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Clara stringeva al petto Felix e guardava fuori dal finestrino. «Hai conosciuto bene la mia mamma?»

Melanie guardò un istante verso il sedile del passeggero.

Imboccò la statale per poi svoltare in una strada che portava sulle sponde del lago di Neusiedl. Clara guardava il sole.

«Vuoi gli occhiali?» le domandò Melanie. «Ce n’è un paio nel portaoggetti.»

Clara frugò nello scomparto e li trovò, poi li mise a Felix.

Melanie sorrise. «Da sballo!»

«Un cane da sballo», ridacchiò Clara.

«Sì, conoscevo bene la tua mamma e le volevo molto bene. Eravamo amiche per la pelle.»

«Come vi siete conosciute? Su Internet?»

Melanie scoppiò a ridere. «No, a scuola. Fino a diciannove anni abbiamo frequentato le stesse scuole. Poi siamo andate all’università e tua madre poi ha lavorato come ragioniera. Eravamo inseparabili, ci vedevamo almeno una volta a settimana.»

«Tu hai la sua stessa malattia?»

«No, tesoro.» Melanie le strinse una mano con affetto. «Mi dispiace che la tua mamma sia morta.»

«Anche a me... Papà mi ha spiegato il motivo. Tu lo sai perché non ha più tempo per me?»

«La polizia deve discutere alcune cose con lui.»

«Intanto dovrò stare nell’istituto?»

«Sì.» Melanie serrò le labbra e si odiò per quella menzogna. «Come ti trovi?»

«È okay. Ho una stanza... Con un’altra ragazza.»

«Vai d’accordo con lei?»

«Insomma.» Clara si strinse nelle spalle, poi si girò verso Melanie. «Pensa che non conosce neppure le Monster High!»

Melanie sorrise. «Incredibile.»

D’un tratto Clara si fece seria. «Resterò nell’istituto per sempre, vero?»

Melanie si sentì il cuore in gola. «Come ti salta in mente?»

«Ho dovuto portare tutte le mie cose da casa e mi hanno dato addirittura i libri di scuola. Anche le altre mie compagne sono là per sempre.» Clara fece una pausa. «Papà andrà in prigione, non è vero?»

Mai sottovalutare l’intelligenza dei ragazzini. «Solo se ha fatto qualcosa di male.»

«C’entra con la morte di mamma?»

Basta menzogne! «Sì.» Melanie strinse la mano di Clara. «Mi dispiace tanto.»

Clara tacque.

«Preferiresti stare dalla nonna?»

«No, l’istituto va bene... Penso di non piacere tanto alla nonna. E poi non è nemmeno la mia nonna vera.»

Melanie le strinse di nuovo la mano. «Certo che le piaci; forse è solo che ha poco tempo.»

Lo sguardo di Clara era perso nel vuoto. «Ma tu che lavoro fai?»

«Io metto in galera i delinquenti.»

«Come papà?»

«Sì.»

Per un istante uno sguardo triste riempì gli occhi di Clara. «Ah, ecco perché sei qui con me», sembravano dire.

«Ma io voglio occuparmi di te perché ti conosco da quando eri piccolina», si sbrigò a dire Melanie cercando di cambiare argomento.

«Arresterai anche l’uomo con la maschera rosso fuoco?»

«Puoi scommetterci. Hai paura di lui, vero?»

Che domanda stupida!

Clara strinse ancora più forte l’animale di pezza.

«Non devi», la rassicurò Melanie. «Lo abbiamo preso, ora non potrà più farti niente. L’agente Hauser lo sta tenendo d’occhio.»

«L’uomo con i gechi?»

Melanie non riuscì a trattenere una risata. «Te l’ha raccontato lui?»

«Mi ha fatto vedere le foto.»

«Davvero? Che animali schifosi, non è vero?»

«No, non mi sembra. Si chiamano Tom e Jerry.»

Miracolo!, pensò Melanie. Hauser che tratta con affetto una ragazzina.

«E cosa gli succederà?»

«Finirà in prigione.»

«Per sempre?»

«Per sempre.» Melanie tirò fuori dalla tasca laterale del blazer la foto di Lazlo e la mostrò a Clara. Si aspettava che Clara cominciasse all’improvviso a urlare, invece la ragazzina osservò la foto incuriosita. «Hai già visto quest’uomo?»

Clara scosse il capo.

«Neppure per strada davanti a casa tua? La sera, dalla finestra del bagno?» indagò con prudenza.

«No.»

Melanie riprese la foto e la mise via.

Appena giunsero in vista della casa, Clara cominciò a saltellare sul sedile. «Quella è Sheila!»

Gerhard era vicino all’officina e le stava salutando. Lasciò il guinzaglio e ordinò a Sheila di correre verso la macchina. Ancora prima che l’auto si fermasse, Clara si slacciò la cintura, spalancò lo sportello e saltò sul prato. Il cane le saltò addosso con tanta frenesia che entrambe caddero a terra rotolandosi nell’erba. Clara sprizzava gioia da tutti i pori.

Gerhard raggiunse Melanie e la tirò a sé per i fianchi. «Non sono dolcissime?» chiese indicando Sheila che tentava di leccare il viso a Clara.

