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Sneijder seguì con lo sguardo Sabine mentre lasciava la villa e si chiudeva la porta alle spalle. Anche se gli agenti non fossero riusciti a cavare niente da Erik, Sabine avrebbe trovato l’indizio necessario per far luce sul tentato omicidio. Sneijder ne era pressoché certo. Dopotutto era la studentessa più caparbia, cocciuta e al contempo talentuosa che avesse mai avuto... Anche se ancora per poco. Lasciarsi sfuggire un elemento del genere! Sarebbe bastato quello per torcere il collo a Dietrich Hess. Ma ogni uomo, come la luna, aveva il suo lato oscuro, che non mostrava a nessuno... E per Hess valeva più che per chiunque altro.
«A cosa stai pensando?» domandò Auersberg.
Solo allora Sneijder bevve un sorso di tè. «Non credi di aver esagerato con le tue critiche a Wessely?» domandò, quando sentì che Sabine aveva messo in moto l’auto. «Dopotutto è uno dei suoi istruttori.»
«Proprio tu lo dici, mister Allusione esplicita!»
Auersberg era l’unica a potersi permettere certi commenti.
«La piccola sopravvivrà», aggiunse. «E comunque non mi ha dato l’impressione di essere una che si lascia influenzare dalle opinioni altrui... Ti piace?»
Sempre la solita storia. A quanto pareva non le era ancora entrato in testa che lui non era attratto dalle donne. Oppure non riusciva ad accettare che fra loro due non fosse scoccata la scintilla. «Lo sai che io...?»
«Sì, lo so. E allora? Ti piace o no?»
«La trovo carina.»
«Carina?» ripeté. «Sei impegnato?»
«Non ti riguarda.»
«Allora no.»
La situazione non sarebbe cambiata tanto rapidamente. Primo, in casa di Sneijder erano ancora appese le foto del suo compagno, morto di AIDS; secondo, disprezzava la maggior parte delle checche. Sembrava paradossale, ma aveva sempre avuto un modo tutto suo di considerare la questione. Apparteneva a quel clan, però non approvava affatto le sue norme. I suoi compagni di lotta gli stavano talmente antipatici che nella sua ristretta cerchia di amici – e ormai era davvero ristretta – rientravano solo pochi omosessuali. E di quelli nessuno sfoggiava uno stile estroverso o si sentiva particolare solo perché era gay! I membri del clan volevano essere accettati, e allora, per cortesia, dovevano anche dimostrarsi accettabili.
La domanda di Auersberg lo strappò dai suoi pensieri. «Cosa ti hanno detto al telefono?» Indicò il suo cellulare. Sneijder glielo spiegò.
«E pensi sia stata una mossa astuta mandare in ospedale la tua giovane studentessa? In fondo oggi è stato licenziata e tu le lasci ancora ficcare il naso dappertutto.»
«Se c’è qualcuno che sa scovare una pista, quella è lei.»
«Davvero?»
«Ha una qualità che molti dei nostri colleghi nel corso del tempo hanno perso. È curiosa. Non l’hai notato? Ha persino gli occhi a forma di punto interrogativo.»
Auersberg sorrise. «Sembri pronto a scommettere su di lei.»
«Sì, ma non dirglielo, altrimenti si monta la testa. Per quel che riguarda l’espulsione dall’accademia, me ne occuperò io.»
La giudice scosse il capo. «Maarten, se lo fai rischi di tirarti la zappa sui piedi.»
«È la mia unica chance, e comunque Hess vuole farmi fuori in un modo o nell’altro.»
«Tipico di Maarten», sospirò lei. «Un duro dal cuore tenero... Come una testuggine.»
«Senti chi parla. E tu, invece, stai con qualcuno al momento?» Le lesse la risposta nello sguardo. «Vedi?»
«Se io vivo sola non è certo perché sono caustica e misantropa.»
«Ahi, questo è un colpo basso.»
«E ora rincaro la dose. Non esiste persona più solitaria di chi ama solo se stesso.»
«La solitudine è il destino di molti spiriti eccelsi», ribatté Sneijder.
«Maarten», sospirò. «Lo dico solo per il tuo bene.»
«Lo so, e parlare con te è sempre rigenerante.»
