Trentanove
Alle undici della mattina, dopo essere passata alla Spa per il massaggio e al salone di Rosalia per i capelli, Costanza Confalonieri entra nel Palazzo della Provincia dove è stata convocata la conferenza stampa.
Tracce della notte imperiale? Nessuna. O forse sì, è più rilassata, tanto da non sentire neppure l’applauso che la accoglie quando fa il suo ingresso nella sala. È stato il cameraman dell’Isola dei famosi a lanciarlo. Si è messo la telecamera tra le gambe e ha iniziato a battere le mani. Bravo! Adesso filma con l’uccello, tanto non si vedrà la differenza! Coglione! pensa Cecilia Cortellesi ancora inviperita per la mancanza di rispetto nei confronti della sua capa adorata. Che oggi, a scanso di tentazioni, è vestita da suora laica del Bangladesh. Santa subito magari no, ma beata questo sì, questo si può fare.
È il questore Umberto Pagani, più bucolico che mai, con il verde e il marrone che sgomitano per prendere il sopravvento, a riepilogare gli avvenimenti.
Rivela così che i due russi si chiamano Fëdor Melnikov, quello vivo, e Sergej Lukin, quello no. Sono due ex militari radiati dagli Specnas, i corpi speciali del Servizio Federale di Sicurezza russo. Attualmente impiegati come contractor in un’agenzia libanese. Non facilmente contattabile, ça va sans dire. Erano in Italia da due mesi e stavano all’Hotel Titano di San Marino. L’italiano è Cosimo Migliori, precedenti per spaccio, sfruttamento della prostituzione, usura, insomma un pedigree da criminale di razza. Il questore prosegue raccontando tutta la storia, dal trafugamento del denaro dalla macchina con targa diplomatica, fino alla trappola tesa dalla vice questora Confalonieri Bonnet e dai Nocs al cimitero di Rimini. Conclude dicendo che le indagini proseguono. Si cercano i soldi e i mandanti.
La conferenza è finita. Costanza non ha preso la parola (non dire, far dire, non lasciar dire), ma tutti hanno capito che è lei l’eroina.
A scanso di equivoci lascia il palco della sala indietreggiando come i calciatori in barriera. Così, senza accorgersi, finisce tra le braccia di Myrta, il portiere, anche medico forense, che, sorreggendola, le dice: «Vogliono guardarti il culo? Si rivolgano all’Unesco».
«O a mia nonna Carlotta che me l’ha passato» replica Costanza sciogliendosi dall’abbraccio dell’amica. Neanche a farlo apposta, sta suonando il cellulare ed è proprio lei, nonna Carlotta.
«Tusa» le dice «sono proprio orgogliosa di te, sai? Ho visto la conferenza su Sky. Te seret un benìs.»
«Cos’è il benìs, nonna?»
«È il confetto, il confetto da sposalizio. A proposito, lo sai che tutta la famiglia sta venendo giù, vero?»
«Sì, nonna. Federico e Andreino arrivano più tardi da Cesena, perché oggi c’è il torneo. La mamma e Leo sono in macchina. Stasera siamo tutti a cena da me, al Grand Hotel. Ci sarà anche la mia squadra» Myrta le fa segno che vuole esserci anche lei. «Sì, vengono tutti. Non sarà una festa, visto che ci sono stati sei morti, ma è giusto staccare per qualche ora.»
«Viene anche quello lì che ha parlato, il questore?»
«Perché, non ti piace?»
«A mi me par un pistola Amedeo. El g’ha l’aria de vun de quei che per pacià el paciotta, per bev el bevotta, ma l’è a laurà ch’el borbotta.»
Costanza ride, riattacca e finalmente può abbracciare Myrta.
Un sole tiepido e luminoso accoglie Costanza e gli altri agenti della Squadra omicidi all’uscita dal Palazzo della Provincia sul corso d’Augusto. I raggi rimbalzano sulla neve e costringono tutti a socchiudere gli occhi. Il gruppo percorre le poche decine di metri fino alla Questura in una specie di apnea ottica.
Arrivati nell’atrio, il vice sovrintendente Balducci fa segno, con le dita della mano verso la pancia, che lui andrebbe a prendere da mangiare. Costanza guarda l’ora, è l’una e mezzo, ci sta. Emerson raccoglie le ordinazioni e si allontana verso una piadineria, alla vecchia pescheria.
Gli altri salgono verso gli uffici della Squadra mobile. Nei corridoi si respira ancora l’eccitazione della sera precedente. Su una bacheca di servizio al primo piano, qualcuno ha attaccato la prima pagina della cronaca riminese del «Resto del Carlino». C’è una grande foto di Costanza Confalonieri Bonnet e, sopra, il titolone: LA NOBILE DELLA SQUADRA MOBILE. E giù di biografia.
