Capitolo 35
Quando Hirad si svegliò, riposato ma ancora stanco, nella terra della stirpe ardevano fuochi. Si girò e si mise a sedere, unendosi allo stupore del Corvo.
I fuochi, una trentina, erano disposti in fila lungo le rive del fiume ed emettevano una strana luce gialla che si rifletteva sulla nebbia, avvolgendo la terra della stirpe in un pallido chiarore. E ciò che quella luce mostrava erano migliaia di vestare divisi in gruppi e squadre: alcuni stavano esaminando armi e cucendo armature; la maggior parte stava invece assistendo le centinaia di draghi che occupavano ogni palmo di spazio libero. Si affaccendavano intorno ai colli, alle ali, alle teste e agli artigli, applicavano balsami, cantavano e recitavano preghiere nei cieli per la vittoria della stirpe. Erano minuscoli contro i corpi immensi dei Kaan, stesi in tutta la loro lunghezza. Le grosse teste erano posate a terra, alcune con le fauci spalancate mentre i vestare s'infilavano all'interno per cospargere i dotti sputafuoco di creme protettive e curative.
Le dimensioni incutevano timore e meraviglia. Il Corvo lasciò vagare lo sguardo sui fianchi massicci, sulle ali che si contraevano, più grandi delle vele di una nave ammiraglia, sui colli muscolosi che reggevano gli enormi crani.
«Da quanto va avanti?» domandò Hirad.
«Sembra da secoli», rispose Ilkar. «E non posso credere che tu abbia dormito tanto.»
«Mi hanno fatto dormire, credo.» Il barbaro indicò Sha-Kaan, che era appena comparso davanti all'Apertura d'Ali. «Forza, avrà alcune cose da dirci.»
«E io ho alcune cose da dire a lui», replicò Styliann, avviandosi a grandi passi insieme coi tre Protettori.
«Cosa gli è preso?» domandò Ilkar.
«Da quando si è svegliato non fa che borbottare. Ha da ridire sull'organizzazione di quanto verrà dopo», rispose Denser.
«E ha intenzione di dirlo a Sha-Kaan adesso?» chiese Hirad, incredulo.
Denser alzò le spalle.
«Errore», commentò il barbaro, dirigendosi verso l'Apertura d'Ali. «Grandissimo errore.»
Dalla postura delle spalle di Styliann si capiva che il mago aveva intenzione di effettuare una prova di forza col Grande Kaan. Hirad sapeva che il drago, intento a prepararsi per la battaglia finale, avrebbe parlato al Corvo. Al di là di ciò, l'unico pensiero di Sha-Kaan era levarsi in volo e combattere; nessun altro argomento sarebbe stato oggetto di conversazione.
Portandosi rapido davanti ai compagni, il barbaro raggiunse l'ex Lord della Montagna prima che arrivasse all'Apertura d'Ali. «Styliann, credo che debba essere io a parlare.»
Il maestro xeteskiano non rallentò il passo. «Ah, il dragone-ne. Ci sono cose di grande importanza da appianare. Questo è il momento più adatto. Credo che riuscirò a farmi ascoltare.»
«Styliann, non capite...»
Il mago oscuro si fermò. «Oh, penso di capire molto bene. Questo patto unilaterale sta per cambiare.»
«Cosa?» Hirad sgranò gli occhi, confuso.
«Fermatelo!» ordinò Styliann, con uno sguardo folle negli occhi. Ripartì, mentre i Prottetori sbarravano il cammino a Hirad.
Il barbaro cercò di scostarli, ma quelli non cedettero di un passo. «Toglietevi dalla mia strada!» esclamò, sentendo la rabbia crescere.
Silenzio.
«Non capite? Chi accidenti proteggete? Se non vi spostate, sicuramente non sarà Styliann, a meno che non vogliate difendere un cadavere fumante.» Hirad cercò di nuovo di superarli, ma uno dei Protettori lo spinse brutalmente indietro. Il barbaro sguainò la spada in un lampo. I Protettori si prepararono a combattere.
«Hirad, no!» Il tono brusco dell'Ignoto fermò il barbaro. «Ti uccideranno.» L'imponente guerriero si avvicinò all'amico. «Ile, Rya, Cil, dice il vero. Lasciatelo passare.»
I Prottetori rinfoderarono le armi e si scostarono.
Hirad li superò di corsa, tallonato dagli altri membri del Corvo, e fu abbastanza rapido da sentire Styliann che iniziava il suo discorso. I vestare si stavano dando da fare intorno alla testa di Sha-Kaan. Il drago aveva gli occhi chiusi, il collo appoggiato sul terreno e il corpo per metà nel fiume.
