Capitolo 8
Sha-Kaan decise di lasciare la compagnia e la quiete del Choul e di raggiungere la struttura a livello del terreno, la grande Apertura d'Ali che il popolo dei vestare, servitori dei Kaan, aveva realizzato sotto la sua guida e le sue direttive.
Anche se la battaglia era stata lunga e dura, grazie alla migliore organizzazione la stirpe Kaan aveva limitato i danni e le perdite restando con forze sufficienti a garantire una sorveglianza adeguata del portale dimensionale. Il nemico però sarebbe tornato. E avrebbe continuato a farlo finché i Kaan non fossero stati distrutti o lo squarcio richiuso.
Sha-Kaan sentiva già che lo squarcio si stava allargando, che stava erodendo i margini del cielo. Aveva mandato i membri più seriamente feriti nel Klene, un rifugio nello spazio interdimensionale collegato con Balaia; lì i maghi dragonene si sarebbero resi utili per la successiva battaglia. Per sé, Sha-Kaan non aveva nessun dragonene; dopo il furto dell'amuleto di Septern e la morte di Seran, durante il primo incontro col Corvo, non si era fermato a sceglierne un altro.
Il Grande Kaan coprì insieme con la stirpe la breve distanza che lo separava dal Choul; lì tutti si gettarono in picchiata negli abissi freschi e scuri per riposare, preferendo la compagnia dei corpi alla solitudine del calore com'era tradizione dopo una vittoria in battaglia. Per lui tuttavia c'era ancora lavoro da fare e si allontanò volteggiando per verificare le condizioni del territorio Kaan.
Dai margini delle terre devastate di Keol, al di là delle distese aride e delle montagne tutte spaccate di Beshara, oltre le colline ondulate e le pianure di Dormar fino alle foreste ribollenti di vapore di Teras, quella era l'estensione del dominio Kaan. Un tributo adeguato all'egemonia della stirpe, che sarebbe però presto andato perso se non si fosse trovato modo di chiudere il portale per Balaia.
I Kaan detenevano senza dispute buona parte delle terre, ma non era sempre stato così. Durante quasi tutta la sua vita da adulto, cioè per più di tre generazioni e mezzo, Sha-Kaan aveva combattuto contro la stirpe Skar per il controllo dei territori un tempo fertili di Keol. Ricordava ancora le rupi a picco che proteggevano splendide e profonde paludi alimentate da cascate spettacolari. L'erba lunga che ondeggiava nelle zone umide intorno agli antichi vulcani e gli altipiani scavati dal ghiaccio. I boschi giovani dove dal suolo fertile, sotto la volta di foglie, cresceva l'erbafiamma, raccolta dai fedeli per alimentare il fuoco dei Kaan, che coi suoi rossi e blu rappresentava un faro nell'oscurità.
I Kaan si erano indeboliti durante le lunghe rotazioni della guerra, si erano ridotti di numero senza il sostegno di una dimensione d'interscambio. Skar e Kaan avevano combattuto nei cieli e sul terreno, nei laghi e nei fiumi scacciando la vita da ogni zolla di terra e da ogni goccia d'acqua. Gli umani erano stati massacrati oppure erano fuggiti, i corsi d'acqua erano stati alterati per sempre da barriere di roccia, da frane di terra bruciata e dal crollo delle gallerie sotterranee via via che un Choul dopo l'altro veniva scovato e distrutto. In superficie la vegetazione era stata bruciata fino alle radici; abbondanza e fertilità erano svanite. Il suolo era stato bruciato e annerito dalle fiamme che fuoriuscivano infinite dalle bocche di quanti vi si affidavano per sopravvivere.
La terra era morta e i Kaan l'avrebbero seguita nell'oblio se non fosse stato per la comparsa di Septern, ai margini di quella landa spaccata e devastata che un tempo era stato Keol, il dominio più ambito.
