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Alle dieci di mattina solo piccoli banchi di nebbia restavano ancora sospesi sul lago di Neusiedl, come navi fantasma sul pelo dell’acqua.

Melanie girovagava sull’erba bagnata e lanciava ramoscelli che Sheila recuperava con entusiasmo. Non si stancava mai di correre avanti e indietro. Quando Melanie lavorava a Vienna era costretta a passare metà giornata fra uffici e sale interrogatori, perciò a maggior ragione si godeva i momenti in cui la sua padrona era a casa... e finora non c’erano state né nuove chiamate da Hauser né altri ritrovamenti di cadaveri nella Selva viennese.

Gerhard era uscito di buonora con la muta da sub, l’acquascooter e il metal detector subacqueo, Voleva ripescare tra il fango qualche oggetto nel punto più profondo del lago. A ben vedere quell’hobby assomigliava al suo lavoro: smuoveva lo sporco per trovare qualcosa di interessante. A volte, si immergeva anche lei, ma quel giorno doveva lavorare.

Melanie si sedette su una panchina vicino alla riva e lasciò vagare lo sguardo sull’acqua. Con i suoi trentasei chilometri di lunghezza era il più grosso lago del paese e in molti punti si estendeva fino all’orizzonte, dando l’impressione a chi lo osservava di trovarsi al mare. I punti più profondi raggiungevano al massimo i due metri e Gerhard sapeva dove valeva la pena immergersi per recuperare roba vecchia da usare per le sue opere.

Dopo aver saltato tra le canne, Sheila si acquattò ai piedi della padrona e poi si scosse così forte da farle la doccia.

«Birbante», le brontolò asciugandosi l’acqua dal viso. Poi prese il portatile dalla borsa e smaltì la posta inevasa dei giorni precedenti. Ogni tanto beveva un sorso di cioccolata dal thermos. Si era guardata bene dal portarsi il cellulare: voleva lavorare senza che nessuno la disturbasse almeno fino a mezzogiorno.

Ma la calma, si sa, ha vita breve. Dopo un quarto d’ora s’illuminò il simbolo di Skype. Hauser la stava cercando. Con un certo disagio accettò la conversazione.

«Che bel cielo azzurro e limpido», constatò il poliziotto stupito. «È al mare?»

«Sarebbe bello ma... lavoro da casa», rispose lei.

«Che invidia!» L’immagine sgranata della webcam lo mostrava nel suo ufficio. Dal posacenere saliva il fumo di una sigaretta. Melanie s’immaginò come sarebbe stato se l’avesse chiamata con Skype da casa... due orribili gechi puntellati di rosso che scivolavano sulla scrivania o che gli facevano capolino da dietro la testa.

«Perché ride?»

«Ah, niente», rispose. «Novità?»

«La Scientifica ha isolato diverse impronte sul case del computer di Ingrid. Di Clara, della madre e del padre adottivo.»

Melanie sentì un brivido. E di mio marito!

«Le altre non siamo riuscito a classificarle. Ma la cosa interessante è che anche sul magnetrone abbiamo trovato le impronte di Rudolf Breinschmidt. Il resto, purtroppo, è stato cancellato.»

Breinschmidt! Il suo intuito ci aveva azzeccato fin dal primo momento in cui l’aveva visto. «Eppure c’è qualcosa che non mi convince», rifletté ad alta voce. «Se davvero ha manipolato il pc, perché dopo la morte di Ingrid non ha smontato quei pezzi, o non ha fatto sparire l’intero computer?»

«Lo scoprirò», disse Hauser. «In ogni caso le impronte digitali dovrebbero essere sufficienti per metterlo in custodia cautelare per l’omicidio della moglie. Cosa ne pensa?»

Melanie non avrebbe chiesto di meglio, ma restò con i piedi per terra. «Al gip non basterà; prima dobbiamo dimostrare il nesso tra il magnetrone e la morte di Ingrid.»

«C’è già una squadra di periti medici che se ne sta occupando.»

«Bene. Scavi nel passato di Breinschmidt. Per quanto ne so, era già stato sposato e con la morte della prima moglie ha intascato una bella somma. Lo verifichi e scopra se anche con il decesso di Ingrid è riuscito a mettere le mani sui soldi di un’assicurazione sulla vita. Poi lo porti nella sala interrogatori.»

