Capitolo 21

Hirad studiò con aria solenne i volti del Corvo. Le parole di Sha-Kaan gli mulinavano ancora in testa; i pericoli che aveva descritto gli risultavano difficili da comprendere. Come al solito, il Grande Kaan aveva detto qualcosa che non gli lasciava nessuna alternativa.

Potevano fare affidamento sul fatto che il Consiglio julatsano avesse il potere di stroncare la minaccia dei demoni; in caso contrario Balaia sarebbe stata invasa da creature malvagie, portate da un'ondata di mana puro. Il mana avrebbe ucciso ogni uomo, donna e bambino che avesse sfiorato: in tale concentrazione avrebbe privato i polmoni dell'ossigeno e, peggio ancora, lasciato le anime alla mercé dei demoni, gli Arakhe, come li aveva chiamati Sha-Kaan. Balaia sarebbe diventata un'estensione della loro dimensione, i Kaan avrebbero perso la loro dimensione d'interscambio e infine la vita.

La descrizione dell'impresa e i rischi che comportava per tutti, draghi e umani, lasciava senza parole. La ricompensa, in caso di successo, sarebbe stata grande: la fine del pericolo rappresentato dai demoni e il modo di superare l'esercito degli occadi ed entrare nel College di Julatsa.

Di fronte allo sguardo interrogativo di Hirad, Ilkar si limitò ad annuire. Il Guerriero Ignoto sostenne quello sguardo, quasi a sottolineare l'inutilità di porgli quella domanda.

Will era spaventato, anche più degli altri. Aveva già visto un demone, e al pensiero di affrontarne un numero indefinito era impallidito e caduto in preda a un tremito che gli scuoteva gli arti.

«Forse non sarà necessario combatterli», disse Hirad.

«Ma dovremo vederli», replicò Will.

«Ti proteggeremo.»

«Solo Thraun può farlo.»

Il barbaro si era dimenticato del lupo: presumibilmente era ancora dall'altra parte del portale. Sapeva che, se Thraun non li avesse seguiti, nemmeno Will lo avrebbe fatto. «E se ci fosse Thraun?» chiese.

«Allora sarò con voi», rispose Will.

Hirad annuì. Il Corvo non combatteva mai diviso. Mai. Si voltò verso Erienne e Denser, in piedi l'una accanto all'altro. «Non possiamo cavarcela senza di voi», disse. «Anche perché aiutiate Ilkar con lo scudo di mana, o qualunque cosa sia.»

«È un'impresa ardua, ma possiamo farcela», disse Erienne. Si posò una mano sul ventre e per un secondo il suo viso fu adombrato dall'ansia. «Non credo che abbiamo scelta.»

«C'è sempre una scelta», bofonchiò Denser.

«Una simile a quella che ci hai offerto col Ruba Aurora?» ringhiò Hirad. «Tocca a te ora.»

«Non ho detto che non verrò.»

«Ma, se partecipi, devi esserci», replicò Hirad. «Dovremmo essere tutti lì, presenti in ogni momento.»

A quel punto, Sha-Kaan protese il lungo collo e parlò sopra la spalla di Hirad. «Hirad dice il giusto, ladro. Le tue capacità sono indubbie ma, se non sarai in perfetta sintonia, rappresenterai un ostacolo e un rischio per tutti noi.»

Quelle parole irritarono Denser, ma il cipiglio di Hirad bloccò la sua rabbia. Il mago oscuro riuscì invece ad abbozzare un fugace sorriso. «Non ho niente di più urgente da fare.»

Sha-Kaan guardò il barbaro. «Che significa?»

Hirad sorrise. «Prendilo come un sì, Grande Kaan.»

«Bene», replicò il drago. «Smontate il campo. Non torneremo qui.»

«E Thraun?» chiese Will.

«Thraun?» Sha-Kaan guardò il suo nuovo dragonene.

«Il mutaforma», spiegò Hirad. «Il lupo.» E subito la sua mente fu invasa da immagini di foreste e di sangue.

«Sono entrato in contatto con la sua coscienza», disse il drago. «È qui, da qualche parte. Verrà. Il suo legame con te, piccolo umano, è molto forte. Come quello di un drago col suo dragonene.»

La tensione sul volto di Will si allentò.

