PROLOGO
Era allo stremo delle forze, eppure continuava a correre. Aveva i polmoni in fiamme. Da quando non respirava più aria fresca anziché la puzza di muffa della cantina? Sette mesi? Otto? Forse di più? Di sicuro un’eternità.
Cardi e spine le graffiavano mani e gambe. Un ramo le frustò una coscia lacerandole la pelle pallidissima. Sassi e aghi di pino le si conficcavano nei piedi nudi; sentiva l’odore del muschio e il terreno freddo del bosco sotto le dita. Via, via da qui!
Avvertiva fitte lancinanti all’anca come se l’avessero trafitta con uno spiedo arroventato. Ma non era il momento di crollare: finché riusciva a muoversi, doveva proseguire. Quanto mancava alla prossima radura? Non aveva idea di quanto grande fosse quel boschetto, non sapeva quale direzione avesse preso. Sentì crescere il panico.
Finché i raggi del sole al tramonto erano penetrati fra i rami, il bosco era sembrato più luminoso, ma ormai stava calando il buio. Le lacrime le rigavano il volto. Stava andando dalla parte sbagliata? Meglio girare? Esisteva davvero una strada giusta? Prima o poi avrebbe trovato qualcuno, un escursionista, magari persino una casa, e allora sarebbe stata salva. In quella cantina non voleva tornarci mai più. Non voleva più soffrire.
Le si impigliò un fianco in un pruno ma riuscì a liberarsi; lanciò un urlo e continuò a correre, sentendo il sangue scivolare giù per la coscia. Gocce di sudore freddo le imperlavano la pelle, il vento le dava i brividi. Davanti a lei gli alberi iniziavano a diradarsi e per un istante il sole, ormai al tramonto, l’accecò.
Barcollando come stordita, si ritrovò in una radura. Sotto i piedi, un viottolo in terra battuta, arido e pieno di crepe: lo imboccò. Accanto a un albero con rigogliosi fiori gialli e violetti tra le radici, un segnale indicava: VIENNA 2 KM. Continuò a correre e finalmente vide una casa di legno con vecchie imposte, scandole coperte di muschio e un alto comignolo.
Il terreno lungo la strada era circondato da una vecchia staccionata. Accanto alla casa era parcheggiata un’auto. Il bagagliaio aperto ricordava le fauci di un mostro di lamiera. Una donna stava salendo in macchina, un uomo stava per chiudere il bagagliaio. Incredula della propria fortuna, si mise a correre più veloce.
«Aiuto!» esclamò ansimando, ma i due non la sentivano.
Forse erano sordi?
«Aiuto! Sono qui!» Tentò di sollevare le braccia ma le mancavano le forze.
Anche l’uomo salì in macchina.
«Aiuto!» tentò di gridare con le poche energie rimaste.
Poi l’uomo mise in moto. Lei corse più vicino e si immerse nell’ombra della casa, mentre il freddo la faceva tremare. L’auto partì e, per un istante, si ritrovò avvolta dalla luce abbagliante dei fanali. Poi, il buio.
Quando il veicolo inchiodò con tanto di stridore di gomme, lei svenne. Colse sulle labbra l’odore dell’erba e delle zolle di terra, e subito dopo sbatté le palpebre.
Il rumore di uno sportello e di passi che si avvicinavano.
«Otto, non mi ero sbagliata! Vieni qua, c’è qualcuno!»
Una donna le si inginocchiò accanto. Profumo di lavanda nell’aria. Sentì una mano sfiorarle la fronte, spostandole indietro ciocche di capelli.
«È una ragazzina... Oddio...»
«Santo cielo!» esclamò il marito. «È secca come un chiodo.»
«Prendi una coperta in macchina, non vedi che è nuda? Guarda la schiena, Otto. Oddio, quasi tutta la schiena!» Dalla voce la donna sembrava inorridita. «Mai vista una cosa del genere. Ma come l’hanno ridotta?»
«Chi può aver fatto una cosa del genere?» mormorò l’uomo.
«Non toccatemi, vi prego!» avrebbe voluto dire. «Fa male!»
«Otto, guarda. Muove le labbra. Cosa ti è successo, povera creatura?»
«Aiuto...» accennò la ragazzina con le labbra senza emettere alcun suono.
«Stai tranquilla, dimmi soltanto cosa ti è successo... Di’ qualcosa...»
«Lasciala stare», borbottò il marito. «Non vedi che non parla? Forse è muta. Aiutami, dobbiamo portarla di corsa in ospedale.»
La donna si rialzò e lanciò un’occhiata impaurita al margine del bosco. «Non sarà mica la ragazzina scomparsa da qui un anno fa?»