Era stato Sha-Kaan a trovarlo. Avrebbe potuto farlo uno Skar, e a quel punto la storia sarebbe andata molto diversamente. Si trovava poco al di sotto della portata di Sha-Kaan: vagava come senza meta e fissava il cielo pieno di draghi in guerra. Poi aveva fissato Sha-Kaan che si stava precipitando verso di lui. Non aveva mostrato paura, solo calma rassegnazione, un po' come aveva fatto Hirad Coldheart al castello di Taranspike: un'accettazione del proprio destino. Per quella ragione, Sha-Kaan non lo aveva ucciso. Era singolare, perché Septern chiaramente non apparteneva ai vestare, che servivano con tanta fedeltà i Kaan, ma non era nemmeno di una razza che servisse altre stirpi di draghi: glielo aveva letto sul volto.
Nonostante la battaglia che imperversava nel cielo sopra di lui, Sha-Kaan era atterrato. Sebbene i draghi fossero i signori dei cieli, quando si muovevano sulla terra erano goffi e lenti; ma la curiosità era prevalsa sul rischio. Quella decisione aveva messo in moto la serie di eventi che avrebbe salvato i Kaan, consentendo loro di vincere la battaglia contro gli Skar e di conquistare la dimensione parallela di cui necessitavano per sviluppare il livello successivo di consapevolezza.
Quando Sha-Kaan era atterrato vicino a Septern, la ragione dell'improvvisa comparsa dell'umano gli era apparsa subito evidente. Aveva visto un rettangolo marrone vorticante screziato di bianco, praticamente invisibile contro la roccia su cui era apparso, almeno finché non lo si osservava frontalmente. Il drago aveva capito subito che cosa fosse e, mentre portava via Septern, il suo urlo di avvertimento ai Kaan aveva cambiato il corso della battaglia.
Subito uno stormo di draghi Kaan era accorso e aveva varcato il portale, scatenando una reazione disperata tra gli Skar. L'intera stirpe Skar aveva interrotto l'attacco, gettandosi verso quel bersaglio che era il portale attivo attraversato dai nemici. Più di dieci lo avevano varcato prima che i Kaan predisponessero una rete difensiva che respinse gli altri Skar. Era una lezione che non avrebbero mai dimenticato. Così come il primo breve scambio di parole con Septern non si sarebbe mai offuscato nella mente acuta di Sha-Kaan.
«Che succede?» aveva chiesto Septern, palesando tutto il suo sconcerto nel tono, nell'espressione e nella postura del corpo.
«I Kaan si sono levati in volo per distruggere la dimensione d'interscambio degli Skar. Noi vinceremo la battaglia per Keol.»
Proprio come Hirad Coldheart, Septern aveva sentito le gambe tremare, sorpreso dalla della risposta. Ma anche lui si era ripreso alla svelta. «Non capisco», aveva detto.
«Il portale da cui sei passato conduce alla dimensione che sostiene la stirpe Skar. Ne percepiamo i segni. Ne distruggeremo il tessuto essenziale e spezzeremo quel sostegno. A quel punto, vinceremo la battaglia per Keol.»
Un sentimento di rabbia si era diffuso sul volto di Septern. «Ma... sono volatili innocui. Non potete... Assassini!» Ed era fuggito, dirigendosi verso il portale.
«Non ci puoi fermare. Così è.»
Septern non aveva ascoltato, né li aveva fermati. Però era tornato.
Sha-Kaan interruppe il ricordo e salì inarcandosi per segnalare al guardiano del portale con una picchiata e un verso la destinazione che intendeva raggiungere. Fece una capriola completa ed emise uno sgradevole brontolio basso che indicava l'Apertura d'Ali, poi iniziò una brusca picchiata verso un'area particolarmente fitta di foresta pluviale.
Nonostante tutte le lunghe rotazioni trascorse, quasi quattrocento anni balaiani, apprezzava ancora il fremito della picchiata nella terra della stirpe. Non c'era bisogno di buttarsi a tale velocità, ma se non lo avesse fatto non sarebbe stato eccitante. Sha-Kaan piroettò in aria e si diresse veloce verso la foresta pluviale. Con un colpo d'ali assunse l'esatta posizione, prima di ritrarle per riuscire a passare meglio. Varcò la volta di foglie nel punto designato, e la valle si aprì davanti a lui.