«Va' a cercarlo», lo esortò Hirad. «Il resto di noi smonterà il campo.»

«Sbrigatevi!» disse Sha-Kaan. «Il Consiglio agirà presto.»

 

Col generale Kard di nuovo all'esterno e con la Sfera di Luce di Endorr a illuminare il Cuore, l'intero Consiglio julatsano si preparava a parlare ancora una volta con Heila, il Maestro del Manto.

La piccola stanza, centro della magia julatsana, era ingombra dei testi fondamentali del College, selezionati da Barras. Erano disposti in alte pile negli spazi tra gli otto segmenti di liscia pietra grigia e coprivano a tratti le pietre del pavimento che dalla porta si addentravano a spirale nella stanza, nascondendo ogni consigliere dagli altri lungo le pareti.

Kerela si accigliò nel vedere tutti quegli ostacoli disseminati nella più sacra delle stanze.

Barras non poté fare a meno di sorridere. «Avevamo sempre detto che era necessario ampliare la biblioteca.»

«Farò preparare un progetto non appena avremo scacciato gli occadi», disse Torvis.

Una risata corale si levò nella stanza, allentando la tensione.

Kerela sollevò le mani per chiedere silenzio. «Vi prego, amici miei. Siamo qui per eliminare il Manto Demoniaco che ci protegge dall'esercito degli occadi. Per innalzarlo abbiamo perso Deale; la sua anima è ancora nelle mani di Heila, e vi rimarrà non si sa per quanto dopo la sparizione del Manto. Forse non verrà mai liberata. Per l'anima di Deale, v'invito a un momento di meditazione.»

Barras chinò la testa sul petto, come tutti gli altri. Deale era stato il sacrificio estremo, un sacrificio che Barras e Kerela sentivano profondamente. La prima scelta di Heila sarebbe stata uno di loro due.

«Grazie», disse il Sommo mago, rompendo il silenzio. «Ora chiameremo Heila, il Maestro del Manto.»

Col Consiglio ridotto a sette membri, il compito era molto più difficile. Kerela poteva destinare solo tre maghi all'ancoraggio della colonna. Ben presto la fronte di Endorr, Torvis e Seldane s'imperlò di sudore, mentre si sforzavano di mantenere integra la colonna di mana. Nonostante un pericoloso sussulto nel flusso di energia, i maghi rimasero saldi e infine si stabilizzarono per consentire a Barras di aprire il portale dimensionale.

All'improvviso un'onda di lucente mana azzurro ghiaccio permeò la colonna, e per poco non ne staccò la copertura dalla presa mentale dell'elfo. «C'è qualcosa che non va», disse Barras con voce tesa, mentre si concentrava per mantenere il controllo.

«Sei stabile?» domandò Kerela.

«A malapena.»

«Posso continuare la chiamata?»

«Non hai scelta.» Barras percepiva il sudore corrergli lungo la schiena.

Il mana saliva ancora nel cilindro per disperdersi poi lungo le pareti o alimentare la struttura del Cuore, dove si univa alla forza cui attingeva il Consiglio. Per l'elfo le parole della chiamata pronunciate da Kerela suonarono come un mormorio lontano, mentre ricorreva a tutta la sua forza, la sua esperienza e la sua volontà per conservare il controllo. Da qualche parte, i demoni attingevano a una forza che conferiva un'enorme pressione al mana che riversavano al di là del piccolo portale in cui Kerela immerse la testa per effettuare la chiamata.

Barras non riusciva a capire quel comportamento da parte dei demoni. Forse era dettato dalla delusione, perché il Consiglio stava per esigere la cancellazione del Manto. Ma nel profondo della mente avvertiva qualcosa di più sinistro, che affondava le radici in una dimensione al di là della sua portata, al di là della sua comprensione. L'inquietudine era lì, come l'ombra di un pensiero che non riusciva del tutto a cogliere.

D'un tratto i colpi sul portale cessarono, la colonna scomparve. Heila fu di nuovo tra i maghi di Julatsa. Stavolta era più grosso e il suo colorito azzurro era tanto intenso da oscurarne in parte i tratti. Ruotò lentamente per un po', con le braccia incrociate e la schiena dritta come un fuso, osservando la scena all'interno del Cuore. «Non pensavo che sarei tornato così presto», affermò in un tono che tradiva l'irritazione.

