Hal perse il conto dei giorni e non avrebbe saputo dire quanto si fossero spinti nell’entroterra. Di notte, tuttavia, osservò la luna passare da crescente a piena a calante, e ne dedusse che fossero in viaggio da circa tre settimane, tre settimane di cammino monotono e silenzioso. Procedevano verso l’interno, in direzione dei giganteschi affioramenti di granito e delle montagne che si levavano maestose dalla selva a ovest, nel paradiso di una savana coperta di erba dorata, foreste di miombo e pianure alluvionali.
Talvolta, di notte, in caso di pioggia costruivano rudimentali ripari legando teli ai rami degli alberi e restavano seduti lì, con gli occhi brucianti e tossendo a causa del fumo, ma non rinunciavano mai al fuoco: tutti sapevano che le fiere ne percepivano l’odore nel raggio di miglia e lo temevano.
«Tranne il leone», gli aveva spiegato una volta Aboli. «Il leone gira intorno al fuoco da campo per vedere cosa sta succedendo.»
Se però le giornate erano troppo calde e di notte la luce della luna e delle stelle era sufficiente per vedere, si mettevano in marcia al calare delle tenebre, sotto la magnifica volta del cielo trapunta di stelle, la sua immensità simile a una promessa di libertà in un altro mondo, migliore. Un giorno l’alba li trovò a costeggiare una dorsale in rilievo, affacciata su un lago le cui acque, benché basse dopo la stagione secca, erano tutt’altro che deserte. Gli ospiti più numerosi e ingombranti erano gli ippopotami, intenti a sguazzare nelle secche. Alcuni coccodrilli si crogiolavano al sole che stava sorgendo. Sembravano semiaddormentati, immobili come tronchi d’albero, finché un segnale impercettibile non spinse uno stormo di uccelli bianchi a spiccare il volo verso sud, e i rettili scivolarono lungo le rive fangose, fino al fiume.
Nella parte centrale della giornata, la più afosa, dormirono all’ombra di alti borassi; era quasi il tramonto quando rividero la pianura. Capelo sembrava teso; si tamponava continuamente la fronte, pur essendo l’unico che non stesse procedendo a piedi. Davanti a loro, in lontananza, alcune famiglie di facoceri correvano al riparo. Succiacapre e pipistrelli sfrecciavano nel crepuscolo sempre più buio. La colonna di uomini seguì il corso di un fiume in secca, che li portò a infilarsi fra due basse colline, in una vallata i cui fianchi scoscesi erano irti di piante di uva spina, cespugli e arbusti.
Capelo decise di accamparsi per la notte. Agli schiavi, Hal incluso, vennero tolte le catene ai polsi; fu ordinato loro di erigere massicce recinzioni di spinosi rami d’acacia contro i predatori e di accendere fuochi capaci di fornire un’ulteriore protezione, oltre che di tenere loro stessi al caldo. Capelo però continuava a dare segni di inquietudine.
«Cosa vi preoccupa, senhor?» gli chiese una delle guardie.
«Ci stanno osservando», rispose lui.
«Siete sicuro, signore?» replicò la sentinella. «Io non ho visto nessuno.»
«Non hai bisogno di vedere un uomo per sapere che c’è. Ci stanno osservando.»
Aboli distava meno di dieci passi dai rami irti di spine che circondavano l’accampamento degli schiavi. Era passato un giorno da quando lui e i suoi avevano individuato l’inconfondibile pista della carovana in catene, e l’avevano raggiunta nel giro di poche ore. Era tentato di sferrare subito l’attacco: sarebbe stato semplice sopraffare Capelo e le guardie. Ma... poi?
Non bastava salvare Hal, doveva liberare anche Judith. I due uomini da lui inviati in avanscoperta erano tornati con la notizia che la miniera distava solo un giorno di marcia. Avevano trovato anche un’altra pista: otto uomini e una donna, che avevano raggiunto le terre di Lobo quello stesso giorno.
L’indomani, quindi, Hal e Judith si sarebbero trovati nello stesso luogo. Quello sarebbe stato il momento migliore per andare a prenderli. Fino ad allora Aboli avrebbe mantenuto celata la sua presenza e lasciato che Hal rimanesse uno schiavo, per quanto la cosa lo addolorasse.
Succedeva molto di rado che Judith e l’Avvoltoio fossero d’accordo su qualcosa. Ma, benché non avessero aperto bocca, entrambi sapevano di aver formulato lo stesso pensiero: questo è Baltazar Lobo?
Quell’uomo si era ritagliato un regno tutto suo nel cuore dell’Africa, aveva scoperto colline piene d’oro e fatto arrivare eserciti di schiavi a estrarlo per lui. Judith si aspettava un prepotente, rozzo e spietato, ma si era anche detta sicura che fosse forte, autoritario e virile. Lobo si rivelò invece un ometto scheletrico e rinsecchito, con il viso dominato da una mandibola talmente allungata che i denti inferiori sporgevano più di quelli superiori. Durante i suoi viaggi in Europa lei aveva sentito parlare della dinastia degli Asburgo, che in epoche diverse aveva dominato Spagna, Germania, Austria e l’intero Sacro Romano Impero, i cui membri erano famosi per il mento orrendo. Magari Lobo era un figlio illegittimo della stirpe degli Asburgo, esiliato in Africa perché non mettesse in imbarazzo il resto della famiglia.
«Dunque», disse, guardando Judith con aria di apprezzamento – mentre un sottile filo di saliva gli rigava il mento grottesco – «tu saresti la graziosa creatura che vuole diventare la mia prossima moglie? Bene, presumo che tu non appaia al meglio delle tue possibilità, dopo un così lungo viaggio. Perché non vai a riposare, mia cara? La tua camera è già pronta. Ti abbiamo persino trovato un abito da sposa, è stato usato solo due volte. Stanotte dormirai e, domani, potrai far riposare le gambe stanche, lavarti via il sudiciume e mangiare del cibo degno di questo nome: i miei cuochi prepareranno tutto ciò che vorrai. In breve, fai il possibile per apparire al meglio, domani sera. A quel punto indosserai il tuo splendido vestito, ti presenterai a me e io deciderò cosa fare di te.»
Le rivolse un’occhiata penetrante, e di colpo Judith captò il potere della volontà di quell’uomo e capì come, da giovane, fosse riuscito a ritagliarsi un angolino tutto suo in quella landa desolata.
«Mmm...» L’uomo piegò la testa di lato mentre la esaminava. «Un bel seno prosperoso, ventre tondo, eppure le gambe sono magre. Sembra quasi... non sarai incinta, ragazza, vero?»
Judith non rispose.
«Che importanza avrebbe?» domandò l’Avvoltoio. «Supponete, a livello puramente ipotetico, che questa donna porti in grembo il figlio di un bianco alto, giovane e avvenente. Supponete che dia alla luce il bambino quando sarà sposata con voi, cosa che lo renderebbe vostro figlio. Avrebbe davvero importanza, se non fosse vostro il seme da cui è cresciuto?»
Lobo squadrò attentamente Judith. «No», disse. «Direi proprio di no. Dormi bene, mia giovane signora. Ti voglio in splendida forma, quando ti rivedrò.»