Pett sentiva delle voci. Gli riempivano la testa. A volte parlavano all’unisono, come un coro; altre volte erano polemiche come un parlamento. L’impulso di uccidere, tuttavia, non era soltanto questione di una voce nella sua mente, benché la presenza del Santo ne facesse sicuramente parte. No, era qualcosa di più profondo che sentiva nelle viscere, nel cuore, in tutto il suo essere. Gli scorreva nel sangue. Si insinuava nelle ossa. Pett era un uomo posseduto.
Non sapeva dire cosa avesse provocato quella sensazione, ma la riconobbe non appena ne venne attanagliato. Perché così presto?, si chiese. Quando si era messo per la prima volta al servizio del Signore, trascorreva mesi o persino anni a preparare un’unica oscillazione della sua falce da mietitore. Aveva imparato che la capacità di attendere il momento propizio, di pazientare, era importante quasi quanto la capacità di uccidere. Eppure erano passati solo pochi giorni da quando aveva strangolato il compagno di prigionia a bordo della Delft, e Goddings era andato incontro alla sua fine poco prima. Sembrava che l’intervallo tra gli eventi si stesse accorciando, quasi che con l’aumentare del numero delle vittime diminuisse la soddisfazione che lui traeva da una singola morte. Adesso era costretto a farlo di nuovo e si rese conto che, se fosse riuscito a eliminare due persone in una volta sola, la cosa avrebbe potuto appagarlo di più e tenere a bada un po’ più a lungo il bisogno di rifarlo. E c’erano, certo, due potenziali vittime sdraiate l’una accanto all’altra a pochi passi da lui, nella cabina del comandante.
Uccidere Courteney e la Nazet in un colpo solo era un’impresa più che mai rischiosa, certo. Tanto per cominciare, erano entrambi guerrieri provetti, perfettamente in grado di difendersi, e la loro maestria nel combattimento con la spada superava forse quella di Pett. C’era poi il problema di coprire le tracce. Se l’incendio non avesse svolto il lavoro al posto suo, avrebbe trovato piuttosto arduo far scivolare il coltello che aveva ucciso Goddings fra gli effetti personali di un marinaio notoriamente ostile al comandante. Courteney e la sua signora, tuttavia, erano con ogni evidenza amati dall’equipaggio della Golden Bough, quindi quella strada non era percorribile.
Non gli importava. Doveva farlo. Il Santo non si era ancora intromesso nel chiacchierio di voci che gli echeggiava nel cranio, ma Pett era sicuro che fosse solo questione di tempo. L’intensa brama fisica era innegabile. E poteva farcela, ne era sicuro. Avrebbe agito in fretta e in silenzio e poi, se non gli fosse venuta nessun’altra idea, avrebbe replicato il giochetto con la cuccetta del comandante – una zattera di fortuna molto più comoda, in quel caso – e raggiunto la terraferma. Negli ultimi giorni aveva visto spesso la costa dell’Africa stagliarsi sull’orizzonte occidentale. Poteva raggiungerla senza troppe difficoltà. Si sarebbe lasciato scivolare lungo la fiancata per poi raggiungere la riva, prima che qualcuno si accorgesse che il comandante Courteney era morto.
Lo preoccupava un po’ il pensiero di uccidere una donna, perché non lo aveva mai fatto prima. Si vantava di essere un uomo d’onore, che agiva per conto di Dio, e le donne, ai suoi occhi, possedevano un’innocenza e una fragilità innate che le rendevano bersagli inappropriati. D’altra parte, sostenne un’altra voce, quella donna non era né innocente né fragile. Era andata in guerra di sua spontanea volontà. Aveva scelto di marciare e combattere accanto e contro degli uomini, come uno di loro, il che la rendeva un ottimo obiettivo.
Lei avrebbe detto di essere stata chiamata da Dio a difendere il suo paese e il Tabernacolo che esso ospitava. Ma la missione di Pett era altrettanto sacra. Non era il solo, come sapeva, ma nessuno era abile come lui, e Pett andava fiero della sua opera. Quando gli altri bambini giocavano a testa o croce, lui imparava a usare il coltello, la spada e la fionda. Aveva studiato le proprietà dei veleni. Aveva appreso le numerose, affascinanti tecniche per togliere la vita a un uomo, a distanza ravvicinata e con consumata abilità. L’eliminazione di Courteney e di Nazet rappresentava solo l’ennesimo esame.