«Da sempre, l'onore ci obbliga a limitare il più possibile il ricorso al Manto», replicò Kerela.

«Ah, dunque siamo qui per discutere della sua eliminazione, non dell'estensione.»

«Sei sorpreso?»

«Del momento scelto, sì.»

«Voi demoni non avete la facoltà di scegliere il momento dell'eliminazione.» La voce di Kerela era tesa.

«Ma le circostanze cambiano, Sommo mago.» L'aria crepitava tanto era carica d'inquietudine. Barras si accigliò. È cambiato qualcosa?

«In che senso?» domandò Kerela.

«L'eliminazione del Manto Demoniaco non è al momento nel nostro interesse. Farlo ci creerebbe qualche fastidio.» Heila non aveva mutato espressione. Le sue parole non comunicavano nessuna emozione, non lasciavano trasparire nessuna brama; eppure contenevano tutta la forza della sua posizione. Pochi stavano più in alto nella gerarchia che si presumeva controllasse la dimensione dei demoni, tutt'altro che caotica, come voleva la credenza popolare.

«'Qualche fastidio'?» ripeté Kerela, infondendo in quelle parole tutto il suo disprezzo. «Ti ricordo, Heila, che l'eliminazione del Manto non è condizionata dall'utilità che può avere o no per voi. Viene concordata dal Consiglio julatsano. Chiediamo il vostro assenso solo per evitare che qualcuno di voi resti intrappolato mentre il Manto viene ritirato. Non siamo obbligati a farlo. È una cortesia che osserviamo nella speranza che vi dimostriate compassionevoli con le anime di quanti sono stretti nel suo abbraccio. L'incantesimo di eliminazione non è qualcosa cui potete opporvi.»

Heila sorrise, rivelando due file fitte di denti acuminati come aghi. «Conosco i vincoli impostici dalla struttura della vostra sagoma di mana, ed è una struttura abilmente studiata. Tutto ciò che chiedo sono altri due giorni, in modo da poter trarre il massimo beneficio dalla forza che ci è stata temporaneamente conferita. Anche noi abbiamo nemici da combattere. Se mi concedete questi due giorni, tutte le anime che abbiamo preso saranno liberate.» Gli occhi di Heila brillarono attraverso il mana che lo avvolgeva.

Quando parlò, Kerela mostrò irritazione nella voce. «Heila, la tua offerta è generosa e allettante. In qualsiasi altra circostanza l'avrei accettata con gratitudine. Tuttavia la vita di migliaia di julatsani dipende dall'eliminazione immediata del Manto. Con tutto il dolore e il rimpianto per la condizione di Deale e degli altri che sono stati presi, non posso acconsentire.»

Barras udì Seldane ansimare.

Il volto di Heila si deformò per la rabbia, che pervase i suoi sentimenti creando gorghi azzurri nel mana. Il suo respiro, diventato d'un tratto gelido, spazzò il Cuore, e i suoi pugni si aprirono emanando fili di una sostanza luminescente che trasmisero le grida di quanti erano prigionieri del Manto. «Vi combatteremo, Sommo mago, e queste anime patiranno un'eternità di tormenti, lontane dai cieli cui appartengono. Sono perdute, come lo sarai tu. Ti ho scelto, Kerela di Julatsa. Sei mia.»

«Non mi puoi toccare, Heila», replicò la maga, anche se le parole del demone l'avevano scossa. «Prepara i tuoi subalterni per l'eliminazione del Manto. Addio.» Kerela terminò il contatto.

Heila svanì. Il mana fluì di nuovo ululando nella colonna, ma Barras era pronto e all'altezza del compito. Con un forte grugnito, l'elfo chiuse il portale dimensionale.

Per un istante, nel Cuore ci fu silenzio. Torvis e Vilif si scambiarono un'occhiata. Barras si scostò le ciocche grigie dalla faccia e sbuffò.

Fu Endorr a parlare. «Cosa intendeva con 'vi combatteremo'?»

«Si opporranno all'eliminazione del Manto», rispose Cordolan.

«No. È qualcosa di peggio», replicò Kerela. «I demoni vanno in cerca di anime. Qualcosa, ora che hanno una base su Balaia, dà loro la forza di sfidarci. Credo che potrebbero cercare d'infrangere la struttura di contenimento.»