Styliann rimase muto per un po', coi testi di Septern stretti al petto, come per trovare il coraggio di parlare. «Sha-Kaan», esordì. Fu ignorato. «Grande Kaan, ho bisogno che mi ascoltiate.»
Sha-Kaan aprì gli occhi. Osservò Styliann, spostando poi pigramente il suo sguardo freddo sul Corvo, che stava sopraggiungendo di corsa alle sue spalle. Tornò infine a guardare il maestro xeteskiano. «Non è un'udienza autorizzata», disse con voce grave. «Vattene.»
«No», replicò Styliann. «Autorizzala.»
Il Grande Kaan socchiuse gli occhi e protese di scatto la testa, scagliando in aria due vestare. Col muso toccò quasi la vita di Styliann. «Non permetterti mai più di parlarmi in questo modo, umano. Tu non sei e non sarai mai il mio dragonene.»
«Il mio tono non voleva offendere», replicò Styliann. «Ma c'è poco tempo e...»
«Devo prepararmi. Vattene.»
«C'è la possibilità che l'incantesimo non venga lanciato», disse il mago.
Sha-Kaan arretrò di colpo la testa. Batté lentamente le palpebre mentre il respiro gli sibilava nei polmoni grandi come caverne.
Hirad si voltò e lanciò un'occhiata a Denser e Ilkar; entrambi alzarono le spalle, come per dirgli che non ne sapevano niente, mentre Erienne si accigliava.
Sha-Kaan focalizzò l'attenzione del barbaro con una brusca presa mentale. «Com'è possibile?» domandò, autoritario.
«Grande Kaan, non ne ho idea. Non è un problema sollevato dai maghi del Corvo», disse Hirad.
«Mi risulta che dev'essere lanciato un certo incantesimo, ma che l'esito è rischioso.» La voce di Sha-Kaan era monocorde, fredda e molto arrabbiata. Hirad rabbrividì.
«È così», disse Styliann. «Tuttavia ritengo che Balaia abbia bisogno di avere assicurazioni in merito alla continuità del vostro sostegno e a un aiuto futuro per una lotta legittima.»
La temperatura dell'aria sembrò precipitare. Sha-Kaan avvicinò il muso al maestro xeteskiano. «Assicurazioni?»
Hirad notò che i vestare si erano scostati dal collo e dalla testa del drago. Si voltò verso i compagni del Corvo e mormorò: «Allontanatevi. Non si sa mai. Questo vale anche per i tuoi Protettori, Ignoto».
Denser sgranò gli occhi. «Non penserai che...?»
«No.» Il barbaro scosse la testa. «Ne dubito, ma... Lasciate che provi a sistemare questa faccenda, d'accordo?» Si avvicinò svelto a Sha-Kaan, ponendosi accanto all'enorme testa, di fronte a Styliann, che aveva un'aria ostinata sul volto. «Penso ci sia stato un fraintendimento, Grande Kaan», disse, percependo l'ira furente del drago.
«Voglio sperarlo», replicò Sha-Kaan, gelido.
C'era una nota di minaccia nella voce del drago, che Styliann chiaramente non colse. «Non c'è stato nessun fraintendimento», affermò il maestro xeteskiano, con un lieve sorriso sulla faccia.
«Styliann, vi avverto. Andate via», disse Hirad, posando di nuovo la mano sull'elsa della spada. «Non è il momento adatto per una cosa del genere.»
Styliann alzò un dito mentre sceglieva le parole. «Il tempo è vitale, perciò lasciate che mi spieghi con chiarezza.» Incrociò lo sguardo di Sha-Kaan. «Immagino che io possa contare sull'onore tuo e di tutta la stirpe.»
«Sono un drago Kaan.»
«D'accordo. Ecco cosa accadrà. Acconsentirai ad aiutarmi a riconquistare il mio College. Mi aiuterai anche a negoziare trattati con gli occadi e con gli altri College. Se non lo farai, non sarò in grado di collaborare al lancio dell'incantesimo per chiudere lo squarcio, e ciò renderà impossibile effettuarlo.»
«Se non collaborerai, morirai», affermò Sha-Kaan.