Pervasa da una nebbiolina che rifletteva i molteplici raggi di luce verdognola che filtravano dai piccoli buchi del fogliame, la terra della stirpe si estendeva in ogni direzione fin dove arrivava lo sguardo dei vestare. La volta della foresta pluviale forniva riparo e creava un'atmosfera calda, meravigliosamente dolce, che leniva i dolori alle squame, attenuava i rumori e mitigava la temperatura mantenendo la serenità nella terra della stirpe. Sha-Kaan chiamò emettendo un verso delicato di pace; la risposta della stirpe procreatrice giunse attraverso la nebbia.
Pace. Il rumore dell'acqua che cadeva, il lieve ondeggiare dei rami e gli echi dei versi della stirpe gli placarono la mente. Sha-Kaan allargò le ali e frenò in aria. Gli alberi, che ricoprivano i fianchi della valle e si piegavano a formare uno scudo sopra la sua testa, erano neri e indistinti; la nebbiolina sotto di essi pallida e mutevole nei raggi di luce.
Il grande drago compì una rotazione, lasciando che il calore umido gli accarezzasse il corpo stanco prima di abbassarsi. Il battito costante delle sue enormi ali creava vortici nella nebbia. La sua testa, col collo proteso, puntava verso casa. Dopo un po' la nebbia svanì: la vista sottostante rallegrò il cuore a Sha-Kaan e recò serenità alla sua mente provata.
La terra della stirpe Kaan era dominata dall'ampio e lento fiume Tere, che formava un'imponente cascata all'estremità nord della valle e si allargava indolente via via che ne percorreva il fondo, alimentato da altre cascate, finché da una spaccatura a sud non proseguiva il suo cammino sotto terra. I lati della valle dove crescevano gli alberi erano la dimora di uccelli che si nutrivano dell'erbafiamma e ne diffondevano i semi.
Sha-Kaan percorse in volo l'intera valle mentre i suoi richiami venivano corrisposti dalla stirpe procreatrice, che non si azzardava a lasciare i Choul di riproduzione, strutture piatte e basse concepite per creare il giusto clima in cui i giovani Kaan nascevano ed erano allevati. In tutti i Choul di riproduzione, sotto grandi tinozze fumanti d'acqua, ardevano fuochi che le riscaldavano. La condensa gocciolava lungo le pareti alimentando l'umidità del terreno, sotto cui altra acqua scorreva incanalata e in cui venivano costruiti i nidi.
Sha-Kaan volteggiò con un movimento lento, aggraziato, spiegò le ali, s'inclinò verso il basso per rallentare. Quando tocco terra, fece tremare la roccia sotto i suoi piedi.
«Va tutto bene», comunicò mentalmente ai servitori che erano accorsi. «Lasciatemi, desidero osservare il vostro lavoro.» Quando vide che tutto era esattamente come voleva, emise un sospiro di felicità. L'Apertura d'Ali. Casa.
L'Apertura d'Ali era una struttura magnifica; il suo arco di pietra bianca lucidata dominava la valle svettando per più di quarantacinque passi sopra le nebbie. Gli atri bassi conducevano alla cupola principale, dove Sha-Kaan riposava e teneva udienze. La cupola stessa era un emisfero perfetto che aveva richiesto quattro tentativi per essere realizzata secondo i suoi desideri. Sorgeva su mura ottagonali, ognuno dei quali recava inciso il suo volto, in modo che il drago potesse simbolicamente guardare in tutte le direzioni e tenere lontano il male dalla terra della stirpe.
Su ogni lato della cupola sorgeva una torre, una colonna scintillante che terminava con spire di fumo e balconi a tre altezze. Sotto ciascuna bruciavano i fuochi con le tinozze d'acqua. Come i Kaan procreatori, desiderava un clima caldo e umido quand'era lontano dal Choul e dai suoi simili. Il caldo dava sollievo alle squame, leniva i dolori alle ali e calmava gli occhi.
Ciò che conferiva all'Apertura d'Ali il suo nome era il sorprendente lavoro d'intaglio che si estendeva dietro e su entrambi i lati della cupola, ergendosi alto e raggiungendo le nebbie quasi novanta passi più in su. Le ali di Sha-Kaan erano raffigurate, sollevate, nei minimi dettagli - vene, ossa, ferite -con le punte che si toccavano appena al di fuori dalla vista. Era un monumento consono alla sua autorità.
