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Melanie doveva tornare a casa da Sheila, che era rimasta sola fin dal pomeriggio, visto che Gerhard era andato alla conferenza stampa di presentazione dell’inchiesta a cui lavorava da due settimane. Sarebbe rimasto a dormire in hotel e Melanie voleva infilare una pizza in forno, rannicchiarsi sul divano in soggiorno con Sheila e guardare un vecchio episodio di Perry Mason.

Per quel giorno aveva fatto abbastanza, ma non appena spense il portatile, chiuse a chiave lo scrittoio e prese il soprabito, le squillò il telefono. Sul display comparve il numero di cellulare di Hauser. Probabilmente era già a casa sul divano, con Tom sulla spalla sinistra e Jerry sulla destra a nutrirli di cavallette. Rispose.

«È ancora in ufficio?» domandò il poliziotto.

«Sì, cosa è successo ora?»

«Mi trovo nel Laboratorio di tecnica criminale. Dovrebbe venire qui.»

Ci volevano solo dieci minuti in macchina e oltretutto era sulla strada di casa. S’infilò il soprabito. «Arrivo.»

 

Il laboratorio era in piena attività. Cinque uomini lavoravano ai computer e altri erano intorno a un lungo tavolo con indosso i guanti in lattice a smontare dispositivi elettronici. Il continuo brusio nella stanza rendeva quasi percepibile a pelle la tensione elettrica.

Hauser sembrava coordinare il lavoro dei colleghi. Non appena vide Melanie alla porta, la raggiunse subito.

«Stiamo analizzando i computer, i cellulari, i portatili e gli hard disk esterni sequestrati a casa di Lazlo.»

«E?»

Abbassò il tono di voce. «Niente di buono. Non abbiamo individuato nulla di incriminante. Nessun contatto con Clara, nessuna foto né video di tatuaggi. Prima sono passato dai colleghi della Scientifica. Anche loro non sono riusciti a trovare tracce di DNA di Clara in casa. Se andiamo avanti così cadono tutti gli indizi.»

«Merda», imprecò Melanie. «E gli esperti di medicina legale?»

«Stanno analizzando i sei brandelli di pelle tatuata che abbiamo trovato nella cantina di Lazlo. Con un po’ di fortuna potrebbe trattarsi degli stessi colori usati per la schiena di Clara, oppure un frammento si potrebbe attribuire a uno dei cadaveri che abbiamo trovato nel bosco.»

Melanie ci pensò su. «Chiederò al giudice la riesumazione del cadavere della ragazzina rumena trovata due anni fa.»

Hauser annuì. «Proprio quello che volevo chiederle.»

«Nessun problema», disse Melanie nonostante trovasse sorprendente che all’improvviso Hauser sembrasse tanto ansioso, quasi temesse che non ci fosse più tempo. Perché tanta fretta?

«Ma ora veniamo alla bella notizia», disse il poliziotto. «Abbiamo identificato i due cadaveri ritrovati in questi giorni. Anche la vittima ritrovata nei pressi di Agnesbrünnl veniva dalla Romania, mentre quella ritrovata nel tubo di scarico era polacca. La loro scomparsa era stata denunciata nei paesi d’origine, quando più di un anno fa le ragazzine erano state portate qui illegalmente come baby prostitute.»

... Ma qualcuno ne ha abusato per altri scopi. Melanie avvertì un senso di nausea e si guardò intorno con un’espressione perplessa. «Di tutto questo avremmo potuto discutere per telefono. C’è dell’altro, vero?»

«Be’...» Hauser esitò. «Volevo informarla di persona della situazione prima che tornasse a casa.»

Della situazione. Se usava quel termine era ovvio che c’erano delle grane. «Cosa è successo?»

«Usciamo fuori», rispose Hauser aprendo la porta che dava sul corridoio, a quell’ora deserto.

«Mezz’ora fa sono venuto a sapere da un collega che gli avvocati hanno ottenuto la liberazione di Lazlo. È fuori da un’ora su cauzione.»

Melanie strabuzzò gli occhi. «E perché io non ne sapevo niente?»

Hauser la guardò perplesso.

«Com’è possibile che l’abbiano lasciato andare?» domandò la procuratrice.

«Non lo so, ma dovrebbe occuparsene prima che quel pezzo di merda scompaia.»

«Grazie... Sono in debito con lei.»

Hauser si limitò a fare un cenno col capo, poi rientrò in laboratorio. Mentre percorreva il corridoio, Melanie tirò fuori il cellulare dalla borsa e selezionò il numero del giudice per le indagini preliminari.

Hirschmann rispose al secondo squillo. «Oggi non mi aveva ancora chiamato, ero quasi in pensiero», borbottò.