E Pett non aveva mai fallito, nemmeno una volta.
Come arma scelse una caviglia per impiombare, un arnese di metallo lungo due spanne che somigliava a un ago gigantesco, usato dai marinai per lavorare con le cime. L’aveva rubata poco dopo essere salito a bordo della Golden Bough e aveva continuato ad affilarla, in qualsiasi momento di solitudine che fosse riuscito a ritagliarsi su un veliero affollato, fino a renderne la punta abbastanza acuminata da forare pelle e muscoli e raggiungere i delicati organi interni.
Se la infilò nella manica destra della camicia in modo che gli aderisse all’interno dell’avambraccio, fredda contro la pelle, con la punta bloccata fra due dita piegate, e sgattaiolò fuori dalla cabina. L’unica altra arma era un semplice chiodo da nave che teneva in bocca, fra le labbra serrate. Non si diresse subito verso la cabina del comandante, ma si prese il tempo e il disturbo di valutare la situazione a bordo, per individuare eventuali ostacoli al suo scopo. Le stelle colmavano il cielo con la straordinaria profusione che lui sapeva tipica dei Tropici. Per un attimo rimase ritto sul cassero, nell’ombra proiettata dalla luna crescente, ascoltando le voci smorzate degli uomini di guardia. Riconobbe quella profonda e sonora dell’africano, Aboli, e riuscì a distinguere, accanto all’albero di maestra, un gruppo di amadoda assiepati intorno a uno di loro, intento a raccontare una storia che sembrava parlare di un leone, poiché teneva le braccia sollevate, le dita arcuate a mo’ di artigli.
Una tavola scricchiolò sopra Pett, e i suoi muscoli si irrigidirono. Trattenne il fiato. Stava arrivando qualcuno. Forse era Will Stanley, il nostromo, che effettuava la sua ronda come ufficiale di turno. Si infilò dietro la scala del cassero e rimase immobile. Meglio evitare che Stanley gli chiedesse perché si trovava sul ponte in piena notte, men che meno che si avvicinasse tanto da vedere il chiodo che gli spuntava dalla bocca. L’uomo scese lungo la scala, ma grazie a un colpo di fortuna il nostromo si girò verso sinistra mentre scendeva sul ponte principale, abbastanza vicino perché Pett sentisse l’odore del tabacco che stava masticando.
Stanley non lo vide, ma raggiunse il parapetto e osservò la baia, le mani intrecciate dietro la schiena. Con pochi rapidi passi Pett avrebbe potuto piombargli addosso. Avrebbe potuto conficcargli la caviglia di metallo nel rene e trascinarlo all’indietro, nell’ombra, per poi nascondere il corpo nella propria cabina.
Ma se qualcuno avesse notato la scomparsa di Stanley e avesse dato l’allarme prima che lui si occupasse di Courteney? E se il nostromo fosse riuscito a gridare prima che lui lo riducesse al silenzio per sempre?
Stanley si girò e Pett ne vide il profilo, mentre l’uomo guardava lungo il parapetto, verso prua, il cipiglio visibile persino nella penombra. Pett non sapeva cosa avesse visto o creduto di vedere e nemmeno se ne curò. La cosa davvero importante fu che Stanley borbottò qualcosa sottovoce e si allontanò a grandi passi sul ponte. Pett espirò lentamente, con le orecchie ancora tese a percepire il rumore di eventuali pericoli.
Adesso, fallo adesso, lo sollecitò il Santo, e lui si eccitò nel sentire il timbro di quella voce. Finalmente. La sua guida e protettore era con lui, sarebbe andato tutto bene.
Uscì dal riparo della scala e, piegato in due, si diresse in fretta verso la cabina del comandante Courteney. Sollevò il braccio destro, in modo che la caviglia per impiombare gli scivolasse all’interno della manica e, con le dita ormai libere, prese il chiodo che teneva fra le labbra e lo inserì piano nella serratura. I suoi grimaldelli e le altre armi erano colati a picco insieme alla Earl of Cumberland, ma non era che un semplice intoppo e il vecchio chiodo, che aveva piegato ai suoi scopi, avrebbe svolto egregiamente il proprio compito.
Gli venne in mente una cosa: la strada non gli era forse stata spianata sin da quando il comandante della Delft lo aveva tratto in salvo dall’oceano? Quel giovane Courteney non gli era stato servito su un vassoio d’argento?
Pensi che facciamo ogni cosa per te? chiese il Santo.
