Trentasei
Nella vita, quando si sa che sta per succedere qualcosa da cui dipende qualcos’altro e questo qualcos’altro è di enorme importanza, l’attesa del qualcosa diventa insopportabile. Così gli agenti della Squadra mobile di Rimini, riuniti nell’ufficio del loro capo, sembrano calciatori nello spogliatoio in attesa che l’arbitro li chiami per giocarsi la finale di Champions.
Le facce sono da non c’è più sabbia nella clessidra e anche il colorito ha un che di sabbioso.
Costanza Confalonieri Bonnet, quasi compulsivamente, sta guardando per la ventesima volta su YouTube l’inizio di Amarcord. Le manine scoincidono nel nostro paese colla primavera. Sono delle manine di cui che girano, vagano qua e vagano anca là… Ma Vagano la primavera non la vedrà, quest’anno. E neanche sua figlia Pandora e il ragazzo di lei, Berhanu Nega. E neppure Karina Makarova e Ruben Zavoli, quelli che, in definitiva, c’entravano di meno. E adesso, chissà, saranno tutti su al terzo anello a fare il tifo per la squadra con le facce color di sabbia. Sì, la coppa va alzata per loro.
Il telefono sulla scrivania di Costanza squilla. Tutti nella stanza sollevano la testa e capiscono che è il fischio d’inizio.
«Sì?»
«Dottoressa, c’è qui in portineria un tipo che vuole parlare con lei. Dice di essere un amico di Vagano.»
«Lo accompagni da me.»
Costanza riattacca e con il capo fa un cenno d’intesa ai suoi. Orlando Appicciafuoco è il più teso, sente la responsabilità della scelta. Incrocia le dita.
Sauro Pari viene fatto accomodare nell’ufficio del vice questore e subito Orlando pensa: Ma come minchia si è conciato? In effetti il vecchio attore, dovendo impersonare un guardiano di cimitero, si è vestito da becchino. Anche se non mi vede nessuno, mi aiuta a entrare nella parte, deve aver pensato.
«Buonasera, commissario» dice Sauro all’ispettore Appicciafuoco, che allarga le braccia per fargli capire di non esagerare.
«Non sono commissario e neanche la dottoressa lo è. Però è vice questore, quindi è il capo. Lei chi è?»
«Io mi chiamo Primo Baldini e sono il guardiano del cimitero di Rimini.»
«Bene, signor Baldini, e la Polizia cosa può fare per lei?»
«Veramente sono io che posso fare qualcosa per la Polizia. Il fatto è che ero molto amico di Vagano, il senzatetto.»
«Ah, allora è lei quello che stavamo cercando per mari e per monti!» dice Costanza, imbarazzata di quel «per mari e per monti» ma arrivati a questo punto vale tutto. «Come lo conosceva, Vagano?»
«È un’amicizia nata tre anni fa, quando lo vidi per la prima volta al cimitero. Stava ore davanti alla tomba di Fellini e attaccava con le manine che nel nostro paese scoincidono, la conoscete, no?»
«Sì, la conosciamo. Vada avanti» dice un nervosissimo Appicciafuoco.
«Così, a furia di vederci, siamo diventati amici. Un tipo strano, sa? Un po’ fuori di testa, anzi, parecchio fuori di testa, però buono come il pane, generoso e poi sapeva tutto. Io delle volte mi imbrogliavo con “La Settimana Enigmistica” e lui tac, sapeva davvero tutto. Un fenomeno. Mi ricordo che una volta stavo facendo il “Quesito con la Susi”. Bisognava trovare tre numeri di cui uno era il doppio di un altro…»
«Baldini, torniamo a Vagano» lo interrompe Costanza, precedendo Orlando che è sudato come ad agosto.
«Sì, scusi. Allora, Vagano si fermava spesso a pranzo da me. Io sono solo, mi fa piacere avere compagnia. Voi forse non avete idea della solitudine di un guardiano di cimitero, costretto tra gli scomparsi e gli afflitti.»
Orlando Appicciafuoco si morde una mano stretta a pugno e gli fa segno che il prossimo glielo dà in testa, cazzo!
«Ho capito» interviene Costanza per arginare il melodramma. «Ma Vagano le aveva mai detto di essere in realtà l’ingegner Fornari e di avere qui a Rimini una figlia di nome Pandora?»
«Pandora, sì, Pandora la nominava spesso. A volte si illuminava. A volte si intristiva. Non era facile capire cosa provasse. E proprio l’ultimo giorno che ci siamo visti, che poi è il giorno in cui l’hanno ammazzato, è venuto al cimitero la mattina a chiedermi un favore. Un favore per Pandora.»
