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A maggio, appena prima che Ruby compisse dieci anni, mi capitò di vedere Wes che usciva dall’ufficio. Stava andando verso Market Square e io nella direzione opposta, verso il negozio di Schiele, per incontrare una coppia di sposi, Edward Reed e Eduardo Ontiveros, che si facevano chiamare Reed e Eddie. Reed era un architetto del paesaggio, quindi i fiori di quel matrimonio sarebbero stati roba seria; voleva delle «architetture topiarie», come le chiamava lui, e Schiele sarebbe stato all’altezza della richiesta. Eddie insegnava nella scuola di Franny, quindi la coppia era stata invitata al matrimonio invernale di Miss Lincoln e Mr West, e il mio lavoro gli era piaciuto. Credo di essermi conquistata la loro simpatia anche perché non mi ero scomposta scoprendo che avevano lo stesso nome, in due lingue diverse. «Ci danno il tormento per questa cosa. Sì, abbiamo lo stesso nome», mi aveva detto Eddie quando stavamo discutendo delle partecipazioni. «Siamo due uomini e ci chiamiamo nello stesso modo. Capita. Non è che sia tanto straordinario o ridicolo.» Il matrimonio era fissato per agosto. Il tema era una fiesta WASP.
Per inciso, il Maine aveva legalizzato le unioni tra persone dello stesso sesso il dicembre precedente e c’erano i primi segnali di un raddoppio, almeno, del mio giro d’affari. Stavo addirittura pensando di prendere qualche dipendente.
Ma torniamo a Wes, che parlava al cellulare gesticolando in modo eclatante, come se recitasse o se al mondo non esistesse che lui. O meglio, noi altri esistevamo, ma eravamo solo il pubblico che assisteva alla sua telefonata, al suo incredibile acume di agente immobiliare o simili. Veniva dritto verso di me e io andavo dritto verso di lui. Non mi aveva visto, evidentemente ma, se anche mi avesse visto, non si sarebbe spostato. Non aveva ceduto il passo al dogsitter con una matassa di guinzagli. Non l’aveva ceduto alla donna con la carrozzina e il bimbo piccolo. E nemmeno all’anziano che usciva dall’ufficio postale. Non aveva ceduto il passo ai due fidanzatini che si tenevano a braccetto. Perché avrebbe dovuto cederlo a me?
Quel pomeriggio mi sentivo spavalda, così decisi di mettere alla prova l’ipotesi di Ruby. Cosa succede se qualcuno viene verso di te e tu non ti sposti? Era una giornata mite, le strade avevano fatto il favore di non essere ghiacciate, quindi continuai a camminare dondolando le braccia. Procedetti dritto verso di lui finché non rischiammo di scontrarci.
Ormai eravamo faccia a faccia, ma io non mollai.
E lui si spostò.