«Ma non sei venuto per questo», gli ricordò. «Quindi ipotizzate un legame tra l’agguato al vostro collega, gli omicidi Centipede e altri casi?»
«Sì, il caso del mare dei Wadden, ad esempio, o l’omicidio avvenuto di recente a Norimberga.» Sneijder le illustrò le analogie tra i delitti e spiegò la teoria sua e di Sabine, secondo la quale erano in ballo almeno due assassini che avevano organizzato gli omicidi in modo tale che ogni volta i sospetti ricadessero su qualcun altro. «Probabilmente siamo incappati in qualcosa di grosso», concluse Sneijder.
«Siamo?» domandò scettica. «Se le hai messo troppi grilli in testa, non mi meraviglierei se lei...»
«Non mi conosci! Non lavoro così», la contraddisse. «È vero, l’ho provocata, ma solo per indurla a indagare di propria iniziativa, ed è arrivata più o meno al mio stesso risultato. Inoltre si è imbattuta in un altro caso irrisolto, che potrebbe inserirsi nello schema.»
«L’omicidio sull’Eifel potrebbe anche essere avvenuto per puro caso», intervenne Auersberg. Si chinò in avanti per rabboccare la tazza di Sneijder. «Tè verde Darjeeling... Aiuta a schiarirsi le idee e stimola il sistema nervoso centrale.» Posò la teiera e si strofinò le mani. «Meglio di quella roba che fumi.»
Auersberg non approvava né la sua predilezione per le filosofie orientali, né quella per la coltivazione di marijuana. Sneijder si sentì la bocca secca... Come sempre quando il suo corpo reagiva più in fretta della sua coscienza. Qualcosa non quadrava! Soprappensiero prese la tazza.
Nello stesso istante Auersberg gli afferrò la mano. «Maarten, devi badare alla salute...»
«Cosa vuoi dire? Sei diventata una crocerossina?» Non aveva mai visto Auersberg così preoccupata. Inoltre non si era mai spinta più in là di un abbraccio o di un bacio. Ritrasse subito la mano e avverti una breve fitta lancinante.
Girò il palmo della mano e notò un graffio sottile sulla pelle del polso. Osservò le mani di Auersberg. Sull’incastonatura dell’anello di rubino spiccava una minuscola punta metallica.
«Scusami.» Il sorriso di Auersberg era inquietante.
Preso dal panico, fu travolto dai pensieri. E a un tratto capì qual era il dettaglio che non quadrava. «Non ho mai specificato che Sabine si era imbattuta nel caso dell’Eifel», mormorò.
Sulle labbra di Auersberg comparve un sorriso triste. «Che stupida sono stata. Me ne sono resa conto anch’io appena m’è sfuggito.»
Sneijder la osservò appoggiarsi con tutta calma allo schienale, mentre lui si premeva disperatamente le labbra al polso, succhiava il sangue e lo sputava sul tappeto.
«Risparmiati la fatica», disse lei. «È già in circolo.»
Sneijder sentì le gambe pesanti. Verdomme! Doveva andarsene di lì al più presto. Avrebbe voluto alzarsi ma respirava a fatica. Aveva i palmi delle mani madidi di sudore. Sentì la tazza del tè rotolare sul tavolo. Esistevano solo pochi veleni che agivano così in fretta. Vide chiaramente la tenda alle spalle di Auersberg sventolare al rallentatore per la corrente d’aria dalle finestre aperte. La stanza gli girava attorno come una giostra che lentamente si spegneva, poi si rovesciò in avanti come una nave con il mare grosso.
Gli si rivoltò lo stomaco. «Godverdomme», imprecò tentando di prendere la pistola dalla fondina. Un colpo solo! Forse sarebbe bastato, qualcuno lo avrebbe sentito. Le sue dita riuscirono ad afferrare il grilletto, ma Auersberg gli era già davanti, si era chinata su di lui e gli premeva il pollice sulle costole fasciate.
Sneijder urlò ma il suo grido gli sembrò lontano. Percepiva solo il dolore.
«Perché...?» domandò con voce rotta.
La voce di Auersberg sembrava ovattata da un cuscino.
«Perché hai scoperto troppo!»