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Ti addormenti nel tuo cubicolo. Ti perdi la cena di Charlie e la responsabile dev’essere andata a casa e il membro del Congresso non ti ha nemmeno chiesto cosa vuole farti cercare.
Senti una mano sulla spalla.
È lui.
«Ehi, dormigliona, cosa ci fai ancora qui?»
Ti serve un attimo per orientarti, poi rispondi: «Mi hanno detto che aveva bisogno di me, quindi mi sono fermata».
«Non avrebbero dovuto chiedertelo. Mi manca parecchio per finire. Non ti saprò dire cosa mi serve prima di domani.»
Scuoti la testa, fai un respiro profondo e, più brusca di quanto vorresti, dici: «Allora me ne vado a casa».
«Aspetta, Aviva. Cosa c’è?»
«Per lei non sarà niente d’importante, ma ho saltato la cena di compleanno di un amico per restare qui. Il mio unico amico, e probabilmente mi odia.»
«Mi dispiace.»
«No, non è colpa sua. Me ne sarei dovuta andare. Sono una persona adulta. Avrei dovuto capire meglio la situazione.»
Il membro del Congresso annuisce. «È un atteggiamento ammirevole.»
«Sono rimasta perché volevo. Mi piace molto lavorare qui.»
«Pensiamo tutti che tu stia facendo un ottimo lavoro. Abbiamo avuto un ottimo feedback sul blog. Molto lungimirante. Embeth e io siamo più che soddisfatti del riscontro.»
Per un attimo non capisci nemmeno di che blog stia parlando. Sei intontita e ti chiedi se abbia letto il tuo blog e come abbia fatto a capire che eri tu l’autrice, ma poi ti viene in mente che sta parlando del suo blog. «Fantastico», dici. «Sono contenta.»
Ti guarda prendere le tue cose – lo zaino JanSport fiorato, il portachiavi cloisonné, la penna a forma di fenicottero – e ti domandi perché non se ne vada.
«Bel portachiavi», ti dice.
Ti chiedi se si ricorda di avertelo già detto.
Che serataccia.
Non riesci a smettere di pensare a Charlie.
Charlie non ti piace in quel modo, ma sai che tu piaci in quel modo a lui. Eppure è stato un buon amico per te. Vi divertono le stesse cose e con lui stai bene e avete tanto in comune. Avete passato ore a parlare di come avreste impostato le vostre campagne elettorali; a cercare di stabilire se fosse meglio specializzarsi in Politica o in Legge; se valesse la pena fare un altro stage a un livello più elevato o cercare di farsi promuovere nell’ambito di uno stage di livello inferiore (come considerate quello che state facendo); e in quali città sarebbe meglio stabilirsi e quali sarebbero gli slogan delle vostre campagne. Con lui ti piace da matti inventare «ottimi pessimi slogan», tipo: La politica è un lavoro sporco. Meglio farlo fare a qualcun altro.
Il fatto è che hai passato più tempo a parlare del futuro con lui che con chiunque altro al mondo.
Quando hai compiuto dodici anni e hai fatto la festa, invitando tutta la classe, sono venuti solo in tre perché un’altra compagna faceva la festa lo stesso giorno. Certo, Charlie compie ventun anni, però... Te lo immagini, coi nonni, seduti a tavola. Cominciamo a mangiare senza di lei? E lui: No, aspettiamola. Continua a ripeterlo finché, alla fine, non getta la spugna. Ti senti una carogna.
Hai bisogno di fare qualcosa che ti levi il senso di colpa dalla testa.
Se telefoni alla tua coinquilina per sapere se ha voglia di andare a ballare, vai a pagina 48.
Se telefoni a Charlie per profonderti in scuse e chiedergli se ha voglia di guardare Letterman/Conan, vai a pagina 50.
Se ingoi i tuoi sentimenti, vai a pagina 53.
Se baci un avvenente membro del Congresso, vai a pagina 54.