Ci siamo, pensano tutti e smettono quasi di respirare per paura di sporcare l’audio di chi sta ascoltando e non dovrebbe ascoltare.
«Che favore?»
«Il favore di nascondere due valigie al cimitero. Cioè, io dovevo andare in macchina dove stava lui, lì alle panchine del parco Fellini, caricare le valigie di Pandora e poi tornare insieme al cimitero per nasconderle.»
«E lei lo ha fatto?»
«Certo che l’ho fatto. Vagano era mio amico e l’amicizia è come…»
«E non gli ha chiesto cosa contenevano le valigie?» lo interrompe Costanza.
«No, non gliel’ho chiesto. Ma vuole sapere una cosa? Io penso che dentro c’erano quattrini, tanti a giudicare dal peso delle valigie, che meno male che avevano le rotelle.»
«E cosa glielo fa pensare?»
«Cosa? L’odore. I soldi hanno un odore inconfondibile. Un odore… tipo sambuco misto a muschio di presepe che mi riporta all’infanzia, quando…»
Appicciafuoco non lo lascia continuare.
«Baldini! Ci interessano le valigie non i Re Magi! Le avete portate in macchina al cimitero, ma, esattamente, dove?»
Da una villetta nel Borgo San Giuliano, tre uomini escono di corsa e vanno verso una Bmw nera, parcheggiata davanti. Il piccoletto con gli occhiali sta parlando al telefono e sale dietro. I due giganti, davanti.
«Passa il ponte di Tiberio» dice il piccoletto a quello che guida «e gira a sinistra, poi ancora a sinistra e vai sempre dritto. In fondo c’è il cimitero. Vola! Quando arriviamo in zona ci dicono esattamente dove.»
«Al nascondiglio ho pensato io» sta dicendo Sauro Pari, nella parte di Primo Baldini, «e confesso di aver avuto un colpo di genio.»
«Cioè?»
«Cioè che i soldi li ho dati al più povero di tutti. Beati pauperes quia vestrum est regnus dei.»
«Regnum!» lo corregge Appicciafuoco al quale, se fosse un cartone animato, uscirebbero nuvolette dal naso.
«E chi sarebbe il più povero?»
«Ma san Francesco, no? Entrando al cimitero avete davanti la Prua di Pomodoro. Se la passate e girate a sinistra, vedete la chiesa per le funzioni. Davanti alla chiesa c’è la statua di san Francesco, il poverello d’Assisi. Nel basamento della statua, dove c’è la scritta PAX ET BONUM, c’è una cavità profonda. Spostate la lastra e trovate le due valigie.»
Il messaggio è partito. Forte e chiaro. Ma nel dubbio, Costanza prende il telefonino sporco e chiama il questore con la faccia rivolta verso la Tizio che nasconde la cimice. Giusto per non trascurare niente. Gli ripete per filo e per segno, scandendo le parole chiave, tutte le indicazioni del falso custode. Conclude così: «Adesso chiamo il magistrato, mi faccio faxare un mandato e poi interveniamo» per dare l’idea che si muoveranno in fretta sì, ma non col pepe al culo.
Intanto piovono i messaggi sul cellulare pulito di Emerson Balducci. Sono gli agenti della mobile che sulle auto civetta seguono i furgoni della Bread&Breakfast. Dicono che si sono mossi tutti. Gli agenti chiedono ordini. Emerson scrive al gruppo: «Ci vuole calmina. Seguiteli ma non intervenite. Nessuno scaramazzo prima di avere l’okay dai Nocs», per lui le teste di cuoio si scrivono così.
Orlando, madido di sudore, sta abbracciando il suo amico Sauro.
«Bravo cumpa’» gli sussurra all’orecchio. «Minchia però, che i soldi profumino di muschio di presepe non si può proprio sentire, non si può!»
«Perché tu sei sbirro e non hai la sensibilità dell’interprete. Ricordati che io sono attore da così tanto tempo…»
«Sì, che Eduardo teneva il tuo poster nella camerina sua!»
L’agente scelto Cecilia Cortellesi, che è in collegamento radio con le volanti, riceve segnalazione di un incidente sul ponte dei Mille. Un furgone si è ribaltato seminando chili di pane e brioche sull’asfalto. Bread&Breakfast, appunto. Circolazione bloccata nei due sensi. Bella mossa, pensa Costanza. Adesso per raggiungere il cimitero bisogna fare il giro dell’oca. Quelli che sono quasi a destinazione possono stare tranquilli, per un po’ non arriverà nessuno alle loro spalle. Purtroppo per loro però, i pericoli non sempre vengono da dietro le spalle.