Il Grande Kaan avanzò lento, con le ali che tenevano in equilibrio il corpo dorato nel suo pesante incedere in posizione eretta. Chiuse gli occhi, si allineò con cura e si portò all'interno della cupola. Il breve movimento dimensionale, possibile solo quando il corpo era immobile, era una necessità in un edificio le cui porte non erano studiate per la mole di un drago ma solo per i servitori e per gli aiutanti.
Dentro, il calore intenso procurò una sensazione istantanea di rilassamento. Sha-Kaan si adagiò, allungò il collo sul pavimento umido e mordicchiò un po' le balle di erbafiamma impilate lungo i muri, prima di ghermire una capra legata. Si godette un momento di tranquilla contemplazione lasciando vagare lo sguardo all'interno della cupola, facendolo guizzare sui dipinti di una terra da tempo scomparsa, una terra che esisteva prima che i draghi lottassero per la supremazia. Erano rimaste poche preziose oasi di quella bellezza originaria, e Keol era una di esse.
Sha-Kaan tornò con la mente a Septern e alla consapevolezza che il loro fatidico incontro in quel giorno di tanto tempo addietro era inesorabilmente legato allo squarcio dimensionale che minacciava Balaia e i Kaan.
«Le nostre alternative sono seriamente limitate», annunciò Kard. «So che è una cosa ovvia da dirsi, ma dovete conoscere esattamente la nostra posizione.»
Kerela aveva convocato l'intero Consiglio julatsano perché ascoltasse il generale. Erano seduti intorno al grande tavolo intarsiato nelle stanze del Consiglio.
Kard sedeva tra Kerela e Barras, e poi c'erano Endorr, Vilif, Seldane, Cordolan e Torvis. La parete esterna della stanza aveva tre finestre aperte che lasciavano entrare la luce pomeridiana e una leggera brezza. C'erano poi diversi bracieri e alcuni arazzi che ritraevano Consigli da tempo scomparsi, conferendo alla stanza il peso dei secoli.
«Generale, può innanzitutto ragguagliarci circa i soldati e i maghi a nostra disposizione?» lo invitò Kerela.
Kard annuì e srotolò una pergamena. «Ho ordinato di effettuare un censimento. Mi dispiace dirvi che non ci è voluto molto, come invece speravo. Tra queste mura abbiamo solo centottantasette maghi; ieri ne avevamo più di cinquecento. La nostra forza militare è composta da settecentodiciassette soldati, trenta feriti e una decina che non mi aspetto sopravviva fino alla mattina. Quattrocentodieci bambini si sono rifugiati qui, insieme con seicentottantasette donne e trecentoquattordici uomini. In tutto sono duemilatrecentocinquantacinque persone. Per fortuna i pozzi sono profondi e un numero sufficiente di voi ha ascoltato i miei avvertimenti affinché fossero garantite Provviste per quattro settimane.»
Il cuore risuonò forte nelle orecchie di Barras, nel silenzio angosciante che seguì il riassunto di Kard. Gli occhi di tutti restarono a contemplare il ripiano del tavolo. Nessuno sopportava di incrociare lo sguardo di un compagno. I bracieri furono investiti dal vento, e per un istante le fiamme languirono.
«Per gli dei della terra!» mormorò Torvis. Sul corpo curvo e ossuto, il volto raggrinzito mostrava in pieno la sua veneranda età. «A quanto ammontava la popolazione di Julatsa?»
Tutti gli sguardi puntarono di nuovo su Kard.
Il generale si dimenò sulla sedia, chiaramente a disagio. «Prima dell'attacco degli occadi, c'erano all'incirca cinquantamila persone a Julatsa. All'interno delle mura del College ha trovato rifugio meno di un abitante su venti.»
Barras si mise le mani tra i capelli e appoggiò la schiena. Kerela si nascose la faccia tra le mani, scuotendo lentamente il capo. Seldane si portò una mano alla bocca tremante, e lacrime abbondanti rigarono le guance di Cordolan e Torvis. Vilif ed Endorr non ebbero reazioni esteriori, troppo storditi anche per piangere.
Kard sollevò le mani. «Capisco il vostro dolore e la vostra impotenza, ma ricordate che molta gente è scappata nella campagna circostante e raggiungerà senza dubbio Dordover e gli altri College. Tuttavia abbiamo perso molti uomini validi nella difesa della città, e ci sarà un numero significativo di prigionieri. Questo rappresenta il nostro problema più immediato.»