«Anche tu», replicò Styliann. «Suggerisco dunque caldamente che accetti le mie condizioni. Altrimenti me ne andrò.» Nel suo sguardo frenetico, che guizzava di qua e di là, c'era una follia che Hirad non vi aveva mai scorto. Era una specie d'insano fervore. Styliann credeva davvero che avrebbe ottenuto ciò che voleva, come se il Grande Kaan potesse cedere a un brutale ricatto. Il maestro xeteskiano aveva le mani che gli tremavano e si leccava nervosamente le labbra in attesa che Sha-Kaan rispondesse.
Hirad non poteva esprimere a parole ciò che percepiva dentro di sé in quel momento. Il silenzio del Corvo gli fece capire che provavano tutti la stessa cosa. «Disgusto» non era un termine adatto; neanche «ripugnanza» era sufficiente.
Sha-Kaan tuttavia riuscì a fare di più che esprimere con lo sguardo il più puro disprezzo. «Tu, piccolo umano, sei pronto a sacrificare la vita di tutti gli abitanti di Balaia e della mia intera stirpe se non verrai aiutato a perseguire i tuoi meschini fini personali?»
«Preferisco vederla come una giusta ricompensa per il sacrificio personale che compio per salvare tutta Balaia da morte certa», replicò Styliann. «Anche se capisco che tu possa non condividere il mio punto di vista.»
«Il Corvo non sta chiedendo niente», osservò Hirad, con le parole che gli uscivano a stento dalla gola. «Lo fa semplicemente perché va fatto.»
Il maestro xeteskiano inarcò le sopracciglia. «Allora non avete riflettuto a fondo su tutto, come ho fatto io.»
«Styliann, ripensateci», affermò Denser. «Non potete andare via.»
«Non posso? Ho già perso tutto.» Styliann non si voltò. «Allora state a guardare.»
«Moriremo tutti», disse Hirad.
«Allora persuadete il vostro drago a non indurmi a farlo.»
Il barbaro avrebbe voluto con tutta l'anima togliergli quell'aria compiaciuta dal volto, ma sapeva che il mago avrebbe potuto ucciderlo prima ancora di essere colpito.
Sha-Kaan grugnì dal profondo della gola. Il suono riecheggiò sordo come una valanga lontana.
Styliann sorrise di nuovo. «Ti prego, Grande Kaan, fammi la cortesia di rispondere affermativamente alla mia richiesta. La tua parola rispecchia il tuo onore.»
«La mia risposta è proprio quella che dovresti aspettarti», disse Sha-Kaan, accompagnando le parole con un lieve cenno del capo.
Il sorriso di Styliann si allargò.
«Oh, santi dei», sussurrò Hirad. Si buttò in avanti, strappò i testi di Septern dalle braccia di Styliann, toccò terra e rotolò sulla schiena.
Due fiamme gemelle saettarono dalla bocca del drago.
Il ricordo che Hirad avrebbe conservato per sempre di quell'istante era il sorriso che svaniva dalla faccia di Styliann mentre il mago, un attimo prima di essere annientato, vedeva sopraggiungere la morte.
Il corpo fu scagliato all'indietro in una massa infuocata, il petto trasformato in un foro là dove prima c'erano gli organi, la testa annerita e consumata. Styliann atterrò una trentina di passi più in là. Il tronco si staccò dalle gambe relativamente integre. Il torace e il volto si dissolsero in una nube di cenere che si disperse nel vento.
«Umano impertinente», commentò Sha-Kaan, impassibile.
L'Ignoto aiutò Hirad ad alzarsi. Il barbaro aveva le gambe che gli tremavano, tanto poco era mancato che fosse colpito dal fuoco. Denser aveva una mano sulla bocca e la faccia terrea, da cui traspariva la nausea che tutti quanti provavano; con l'altro braccio sosteneva Erienne, che respirava in modo affannoso.
Hirad si voltò verso Ilkar, che lo guardò inespressivo scuotendo leggermente la testa. «Spero che possiate usare questi», disse il barbaro, porgendogli i libri e le pergamene. «Provate a fare qualcosa», aggiunse, con un'alzata di spalle. «Qualcos'altro.»
«Continuerò la mia preparazione alla battaglia», affermò Sha-Kaan. Ormai la rabbia gli era scomparsa dalla voce. «Mi comunicherete tra poco la vostra nuova soluzione.»
Ilkar aprì la bocca per protestare, ma Hirad lo zittì con un veloce gesto della mano. I tre Prottetori si avvicinarono al corpo devastato di Styliann, scambiandosi occhiate e guardando l'Ignoto.
«E loro?» domandò il barbaro.
