6. Sull’ora e sul luogo dove fu partorito il Recinto.
Quando nacque? Un lunedí o un martedí? Fortunato non assistette alla sua nascita. E nemmeno il Personero Rivera, né le autorità, né gli uomini trattenuti nei pascoli videro arrivare il treno. I ragazzi trovarono, all’uscita da scuola, due vagoni addormentati nella stazione. Gli anziani li scoprirono verso sera. Un piccolo convoglio, solo una locomotiva e due vagoni. Era da parecchio tempo che le autorità supplicavano la Compagnia di far fermare il treno, anche solo per cortesia, a Rancas. Richieste inutili. I convogli di Goyllarizquizga, vanitosi del loro minerale, attraversavano il villaggio senza concedergli uno sguardo. Finalmente, ora, un treno si fermava. Se l’avessero avvertita, la Personeria avrebbe organizzato un benvenuto. Noleggiare trombe e tamburi non è cosa d’altro mondo. Maschere da diavolo, bardature di festa per i cavalli avanzano, nella pampa; per disgrazia, i rancheni pasturavano quando il treno cominciò a vomitare sconosciuti. I vicini di Ondores, di Junín, di Huayllay, di Villa de Pasco, si conoscono tutti. Ma quegli ingiacchettati di cuoio nero, nessuno li aveva mai visti. Scaricarono balle di filo di ferro. Finirono all’una, mangiarono e cominciarono a scavare buche. Ogni dieci metri piantavano un palo.
Fu cosí che nacque il Recinto.
I rancheni tornano dai loro poderi alle cinque. È il momento migliore per concludere affari di bestiame o per propalare battesimi e matrimoni. Come tutti i giorni, anche quel crepuscolo fecero ritorno dai loro pascoli. Trovarono l’Huiska recintato! L’Huiska è un colle pelato che non nasconde minerale, né polla d’acqua, né tollera il prato piú stento. Perché recintarlo?
Col suo collare di filo di ferro l’Huiska sembrava una vacca ficcata in un chiuso.
Morivano dal ridere.
“Chi saranno quei matti che cintano l’Huiska?”
“Saranno geologi.”
“Saranno operai del telegrafo.”
“Quale telegrafo?”
“Fintanto che non se la prendono con noi, cosa ci importa?” disse il Personero Alfonso Rivera.
Quella notte, il Recinto dormí sul colle Huiska. I pastori uscirono, il giorno dopo, soffocando risolini sotto il bavero. Quando tornarono, il Recinto aveva già serpeggiato per sette chilometri. Nel suo chiuso non soltanto ruminava l’Huiska: muggiva anche il colle Huancacala, un’immensa mandibola nera disseminata, per volontà di Dio, di immagini benedette: la Madre Dolorosa, il Divino Crocifisso e i dodici apostoli di pietra. I fili di ferro adombravano i santi. I rancheni sono di poche parole. Non dissero nulla, ma fu come se un colpo d’ala maltrattasse il loro viso. In piazza, si scontrarono con un’altra notizia: le squadre non appartenevano al Governo. Abdón Medrano era andato a Cerro, quel pomeriggio, per caso, e si era imbattuto nel Capo dell’ufficio dei Telegrafi. Il Capo, un uomo inacidito, si esasperò. “Che stupidaggini mettono in giro? Quegli ingiacchettati non lavorano per il Telegrafo. Io li conosco bene gli operai delle Opere Pubbliche. Quelli non sono del Governo. Mai sentito parlare di loro.”
“A che cosa serve l’Huiska? Cosa vale quel mucchio di rocce?” tornò a sghignazzare il Personero Rivera.
“Finché non se la prendono con noi, cosa importa? Chi vuole impadronirsi delle rocce, col suo pane se le mangi.”
“Quel Recinto è opera del diavolo. Ve ne accorgerete. Qui c’è qualcuno che ha a che fare col Berlicche.”
Don Teodoro Santiago alzava e abbassava senza sosta le sopracciglia.
Si misero a ridere. Don Santiago profetizza sempre disgrazie. Annunciò che il campanile sarebbe crollato. Ma non è crollato. Predisse che sarebbe scoppiata la peste. Ma non è scoppiata. Don Santiago è un uomo di lutti. Perché discutere?
Non avremmo dovuto ridere. Invece di ungerci la bocca con parole stupide, avremmo dovuto assalire il Recinto, ammazzarlo e schiacciarlo sul nascere. Qualche settimana dopo, quando la Grande Paura strinse le mandibole, don Alfonso riconobbe che ci eravamo addormentati. Don Santiago aveva ragione, ma ormai il Recinto infettava tutto il dipartimento.
Fortunato si fermò e stramazzò sull’erba. Il suo cuore saltava come un rospo. Sollevò mezzo corpo e scrutò la curva brumosa: in qualsiasi momento, forse proprio mentre stava ansimando, sarebbero apparsi i camion, ma i suoi occhi non distinsero alcun riflesso; acciambellata come un gatto, la strada per Rancas dormicchiava.