«Cosa possiamo fare?» Endorr aveva un mezzo sorriso sul volto, ma nessuna allegria negli occhi. La sua domanda ignorava l'ultima affermazione di Kard.
«La scelta è semplice», disse il generale. «Arrenderci, rimuovere il Manto e aprire le porte agli occadi oppure aspettare i soccorsi di Dordover e di altre eventuali forze.»
«Arrenderci è assolutamente inconcepibile», affermò Kerela. «Aprire le porte significherebbe la fine di Julatsa come centro di magia, e probabilmente anche di tutti noi. Quanti a questo tavolo credono alle parole di Senedai?»
«Andremmo dritti verso la morte», dichiarò Seldane. «Conoscete l'opinione che gli occadi hanno della magia.» Intorno al tavolo si diffuse un mormorio d'assenso.
«E se in quattro settimane non dovessero arrivare aiuti?» chiese Torvis mentre i suoi occhi ritrovavano un po' del loro luccichio.
«Elaborerò un piano di fuga coi miei ufficiali anziani», assicurò Kard. «Ma dovete sapere fin d'ora che qualsiasi tentativo di fuga sarà inevitabilmente sanguinoso.»
«Non di fuga, ma di evasione», precisò Torvis.
Kard riuscì ad abbozzare un sorriso. «Sì. Dovremo concentrare i nostri sforzi sulla linea giudicata più debole. Quella torre che stanno costruendo va distrutta. Tutte le mosse che faremo dovranno essere tenute segrete finché le porte non si apriranno. Ma c'è una cosa che dobbiamo affrontare con maggiore urgenza e che potrebbe influenzare lo stato d'animo delle persone all'interno delle mura.»
«Sono sicuramente contenti di essere vivi», affermò Seldane.
«Oh, non ne dubito», replicò Kard. «Ma molti di loro hanno i propri cari da qualche parte all'esterno, morti, dispersi chissà dove o imprigionati. Poco fa, Senedai ha parlato di esercitare un'ulteriore pressione per costringerci ad arrenderci e a rimuovere il Manto Demoniaco. Ha già perso abbastanza uomini, dovrebbe avere capito che il Manto è impenetrabile e letale. Non voglio dirlo a chiare lettere, perciò vi chiederò una cosa. Se voleste che rimuovessimo il Manto e ci arrendessimo, e aveste in mano varie migliaia di prigionieri, cosa fareste per metterci sotto pressione?»
Il ritorno di Septern dallo squarcio dimensionale era stato accompagnato da una rabbia sfrenata, e l'incongruenza della cosa riempiva ancora di allegria la mente di Sha-Kaan. Septern non era particolarmente alto per essere un umano. Sha-Kaan al confronto era enorme; lungo quasi quaranta passi, era uno dei draghi più grandi che ancora solcassero i cieli. Fatto ben più importante, era quasi altrettanto veloce di un tempo.
Septern era ruzzolato al di là della porta dimensionale, si era scrollato i vestiti, aveva visto subito Sha-Kaan e iniziato a sgridare lui e la sua razza; un vestare che avesse fatto una cosa del genere sarebbe stato ucciso o come minimo espulso per insubordinazione. Mentre parlava, aveva indicato più volte dietro di sé. «Perché non vai di là e vedi quello che i tuoi compagni hanno fatto? Avete distrutto una civiltà pacifica e meravigliosa col vostro maledetto fuoco. Come osate arrogarvi il diritto di vita e di morte sulle creature di un'altra dimensione? Come osate? Be', ho fatto in modo che non facciate mai una cosa genere nel mio mondo. E nessun membro della vostra stirpe bastarda e assassina rivedrà più la dimensione degli uomini-uccello per mano mia. Prego solo di sopravvivere abbastanza da ricostruire quello che avete portato loro via. Non siete i signori del mondo, solo della vostra dimensione, anche se non riesco a capire come distruggere tutto sul vostro cammino vi renda diversi dalle bestie prive di ragione. In che modo vi può giovare sterminare creature innocenti? Allora? Hai perso la facoltà di parola, eh?» Per l'impeto, Septern si era ritrovato col corpo contro il muso di Sha-Kaan.
