30. In cui si verrà a conoscenza della non disprezzabile utilità del rompizampe.
Il Personero fece male i calcoli: i fiori del cimitero durarono otto giorni; il nono, le stesse pecore compresero la vanità della brucatura e si distesero, qua e là tra le tombe. Il settimo giorno il Personero Rivera convocò un cabildo. Dinanzi ai trecento volti abbruniti, riconobbe il suo errore: se il giorno del parto fatale avesse sospettato, la notte, madre del Recinto, avrebbe forse abortito. Ma non aveva sospettato. La pampa è stata sempre dei viandanti. Ora la terra, tutta la terra conosciuta, invecchiava zitella dietro un recinto che i piedi di nessun essere umano erano capaci di seguire. I villaggi piú vicini erano distanti giornate di viaggio. Fortunato, che arrugginiva, poveretto, nella prigione di Huánuco, aveva ragione: ormai non potevano piú indietreggiare. Bisognava lottare.
Il silenzio piovigginava. Tutti capivano che per togliersi la spina di quelle parole, don Alfonso aveva percorso per settimane le viuzze dell’insonnia, tacchettando senza sosta sulle pietre di Rancas, nel freddo ammazzabestie.
Decisero di attaccare.
A trenta chilometri dai loro lutti, affondato in una poltrona di pelle, con una lettera in mano, un uomo biondo e con gli occhi azzurri sognava. Quell’aureola che esalta la testa di tutti coloro che transitano per i sogni illuminava la sua faccia lentigginosa. La lettera che Harry Troeller, Sovrintendente della “Cerro de Pasco Corporation,” rileggeva, era latrice di notizie sorprendenti. A Cleveland correva voce che la “Cerro de Pasco Corporation” e la “Picklands Mother Company” avevano intenzione di fondersi per consolidare un gigante: uno dei piú grandi produttori minerari dell’America latina. Troeller rifletté: le vendite della nuova compagnia avrebbero superato abbondantemente i 500 milioni di dollari. Mr. Koening, Presidente de “La Cerro” assicurava che gli utili minimi del colosso avrebbero raggiunto i 75 milioni di dollari. Mr. Koening aveva ragione. Il mondo stava vivendo l’epoca dei megateri. Nell’universo dei giganti, i deboli non hanno diritto all’erba. Gli occhi di Mr. Troeller s’illuminarono. E se proprio lui, Troeller, avesse aggiunto alle attività di quel favoloso impero, dominatore incontrastato di dozzine di miniere, di ferrovie, di fonderie e di porti, un milione di ettari? Non i cinquemila che quel meticcio del suo avvocato Carranza si riprometteva di far recingere dal Recinto, ma addirittura un milione di ettari. E sognò di un recinto infinito, sognò di una intera nazione rinchiusa in un recinto piú lungo della neve. Un milione di ettari in Perú? Il Comitato di Direzione si sarebbe stupito. Sí, signori, avrebbe detto Mr. Koening, e forse si sarebbe parlato, per un attimo, di un certo Harry, di quel ragazzo sperduto nelle anfrattuosità delle Ande.
Decise di attaccare.
Il ventisette fu un giorno soleggiato. Il ventotto nevicò. Il ventinove, una mattinata d’un azzurro inconcepibile, un treno si fermò accanto alla pensilina. Si avvicinarono i rancheni rabbuiati e decisi a lottare, ma i vagoni vomitarono guardie repubblicane e cento uomini della “Compagnia.”
Protetti dai fucili, vecchi mauser 1909 acquistati con colletta pubblica per riscattare con le armi le province di Tacna e di Arica, le squadre si misero in marcia. Trenta minuti dopo, sempre preceduti dai fucili pietosamente destinati a indorarsi sotto il sole delle battaglie, gli ingiacchettati raggiunsero l’unico territorio libero di Rancas: la Porta di San Andrés.
“Rompizampe!”
Il “rompizampe” è un tubo di metallo di qualche pollice di diametro. Sotterrati verticalmente, i “rompizampe” trasformano qualsiasi terreno in una specie di colabrodo; nessuna pecora può avanzare senza infilarvi una zampa. Per liberarla non c’è altro rimedio che il coltello.
