Ventuno

Non ha ancora smesso di nevicare.

Il vice questore ha dovuto chiamare una volante per accompagnare a casa il medico legale. I taxi non escono, con questo tempo.

Costanza e Cecilia si sono avviate verso il Lady Godiva. La giovane agente non ha voluto anticipare al suo capo di che cosa si tratti. Le ha solo detto che il resto della Squadra le sta aspettando nel night.

Già l’ingresso di due donne in un locale di lap dance è abbastanza inusuale. Ad aumentare lo squallore della situazione va aggiunto che il locale è deserto e che Karina è seduta, quasi nuda e con le gambe che le penzolano, sul bordo del palcoscenico. Le mani sotto le cosce. Lo sguardo perso nel vuoto e il trucco, per il gran piangere, colato sulle guance. Ciliegina sulla torta del tirami-giù, Orlando Appicciafuoco ed Emerson Balducci seduti in un separè. Orlando con una mano sta meccanicamente pettinando Stacie, la sorellina di Barbie, che si era portato perché non si sa mai. Un oggetto tante volte può sciogliere la reticenza molto più delle minacce. Non era servito. Emerson invece sta riguardando il filmato di Karina.

In questo quadro, cosa manca ancora per raggiungere la disperazione perfetta? Forse un assolo di contrabbasso in sottofondo. No, quello non c’è. C’è invece Beyoncé con Drunk in Love.

Cecilia si avvicina a Ruben Zavoli che dietro il bancone del bar sta mandando sms e gli chiede di alzare il volume. Poi accompagna Costanza al tavolo dei suoi agenti.

Quando sono tutti seduti e pendono dalle sue labbra, Cecilia comincia con due parole: «Siamo intercettati». Ai come, cosa, chi, risponde con una premessa. «Ne parlo qui perché mi sembra pulito. Vi spiego. Stasera, uscita dalla Questura, mentre ero alla fermata dello spostapoveri…»

«Di cosa?» chiede Orlando.

«Lo spostapoveri, l’autobus, noi diciamo così. Dunque ero lì e vedo parcheggiato un furgone bianco. Lo noto per due motivi. Il primo che, mentre tutte le auto sono sepolte di neve, lui è pulito e col motore acceso. Il secondo, che ha una scritta buffa sul fianco: PANIFICIO BREAD&BREAKFAST SANTARCANGELO. Insomma, mi ha colpito. Era una bella idea, i giochi di parole mi sono sempre piaciuti. Combinazione vado direttamente a cena da Rosso Pomodoro con Giulia, la mia coinquilina, e il suo ragazzo.»

«Perché, tu il ragazzo non ce l’hai?» chiede Emerson, tanto per portarsi avanti.

Cecilia non lo fila e riprende.

«Indovinate che mestiere fa il suo ragazzo? Il panettiere. A Sant’Arcangelo. Così gli chiedo chi sono quei geni del Bread&Breakfast. E lui: “Mai sentiti. Non sono certo di Sant’Arcangelo”. Va be’, morta lì, penso. Poi, io e Giulia torniamo a casa, al grattacielo, verso le ventidue. Stiamo al quindicesimo piano e io mi metto alla finestra a godermi la nevicata. Guardo giù e vedo un altro furgone pulito. Questa volta è nero. Lo fotografo col cellulare e ingrandisco. Anche lui ha la stessa scritta.»

«E allora?» chiede Emerson.

«Potrebbero essere intercettatori» spiega Orlando. «Se vuoi controllare illegalmente un telefonino, o installi un software che dirotti le telefonate a una centrale di ascolto…»

«Oppure usi un Rohde&Schwarz» riprende Cecilia, l’esperta. «È un apparecchio speciale a cui dai il numero da intercettare e lui emula una cellula Gsm, sovrapponendosi alla rete del gestore. Attira su di sé come una calamita le chiamate dell’intercettato e le gestisce. Le ascolta, le registra, le dirotta. Ormai sono sue. Ne fa quello che vuole. L’unico problema è che non può stare a più di trecento metri dall’apparecchio da intercettare.»

«Quindi» chiede Costanza «c’era un furgone per intercettarci tutti in Questura e uno per intercettare te al grattacielo?»

«Sì» risponde Cecilia «ma ce n’è uno anche qui, dietro al Grand Hotel. Quello è tutto per lei, dottoressa.»

«Anche a casa nostra?» questo è Emerson.

«Credo proprio che sia così.»

L’ispettore capo Appicciafuoco domanda: «Ma siamo sicuri sicuri? Perché, se fosse vero, cosa grossissima è».

«Al cento per cento» risponde pronta Cecilia. «Da casa mia ho fatto una verifica. Siccome il furgone nero era parcheggiato alla cazzo di cane e dava un po’ noia alla rampa del garage, dal mio telefonino, quello sospetto, ho chiamato i vigili. Mi sono qualificata e ho buttato lì che c’era un furgone che impediva alle auto di entrare e uscire dal garage del grattacielo, di andare a controllare.»

