Sette

Costanza Confalonieri riappende la cornetta dopo la lunga telefonata con il sindaco che le ha riferito i nuovi particolari sulla figura di Vagano.

Dietro, o dentro il povero vagabondo si nasconde qualcosa, pensa Costanza lasciando il suo ufficio in Questura per andare all’obitorio dell’ospedale.

La pista del razzismo, dell’intolleranza nei confronti degli emarginati, comincia a mostrare qualche crepa. Scricchiola. E se scricchiola a poche ore dal ritrovamento dei cadaveri, è probabile che già domani non starà più in piedi.

Quella del razzismo e dell’antirazzismo è un’onda che verrà cavalcata dai giornali e dalle tivù. Tutti sulle tavole a surfare facendo a gara a chi prende l’onda più grossa. Sia i professionisti del je-suis-qualunque-cosa, sia quelli dell’io-l’avevo-detto. Tutti a parlare per non ascoltare.

Per un investigatore, invece, questa è la fase del mutismo. La fase in cui bisogna accumulare gli indizi. Anche i più apparentemente irrilevanti: dettaglio dopo dettaglio. Pagliuzza su pagliuzza, come formichine.

Costanza lo sa bene e, mentre guida verso l’Ospedale Infermi, non si fa distrarre dal notiziario di Radio24 che parla di: «Orrore a Rimini. Un senzatetto e uno studente di colore bruciati vivi sul lungomare della capitale delle vacanze e del divertimento. Gli inquirenti non escludono alcun movente, ma appare chiara la pista dell’intolleranza e del razzismo».

Appunto.

Costanza entra nella sala degli esami autoptici parlando al telefono col sostituto Giorgio Maltese, a cui riferisce tutto. Tanto è poco. Cari saluti a lui.

«Ciao Myrta. Non stavo nella pelle, così ho deciso di passare io.»

«Ciao Connie» dice Myrta abbassandosi la mascherina e spedendole un bacio. «Ho finito adesso il clochard e qualcosa per te ce l’ho. Innanzitutto l’ora della morte, tra la mezzanotte e le due del mattino. Sulle cause il discorso è più complicato. In un primo momento sembrava non ci fossero dubbi sul fatto che fosse morto per quella che volgarmente viene chiamata rottura dell’osso del collo. L’assassino gli ha torto violentemente la testa ruotandogliela di quasi 180 gradi. In realtà approfondendo abbiamo scoperto che non è andata così. Quando gli hanno girato il collo, Vagano era già morto. La causa, un infarto fulminante.»

«Un infarto?»

«Sì, fulminante e quasi indolore rispetto al resto, mi vien da dire per sua fortuna.»

«Ma l’osso del collo rotto?»

«Secondo me gliel’hanno rotto per frustrazione. Vagano aveva quattro dita fratturate, le cuffie dei rotatori delle spalle entrambe rotte. Non è finita, aveva anche una caviglia svirgolata verso l’esterno. Insomma, lo stavano torturando.»

«Quindi, interrogando.»

«Appunto. E sul più bello lui che fa? Muore per arresto cardiaco. Da qui, per me, la frustrazione di girargli il collo, visto che non serviva più a niente.»

Costanza tace. Si morde il labbro inferiore e tace. Myrta si avvicina e la abbraccia.

«Di solito in questi casi si dice: non avevo mai visto una cosa del genere. Io ti dico di più Connie, in tutta la mia vita non vedrò mai più una cosa del genere. Sono sicura.»

Costanza tace ancora, il suo cervello richiama sangue che il cuore fatica a dirottare. E infatti pulsa fuori giri. Riesce solo a dire: «Altro?».

«Sì, tre cose. Una la sai già, le altre due no. La prima è che gli hanno dato fuoco. Senza alcun motivo apparente, visto che era già morto due volte. Tutto ciò porterebbe un investigatore di una fiction televisiva a dedurre che Vagano non si è suicidato.»

«E questo era quello che sapevo già.»

«Arguta anche tu! Ora le due cose che ancora non sai e che mi apriranno un credito di margarita per i prossimi due anni.»

Nella mente di Connie si accende una fiammella di speranza.

«Nell’esofago di Vagano c’era una chiave.»

«Che chiave?»

«Questa» e le allunga una busta.

«È strana. Non sembra né di una porta, né di un lucchetto.»

«Vedrai tu. Poi, dentro un calzino, che non si sa come è scampato al rogo, c’era una foto. Eccola» e le dà un’altra busta di plastica.

Costanza guarda la foto molto rovinata, nella quale però si distingue chiaramente una bambina. Il suo cuore riprende a martellare.

Poi chiede, rendendosi subito conto della sciocchezza che, chissà come, le sta uscendo: «La chiave l’avrà ingoiata da solo o gliela avranno… Scusa, scusa. Quello che l’assassino cercava era proprio la chiave e Vagano era disposto a morire pur di non dargliela. E infatti…».

«E infatti è morto. Spero che ci sia il Paradiso, perché chi non ha avuto casa sulla terra lassù avrà di sicuro un palazzo intero, povero Vagano.»

«Grazie Myrta. Mi fa un po’ senso sentirmi mentre lo dico, ma queste sono buone notizie. Scusa.»

«E di che? È il nostro mestiere. Andiamo fuori, dai, che abbiamo bisogno tutte e due di un po’ d’aria.»

Le due amiche escono da una porta laterale dell’Ospedale Infermi.

Myrta si accende una sigaretta. Connie si tortura il labbro e si concentra sulla foto.

«È una bambina. Avrà quattro, cinque anni. Curata, ben vestita. Direi anni Ottanta o Novanta. La figlia? Sarà la figlia?»

«Amica mia, ti devo dare una brutta notizia, il Dna dalle foto non lo tira fuori neanche Abby Sciuto di Ncis, tra l’altro mia idola assoluta!»

Sorridono. Poi Connie le dice: «Però non ti ci vedo con due orecchini a forma di bara».

«Giusto, anche se, ogni tanto, abbracciarmi Gibbs diciamo che incuriosirebbe il mio progesterone» commenta l’anatomopatologa. Tira una lunga boccata e guarda Costanza negli occhi. «Non ho finito sai. Ho fatto i compiti anche sull’etiope che, tra l’altro, l’era propri un bel burdèl.»

«E…?»

«E l’ora della morte è tra le diciassette e le diciotto di ieri.»

«Quindi l’hanno ammazzato prima di Vagano.»

«Senza dubbio. Prima, ma con le stesse modalità, rottura dell’osso del collo. Che però, nel suo caso, è stata fatale perché non era per niente già morto. La differenza è che ci sono meno fratture.»

«Probabilmente ha ceduto prima e gli ha dato o detto quello che l’assassino voleva.»

«Probabile, non so. Quello che so è che il killer, la bestia, gli ha rotto “solo” tre dita. Sarà che gliene mancavano due già di suo.»

«In questo caso nello stomaco non hai trovato niente, immagino.»

«A parte resti di couscous, come da manuale, niente di niente.»

Costanza Confalonieri Bonnet abbraccia Myrta Albanese, la ringrazia e le dice: «Che brutta storia».

«Prendili, Connie. Non ti fare intimidire. Tira fuori le palle, e se non le hai te le fai prestare. Tanto sai a chi rivolgerti» conclude Myrta ridendo e rientrando in ospedale.