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Non pensi alla sua sgradevole moglie. Hai sentito dire che è un matrimonio politico, qualsiasi cosa voglia dire. Non pensi ai suoi figli. E nemmeno a tua madre la vicepreside e a tuo padre il cardiochirurgo, e a quanto lavorano sodo perché tu possa lavorare gratis al tuo stage. Non pensi a tua nonna Esther e alla tua prozia Mimmy, entrambe sopravvissute all’Olocausto. Non pensi all’unica volta che hai fatto sesso, con un ragazzo con cui stavi ma che di certo non ti ha chiesto il permesso. Non pensi all’estate passata al campeggio dei ciccioni, a quattordici anni. Non pensi a quanto odi il tuo corpo, che in realtà non ha mai fatto nulla per te. Non ci pensi affatto al tuo corpo. E di certo non pensi al dolce, simpatico Charlie Greene. Non ti chiedi se davvero vorresti un uomo come il membro del Congresso.
Il punto è che non pensi, e basta. Non volevi pensare e non pensi. Volevi provare qualcosa che non fosse il senso di colpa.
Ti avvicini a lui e premi le labbra sulle sue, gli spingi la lingua in bocca. Sei sfrontata, impavida e sconsiderata. Ti piace essere una ragazza del genere.
Per un istante la sua lingua incontra la tua, ma poi la spinge fuori dalla bocca con forza. Lui ti allontana e ti tiene a distanza col braccio. Si guarda attorno per assicurarsi che non ci sia nessun altro.
«Capisco il tuo impulso», dice. «Ma questo è inopportuno. Non può succedere di nuovo.»
Annuisci e afferri lo zaino, corri alla macchina.
Quella sera rifletti sulla frase «Capisco il tuo impulso».
Significa:
A. Anch’io ho provato l’impulso di baciarti.
B. Capisco perché una come te vorrebbe baciare uno come me, anche se, di fatto, non provo lo stesso impulso.
C. In generale, capisco che le persone a volte provano l’impulso di baciare altre persone.
Stabilisci che è impossibile sapere cosa abbia voluto dire. Ma presenti comunque le possibilità alla tua compagna di stanza, che è in rotta con la sua ragazza. La tua compagna di stanza pensa che la risposta giusta sia la A.
Il giorno dopo, sabato, Charlie Greene ti telefona. «Cosa ti è successo?»
«Mi hanno trattenuto in ufficio.»
«Ho pensato che dovesse essere quello. La prossima volta, magari, avvisami. Comunque mia nonna vuole ancora conoscerti.»
«Okay.»
«Forse conosce tua nonna.»
Arriva una telefonata sull’altra linea. Non riconosci il numero ma rispondi lo stesso.
«Aviva», dice il membro del Congresso. «Avrei bisogno che tu venissi in ufficio oggi.»
Di solito è la responsabile a chiamare per i turni della settimana. Da una parte ti chiedi se il membro del Congresso voglia licenziarti, dall’altra però ti chiedi se ti bacerà di nuovo.
Non fai la doccia. Hai dormito coi pantaloni della tuta e con una maglietta e non ti prendi la briga di cambiarti. Non vuoi metterti niente di speciale. Niente che dica che te ne importa.
Vai in ufficio e hai le mani gelate, quando sei nervosa ti succede.
Prendi l’ascensore e, quando arrivi, Aaron Levin ti chiama nella sua stanza. «Lascia aperta la porta. Voglio che tu scopra tutto quello che puoi sul coinvolgimento del governo nella canalizzazione del fiume Kissimmee.»
«Sissignore.»
La ricerca in Internet richiede venti minuti. Il Kissimmee è il fiume più lungo della Florida e, come ogni fiume, agli inizi della sua carriera era una serie di anse irregolari e sinuose. Alla metà del XX secolo, un’epoca di ottimismo dissennato, i genieri dell’esercito statunitense avevano deciso che, se fosse stato diritto, il Kissimmee avrebbe contribuito al controllo delle inondazioni e sarebbe stato un utile strumento di navigazione per gli aerei. Ci avrebbero guadagnato tutti. Gli avevano scavato un nuovo letto, uccidendo innumerevoli specie di flora e di fauna e danneggiandolo in modo praticamente irreparabile. Dal punto di vista ambientale, il Kissimmee era stato un fallimento disastroso.
Torni nell’ufficio del membro del Congresso e glielo riferisci, aggiungendo qualche dato sui costi del ripristino alle condizioni iniziali.
«Una tragedia», dice.
«Sì, una tragedia.»
«Chiudi la porta.»
Vai a chiudere la porta. «Non riesco a smettere di pensare a te, ma sono sposato con figli, e ricopro una carica elettiva nazionale, quindi non può succedere.»
«Lo capisco.»
«Però vorrei che restassimo amici.»
«Certo», rispondi, anche se non hai amici della sua età, tranne tua mamma.
Ti tende la mano.
Se gli stringi la mano e poi cerchi di nuovo di baciarlo, vai a pagina 60.
Se gli stringi la mano e poi torni a casa, vai a pagina 94.
Se gli stringi la mano e poi dai le dimissioni, vai a pagina 95.