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Qualche settimana dopo – forse dopo essere passati da qualche grosso wedding planner di città – presero appuntamento per un secondo incontro, durante il quale mi avrebbero consegnato il contratto firmato e versato un anticipo per il servizio. Franny si presentò da sola, il che non era insolito, eppure lei era in imbarazzo. «Le sembra strano?» mi chiese. «Le sembra un brutto segno? Cioè... dovrebbe esserci anche lui, no?»

«Non è per niente strano», le dissi mentre mi passava l’assegno. «Mi capita spesso di lavorare più con uno dei due sposi. Non si può sempre essere dove si vorrebbe.»

Annuì. «Sta mostrando una casa. E non può decidere lui quando farlo.»

«Comprensibilissimo. Come le ha chiesto di sposarlo? Non mi pare di avervelo domandato.» Misi il contratto nello schedario.

«È stato molto romantico», mi rispose. Per lei romantico era una parolona. «Almeno secondo me. Adesso che glielo sto per raccontare, forse le sembrerà strano.» Anche strano era una delle sue parole preferite.

Le aveva chiesto di sposarlo al funerale di sua madre. Non proprio al funerale, ma subito dopo. Mi sembrò di capire che fosse successo nel parcheggio del cimitero, ma non ero sicura. Lei piangeva a dirotto, il muco le colava ovunque, e lui si era inginocchiato e aveva detto una cosa tipo: «Questo non sarà il giorno più triste della tua vita». Rivoltante. Ammetto che probabilmente le sue intenzioni erano buone, ma era davvero la cosa peggiore che avevo sentito su di lui. Insomma, certi giorni devono essere i più tristi della tua vita. E poi era giusto che lei prendesse una decisione tanto importante quando aveva appena perso la madre? Non li conoscevo, è vero, eppure mi sembrava quasi che lui le avesse teso una trappola nel momento in cui lei era più vulnerabile. Cominciavo a odiare Wes West. Solo un pochino, ma cominciavo a odiarlo. Spesso finivo per odiare lo sposo, ma di solito non così in fretta.

«Oddio, è strano», disse Franny. «È strano, vero?»

Non era strano, era orribile. Orribile, ma mediocre. Non la conoscevo e non erano affari miei. Per sviare l’attenzione da quello che stavo pensando e che forse il mio viso aveva rivelato, feci una cosa che non era da me. Mi allungai sulla scrivania e le presi la mano. «Mi dispiace tanto per sua madre.»

Le tremava il labbro e i grandi occhi azzurri le si riempirono di lacrime. «Oddio. Oddio.»

Le diedi un fazzolettino.

«Sono proprio una bambina.»

«No, ha perso una persona cara. Deve sentirsi alla deriva.»

«Sì, è esattamente così che mi sento. Alla deriva. Sua madre è ancora viva?»

«Sì, ma non ci vediamo spesso.»

«Che brutto.»

«Ma ho una figlia, quindi riesco a immaginare...»

«E sua madre non la vuole vedere? Sua nipote? Non ci posso credere!»

«Forse vorrebbe vederla. È complicato.»

«Non c’è niente di troppo complicato.» Franny mi sorrise. «Ho esagerato. Mi scusi. Lei ha un modo di fare molto rassicurante e mi sono dimenticata che non siamo amiche.»

Era dolce. «Avete fatto i compiti?» Avevo chiesto agli sposi di fantasticare sul loro matrimonio e mettere insieme una raccolta d’immagini.

Prese il tablet dalla borsetta. Avevano salvato una sposa con gli stivali da cowboy e uno sposo in frac e ascot; un buffet di torte salate e una torta nuziale a sette piani; segnaposti fatti con minuscole lavagnette e cartoncini color crema stampati in rilievo; un secchio d’argento di gerbere e una composizione di gigli e rose bianchi alta più di un metro; tovaglie a quadri e tovaglie di lino bianco; pollo arrosto e filet mignon. Sembrava il matrimonio del topolino di campagna col topolino di città.

«Non abbiamo concluso molto. Alcune sono idee sue e alcune sono idee mie.»

«L’avevo capito.»

«Lui vuole un ricevimento elegante, ma io lo preferirei più rustico. Ci può lavorare o siamo un caso disperato?»

«Siete un caso disperato.»

Franny rise e arrossì. «Abbiamo litigato, più o meno. Un piccolo litigio. Secondo lui ho un gusto rozzo. Ma voglio che i nostri invitati si sentano a loro agio. Non voglio dare l’impressione di un evento...» Cercò la parola giusta e si decise per «aziendale».

«Elegante e rustico. Mi ci faccia pensare. Candelabri e tovaglie bianche in un fienile. Oppure, considerato che sarà dicembre, vasetti di vetro con nastri a quadretti bianchi e rossi, velo da sposa e rametti di pino, tovaglie di tela grezza ma nella linda sala da ballo di un hotel. Lucette natalizie scintillanti sulla pista e segnaposto fatti con le lavagnette. Tulle drappeggiato e tovaglioli di lino bianco. Barbecue e torte salate. Un fuoco scoppiettante. Sì, mi sembra già di vederlo.» Perché l’avevo visto sul serio. Ultimamente volevano tutti il rustico elegante.