«Proprio non lo so», disse l'Ignoto. «Ma ci sono questioni più urgenti. Ilkar, Denser, Erienne... che cosa possiamo fare?»
Gli altri due maghi si voltarono a guardare Ilkar, che prese la parola. «Abbiamo un'altra possibilità. Ne parlava un testo della biblioteca di Julatsa, ma l'avevamo scartata, soprattutto quando Styliann è arrivato con un numero molto maggiore d'informazioni. Grazie agli dei, Hirad, sei riuscito a salvare questi», disse l'elfo, picchiettando sui testi.
«Allora siete ancora in grado di chiudere lo squarcio e il corridoio?» domandò l'Ignoto.
«Tecnicamente, sì», rispose Erienne.
«Non abbiamo più forza sufficiente per lanciare l'incantesimo come volevamo», spiegò Ilkar. «E non possiamo più sostenerlo fino a ricucire nel modo cornetto lo spazio interdimensionale.»
«Allora cosa potete fare?» chiese Hirad.
«Possiamo provocare un collassamento», rispose Ilkar.
«Perfetto, allora non c'è problema!» Hirad batté le mani, ma la sua sicurezza svanì quando vide Erienne scuotere la testa. «Che c'è?»
«Non sappiamo cosa provocherebbe un collassamento qui, su Balaia o in qualsiasi altra dimensione intermedia. Causerebbe onde nello spazio interdimensionale e Septern è molto chiaro sui potenziali rischi che queste comportano.» Erienne si passò una mano tra i capelli. «Potremmo determinare un riallineamento dimensionale, oppure strappare il tessuto di una o di tutte le dimensioni. Non lo sappiamo.»
«Ma non abbiamo scelta», replicò Hirad. «Sha-Kaan si è premurato di chiarirlo.»
«C'è un'altra cosa», disse Denser. «Per farlo collassare, dobbiamo essere all'interno dello squarcio.»
La morte di Styliann investì anche i Protettori che si trovavano su Balaia. Per quanti erano di guardia fu come un ciclone nella mente: annientò ogni speranza. Per quanti stavano riposando fu come un incubo giunto a ossessionarli: cancellò ogni sicurezza nel sonno. Da duecento labbra sfuggirono gemiti.
Chi li avesse osservati avrebbe notato il malessere, senza capirne la causa. La linea di guardia ondeggiò, le mani libere strinsero le teste, le gambe vacillarono e i piedi cercarono un appoggio. I guerrieri addormentati si risvegliarono bruscamente, guardarono in ogni direzione incapaci di credere alla realtà che era così brutalmente piombata loro addosso.
Aeb scosse la testa, cercando di liberarsi dall'ottenebramento che gli offuscava la mente. Sentiva i fratelli, li avrebbe sempre sentiti, ma non sentiva il loro Affidato.
«È andato. Abbiamo fallito.» Il pensiero echeggiò nelle menti dei Protettori, accompagnato da un senso acuto di perdita.
Aeb rispose in fretta alla cacofonia di comunicazioni. «Non è il nostro fallimento. Noi siamo fermi nella nostra missione. Non abbiamo perso la residenza.»
Tuttavia, mentre lo diceva, comprese l'inutilità di quella missione. Stavano difendendo la residenza in attesa del ritorno di Styliann, ma ormai lui era morto. Sarebbero dovuti tornare subito a Xetesk. Non c'era più bisogno di combattere gli occadi o di tenerli a bada, ma quelli erano ancora lì e avrebbero impedito a qualsiasi Protettore di andarsene.
Aeb percepì la confusione che pervadeva i fratelli. Erano in trappola, e senza una ragione o una motivazione per combattere. Eppure non potevano fare altro, sperando che giungesse una salvezza da diverse dall'Affidato.
«Sol. Possiamo combattere per Sol.» Il pensiero sorse casuale.
Aeb s'infervorò. «Il nostro scopo è sopravvivere finché non arriverà il tempo di tornare a Xetesk per attendere nuovi Affidati.» Tacque, consapevole che il flusso degli altri pensieri era cessato. Era l'unico a comunicare. Li percepiva tutti. «Rispettiamo e ammiriamo tutti Sol. Era un fratello Protettore. Lui solo tra gli uomini capisce la nostra chiamata. Ma, senza il nostro Affidato, possiamo solo combattere per noi stessi. Ognuno di voi combatta per i suoi fratelli. Serbate questo ideale nell'animo e trionferemo sempre. Tornate alle vostre posizioni. La notte non è finita.» Tuttavia Aeb s'interrogò sull'interruzione del legame con cui l'Affidato li aveva vincolati. Credevano nel diritto di sopravvivere autonomamente, abbastanza da vincere?
