«Svegliati, mia signora. Devi svegliarti!»

Judith si destò.

Mossie la implorava cercando di tenere bassa la voce, ma non riusciva a dominare il panico. «Ho paura! Il djinn sta arrivando! Cosa faremo?»

Lei sbatté le palpebre per scacciare il sonno. Per un attimo pensò che il ragazzo stesse avendo un incubo, perché non esistevano djinn né spiriti malvagi, almeno non in quel mondo. E fu proprio quell’esitazione a risultarle fatale perché, quando la porta della camera venne spalancata con un calcio, lei era ancora a letto. Benché fosse riuscita a voltarsi e ad afferrare la spada kaskara che aveva infilato sotto i cuscini, era ancora supina, coperta da un lenzuolo, e quando balzò in piedi c’erano già cinque uomini armati nella stanza, tutti con la spada sguainata e puntata contro di lei.

Ne comparve un sesto, e mentre Judith osservava la grottesca maschera di pelle che indossava, resa ancora più spaventosa dalle ombre proiettate dall’argentea luce lunare che entrava scintillando dalla finestra, capì che Mossie aveva detto la sacrosanta verità perché, se sulla terra esisteva un’incarnazione del male, era quella. Un fugace pensiero le attraversò la mente: Dov’è Mossie? Dov’è andato? Cercò subito di scacciarlo: il ragazzo poteva sperare di salvarsi solo se nessuno degli intrusi sapeva della sua presenza.

L’uomo mascherato parlò con una voce raschiante, come il suono di una spada arrugginita estratta da un ruvido fodero. «Non tentare di combattere, generale Nazet», disse, calcando con estremo disprezzo il titolo militare. «Se lo fai, morirai. Tu e anche il bambino che porti in grembo.»

Judith sapeva che diceva il vero. Era abituata a difendersi come un uomo, ma un intuito più profondo le diceva che avrebbe dovuto resistere come le donne avevano sempre fatto: non combattendo, bensì sopportando. Perché gli uomini dovevano preoccuparsi solo di se stessi, ma una madre doveva vivere per il bene del figlio, prim’ancora che per sé.

Lasciò andare la spada e scese dal letto. Portava solo una camicia da notte di lino, così sottile da risultare quasi trasparente. «Posso infilarmi il vestito?» chiese.

«No che non puoi», replicò l’uomo mascherato, e le si piazzò accanto, piegando la testa da una parte e dall’altra per poterla esaminare attraverso l’unico foro per l’occhio. C’era qualcosa di disgustosamente allusivo nel lungo becco che si protendeva come un fallo appuntito e rabbioso. Judith rimpianse di non avere addosso l’armatura, che l’avrebbe riparata dal suo sguardo famelico e da quello dei compagni. Si sentiva esposta, vulnerabile, fragile e debole; lei, che aveva guidato eserciti, ucciso uomini in combattimenti corpo a corpo e calpestato i cadaveri dei nemici sconfitti, adesso si sentiva sopraffatta dalla voglia di piangere.

No, non darò loro questa soddisfazione! pensò, e si costrinse a tenere diritta la schiena e a reggere lo sguardo di quel malevolo uomo-uccello.

«Ancora non mi riconosci, eh?» le chiese la voce. «Già, perché dovresti? In fondo sono morto. Mi hai visto morire.»

La mente di Judith lavorava a pieno ritmo. Rivisse una battaglia per mare e un uomo avvolto dalle fiamme, che si inabissava con la sua nave. No! È impossibile! Ma chi altri...

«L’Avvoltoio», disse, con il tono più piatto che riuscì a trovare, negandogli il piacere di sentire quanto fosse sbalordita. Una piccola vittoria, per quanto insignificante.

«Sì, esatto. Sono sopravvissuto... Sempre che si possa definire ’vivere’ tutto questo, quello che sono, quello a cui mi ha ridotto il bastardo del tuo amante, Henry Courteney. Oh, mi vendicherò di quel bel ragazzo, che io sia dannato, se non lo farò. Ma non è ancora il momento... no, prima devo farlo cadere in basso come desidero. C’è qualcun altro che vuole conoscerti. Quindi adesso puoi vestirti. Dopo potrai venire con me.»

L’Avvoltoio si inchinò come un lacchè in una dimora aristocratica, mentre diceva: «La carrozza vi attende, mia signora...»

 

 

Lei era scomparsa. E le stanze deserte. Hal si maledisse per la sua stupidità e imprecò pieno di rabbia contro chiunque avesse rapito la sua amata, poi sentì qualcosa: il pianto soffocato di un bambino, che arrivava da sotto il letto. Sollevò il lenzuolo che fungeva da paravento accanto al giaciglio, ed ecco Mossie che, raggomitolato su se stesso, singhiozzava sommessamente.