«E si stupisce anche?» domandò Melanie. «Ha revocato la custodia cautelare e rilasciato Lazlo su cauzione.»

«Il dottor Lazlo», la corresse Hirschmann.

«Per quanto mi riguarda anche professore, ma data la sua pericolosità non cambia niente.»

«Valutare se sia pericoloso spetta a me, cara collega. E durante l’udienza per la convalida del fermo ho preso questa decisione.»

«Ma perché? Accidenti!»

«Durante l’interrogatorio il dottor Lazlo ha dichiarato di aver acquistato i pezzi in esposizione nella sua cantina, come li definisce lui. A quanto pare non conosceva l’origine di quelle porzioni di pelle.»

«Sì, e il prossimo papa sarà mia nonna.»

«So come si sente in questo momento», disse Hirschmann con un sospiro, «ma non è in grado di dimostrare il contrario. Le email di Clara e i suoi messaggi su Facebook sono al sicuro e il dottor Lazlo non può influenzare alcun testimone, quindi non sussiste il rischio di inquinamento delle prove. Inoltre nutro parecchi dubbi sul fatto che abbia rapito qualcuno...»

Parecchi dubbi?, Melanie stava per perdere la pazienza.

«E il pericolo di fuga?» osservò la procuratrice.

«È anche per quello che ho fissato una cauzione.»

«Ma vuole scherzare? Ha visto la villa in cui vive Lazlo? È un avvocato di spicco, guadagna il triplo di noi due messi insieme.»

«Ecco perché ho fissato una cauzione pari a cinque volte il suo reddito annuo lordo.»

«Io...» Melanie ammutolì. «Cinque volte il suo reddito annuo lordo?» ripeté lentamente.

«Ritengo che una somma simile sia un richiamo sufficiente per non fuggire. Il denaro è già stato affidato alla corte d’appello.»

Melanie sapeva quello che significava: se Lazlo fosse fuggito, il denaro sarebbe diventato di proprietà della Repubblica austriaca. Ma perché Lazlo aveva stanziato una somma enorme? Cosa aveva di così importante da fare per voler assolutamente uscire?

«E se invece fuggisse?» domandò la procuratrice.

«Stia tranquilla. Gli abbiamo ritirato il passaporto e deve presentarsi ogni giorno in questura per il controllo. Le basta?»

«E la cavigliera elettronica?» propose.

«Non sia ridicola. Sono sicuro che le misure adottate saranno sufficienti a garantire che il suo imputato non sparisca.»

«Gli vieti almeno di avvicinarsi a Clara», insistette.

Hirschmann ci rifletté un istante. «Per me va bene. Ne discuterò domattina con gli avvocati del dottor Lazlo.»

«Grazie. Buonanotte.» E riattaccò.

Ma stanotte?

Entrò in laboratorio e andò subito verso Hauser, che si trovava alle spalle di un collega impegnato al pc.

«Ho bisogno di una scorta per Clara», disse senza giri di parole.

Hauser doveva essersi accorto del tono disperato della sua voce, perché la portò con delicatezza in disparte. «Sa bene quanto sia raro che si autorizzino scorte per privati. Servirebbe una minaccia concreta.»

«Ovviamente non ho in mano nulla di concreto, ma so che Lazlo ha in mente qualcosa. Perché altrimenti avrebbe sborsato una somma pari a cinque volte il suo reddito per ottenere la libertà?»

Hauser rimase a bocca aperta. «Cinque? Va bene, domattina presto parlerò con gli addetti alla sicurezza e cercherò di avviare una scorta.»

«E stanotte?»

«Mio Dio, non penso che succederà qualcosa già stanotte.»

«Ne è così sicuro?» domandò Melanie, ma Hauser tacque.

 

Melanie andò alla macchina e si tirò su il bavero del soprabito. La notte era fresca, il cielo stellato. Le ronzavano in mente tante domande. Ma era soprattutto quel maledetto Lazlo a non darle tregua.

Salì in auto, uscì dal parcheggio e si immise sulla strada. Aveva già girato il volante per dirigersi verso il lago, quando di colpo frenò ed ebbe un ripensamento. Clara era la sua principale teste a carico e fino ad allora non c’era stato alcun confronto diretto tra la ragazzina e Lazlo. Con i suoi contatti, l’avvocato avrebbe scoperto senza problemi che il padre adottivo era in carcere e che Clara si trovava in un centro di tutela per l’infanzia di Vienna. Ammesso che non lo sapesse già.

Cinque volte il suo reddito annuo!

Melanie fissava i fari delle macchine che le passavano davanti. Sarebbe mai riuscita a perdonarsi se quella notte fosse capitato qualcosa a Clara? In un istituto dove chiunque poteva entrare senza difficoltà?

Imboccò la strada... ma in direzione dell’istituto.