Pett girò comunque il pomolo e il saliscendi fece uno scatto. Infilatosi il chiodo nella cintola dei calzoni, aprì la porta con una spinta, sgattaiolò dentro e la richiuse alle proprie spalle, quasi ridendo dei piani del Signore. Era fonte di perenne meraviglia il fatto che Dio facesse la propria parte fin nei dettagli infinitesimali, fino alle minuzie più banali, come il particolare che un uomo dimenticasse di chiudere a chiave la propria porta.
Ed eccolo, Courteney, immerso in un sonno profondo. Sognando un futuro glorioso, come Pett era pronto a scommettere, gesta e conquiste eroiche. Sognando la sua dinastia, magari, perché non c’era dubbio che il giovane comandante si credesse un uomo mandato dal destino, come lo era stato il padre. La sua donna gli dormiva accanto, sulla sinistra, stesa su un fianco e con il viso accostato al collo di lui. Il bianco delle sottovesti spiccava sulla pelle scura delle braccia e delle gambe nude, e per un attimo Pett si concesse di guardarla. Poi si avvicinò.
Una tavola gli scricchiolò sotto un piede e lui imprecò in silenzio, immobile mentre Judith si muoveva e si girava in una posizione più comoda, senza svegliarsi. In una situazione del genere un uomo meno esperto avrebbe rischiato di ansimare, sopraffatto dal nervosismo, ma il respiro di Pett era profondo e normale. Si avvicinò lentamente, girando intorno al letto fino a incombere su Courteney, che dormiva supino, il viso rivolto verso i bagli a vista del cielo della cabina.
Fletté i muscoli del ventre e inspirò a fondo, in silenzio, riempiendosi il sangue di energia e buttando fuori la tensione che si accumulava sempre prima di un omicidio.
Il respiro di Courteney rimase intenso e regolare mentre Pett si sfilava la caviglia per impiombare dalla manica, la stringeva nella mano destra e alzava il braccio per sferrare il colpo. Era un pugnale perfetto, anche se non era affilato come sarebbe servito. Lui avrebbe dovuto lavorare con enorme precisione, piegarsi sopra il letto e, con un unico movimento sciolto, mentre teneva tappata la bocca di Courteney con la sinistra, spingere la lama con la destra su un lato del collo, accanto all’osso mascellare e appena sotto l’orecchio, tranciando la carotide destra con un movimento fluido. Ci sarebbero stati fiumi di sangue, sul corpo, sulle lenzuola, sullo stesso Pett, e, a meno che lui si fosse mosso con una rapidità eccezionale, la donna si sarebbe svegliata in una scena da incubo. A quel punto si trattava solo di colpirla ripetutamente, con tutta la velocità e la violenza possibili, per ridurla al silenzio prima che potesse gridare aiuto.
In quel momento la cabina venne pervasa da una fioca luce argentea e lui guardò dai portelli poppieri. Un cumulo di nubi si era lacerato per rivelare stelle e una falce di luna. Il loro bagliore illuminò la cabina del comandante e a Pett si gelò il sangue nelle vene: su un tavolino accanto alla testiera del letto di Courteney, nel cuore della lama di luce che filtrava dal vetro, c’era una Bibbia, la croce d’oro incastonata nella copertina che brillava sulla pelle nera.
In quel momento la sua mente prese ad annaspare, come aveva fatto lui quando si era tuffato in mare dalla Earl of Cumberland in fiamme. Era un segno inviato dal Santo? Era il modo in cui il Signore lo esortava a risparmiare Henry Courteney? Impossibile. Anche se il Santo taceva. Di solito era proprio in quel momento che la sua voce risuonava più limpida, eppure in quell’occasione non la si udiva affatto.
Pett si sentì abbandonato, tradito. Rimase fermo dov’era, i piedi incollati al tavolato come i crostacei sotto la carena della nave, e si accorse che d’un tratto aveva la fronte imperlata di sudore, che scese a rigargli il viso.
Dammi un altro segno, chiese la sua mente. Qualsiasi cosa. Accidenti a te, questo è il nostro momento! Guardalo, inerme come un neonato.
La nube si riformò e la cabina piombò di nuovo nell’oscurità, eppure Pett non poteva fingere di non avere visto: la croce di Cristo illuminata nell’istante esatto in cui lui si accingeva a uccidere un uomo, un segno potente come un rombo di tuono nell’alto dei cieli. Ma era un segno che lo sollecitava a uccidere quel tizio oppure a risparmiarlo?
