Due
Il vice commissario Luca Betti si guarda allo specchio, e quello che vede non gli piace per niente. È nel bagno del suo appartamento in via Pordenone, dietro a piazzale Udine. Indossa boxer e maglietta bianca. Tornato a casa, alle due passate, si è spogliato completamente e ha gettato i vestiti nel cestello della lavatrice, prima di infilarsi sotto la doccia, con il preciso intento di far sparire la puzza dei tre assalitori che ancora lo tormentava. Come sempre è riuscito a fare tutto nel massimo silenzio, senza svegliare sua moglie e Sara, la loro figlia sedicenne.
Adesso sono le sei e mezza del mattino e i rumori che gli giungono ovattati, attraverso i vetri delle finestre, gli raccontano che la città è già sveglia e attiva da un bel pezzo. Vorrebbe sentirsi anche lui così. Sveglio e attivo. Invece all’improvviso sente addosso tutto il peso dei suoi quarantasei anni. Fino a qualche tempo prima l’età non era un problema per lui. Si stupivano tutti che fra i suoi folti capelli castani non ce ne fosse nemmeno uno bianco. Era abituato a farsi dare dieci anni di meno, ormai la cosa non lo lusingava neanche più. E tutto senza essere mai stato un patito delle diete, dell’attività fisica, della vita sana. Un semplice dono di natura. Ora, invece, la tinta “sale e pepe” inizia a farsi strada con prepotenza. A questo vanno aggiunte le occhiaie per la nottata in bianco oltre al labbro gonfio, il naso tumefatto e le costole doloranti per i calci rimediati dai tre clochard al parco Solari. Per un attimo ha meditato di recuperare qualche collega della Celere, di quelli più schizzati, e organizzare una spedizione punitiva per i tre, fargli sputare sangue e vendicare l’affronto subìto. Poi ci ha ripensato e ha aggiunto l’episodio alla lunga serie di quelli che è meglio dimenticare.
“Luca, che ci fai già in piedi? Manca mezz’ora alla sveglia…” È sua moglie Elisa che gli parla, appoggiata allo stipite della porta del bagno. Indossa una camicia da notte leggera di cotone, una specie di t-shirt lunga che mette in risalto le sue forme generose.
Betti la guarda e pensa che quei lunghi capelli biondi, quando sono così sconvolti, al mattino, la rendono ancora più bella.
La donna si avvicina coprendosi la bocca per celare uno sbadiglio che le si strozza in gola quando si rende conto delle condizioni del marito. “Oddio, Luca! Che ti è successo? Che ti hanno fatto?”
L’uomo si volta e le afferra le mani, cercando di tranquillizzarla. La preoccupazione nella voce di sua moglie lo infastidisce. Crea una sorta di squilibrio nella difficile geometria del loro rapporto, all’interno del quale Luca si è da tempo rassegnato alla convinzione che lei non lo abbia mai amato davvero. “Niente di grave, stai tranquilla.”
Elisa Maran, in Betti, esplora il volto del marito con occhi terrorizzati. “Chi ti ha ridotto così? Dobbiamo andare al pronto soccorso, dobbiamo…”
“Non dobbiamo fare niente,” replica lui. “Calmati ora, sono solo un paio di graffi.”
“No, non sono per niente un paio di graffi! Vieni, mettiti qui.” La donna trascina il marito fino a uno sgabello di plastica, accanto alla vasca da bagno, e lo costringe a sedersi. Poi apre lo sportello del mobiletto a specchio, sopra il lavandino, e tira fuori dei dischetti di cotone e un flacone di acqua ossigenata. Luca Betti, rassegnato a prestarsi a questa specie di farsa, si appoggia alle piastrelle e si sottopone alle cure della moglie. È da tempo, ormai, che ogni raro gesto premuroso, ogni accenno di considerazione da parte sua, gli appaiono come forzati. Sporadiche concessioni, neanche lontanamente assimilabili a vere dimostrazioni d’affetto.
“Mi vuoi dire cosa è successo?” chiede Elisa con insistenza, mentre tampona, inutilmente, le ferite sul viso del marito.
“Dei senzatetto mi hanno accerchiato e mi hanno pestato un po’. Al parco Solari. Poteva andare peggio.”
“Al parco Solari? Cosa ci facevi di notte al parco Solari? Ormai questa roba non ti riguarda più, ora sei all’Investigativa, no? Orario diurno, lavoro di responsabilità, niente più azioni pericolose… Non è questo che mi avevi promesso?”
“Non ero in servizio, Elisa. Ero lì per cercare una persona.”
“Una persona? E chi sarebbe questa persona che cercavi di notte in un parco?” Sull’ultima parola la donna si blocca, come illuminata da un’improvvisa consapevolezza. Fissa il marito in cerca di risposta. “Luca, ti prego, non mi dire che… Non dirmi che cercavi lui.”