L'alba avrebbe fornito la risposta.
Darrick vide il bagliore dei fuochi nel campo degli occadi intorno alla residenza di Septern, un'ora prima di arrivare a distanza di tiro. Inviò alcuni maghi esploratori per valutare l'entità della difesa esterna di Senedai: tornarono riferendo che era inesistente al di là del perimetro dell'accampamento, il quale circondava del tutto la casa e i pochi accaniti difensori.
Grazie a una breve comunione mentale con le forze di Izack, fu stabilito il momento dell'attacco: si sarebbero mossi entrambi mezz'ora dopo che gli occadi avessero ripreso a combattere coi Protettori. Darrick decise che il frastuono della battaglia sarebbe stato la migliore copertura per un attacco a sorpresa. Lui e Izack comandavano in tutto un po' più di seimila soldati e maghi. Erano sempre pesantemente in minoranza, visto che nei paraggi c'erano le tribù di Tessaya, ma non era una battaglia campale; Darrick, maestro di tattiche di disturbo nei confronti degli occadi, riteneva che ciò gli conferisse un vantaggio.
Non riusciva quasi a credere che fino a quel momento il piano avesse funzionato. Rispettando il rigoroso ordine del silenzio, legate bene armi e armature, gli elementi più validi dei reggimenti rimasti avevano abbandonato rapidamente il campo, si erano spostati di traverso verso nord per tre miglia e avevano piegato a est entrando sul terreno irregolare che portava alla residenza di Septern. Protetti dagli sguardi affidabili degli esploratori elfi e dei maghi, avevano mantenuto segreta l'avanzata; la profonda conoscenza del terreno aveva permesso loro di mantenere un passo svelto durante tutta la notte e di sostare solo per cinque minuti ogni ora. Alla fine, a un'ora di marcia dagli occadi, si erano fermati in una valle bassa in parte riparata dal vento ma non dagli scrosci intermittenti che ancora arrivavano dal cielo minaccioso. Darrick aveva ispezionato personalmente ogni centuria, ringraziando tutti per lo sforzo ed esortandoli a ripeterlo al sopraggiungere dell'alba.
Da un po' il generale se ne stava seduto solo coi suoi pensieri e si stirava i muscoli delle gambe. Dormire era inutile con l'alba così vicina, ma il riposo era essenziale perché sarebbe potuta essere una lunga giornata. Solo allora ebbe la percezione dell'enormità dell'azzardo. Sapeva che, se i calcoli erano corretti, nel giorno che sarebbe sorto l'ombra sopra Parve avrebbe coperto del tutto la città. Ciò segnava il momento in cui i Kaan avrebbero iniziato a essere troppo pochi per difendere efficacemente lo squarcio e in cui i draghi nemici avrebbero potuto varcarlo per attaccare Balaia. Ignorava se e quando il Corvo sarebbe apparso. Se non lo avesse fatto, pensò, non avrebbe avuto importanza, perché ciò avrebbe significato che lo squarcio sopra Parve non poteva essere chiuso: presto sarebbero morti tutti tra le fiamme. Ma, qualora fosse apparso, il rischio era salvare Balaia soltanto perché poi finisse sotto il dominio degli oc-cadi. Non era solo un'impresa per impedire agli occadi di conquistare lo squarcio e avere la possibilità di sconfiggere il Corvo. Era una lotta per Balaia.
Mentre erano bloccati da Tessaya, Darrick non aveva voluto che la disperazione s'insinuasse tra i suoi uomini. Il desiderio di vincere avrebbe potuto distoglierli dalla missione di raggiungere la residenza di Septern. Ormai però erano quasi tutti lì, avrebbero dovuto conoscere l'intera verità. Se dovevano combattere e vincere nella situazione avversa in cui si trovavano, dovevano conoscere con precisione la posta in gioco. Izack avrebbe dovuto comunicare lo stesso messaggio.
Darrick si alzò e andò in cerca di un mago.
Gli occhi di Sha-Kaan lampeggiarono. Il drago scrutò i membri del Corvo. «Trovate un'altra soluzione. Quello che suggerite non può accadere.»
«Grande Kaan, non c'è un'altra soluzione. Non abbiamo più tempo. Non c'è modo di fare altre ricerche. Lo squarcio dev'essere chiuso subito o, per tua stessa ammissione, sarà troppo grande perché i tuoi draghi lo difendano.»