Hal gli tese una mano e mormorò: «Non avere paura, puoi uscire. Non ci sono più pericoli».

Il ragazzino lo guardò, il volto inespressivo. Lui ritentò di nuovo, senza successo. Provò a cambiare tattica. «Ti prego, Mossie, vuoi aiutarmi? Devo assolutamente sapere cos’è successo a Judith e tu puoi spiegarmelo. Così mi aiuterai a ritrovarla e io sarò molto, molto contento.»

Parve funzionare. Mossie uscì da sotto il letto e cominciò a parlare, anche se in un primo momento Hal non ebbe maggior fortuna di Judith, nel comprendere le ciarle sui djinn. Poi però Mossie disse: «Il djinn ha parlato! Ha parlato alla mia signora e credo che lei lo conoscesse, perché ha risposto e ha detto il suo nome, e lo ha chiamato Voltoio».

Hal si accigliò, incapace di trovare un senso a quelle parole, così il ragazzino ripeté: «Voltoio! Voltoio!»

Stavolta Hal capì, e anche lui sentì l’incredulità lasciare il posto all’orrore, mentre tentava di venire a patti con la possibilità che il suo mortale nemico fosse tornato dal regno dei morti. «Lei ha detto ’Avvoltoio’?» chiese, scandendo le parole con cura, sperando quasi che il ragazzino rispondesse di no.

Mossie però scosse la testa su e giù diverse volte, strillando: «Sì! Sì! Voltoio!»

Per un attimo Hal rimase assorto nelle sue riflessioni, mentre tutti gli avvenimenti apparentemente slegati fra loro dell’ultima ora assumevano un ordine del tutto logico. Grey e l’Avvoltoio, entrambi traditori della loro patria, del loro re e del loro dio, erano accomunati da un’unica altra cosa: l’odio per Sir Henry Courteney. Insieme, ma sicuramente con l’aiuto di un terzo, avevano concepito un piano che prevedeva la sua morte e il rapimento di Judith. Be’, lui era ancora vivo, e c’era soltanto un uomo in grado di dirgli dove si trovasse Judith.

«Mossie, vai a prendere le mie pistole», disse, sperando con tutto se stesso che l’Avvoltoio non avesse preso anche quelle.

«Cosa pensi di fare?» gli chiese Aboli.

«Ho intenzione di fare visita al console di sua maestà», rispose Hal. «Tu verrai con me, insieme a ogni altro uomo che abbiamo qui a Zanzibar. Mi dirà tutto quello che voglio sapere, altrimenti lo ridurrò a un eunuco.»

«No.» Aboli scosse il capo. «Non è quello il modo. Rifletti, Gundwane. La casa del console è sorvegliata. Non appena lui scoprirà che sei ancora vivo, farà sbarrare la porta. Saremo costretti a entrare con la forza, e le guardie della città arriveranno come iene attirate dall’odore del sangue.»

Hal ribolliva di rabbia, ma sapeva che l’amico aveva ragione. Non potevano aspettarsi di irrompere negli appartamenti del console come se niente fosse ed esigere delle risposte. Grey era un uomo potente e influente, che si vantava sempre delle proprie conoscenze a Zanzibar. Hal non aveva bisogno di una guerra con la popolazione dell’Oman più di quanto la Golden Bough avesse bisogno di affrontare l’ira dei grossi cannoni sulle mura della fortezza.

«Cosa suggerisci di fare, Aboli?» chiese, legandosi in vita una fusciacca di seta rossa in cui infilò le due pistole consegnategli da Mossie.

Il guerriero africano si accigliò. «Forse non si tratta di quanti uomini ci servono, ma di quanti pochi.»

«Pensi di ottenere con l’inganno ciò che non possiamo ottenere con la forza?»

«Esatto», confermò Aboli con un sorriso.

I due uomini conversarono per qualche altro minuto e poi, portando Mossie con sé, raggiunsero il punto in cui la barca era ormeggiata, accanto a una serie di gradini che scendevano dal molo. Tornati a bordo della nave, Hal mandò il ragazzino a poppa e gli disse di rimanere lì, qualsiasi cosa succedesse. Lui e Aboli illustrarono il piano d’azione agli uomini della Bough. Aspettarono che le strade della città fossero deserte e la popolazione addormentata e, insieme a due dei combattenti più valorosi della nave, Big Daniel Fisher e Will Stanley, presero una cima e si allontanarono nella notte.

Il leone d'oro
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