«Cosa?» sbottò Seldane. Poi corrugò la fronte. «Sono in grado di farlo?»

«Di solito no», rispose Kerela. «Saprebbero di non avere il potere di minacciarci nella nostra dimensione. Adesso invece ritengono di poterlo fare.»

«Allora non dovremmo attendere questi due giorni? Lasciare che Heila termini qualsiasi cosa debba fare?» chiese Endorr.

«No, giovane maestro, penso che tu non abbia capito chi siano i nemici cui si riferiva Heila», disse Vilif. «Ho il sospetto che tra due giorni i demoni saranno abbastanza forti da spazzare via la struttura di contenimento. Probabilmente Heila era agitato perché non ha più la certezza di riuscirci.»

«Sì. E tra due giorni molti altri moriranno nel Manto. Non possiamo aspettare», convenne Barras.

«Ma la sua offerta...» insistette Endorr.

«È menzognera», affermò Kerela, ferma nella sua decisione. «Venite, amici miei. Più aspettiamo, maggiori probabilità abbiamo di fallire. Unitevi a me e restate forti. Non possiamo permetterci d'indebolirci, altrimenti i demoni, non gli occadi, prenderanno Julatsa. E poi tutta Balaia.»

 

Il Corvo si radunò vicino a Sha-Kaan, mentre l'odore di olio si mescolava sgradevolmente a quello acre dell'alito e al calore dei fuochi. Erano in formazione difensiva, il drago e gli umani disposti schiena contro schiena, Sha-Kaan prendeva tre quadranti, il Corvo il quarto. Hirad era fiancheggiato dall'Ignoto e da Will, Thraun si trovava accanto all'ometto. Alle loro spalle, Ilkar, Erienne e Denser, pronti per il comando di Sha-Kaan.

Non percepivano movimento nel corridoio anche se Sha-Kaan li assicurò che si stavano avvicinando a Julatsa e che stava solo aspettando il momento giusto per creare una breccia nel Manto. Quella quiete era davvero snervante e Hirad trovava difficile credere che si fossero mossi, anche se nutriva piena fiducia nel drago.

«Saprete quando toccheremo il Manto Demoniaco», disse Sha-Kaan. «Le pareti della stanza tremeranno e voi incespicherete. Cercherò di mantenere la rotta, ma devo colpire il cuore del potere degli Arakhe, se dobbiamo fermarli e permettere ai vostri maghi di chiudere il Manto.»

«Tra quanto sarà?» chiese Hirad.

«Tra pochissimo. Hanno già iniziato a prepararsi. Il vostro incantesimo dovrà cominciare a breve.»

«Prima d'iniziare, ricordate di che incantesimo si tratta», affermò Ilkar. «Costruiremo una camera fredda, creando un involucro all'interno del quale il mana non può scorrere. La manterremo usando i flussi di mana che provengono da noi stessi; sarà un processo estenuante. La camera fredda non fermerà i demoni, ma per entrarvi si feriranno e s'indeboliranno in modo molto rapido. L'assenza di un flusso di mana intorno alle vostre armi vi consentirà di colpire i demoni, ma le uccisioni non saranno veloci e dovrete cercare di ricacciarli indietro. Conferiremo allo scudo un colore verde chiaro. Sarà possibile vedere attraverso, ma non superatelo, altrimenti le vostre armi saranno inutili e perderete l'anima.»

Hirad e l'Ignoto annuirono.

Will si girò verso Thraun. «Sta' sempre al mio fianco. Non allontanarti mai.» Estrasse quindi le due spade corte, incapace di controllare il tremito delle braccia.

Dalla gola del lupo si levò un brontolio.

«Sei sicuro che non ci attaccheranno?» chiese Will.

«È escluso», rispose Sha-Kaan con voce alterata mentre indirizzava il corridoio dimensionale verso Julatsa, lungo le piste che gli erano state segnalate da Elu-Kaan. «La nostra presenza bloccherà le loro energie, sarà come un tappo in una bottiglia. Saranno attratti dalle vostre anime come draghi dalle prede, e ciò svierà la loro attenzione. I cacciatori di anime hanno poca disciplina quando si trovano di fronte a una tentazione.» Il drago piegò il lungo collo al di sopra delle loro teste per guardarli. «Aspettatevi che arrivino da ogni parte; non sono vincolati dalle nostre leggi. Il loro tocco è come fuoco, il loro morso come ghiaccio, i loro occhi tenteranno di strapparvi l'anima dal corpo. Colpite con forza e colpite spesso. Non mostrate nessuna paura.» Sha-Kaan incrociò per un istante lo sguardo di Hirad.