“Rompizampe!”
Le squadre avanzarono tra lo stupore del mezzogiorno imbaldanzito dai fucili che all’inizio del secolo furono sul punto di immortalarsi. Egoavil, scuro in volto, sbraitò i suoi ordini. Gli ingiacchettati cominciarono a interrare i “rompizampe.” Rancas seguiva il lavoro, atrocemente affascinata. “La Cerro” chiudeva l’unico passaggio libero. I tre quarti del bestiame era morto. La pampa era un ossario colossale. Ma fino a quella mattina si poteva ancora portar fuori dal paese ciò che rimaneva delle bestie. Non appena le squadre avessero finito di seminare i “rompizampe,” nessun animale avrebbe piú potuto varcare la Porta di San Andrés. Don Teodoro Santiago aveva ragione: Gesucristo sputava su Rancas. E non solo su Rancas. Identiche facce di cuoio seminavano rompizampe in tutti i villaggi. Ora si che li rinchiudevano completamente. I corvi del temporale rovesciarono il breve ma glorioso regno del mezzogiorno: sarebbe caduta la pioggia. Il cielo s’imbronciò, Rivera, immobile nel vento, capí che se non si faceva qualcosa non ci si sarebbe mai liberati del Recinto. Bocca secca, cercò sotto il poncho, con mani sudate, la sua fionda da bestiame. Fissò il cielo sdegnoso, i berretti indifferenti delle guardie, i picconi che lavoravano, le case debilitate dalla scialbatura, gli avvoltoi incombenti...
“Ujuiii...” ululò, ormai impegnato nel vortice della fiondata.
“Ujujuiii...”
Era uno strillo di gheppio. Il sasso schioccò, secco, sulla faccia di un caporale che scivolò dalla sella con la fronte insanguinata.
“Ujujuiii...”
Si slanciarono sulle guardie. I repubblicani, sorpresi, si lasciarono abbracciare. Ormai i fucili non potevano piú servire. La rabbia dei rancheni continuava a danzare nelle loro fiondate. Le squadre insanguinate fuggivano. I repubblicani, ricomposti, caricavano coi cavalli e rovesciavano i ribelli, facendoli rotolare nel fiume gelato e continuando a colpirli col calcio dei fucili. Non cedevano. Il chiarore del giorno sfumava. In un attimo, il pomeriggio incanutí e si aprirono le cateratte di una tempesta luciferina.
“Guardie, ritirata!” gridò il capo. “Cornuti!” si volse a gridare, allontanandosi col picchetto. “Imparerete cosa vuol dire attaccare le Forze Armate!”
Ignorando che il Codice Militare prescrive che “l’individuo o gli individui che osino attaccare la Forza Armata sono passibili di processo sommario davanti al Consiglio di Guerra e che...,” i comuneros ballavano. La tempesta non cedeva. La strada scompariva sotto la rabbia della grandine. Divelsero i “rompizampe.” Poi si lanciarono contro i paletti del Recinto. Trecento metri di filo di ferro scomparvero in un baleno. Gridavano e ballavano, come ossessi. Spezzato il Recinto, cacciarono dentro le ultime pecore esauste. A Marcelino Muñoz – terza elementare alla Scuola Comunale – venne in mente di congegnare uno spaventapasseri. Nel crepuscolo illividito, piantò il fantoccio sulla montagna di rompizampe conquistati. Nella fretta della ritirata, le guardie avevano abbandonato un pastrano e un berretto. Marcelino chiese il permesso di mettere in divisa di repubblicano lo spaventapasseri. Il Personero Rivera glielo concesse. Cosa accade quando l’uomo viene costretto a rinnegare il suo stato di essere umano e ad indietreggiare verso lo stato primitivo di bestia? Cosa accade quando ai confini della sua sciagura, restituito al suo terrore di carnivoro insidiato, l’uomo ha davanti a sé l’alternativa di tornare ad essere un animale e quella, di trovare la scintilla di una grandezza?
Fortunato aveva ragione: indietreggiare lí, voleva dire urtare nelle nubi col culo.