«E il furgone si è spostato subito» conclude Costanza.

«Proprio così. Allora sono andata da quello… quella che abita di fronte a noi, Jessica, è un trans, quindi non so mai se ci vuole la “o” o la “a”. Per fortuna non stava lavorando e così mi ha fatto entrare. Lui/lei ha le finestre che danno sull’altro lato del grattacielo. Il furgone era lì. Si era nascosto, ma era sempre lì, nei dintorni.»

Costanza Confalonieri guarda la sua squadra senza parlare. Non smette di mordicchiarsi il labbro inferiore. Tutti stanno pensando. Karina prende dal bar una bottiglia di Smirnoff e torna in camerino. In sottofondo Beyoncé ha lasciato il posto a Marvin Gaye, Sexual Healing. La prima a parlare è il vice questore.

«Allora, riassumiamo…»

«Scusate, scusate, c’è un’altra cosa» la interrompe la Cortellesi. «Sapete che sono maniaca dell’ordine, un po’ tedesca e un po’ bergamasca. In questo momento sto leggendo due libri contemporaneamente.»

Emerson la guarda senza capire come sia possibile.

«Uno di Elena Ferrante e uno di Sandrone Dazieri. Sono molto diversi fuori, oltre che dentro. Sono sicura che stamattina, quando sono uscita per andare in Questura, Dazieri stava sopra la Ferrante. Invece quando sono tornata Ferrante era sopra Dazieri.»

«Stai dicendo che qualcuno è entrato da te?»

«E magari anche da noi?»

Cecilia non risponde. Accende il cellulare e fa vedere una foto. È l’interno della lampada che sta sul comodino, accanto ai libri di Dazieri e Ferrante. La ingrandisce e si vede una specie di testa di spillo. Una cimice.

Nessuno dei quattro ha voglia di parlare. Non Cecilia che quel silenzio lo ha provocato. Non Emerson Balducci che se parlasse direbbe solo: «Diobo’». Non Seneca Appicciafuoco, la cui regola aurea, Mota quietare et quieta non movere, non può certo essere infranta adesso. Non Costanza Confalonieri che, dentro di sé, maledice margarita e Verdicchio che le stanno rallentando l’individuazione di una via d’uscita, che probabilmente sta dietro quella cazzo di porta di cui hanno la chiave ma non sanno dove sia. Anche Marvin Gaye sembra capire la situazione e canta in sottofondo: You’re my medicine, open up and let me in.

Questa volta è l’ispettore capo a prendere la parola. È il più anziano ed è il più esperto e capisce che deve portare fuori i colleghi dallo stallo. Prima di tutto aggiorna Costanza e Cecilia su quanto lui ed Emerson hanno saputo da Karina. Poi prosegue: «Siamo sempre lì, la chiave di tutto sono i soldi. Una montagna di soldi che ci sta a stento dentro il doppiofondo di un bagagliaio. Soldi che dovevano finire a San Marino e invece sono finiti dove li ha messi Vagano. Dietro quella porta di cui abbiamo la chiave, ma non l’indirizzo. E mentre con un indirizzo senza chiave si sfonda la porta, una chiave senza indirizzo…»

«As la mitém in te cul!» conclude Emerson, a tempo con Sexual Healing.

«Allora, le cose stanno così» riassume Costanza. «Qualcuno da San Marino sta cercando dei soldi che Berhanu ha rubato e che Pandora, tramite Vagano, ha nascosto. Siccome i sammarinesi si sono bruciati, letteralmente, l’opportunità di scoprire dove stanno, l’unica possibilità che hanno di recuperarli siamo noi. Le nostre indagini. Non so se ci sopravvalutino o ci prendano per tonti. Da un lato pensano che risolveremo il caso, dall’altro credono che non ci accorgiamo di essere spiati. Però il loro obiettivo è chiarissimo…»

«… arrivare prima di noi al traguardo, batterci in volata. E loro in volata non vanno via di gomiti, van giù col kerosene e il bastone. Cioè se a noialtri in una riunione ci scappa fuori un’ipotesi, un sospetto, loro si precipitano a verificare prima che noi mettiamo in moto la nostra macchina che, lo sappiamo, con tutti i badurlamenti della burocrazia, è più lentina che mai» questa l’analisi di Emerson.

«Credo che sia proprio così» commenta Costanza.

«Allora, adesso bonifichiamo tutto, cellulari, appartamenti, Questura, perché per me sono entrati anche lì» propone Cecilia.

«No, non è una buona idea» riflette il vice questore. «Il loro obiettivo è recuperare i soldi, il nostro è recuperare loro. Se bonifichiamo, capiscono che li abbiamo sgamati e magari rinunciano perché diventa troppo rischioso. Spariscono.»