Il barbaro avvertì un'ondata di gratitudine venata di rabbia. Il drago li biasimava per avere lanciato il Ruba Aurora e per tutto ciò che l'incantesimo aveva provocato; non li avrebbe perdonati facilmente.

Hirad si rivolse ai maghi. «Siete pronti?»

Ilkar assentì. «Siate svelti con le spade.»

«Mi chiedo che colore abbia il sangue dei demoni», scherzò il barbaro.

«Be', è un buon momento per scoprirlo», replicò Denser. «Datevi da fare, d'accordo?»

Hirad sorrise. «Farò del mio meglio. Andiamo, Corvo. Grande Kaan, l'incantesimo inizierà al tuo comando.»

«Bene. Iniziate subito.» Sha-Kaan girò di nuovo la testa in avanti.

Il corridoio fu pervaso da un'onda di energia. Hirad si posizionò divaricando le gambe e sguainò la spada. Alle sue spalle, i maghi stavano schiena contro schiena. Non potevano permettersi di cadere, per non spezzare la concentrazione.

Ilkar scoprì di non temere l'unione di tre magie. L'idea in realtà lo affascinava fin dal primo legame rinforzato con Denser, creato per salvare Hirad nel granaio di Septern, e sapeva che affascinava anche lo xeteskiano.

Dopo che le tre menti si furono sintonizzate sullo spettro del mana, l'elfo vide i flussi blu, arancione e giallo, simboli rispettivamente di Xetesk, Dordover e Julatsa, fluire sopra le loro teste. Ogni mago era protetto da un involucro di colore bianco, mentre in alto le tre magie si univano come trefoli di una corda, rinforzandosi a vicenda. Poi, quando il flusso si attorcigliò e cominciò a spingere verso l'esterno in cerca di uno sfogo, i maghi reclinarono la testa in modo che i loro crani si toccassero, e si presero per mano per completare il cerchio.

Fu Erienne, che aveva maggiore conoscenza delle sagome di esclusione del mana, a dirigere l'incantesimo. «Una sola magia, un solo mago», disse.

«Una sola magia, un solo mago», ripeté Denser.

«Sbrigatevi», li esortò Ilkar, percependo il calore tra Denser ed Erienne attraverso il flusso di mana che li racchiudeva tutti in un'unica forma tricolore a tulipano.

«Pronuncerò io le parole, ma dobbiamo tutti rinforzare la sagoma.» La voce di Erienne era poco più di un sussurro. «Per il momento mantenete il vostro colore ed espandetevi per formare il lato di un triangolo equilatero. Portate all'interno i lati e ruotateli.»

Ilkar sentì una vibrazione nel corridoio, ma la ignorò, concentrandosi sulla piramide a quattro lati che si muoveva lenta sopra le loro teste.

Erienne lasciò che la sagoma si stabilizzasse prima di procedere. «Orientate i lati verso l'esterno. Lasciate che il vertice si rompa.» Dalla piramide si formò una sagoma a sei lati. «Create un'immagine speculare e duplicatela, da base a base.»

Era una struttura piuttosto semplice. Le piramidi, quasi formate, si trovavano rasenti e ruotavano in direzioni opposte. Ilkar vide come si sarebbe evoluta la sagoma e dove si trovava la difficoltà.

«Bene. Ci serve una punta a ogni estremità», disse Erienne. «Ciascuna ruoterà in direzione opposta alla piramide sottostante; ognuna avrà sei lati e lastre consecutive del mana di ciascun College che la uniranno saldamente e genereranno la sagoma per proiettare il mana all'esterno. Le piramidi devono continuare a ruotare durante la creazione delle punte.»

L'aria intorno ai maghi sembrò vibrare per lo sforzo.