«Che meraviglia», disse lei.

Il campanello della porta trillò ed entrò Ruby. Buttò per terra lo zaino.

«Questa è la mia assistente», dissi a Franny.

Ruby le strinse la mano.

«Io sono Franny. Mi sembri decisamente giovane per fare l’assistente.»

«Gentile da parte sua, ma sappia che ho cinquantatré anni», disse Ruby.

«Portati molto bene. Franny vuole un ricevimento che sia elegante e anche rustico», dissi.

«Ci vorrebbe un furgoncino dei gelati», propose Ruby. «La mamma ha organizzato un ricevimento shabby chic col furgone dei gelati. Il gelato piace a tutti.»

«Lo sai che in ufficio non devi chiamarmi mamma!» la rimproverai. «Devi chiamarmi capo.»

«Gli invitati sono usciti nel parcheggio e potevano scegliere il gelato che volevano, gratis. È stata una cosa fantastica», continuò Ruby.

«Lo è stata senz’altro, ma Franny si sposa a dicembre», spiegai.

«Vero», disse Franny. «Però sembra molto divertente. Non si potrebbe fare, a dicembre? Non è che a dicembre non si possa mangiare il gelato. Anzi, un furgoncino dei gelati a dicembre sarebbe anche più divertente. Tanto vale sfruttare il tema del freddo, no?»

Quella sera ricevetti una telefonata di Wes, il quale voleva farmi sapere che la storia del furgoncino dei gelati non gli tornava. «Mi sembra una stupidaggine. Di quelli che inviterò, alcuni potrebbero votare per me un domani e altri potrebbero pure contribuire alla mia campagna. Non voglio che pensino a me come a quello che aveva un furgone dei gelati al suo matrimonio, in inverno.»

«D’accordo. Niente gelati.»

«Non voglio fare il guastafeste, ma mi sembra... da incoscienti.»

«Da incoscienti? Non esageriamo.»

«Da incoscienti. Un’idea impulsiva, prodotta da un cervello scombinato. Amo Franny, ma a volte si mette in testa delle idee...»

, pensai, Franny un cervello ce l’ha e quel birichino tende a farsi venire delle idee. «Mi sembra chiaro che la questione le stia molto a cuore. Ma tenga conto che siamo ancora nella fase di brainstorming. Non è che abbiamo noleggiato il furgone, nulla del genere.»

«Comunque, il fatto è... Le dispiacerebbe dire a Franny che il furgone dei gelati in inverno non è disponibile? Perché ormai lei si è fissata. Forse le sembra estroso, non lo so.»

«Non sarebbe più semplice se le dicesse che a lei non piace? Cioè, a Franny l’idea è piaciuta, ma non credo che ci tenga così tanto. Le piacciono un sacco di cose. È una persona molto positiva.»

«Sì. Però secondo me è meglio che glielo dica lei. Se glielo dico io, passo per quello che vuole rovinarle il divertimento. Se glielo dice lei, è un dato di fatto: la wedding planner non riesce a trovare un furgone dei gelati a dicembre.»

«Credo proprio che riuscirei a trovarlo.»

«Certo, ma Franny non lo sa.»

«In realtà non mi sento a mio agio, a mentire alla sua fidanzata. Cerco di essere sempre sincera con le mie coppie. E mi sembra sciocco che uno di noi due debba mentire su una cosa così poco rilevante.»

«Se è una sciocchezza, perché le sembra tanto importante? E poi non si tratta di mentire. Sta assecondando il desiderio della persona che la paga. Io credo in lei, Jane.»

Fui tentata di dire a quel cacasotto che poteva andarsene a pagare qualcun altro, ma non lo feci. Non ho ancora detto che la mia adorabile secchiona Ruby aveva problemi coi bulli della scuola. Avevo fatto tutto quello che bisogna fare quando tua figlia è vittima dei bulli. Colloqui con gli insegnanti. Telefonate agli altri genitori. Controlli sull’uso di Internet. L’avevo iscritta a una serie di attività che in teoria avrebbero dovuto aumentarle l’autostima: ginnastica! Gli Scout! Le avevo parlato a lungo delle strategie per affrontare le persone sgradevoli. Nulla aveva funzionato. Stavo pensando di trasferirla in una scuola privata, ma costava. Perciò non potevo permettermi il lusso di lavorare solo con chi mi piaceva.

«Jane, siamo d’accordo?» chiese Wes.

«Va bene», gli dissi, pensando che non avrei mai votato per quell’uomo e, se mai si fosse candidato, l’avrei ostacolato attivamente. Quel matrimonio aveva i giorni contati.

Non mentii a Franny. Le dissi che ci avevo pensato e che la logistica del furgoncino dei gelati, d’inverno, sarebbe stata troppo complicata. Ed era vero. Pensate solo ai cappotti, prenderli e restituirli al guardaroba. Sarebbe stato un incubo.

La vita in un istante
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