Sembravano quasi una vera famiglia.

 

Melanie guardava dalla finestra Sheila che entrava in casa dalla porta basculante e Clara che le camminava dietro a quattro zampe. Quando si precipitarono in cucina, Gerhard prese al volo Clara e la sollevò per aria.

«Ti mostro la casa, signorina, ti va?»

«Viene anche Sheila?»

«Certo.»

Sparirono tutti e Melanie ne approfittò per prepararsi una cioccolata e controllare il cellulare. Dopo un po’ Clara tornò senza fiato e si sedette sulla panca. Con il gesto teatrale di un adulto, si asciugò il sudore dalla fronte. «È già l’una e mezzo. Hai fame?» domandò Melanie. Clara era magra come un’acciuga e di sicuro aveva una fame da lupi. «Preferisci un toast o spaghetti al pomodoro?»

Clara esitò. «Magari potrei avere... Un uovo al tegamino, per piacere?»

Il tono in cui lo disse colpì dolorosamente Melanie. A un tratto sembrava così triste e grata insieme, come se in vita sua nessuno avesse mai realizzato un suo desiderio.

«Ma certo, tesoro. Anche due o tre uova al tegamino. Con le patatine fritte?»

Lo sguardo di Clara si illuminò.

 

Mentre parlava al telefono con il giudice Hirschmann per ottenere un mandato di perquisizione della villa di Lazlo a Neuwaldegg, Melanie osservava dalla finestra del suo ufficio Gerhard che camminava accanto a Clara lungo la sponda del lago.

Naturalmente Hirschmann si contorceva come un verme, ma Melanie non si diede per vinta. «Deve ammettere che io e Hauser finora abbiamo dimostrato di avere buon fiuto. Ed è ancora in debito con me per la perquisizione quasi mandata a monte a casa di Breinschmidt.»

«Ho già rimediato procurandole i dati della Telekom.»

«Solo a metà», mentì.

«Lei è proprio ostinata.»

«È il mio mestiere.» Melanie sbirciò fuori dalla finestra. Clara entrò un istante nell’officina di Gerhard e qualche secondo dopo uscì di nuovo. A quanto pareva, le opere d’arte di Gerhard non le dicevano granché. O forse era stata impaurita dalla Vergine di Norimberga. Sheila le saltellò dietro ubbidiente. «Se possibile già domani.»

«Di domenica?» brontolò Hirschmann.

«Per noi non esistono fine settimana.» Melanie allungò il collo e vide Gerhard e Clara entrare nella rimessa vicino all’officina e tirare fuori tre biciclette. Clara lo aiutò ad abbassare il sellino di una bicicletta e gonfiare le ruote. Melanie sarebbe stata contentissima di pedalare insieme a lei, Gerhard e Sheila lungo il lago fino alla scuola di vela e mangiare un gelato al circolo nautico. Ma prima doveva concludere la chiamata.

Hirschmann mugolò. «Devo discuterne con un collega; domani le farò sapere.»

«Grazie.» Melanie riattaccò. Nello stesso istante suonò il cellulare. Era Hauser. «Sì?»

«Disturbo?» domandò.

«Lei non disturba mai», rispose e subito si stupì di quanto fosse sincera quella frase. In fondo, gli voleva bene. «Clara è già da me», raccontò mentre osservava Clara tenere in alto la pompa per gonfiare la bici e incitare Sheila a saltare. «Sembra che le piaccia stare qui. A quanto pare da grande diventerà un’addestratrice di cani. O magari una veterinaria», disse a Hauser.

«Avete parlato?»

«Sì.»

Non c’era da stupirsi, pensò Melanie, se considerava dolci persino due orribili gechi. «Ho mostrato a Clara la foto di Lazlo, ma sostiene di non averlo mai visto.»

«Immaginavo», disse Hauser. «Probabilmente davanti a lei ha sempre indossato la maschera rossa o le è stato solo alle spalle quando le ha... be’, sa cosa intendo.»

Tatuato la schiena!

«Sì... Ammesso che sia stato davvero lui a rapirla», rifletté. «Domani magari ne sapremo di più, se otterremo il mandato di perquisizione.»

«Incrociamo le dita», sospirò Hauser. «Ma, una volta tanto, ho una bella notizia.»

Melanie si appoggiò alla spalliera della sedia.

«I periti hanno individuato sul pc di Ingrid Breinschmidt la fonte del trojan federale usato per spiare il computer dall’esterno. Una settimana prima di iniziare il suo ambiguo scambio di email con Michelle, Clara ha ricevuto un paio di cartoni animati di Uli Stein. Il virus era nascosto in uno dei video.»

Melanie guardò la libreria a parete. Sopra le piante da vaso era appeso un calendario di Uli Stein con fumetti buffi su cani, gatti e topi.

NON SONO UN TOPO PER UNA NOTTE.

PER DUE?

«Da dove proviene il file?» domandò Melanie.

«Dall’indirizzo email Heiko99@gmx.de. Probabilmente falso anche quello.»

«Dalla Germania?» D’istinto pensò alla polizia federale tedesca, che aveva sviluppato il trojan.

Ora bisognava ripartire da capo con la ricostruzione degli IP.