Il drago era adagiato a terra, con la testa posata sull'erba e sulle foglie; aveva le ali chiuse e la coda ripiegata lungo il corpo e sotto il collo. Aveva soffocato il desiderio di punire l'impudenza dell'umano, ricordando quanto potesse essere vitale per la sopravvivenza e l'evoluzione della sua stirpe.
Quattro Kaan, tutti quelli sopravvissuti alla battaglia con gli Skar nella dimensione degli uomini-uccello, emersero dalle profondità turbinanti del portale mentre le grida di vittoria echeggiavano sulla terra devastata di Keol.
Sha-Kaan aveva atteso finché non furono andati via, aveva scrutato il cielo e annusato l'aria in cerca di segni di Skar. Poi aveva cominciato a parlare, dopo avere inviato mentalmente un messaggio al vestare più prossimo perché lo assistesse. «Mi chiamo Sha-Kaan della stirpe Kaan, il tuo mondo non è in pericolo a causa della mia stirpe. E ti conviene frenare la lingua, perché altri della mia stirpe non sono così indulgenti come me.»
«Indulgenti? Non farmi ridere. Sarebbe 'indulgente' anche quel massacro che avete compiuto?»
«Lo definisco 'sopravvivenza'.» Sha-Kaan aveva usato il tono gentile che di solito calmava i vestare in ansia.
«Avete bruciato tante creature, fatto a pezzi le case, devastato le rupi, portato tenebre e fulmini nel cielo. Non credo che possiate giustificarvi con la necessità di sopravvivere, davanti a creature che fino a ieri non avevano neppure sentito parlare della stirpe Kaan.»
«Ma avevano sentito parlare degli Skar. E li servivano. Per questo erano contro di noi, seppure indirettamente. Questa è una guerra e loro sono un alleato del nemico; si sono schierati da una parte che non è la nostra.» Se Sha-Kaan fosse stato capace di scrollare le spalle come un essere umano, lo avrebbe fatto, invece aveva alzato le sopracciglia ossee.
«Ma gli uomini-uccello lo sapevano?» aveva chiesto Septern.
«Gli Skar avrebbero dovuto dirgli tutto sui draghi e sulle ragioni per cui erano stati scelti per servire. Come succederà a te.»
Septern aveva scosso il capo. «Prima di tutto, dimmi come gli uomini-uccello potevano essere alleati dei draghi. Non ha senso.»
«Non è una richiesta facile da esaudire. Dovremmo spostarci in un posto più sicuro. I miei aiutanti ti daranno del cibo e ti scorteranno. Ti aspetterò nella terra della stirpe Kaan.»
«Chi dice che andrò da qualche parte che non sia al di là dello squarcio?» aveva replicato Septern.
Con un soffio privo di fuoco, Sha-Kaan aveva scagliato il mago a terra. «Io.» Aveva visto Septern trasalire e portarsi le mani alle orecchie, pallido in volto e spaventato. «Tu e la tua dimensione potete essere di grande utilità per i Kaan, e noi in cambio possiamo proteggervi da altre stirpi meno tolleranti. Credimi, fragile umano, se non mi fossi capitato tanto fortuitamente davanti, un giorno un'altra stirpe vi avrebbe trovato.
«Ti aspetterò nella terra della stirpe e tu ascolterai gli Antichi. I vestare ti aiuteranno, ma loro non parlano la tua lingua e tu potresti non essere in grado di cogliere i loro pensieri. Finché non ci rivedremo, calma la tua mente e lasciala aperta, perché la realtà è molto più grande di quello che puoi concepire.» Sha-Kaan aveva spiegato le ali ed era volato via. Si era sforzato di non sondare la mente dell'umano. Era un grande, su quello non c'erano dubbi; conosceva la magia del viaggio dimensione, sapeva controllarla, e ciò lo rendeva incredibilmente prezioso per i Kaan.
Il drago si era voltato a guardare una volta, piegando il collo sotto di sé mentre volava: i vestare erano lì, lo avrebbero portato al sicuro. Poi aveva gridato tutta la sua soddisfazione ed era volato in direzione della terra della stirpe.