Oh, era così vicino! Avrebbe potuto farlo in un istante. Due rapidi affondi, la carne lacerata e tutto sarebbe finito. Eppure c’era qualcosa che non andava. Lui aveva già ucciso in diverse occasioni, ma quella era la prima volta in cui sperimentava il dubbio, o provava qualcosa di diverso dall’immancabile eccitazione che accompagnava l’atto di togliere la vita a qualcuno facendola franca. Se esisteva una sola possibilità che il Signore non volesse vedergli eliminare Henry Courteney, Pett sapeva di doversi astenere. Ma se non lo uccideva, quanto più insistente sarebbe diventato il clamore nella sua testa, quanto più stridule le urla che chiedevano sangue, anche se il Santo rimaneva in silenzio?
Lentamente, con il respiro ancora regolare, si rimise nella manica l’attrezzo acuminato e si allontanò a ritroso dal letto e dai giovani amanti che vi dormivano. Aveva quasi raggiunto la porta ed era sul punto di sollevare il saliscendi per aprirla e uscire, quando il suo piede destro finì su una tavola del pavimento che ballava. Si udì uno scricchiolio. Non troppo forte, di certo non più dei tanti rumori causati dal vento tra le vele, dall’acqua contro lo scafo e dei costanti gemiti di legno e cime, che creavano un coro perenne su una nave in mare. Ma era un rumore diverso, e fu quello a svegliare Hal Courteney, che si drizzò a sedere sul letto, gli occhi spalancati, e impiegò meno di un battito di ciglia a registrare la scena di fronte a sé e chiedere, più sconcertato che impaurito: «Pett? Cosa diavolo ci fate qui?»
Judith, che si stava svegliando, mormorò, in tono assonnato: «Che succede, Henry?»
Vedersi rammentare la presenza dell’amata inasprì la sua rabbia, e Hal sbottò: «Come osate? È già abbastanza grave che entriate nella cabina del comandante in piena notte, ma farlo in presenza di una signora... Spiegatevi!»
Pett era sbigottito. Per una volta il suo talento nell’improvvisare gli venne meno e lui rimase lì impalato, immerso in un silenzio impotente, per quella che parve un’eternità, finché... Oh, santo cielo! Il Santo ritornò e disse: Tromp. Pensa a Tromp.
All’improvviso Pett recuperò la presenza di spirito. «Perdonatemi, comandante, per questa sgradevolissima intrusione. Solo che... Be’, non riuscivo a dormire, avete presente? Avevo qualcosa in mente e dovevo assolutamente parlarvene in privato, lontano dagli altri membri dell’equipaggio...»
«In piena notte? Siete pazzo?» Courteney lo guardò, accigliandosi. «Non siete ubriaco, vero?»
«No, signore, vi assicuro che l’alcol non ha alcun ruolo nelle mie considerazioni o nelle mie azioni, solo che...» Pett fece una smorfia, simulando un’espressione di profonda angoscia. «Il mio animo era così tormentato. Sono... be’... sono stato vittima di una vile calunnia, signore! E questo si è sommato al più crudele e ingiusto dei maltrattamenti.»
«A quale calunnia vi riferite?»
«È stato l’olandese, Tromp. Oh, so che ha finto di avere frainteso il senso delle mie parole, quando ha palesemente e inequivocabilmente messo in dubbio il mio coraggio di fronte a tutti. Ma conosco quell’uomo, conosco sia la sua padronanza dell’inglese che la sua maestria nell’inganno. Come ci si può fidare della parola di chi si vanta di avere ordinato la fabbricazione di false reliquie religiose, ognuna delle quali equivale a una bestemmia sputata in faccia all’Onnipotente?»
Sia Courteney che la donna vennero ridotti al silenzio da quell’affermazione, e Pett si sentì di nuovo sicuro di sé, mentre aggiungeva: «Dare del codardo a un uomo di fronte ai suoi pari è un’offesa sufficiente di per sé, ma quell’uomo mi ha rinchiuso anche come un criminale comune in un ambiente davvero disgustoso. Avete visto con i vostri occhi in quali condizioni fossi, comandante. Mi avete visto incatenato ai bagli della nave, steso nel sudiciume e negli escrementi, con un cadavere quale unica compagnia. Come può uno stimato gentiluomo accettare una simile indegnità?»