«Dottoressa, ma è vero che lei è nobile?» le chiede Cecilia.
«Be’, insomma, ma sì, è verino. Anzi, è verissimo, visto che la mia è una nobiltà, così direbbe Orlando, ab immemorabili. Anche mio nonno ci teneva a precisarlo. Giusto per far capire che la sua famiglia era già nobile quando i Visconti di Modrone andavano ancora giù di vanga a Mariano Comense. E adesso? Mi vuoi bene lo stesso?»
«Non la cambierei neanche con la Signora in giallo!» e ridono insieme.
Emerson, di ritorno dalla piadineria, posa i cartocci sulla scrivania del capo.
«Ne ho presa una in più perché mi faceva gola, piada con formaggio di fossa di Sogliano, radicchio e miele. Occhio però perché è birichina.»
«Immagino» interviene Orlando «andrà giù come i terroni a Natale.»
«Naaa, questa invece è pesante, viene su.»
«Quindi?»
«Viene su come i terroni alla Befana.»
«Babbu io a non pensarci.»
«Bel dialogo» dice Costanza con la bocca piena di squacquerone e rucola. «Peccato non essere più intercettati, peccato davvero.»
Cecilia ride alla bergamasca, cioè un po’ sguaiata, da «tutti in cantiere / domani tutti in cantiere».
Tocca all’ispettore capo Orlando Appicciafuoco assumersi la responsabilità di buttarla sul dovere.
«Cari colleghi, abbiamo quattordici arrestati, bisognerebbe cominciare a sentirli.»
«No, è presto» risponde il vice questore. «Dodici di loro sono autisti, tecnici, quasi comuni mortali. Un’altra notte in cella vedrete come li ammorbidisce. Magari non tutti, ma in fondo a noi ne basta solo più uno. Anche se, personalmente, sono convinta che questo Francesco Milillo, che Maltese ci ha detto essere presidente e amministratore delegato della Gotfin e che noi non abbiamo potuto fermare perché ha passaporto sammarinese, in questo momento sia in volo per Panama.»
«Dubai» precisa Cecilia, che grazie al suo «amico» di Orio ha verificato la presenza di un Francesco Milillo sul volo Emirates Malpensa-Dubai delle 11.10.
«E negli Emirati non c’è l’estradizione, vero?» dice Emerson.
«Non ancora» questa è Costanza. «Io però, se fossi in lui, dormirei preoccupato. Non siamo solo noi a cercarlo. E quegli altri se ne fregano dell’estradizione. Ma qui, signori, torniamo ai soldi.» Costanza apre un cassetto della scrivania e tira fuori la chiave di Vagano. «Fatevi venire un’idea. Cosa cavolo può aprire questa chiave? Perché lì dentro c’è un mare di soldi e, se non li recuperiamo noi, tutto può ancora succedere.» Costanza si mette la chiave in tasca, tanto la Questura è piena di duplicati.
Nell’ufficio il televisore, sempre acceso, manda la sigla della nuova edizione di Sky Tg24. Cecilia alza il volume.
«Sgominata la banda degli assassini del lungomare di Rimini. Ma i mandanti?»
Orlando scuote la testa.
«È il “maismo”» dice «prima si dà la buona notizia, poi si prendono le distanze. Se non ci infili un “ma” non sei un vero giornalista. Sei solo un cronista, una tacca sopra l’agente dei calciatori. È quel “ma” che ti fa prendere l’ascensore per i gradini più alti della scala sociale.»
Emerson non sembra convinto, e dice: «A me ’ste classifiche non mi convincono mica. L’ascensore per andare a trovare il giornalista prendetelo voi. Io faccio le scale a piedi e vado a trovare l’agente dei calciatori».
«Nihil sub sole novum» commenta Orlando rassegnato, mentre Cecilia alza gli occhi al cielo. Poi si rivolge direttamente all’ispettore capo.
«Quindi significa che se scrivi: “Neonato in carrozzina cade nel porto canale. Passante si tuffa e lo salva”, sei un cronista. Se invece scrivi: “Neonato in carrozzina cade nel porto canale. Passante si tuffa e lo salva. Ma il bavaglino?”, sei promosso giornalista.»
«Brava Cortellesi. Questo è il “maismo”, la malattia senile del giornalismo.»
Costanza sorride, poi dice ai suoi: «Io mi prendo mezza giornata libera e vado a Cesena a vedere mio figlio che gioca a tennis. Ricordatevi che la qui presente contessa Costanza Eccetera Eccetera vi aspetta per la cena questa sera al Grand Hotel alle 21. Mi raccomando l’abito, black tie or creative black tie. Arrivederci» ed esce dall’ufficio.
Blec cosa? Questa volta non è solo Emerson a non aver capito.