14. Sulle misteriose malattie che colpirono i greggi di Rancas.

La strada verso Cerro de Pasco era una collana di cento chilometri di pecore moribonde. Greggi famelici rosicchiavano gli ultimi cespugli nelle strettoie che, a ogni lato della strada, venivano tollerate dall’imperiosità del Recinto. Quel transito durò due settimane. Nella terza il bestiame cominciò a morire. Nella quarta morirono centottanta pecore; nella quinta, trecento; nella sesta, tremila.

Immaginarono che fosse pestilenza. La signora Tufina mandò a comprare unguento contro la verminazione. Sua figlia si procurò per conto suo anche un po’ di acqua benedetta. Né unguento né acqua benedetta arrestarono la moria. Morirono a migliaia. La strada correva tra due cordoni di bava bianca.

“Castigo di Dio, castigo di Dio!” bramiva don Teodoro Santiago marcando con croci le case degli adulteri e dei calunniatori.

“È per le vostre colpe! Per le vostre lingue infette e per i vostri desideri sporchi, Dio sputa su Rancas!”

I peccatori s’inginocchiarono.

“Perdono, don Santiago!”

“Non chiedete perdono a me, sacrileghi! Supplicate Dio!”

Quella notte i vecchi lapidarono la casa di Mardoqueo Silvestre. Mardoqueo è proprietario di una lingua di vipera. E non basta: Mardoqueo manipola erbe. Lo si è visto vagare, in certe notti di luna, nel Bosque de Piedra. I vecchi si riunirono e presero a sassate la sua casa.

Mardoqueo uscí con l’immagine del Señor de los Milagros e s’inginocchiò nel fango.

“Giuro di non aver avuto cattivi pensieri! Per la salvezza della mia anima, giuro di non aver commerci con la gente dell’Altro Mondo.”

“Cosa facevi nel Bosque de Piedra?”

“Cacciavo nottole, paparini.”

“Giuri che non ricomincerai a calunniare la gente, Mardoqueo?”

“Lo giuro per l’anima mia, nonnini,” rispose Mardoqueo baciando l’immagine divina.

Gli anziani innaffiarono di acqua benedetta la porta di Mardoqueo. Inutilmente. Le pecore continuarono a morire. I vecchi si disperarono. Nemmeno nei meandri della memoria ritrovavano ricordi paragonabili a quelli.

“È arrivata la nostra ora,” diceva Valentin Robles. “Manca ormai poco e poi richiuderanno il villaggio. E allora ci mangeremo tra cristiani. Il padre si mangerà il figlio; il figlio si mangerà la madre.”

“Se potessimo, andremmo in altri villaggi a supplicare, ma non si può. Sopra la pampa c’è soltanto aria.”

“Sarebbe meglio che si portassero via tutto. Sarebbe meglio che il Recinto entrasse nel paese. Sarebbe meglio che morissimo tutti. Morti non domanderemo nemmeno acqua.”

“Sta per arrivare il giorno tremendo! Il Recinto non è che un segnale. Vedrete: non solo fuggiranno gli animali, ma ben presto se la daranno a gambe anche i morti.”

“A Yanahuanca i morti hanno lasciato le tombe vuote prima dell’alba.”

Un uomo grasso, con la faccia mezzo pallida, impillaccherato di fango, parlò dalla porta.

“Non è Dio, paparini, è la ‘Cerro de Pasco Corporation’!”

Era Pis-pis, un forestiero che veniva una volta all’anno a Rancas per vendere merci strane: cinture magnetiche, unguento contro la stregoneria, sciroppo di stramonio per ammaliare gli uomini, pomate contro gli incubi. Quell’anno vendeva corde per chitarra.

In ogni villaggio, c’è una chitarra inservibile per mancanza di un cantino. Il padrone è disposto a pagarsi un capriccio. Risultato: a Pis-pis non manca mai birra.

“Il Recinto,” informò Pis-pis, “è lungo piú di cento chilometri.”

“Come fai a saperlo?”

“Chi ha un fiammiferino?”

Il Personero Rivera glielo diede.

“E adesso chi ha una sigarettina per questo fiammiferino?”

Se non gliela avessero offerta, non avrebbe parlato. Gli diedero un’Inca. Aspirò il fumo con ansietà.

“Il Recinto è lungo piú di cento chilometri,” ripeté. “Comincia a San Mateo.”

La gente rimase lí senz’anima.

“Il Recinto comincia al chilometro duecento dalla strada per Lima.”

“Chi è il padrone?” domandò il Personero Rivera.

“È la compagnia ‘Cerro de Pasco Corporation.’”

“E tu come fai a saperlo?”

“Io ho amici autisti,” disse Pis-pis ingollandosi un’acquavite bruciabudelle.

“E dove finisce?” domandò Rivera, con voce straziata.

“Non finisce,” disse Pis-pis, liquidando il secondo bicchierino. “Vogliono recintare il mondo.”