Era un'abilità della mente, quella di mantenere e costruire simultaneamente qualcosa. La divisione era una facoltà che veniva insegnata presto, ma che richiedeva molto tempo per essere appresa. Ilkar era certo che tutti e tre la possedessero, ma quella era una faccenda diversa. Se le piramidi avessero smesso di ruotare, ci sarebbe stato un contraccolpo con conseguenze gravi: forse la perdita della memoria, forse la cecità. Forse la morte.

Le lastre di Denser apparvero quasi subito; ruotavano l'una in senso opposto all'altra, con gli apici che si toccavano. «Sono stabile», disse lo xeteskiano.

L'elfo si chiese per un istante che cosa gli avesse fatto davvero il Ruba Aurora. Creare lastre con tanta rapidità era impossibile, in teoria. La cosa però aveva i suoi benefici e offrì agli altri un modello per orientare le lastre. Ilkar mise da parte gli altri pensieri e immaginò un vento leggero, sapendo che avrebbe mantenuto per un po' la rotazione delle piramidi. Nonostante la duplice trazione cui era sottoposto il flusso del suo mana, Ilkar sfruttò l'impercettibile movimento delle mani ancora giunte, estrasse il mana con la mente e le formule, creando lastre triangolari identiche a quelle di Denser. Le realizzò forti e di color giallo intenso, collocandole al loro posto pochi istanti dopo Erienne.

Ormai le piramidi possedevano punte che ruotavano in direzioni opposte a ogni estremità. L'incantesimo poteva essere completato.

«Straordinario», osservò Erienne, anche se c'era poco stupore nella sua voce. Conosceva le capacità di ognuno. «Le due metà devono essere esattamente speculari per forma e velocità di rotazione. Appiattite e allargate le piramidi... sì, così. Allargate le basi delle punte. Mantenetele. Siamo pronti a lanciare.»

«Sono stabile», annunciò Denser.

«Anch'io», disse Ilkar.

Sopra di loro, la sagoma di mana ruotava.

«Dor anwar enuith», recitò Erienne, e le parole della dottrina dordoveriana incendiarono la sagoma di mana, mescolando il flusso arancione con quello giallo e azzurro. «Eart jen hoth.» La maga portò le sue mani sopra la testa. «Lanciate.» Le abbassò e sbatté i palmi sul pavimento di pietra.

La sagoma di mana si allargò come se vi fosse stata immessa una ventata di aria a una pressione enorme. Una metà coprì il Corvo e Sha-Kaan, l'altra si spostò sotto di loro per rallentare l'avanzata di qualsiasi demone che li avesse attaccati da quella direzione.

«Lys falette», disse sommessamente Ilkar, e la sagoma fu pervasa da un verde chiaro e traslucido.

La formulazione dell'incantesimo era terminata. Il Corvo e il drago respirarono aria non contaminata dal mana. Per i maghi, la camera fredda significava un prosciugamento istantaneo di forze; non avrebbero potuto mantenerla a lungo.

Hirad non ebbe bisogno di parlare per avvertire Sha-Kaan che l'incantesimo era stato lanciato. Una violenta scossa fece tremare il corridoio dimensionale, scuotendo gli arazzi appesi alle pareti e sollevando scintille dai fuochi mentre ceppi e tizzoni si muovevano. Il barbaro vacillò e Will finì steso a terra, dopo essersi scontrato con Thraun. Il lupo ululò di paura, incapace di vedere il pericolo, ma sicuro della sua presenza.

«Stabilizzati, Corvo», disse l'Ignoto, che non aveva nemmeno dovuto adattare la propria posizione. Batté la punta della spada sulla pietra, e con quei lievi colpi arrecò chiarezza alle menti e fugò ogni incertezza.

Una seconda scossa, seguita da un lungo rombo trasmesso dalle pietre del corridoio, sollevò la polvere nell'aria.

«Preparatevi», annunciò Sha-Kaan.

Hirad e l'Ignoto si scambiarono un'occhiata. Negli occhi dell'imponente guerriero c'era un'inquietudine che il barbaro non aveva mai visto prima, mista però a una determinazione tale da scacciare ogni dubbio, e Hirad capì con precisione il perché di quei sentimenti. L'Ignoto sapeva già cosa significasse perdere l'anima per opera dei demoni; tempo prima gli era stata restituita e non aveva nessun desiderio di perderla di nuovo.

Con le loro anime che facevano da richiamo, i membri del Corvo si gettarono dunque nel Manto Demoniaco.