«Sarà fatto.»

«E, Hauser... con lui non vada troppo per il sottile.»

«Nessun problema.»

Chiuse il collegamento e l’immagine di Hauser sparì. Avrebbe trascinato Breinschmidt in tribunale e l’avrebbe distrutto. I giudici popolari gli avrebbero assegnato il massimo della pena.

I pensieri di Melanie furono bruscamente interrotti dall’abbaiare di Sheila, che saltava su e giù sulla sponda. Da lontano Melanie sentì il motore dell’acquascooter: Gerhard si avvicinava sfrecciando. Melanie chiuse il portatile e osservò il marito che si appoggiava al pontile di legno per poi raggiungerla con la sacca da marinaio in spalla, il metal detector e le pinne in mano.

«Non è una giornata fantastica?» Si aprì la tuta da sub e diede un bacio alla moglie, che storse il naso, nonostante amasse l’odore del lago. «Puzzi di pesce.»

«Dimmi che animale sono», brontolò Gerhard.

«Un cavalluccio marino!» sogghignò la moglie. «La prossima volta vengo anch’io. Un buon bottino, oggi?»

«Il telaio di una bici, due borchie e un thermos.» Si strofinò i capelli bagnati e piegò di lato la testa per liberarsi le orecchie dall’acqua. «E il tuo, di bottino?»

«Anziché con il sequestro di una ragazzina, ora abbiamo a che vedere anche con un omicidio.»

«Male, molto male. Si tratta della madre di Clara?»

Melanie annuì.

«Mi dispiace. Se hai bisogno di parlare con qualcuno...»

«Lo so, grazie.»

«Okay. Devo farmi una doccia, poi monto la nuova zanzariera e preparo la relazione per la conferenza stampa di martedì. Oggi pomeriggio vado in bicicletta alla scuola di vela, mi accompagni con Sheila?»

«Ovvio», rispose. «In cucina ci sono i biscotti appena sfornati, se ti vanno.»

Gerhard le diede un altro bacio e si diresse un po’ affaticato verso casa con la sacca da marinaio.

Melanie tornò a concentrarsi sulla posta inevasa degli altri casi che stava seguendo, quando comparì di nuovo il simbolo di Skype. Di nuovo Hauser! Rispose alla chiamata. «Non mi dica che ha nostalgia di me.»

Il poliziotto rimase impassibile. «Potrebbe venire a Vienna?»

«Oggi? Perché?»

«Conosce un avvocato di nome Michael Lazlo?» domandò Hauser.

Melanie avvertì una certa tensione nella sua voce. «Non di persona, ma ne ho sentito parlare. Un tipo molto agguerrito. È riuscito a vincere processi penali che sembravano impossibili. Non mi dica che Breinschmidt l’ha preso come avvocato?»

«No», replicò Hauser. «In questo momento due colleghi lo stanno portando nella sala interrogatori ma lui non sa ancora perché.»

«E in tutto questo cosa c’entra il dottor Lazlo?»

«Abbiamo scoperto il recapito esatto dell’indirizzo IP da cui Michelle ha inviato le sue ultime email. Il vero nome che si nasconde dietro l’indirizzo IP è quello del dottor Lazlo e il recapito è quello della sua villa a Neuwaldegg.»

«Vuol dire che Michelle sarebbe un avvocato viennese di grido?»

«A quanto pare.»

Che sfortuna! Il dottor Michael Lazlo non era un pesce piccolo come Breinschmidt, era uno squalo bianco che si pappava gli altri pesciolini per colazione. Addossargli la colpa di qualcosa non sarebbe stato facile.

«Ha ragione, è meglio che la raggiunga a Vienna.» Melanie interruppe il collegamento e l’immagine di Hauser sparì.

Se il dottor Lazlo era davvero coinvolto nel sequestro di Clara, si chiese Melanie, come aveva fatto a sapere di preciso dove si sarebbe trovata la ragazzina il giorno della scomparsa. L’aveva sorvegliata per tutte le tre settimane in cui si erano scambiati email? Scoprirlo era compito di Hauser. Lei aveva ben altri problemi. Sarebbe stato difficile ottenere dal tribunale un mandato di perquisizione per la villa del dottor Lazlo.

«E il tuo, di bottino?» ripensò Melanie con sarcasmo.