Appicciafuoco annuisce: «Sono d’accordo. Anche se arrestiamo i tecnici dentro i furgoni, da loro non otteniamo niente. Se dietro questa storia ci sta chi penso io, be’, i tecnici hanno molta più paura di loro che di noi. Visto come riducono quelli che non parlano, chissà cosa possono fare a quelli che parlano quando non dovrebbero. In sostanza, noi li sommergeremmo di avvisi di garanzia, loro di kerosene, e quando un uomo con un avviso di garanzia incontra un uomo con una tanica di kerosene…».

«Clint Eastwood!» butta lì Emerson.

«Un adattamento» gli dà atto Seneca Orlando.

Cecilia si alza, va al bancone del bar e chiede a Zavoli se può prendere dell’acqua. Torna con quattro bottigliette di Sacramora. Costanza ne beve un sorso confidando che diluisca il Verdicchio, poi dà le comande ai suoi.

«Facciamo così. Domani mattina incontreremo i genitori dei ragazzi. Loro non possono sapere niente dei soldi, quindi faremo tutto a microfoni aperti. Invece qualsiasi intuizione, deduzione, osservazione delicata dovrà essere scritta e fatta girare tra noi su un foglio. Io intanto troverò il modo di mettere al corrente il questore e il magistrato. Non posso certo portarli qui al Lady Godiva, ma neanche incontrarli in ufficio. Magari vado al Palazzo di Giustizia, lì non credo proprio siano entrati. Voi con discrezione verificate se ieri ci sono state visite di tecnici di computer, modem, telefoni, aspirapolveri, rasoi elettrici, la qualunque. Nel frattempo pensiamo a come incastrarli. Al telefono siate naturali, parliamo pure di tutto, facendo attenzione a non accennare mai a due cose: a San Marino e, se lo scoprissimo, a dove sta la fresca. Siamo d’accordo?»

Ruben Zavoli si avvicina al separè e dice ai carbonari che Karina vorrebbe parlare ancora con loro. Si muovono tutti. Sono la Squadra.

Il camerino della ragazza è il manifesto pubblicitario dello squallore.

Karina è accasciata sopra una poltroncina di plastica rossa, completamente ubriaca. Ora è un po’ più che quasi nuda, ha perso infatti un copri-capezzolo con la nappa. Emerson lo raccoglie da terra. È blu, a forma di cuore, con le paillettes.

Lo specchio del trucco, quello con le lampadine tutt’intorno, ne ha tre fulminate. C’è odore di vodka e di sesso. Attaccata allo specchio, una foto 10x12. Costanza si avvicina per guardarla meglio. Ci sono Pandora e Karina, in mezzo Vagano.

Emerson tira fuori il cellulare e riprende di nuovo tutto.

Karina, con voce strascicata, dice che tre giorni fa sono venuti al Godiva tre uomini, due russi e un italiano. Cercavano Berhanu e Pandora.

«Loro parlato con me. Chiesto a me dove trovare i miei amici. Loro dare un sacco di soldi se io dire. Ma io non sapere e non dire. Così finito ma prima un russo mi ha fatto fare pompino. Sopra il suo cazzo aveva tatuato: NI KAPLI ŽALOSTI. Che in russo vuole dire “Non una goccia di pietà”.»

«Scrivilo qui, per favore» le dice l’ispettore capo passandole un taccuino e una biro. «Sapresti riconoscerlo?»

«Sicuro. Ma anche la faccia.»

I poliziotti escono dal camerino con lo stomaco chiuso. Soprattutto Cecilia Cortellesi, che ne ha viste meno degli altri. Emerson le passa il suo fazzoletto.

Fuori dal Lady Godiva continua a nevicare. Prima di salutare i suoi uomini, il vice questore si raccomanda: «Anche a questa cosa dei russi, ovviamente nessun cenno».

I tre poliziotti assentono e si dirigono alle auto.

Costanza va verso il Grand Hotel stringendosi nel giaccone. Ci sarà quasi un metro di neve. Se da dietro un albero uscisse un orso bianco, o i fratelli Coen per un sopralluogo per Fargo, non farebbe una piega. Ci starebbe.

Eccolo lì il «mio» furgone del Bread&Breakfast, osserva Costanza. Assassini e anche coglioni, pensa rientrando in albergo.

«È successo qualcos’altro, dottoressa? Ha una faccia…» le chiede il portiere di notte.

«Sentiamo la tua versione sulla mia faccia. Che faccia ho, Stefano?»

«Direi che ricorda il crollo di una diga. Ha presente De Gregori?» risponde Stefano consegnandole le chiavi della suite. «Ah, dottoressa. Se non le funziona internet in camera è perché oggi abbiamo avuto dei problemi. Sono venuti i tecnici a lavorare sul modem, ma non so se sono già riusciti a fare tutte le camere.»

La mia sicuramente sì, pensa Connie.

«Sarà la neve. Buonanotte, dottoressa Confalonieri.»

«Sarà la neve. Buonanotte, Stefano.»