Era sorta l'alba, anche se i fuochi emanavano ancora la loro luce, riflessa dalla nebbia. Il giorno cominciava a diventare più caldo.
«Nessun umano cavalcherà mai un drago Kaan. È sottomissione. È proibito.»
«Non è sottomissione», replicò Ilkar. «E necessità.»
Sha-Kaan girò di scatto la testa. «Non ricordo di averti invitato a parlare, elfo.»
Hirad fece un profondo respiro. «Sha-Kaan, io sono il tuo dragonene. Posso parlare liberamente?»
«È tuo diritto.»
«Bene.» Hirad si spostò per guardare dritto in faccia il Grande Kaan. «Capisco i tuoi sentimenti al riguardo, ma è la nostra unica possibilità. So che non era tuo desiderio, ma uccidendo Styliann hai eliminato buona parte della nostra forza magica. Diciamolo, hai creato tu questo pasticcio.
«Ma non importa. Credi davvero che siamo felici di sederci sui draghi e volare nel mezzo di una battaglia per lanciare un incantesimo? Pensi sia questo quello che volevamo accadesse? La massima altezza che ho raggiunto in aria è quando ho spiccato un salto. Che gli dei possano precipitare, Sha-Kaan, non mi viene in mente cosa peggiore che volare. I maghi lo fanno grazie al loro potere, i guerrieri no. E nessuno di noi, credimi, ha voglia di sperimentare il volo in questo modo.»
Sha-Kaan lo osservò con aria grave. «Dici questo soltanto per convincermi ad acconsentire alla vostra richiesta.»
«Be', sì, ma non solo. È per dirti che nessuno di noi è contento di questa situazione. Non tu, e sicuramente non il Corvo. Ma è l'unica scelta per la tua stirpe e per Balaia. Siamo pronti a tentare. E tu?»
Il drago abbassò la testa. «La vergogna della sottomissione...»
«All'inferno la maledetta vergogna!» Hirad s'infervorò. «Se non funziona, nessuno di voi sarà vivo per provare vergogna. Se funzionerà, sarete abbastanza forti da gettare vergogna su qualsiasi stirpe vi provochi. Di che accidenti vi preoccupate?»
«Penso sia una tradizione che risale agli Antichi», intervenne Denser, cercando di placare entrambe le parti.
«Finalmente parole sagge da parte del ladro», disse Sha-Kaan.
«Sì, e noi diventeremo parte di quell'antica tradizione se non riusciremo a salire nello squarcio», commentò Hirad. «Sha-Kaan?»
Il grande drago chiuse gli occhi e reclinò la testa. Per un po' rimase in silenzio, poi aprì gli occhi. «Nessun drago si sottometterà e sarà cavalcato da un umano. È il segno supremo della sconfitta, perché indica che il drago è diventato servo dell'umano. Ma i Kaan capiscono che non è per dominarci che volete che vi trasportiamo. È per salvare entrambe le nostre razze. Soltanto per questa ragione accettiamo l'accordo. Tre draghi porteranno i tre maghi. Quei draghi saranno Nos-Kaan, Hyn-Kaan e Sha-Kaan. Elu-Kaan rimarrà nel Choul, per governare la stirpe qualora io non dovessi tornare.»
Fu un discorso tenuto nella lingua di Balaia, ma Hirad sapeva che lo stesso messaggio era stato comunicato mentalmente a ogni vestare e drago nella terra della stirpe. L'enormità di quanto era stato deciso fu corroborata dal silenzio totale.
«Grande Kaan, la tua fiducia sarà ripagata dal Corvo, che salverà la tua stirpe dalla distruzione», disse Hirad, chinando il capo. Udendo l'Ignoto rilassarsi alle sue spalle, si voltò con un sorriso sul volto. «Più tranquillo ora, Ignoto?»
«Sì. Ma credo che tu non ci abbia ancora detto tutto.»
Il barbaro annuì. «Sappiamo tutti che i maghi devono andare lassù, ma chi credi che li sosterrà mentre lanceranno l'incantesimo?»
Il colorito svanì dalla faccia dell'Ignoto. «Oh, santi dei del cielo! Mi chiedevo perché tu continuassi a parlare di te e di volare nello stesso momento. Non c'è altro modo?»
Hirad ammiccò a Ilkar, poi scosse la testa. «Ignoto, mi sorprendi. Non sai che il Corvo non combatte mai diviso?»
L'Ignoto scosse la testa. «Credo che sia meglio andare cercare una robusta corda.»