“Elisa, per favore…”
“Luca,” la donna appoggia sul bordo della vasca tamponi e flacone e prende il viso di suo marito fra le mani, chinandosi per avvicinarsi il più possibile a lui. “Luca, no… Non devi farlo. Quell’uomo ci ha portato solo male. Avevamo deciso, avevamo giurato di dimenticarlo per sempre…”
“Dai, Elisa, piantala.” Luca Betti scosta delicatamente le mani della moglie e si alza. Esce dal bagno, mentre lei resta interdetta e lo segue con lo sguardo. Dopo pochi secondi lo raggiunge in cucina.
“Luca, spiegami perché. Che cosa credi di fare? Pensi ancora di dovergli qualcosa? Di essere in debito con lui? Dopo quello che ti ha fatto, quello che ci ha fatto…”
“Elisa, cristo!” sbotta Betti. “Si tratta di sua figlia. Ha il diritto di sapere. Ci sono doveri che vanno oltre qualsiasi risentimento, cose che devono essere fatte e basta.”
“Se servisse a qualcosa sì, ti darei ragione!” ribatte la donna seguendo il marito che, con gesti lenti, svita una moka sul lavello d’acciaio. “Ma sai bene che è tutto inutile! Ridotto com’è, non può fare niente per sua figlia. Niente. Anzi, se lo informi, ammesso che abbia ancora un briciolo di affetto per quella ragazza, lo farai stare solo peggio… Ah, ma forse è questo che vuoi, ti vuoi vendicare! Fargliela pagare, informarlo pur sapendo che non è più in grado di fare nulla.”
“Smettila!” risponde l’uomo alzando la voce. “E comunque guarda che l’ho già fatto. L’ho trovato e gliel’ho detto. Gli ho detto della figlia.”
“Gli hai parlato! Allora è stato lui ad aggredirti…”
“Ma non dire sciocchezze! Anzi, se è per questo mi ha salvato lui da quei tre. Se non fosse arrivato in tempo, adesso probabilmente saresti vedova.”
Elisa Maran si copre il volto con le mani e si abbandona su una sedia. “Sono quelle in plexiglas che abbiamo scelto insieme all’Ikea,” pensa il marito guardandola. “Una delle rare volte in cui ci siamo trovati d’accordo su qualcosa.”
“Dimmi che è finita qui, che non lo cercherai più. Dimmelo, ti prego. Ho bisogno che me lo giuri ora, in questo preciso momento.”
“Senti, Elisa, sono un padre, come lui. Se mi fossi trovato nella sua condizione avrei voluto saperlo. Avrei voluto che qualcuno mi avvertisse di una cosa simile.”
“No, tu non sei affatto come lui! Tu sei un buon padre, mentre lui… lui non è niente. La verità è che non ci riesci proprio a staccarti da quell’uomo, nonostante il male che ti ha fatto.”
“Ho superato anche la fase dell’odio, lo sai, ora lo considero un perfetto estraneo. Ma quello che ho fatto l’avrei fatto per chiunque. Era giusto che sapesse, era giusto che qualcuno gli dicesse che sua figlia è scomparsa.”
“Era giusto? Ed era giusto anche quando, invece di stare vicino alla sua famiglia, pensava solo a drogarsi e ubriacarsi tutte le sere? Era giusto che si facesse corrompere da quegli spacciatori, che prendesse quelle mazzette per pagarsi la cocaina e i debiti di gioco?”
“Elisa, per favore…”
“Era giusto abbandonare moglie e figlia, passare da una puttana all’altra, come se niente fosse? E mentire al giudice, tentando di scaricarti addosso la colpa di tutte le sue malefatte?”
“Non era in sé. La cocaina e l’alcol l’avevano reso un altro, non ragionava.”
“Certo, bella scusa. Come se qualcuno l’avesse obbligato a ridursi in quel modo. Tu, intanto, ti sei salvato per miracolo, solo perché i tuoi superiori e il pubblico ministero Salvemini ti hanno creduto e sei stato scagionato da ogni accusa. Salvo che, se non fosse stato per lui, per il tuo caro collega, a quest’ora saresti già commissario da un pezzo. E invece no, grazie a tuo ‘fratello’, quello che non avevi mai avuto… Be’, grazie a lui sei ancora vice commissario, nonostante tutti i casi importanti che hai risolto.”
“Li ho risolti insieme a lui. Non dimenticartelo.”
La donna scatta in piedi e alza il tono di voce: “Non ci posso credere! Parli come se ancora lo rispettassi! Come se provassi affetto per lui!”.
Luca Betti scaglia la caffettiera sul pavimento. La moka si apre in due spargendo dappertutto acqua e polvere di caffè. “E tu, cristo, parli come se fossi io quello che c’è andato a letto!”
Elisa Maran resta come pietrificata, lo sguardo alla porta della cucina. Luca Betti si volta e si accorge di sua figlia che osserva la scena, senza parlare.
“Sara…” dice alzando una mano verso la ragazza che, in pigiama e pantofole di spugna, lo osserva con espressione cupa. “Amore, io… io e la mamma stiamo solo discutendo di cose che…”
Sara si volta e, lentamente, torna nella sua camera. Elisa si porta la mano alla bocca e reprime un lamento. Poi segue la figlia, lasciando il marito solo, a maledire quella che si profila come una delle giornate più difficili della sua vita.