Il tradimento si era trasformato, nel suo inconscio, in una catarsi psicologica, una giusta punizione per non essere mai riuscito a renderla felice. E a pagare il conto della rabbia, della disperazione, dell’umiliazione di quel tradimento, era stato solo Marco. Amicizia finita, abbandono immediato, cancellazione di dieci anni di sodalizio umano e professionale.
Marco. A Luca viene in mente che, in quel preciso istante, il suo amico si trova in qualche località sperduta, in balìa di una specie di santone che lo sottopone a chissà quali torture per liberarlo dal cancro della sua dipendenza da alcol. Una cura pericolosa che mette a rischio la sua stessa vita. Almeno a quanto risulta dallo strambo racconto di Martini.
Luca è indeciso sul da farsi. Il primo istinto è di rintracciare Leo Massacese, l’ex collega, e farsi dire dove si nasconde il vecchio. Ma Marco ha scelto di sottoporsi a quel trattamento per un motivo ben preciso, tornare in pista e ritrovare sua figlia. Cosa potrebbe proporgli? Una terapia tradizionale da comunità di recupero o da riunioni degli alcolisti anonimi? Con l’ansia che ha Marco di mettersi subito alla ricerca di Giulia, finirebbe per ricadere nel suo vizio e a Luca resterebbe pure il rimorso di avergli messo i bastoni tra le ruote.
Mentre è assorto in questi pensieri, il suo cellulare squilla. È Flavia.
“Luca, ciao, sei già rientrato a Milano?”
“Stamattina. Tu, invece? Resterai ancora molto a Roma?”
“No, ho deciso di partire stasera. Senti, ti sto chiamando per quell’investigatore, quello bravo che hai detto di conoscere. Vorrei che mi accompagnassi da lui il prima possibile, magari anche domani.”
“Flavia, non precipitare le cose. Se non sbaglio avevamo deciso di aspettare ancora un po’, di concedere del tempo ai colleghi di Roma che stanno facendo tutto il possibile per…”
“No, Luca, per favore!” lo interrompe la donna. “Non c’è tempo! Tu non hai idea di cosa voglia dire non sapere dov’è tua figlia, come sta, cosa le sia successo! Giulia conta su di me, io non posso abbandonarla, capisci? Non voglio deluderla, Luca. Se puoi aiutarmi, fallo subito. Altrimenti mi arrangerò da sola. Cercherò un investigatore, su internet se necessario. E se non sarà bravo, lo licenzierò e ne prenderò un altro e un altro e un altro ancora! Non rimarrò ferma in un angolo in attesa che qualcuno venga a dirmi che hanno ritrovato il cadavere di mia figlia! Devo fare qualcosa, devo…”
La voce di Flavia è spezzata dai singhiozzi. Un pianto disperato che ha trattenuto per troppo tempo e che ora, finalmente, riesce a farsi strada attraverso la sua apparente freddezza.
“Flavia, calmati, ti prego! Va bene, faremo come vuoi, ti accompagnerò da una persona. Flavia, mi stai ascoltando?”
“Promettimelo,” chiede la donna con un filo di voce, “promettimi che domani stesso ci andremo. Me lo devi giurare!”
“Te lo prometto, va bene. Ma dammi almeno il tempo di fare qualche telefonata… Ti chiamerò domattina, ti dirò se sono riuscito a contattarlo e a fissare un appuntamento. Ma tu cerca di calmarti… Non farti vincere dalla disperazione, in questo modo non aiuti Giulia. Dobbiamo rimanere vigili, non possiamo perdere la speranza.”
“Sì, io… va bene. Ma ricorda che me l’hai promesso. Mi porterai dall’investigatore. Dev’essere uno bravo, deve ritrovare mia figlia…”
“Ascolta, Flavia… Come tornerai a Milano? Tuo marito…”
“Prenderò il treno fra due ore, il Frecciarossa.”
“Se vuoi, vengo a prenderti in stazione.”
“No, Luca, è meglio di no. Sentiamoci al telefono domani, in mattinata, e ci diamo un appuntamento per andare dall’investigatore.”
“Flavia, io vorrei parlarti, vorrei che…”
“Non ora, Luca. Adesso l’unica cosa importante, l’unica che conta, è fare di tutto per ritrovare Giulia.”