Courteney si sfregò gli occhi assonnati. «Le vostre argomentazioni sono convincenti, signor Pett. Avete motivo di sentirvi trattato ingiustamente, ma vi confesso che non capisco perché ciò dovrebbe spingervi a entrare nella mia cabina in piena notte.»
«Il motivo del mio gesto, signore, è una richiesta che può esservi presentata solo in privato, lontano dal vostro equipaggio e dai vostri prigionieri. Chiedo... no, insisto affinché mi permettiate di sfidare il capitano Tromp a duello, su questa nave, alla prima occasione.»
«Un duello?» esclamò Courteney.
«Signor Pett, ne siete sicuro?» chiese Judith.
«Sì, signora, sicurissimo. Non mi lascerò distogliere da questo proposito. Il mio onore non lo consentirà.»
«Ma, signor Pett», insistette Courteney, «con tutto il rispetto, non siete un militare...» Si interruppe qualche istante per riflettere su quanto stava per dire e poi, del tutto sincero, chiese: «Lo siete?»
«No, signore, sono un uomo d’affari.»
«Benissimo, quindi siete a vostro agio al mercato e in un ufficio, o in qualsiasi altro luogo gestiate i vostri affari. Ma per quanto il suo comportamento possa essere stato ignobile, il capitano Tromp è un ufficiale di marina avvezzo alle battaglie. Quali che siano i suoi difetti morali – e convengo che il suo comportamento lasci parecchio a desiderare – l’ho visto combattere, ed è un avversario degno del massimo rispetto. Voglio dire, signor Pett, che se acconsentissi alla vostra richiesta, temo che molto probabilmente acconsentirei alla vostra uccisione.»
«È un timore davvero nobile e premuroso, comandante, ma vi assicuro che non avete motivo di preoccuparvi per me. Sono fermamente convinto che la mia causa sia giusta e, stando così le cose, che Dio sia dalla mia parte.»
«Ho sconfitto interi eserciti di uomini sicuri che Dio avrebbe garantito la loro vittoria, signor Pett», affermò Judith. «Il Signore opera in modi misteriosi. Non possiamo sapere cosa progetta per noi. Non intendiamo mettere in dubbio la vostra convinzione, ma solo impedire che vi venga fatto del male.»
«Grazie, signora, ma lasciate che vi chieda una cosa. Quando siete scesa in battaglia, sapendo che stavate combattendo per il Tabernacolo, non sentivate le armate del paradiso marciare al vostro fianco?»
«Sì», ammise lei.
«E quel pensiero ha rafforzato la vostra convinzione che avreste vinto?»
«Sì.»
«Allora, visto che voi avevate la vostra fede, vi prego di lasciare a me la mia. Se è volontà di Dio che io perisca, così sia. Ma preferirei morire con l’onore integro che vivere con l’onta della codardia sul mio nome. Sarò anche un uomo d’affari, ma sono comunque un uomo e combatterò come tale, al momento opportuno.»
«Ben detto, signor Pett», replicò Hal. «La mia preghiera è che si possa sistemare la questione senza che voi o il capitano Tromp abbiate a soffrirne. Diversi duelli vengono risolti con soddisfazione di entrambe le parti senza spargimenti di sangue, o almeno senza spargimenti di sangue fatali. Spero davvero che sarà questo il caso. Prego che siamo ancora in tempo per trovare il modo di dirimere le vostre divergenze in maniera pacifica, ma, se ciò non fosse possibile, signor Pett, sì, avrete il vostro duello.»
«Sei sicuro, amore mio? Dobbiamo proprio vedere altro sangue, altre morti?» chiese Judith in tono supplichevole.
«Spero di no, tesoro, ma è una questione d’onore, e l’onore va soddisfatto.»
Per un attimo Pett temette che la donna l’avesse vinta, ma, avendo espresso il suo punto di vista, Judith preferì non discutere oltre. Lei, che ha comandato migliaia di soldati, si sottomette a quest’unico uomo, pensò Pett, ammirando Courteney e al contempo sentendo aumentare il piacere che avrebbe tratto, a tempo debito, nel mettere fine a una vita tanto ammirata. Per il momento, tuttavia, con l’aiuto del Santo aveva trovato il modo di sottrarsi a una situazione molto spinosa. Non avrebbe tratto alcun vantaggio dal temporeggiare ancora, così pronunciò un semplice: «Grazie, comandante» e uscì dalla cabina.