La tempesta arrivò da nord-est, dall’India e dalle alte vette dell’Himalaya, simile alla vendetta di Dio. Il giovane Sam Awdy, sull’albero di mezzana, era stato il primo a vederla arrivare. Aveva gridato giù verso il cassero che il cielo a una decina di miglia dalla poppa della Golden Bough stava cambiando. Un’enorme e altissima nube a mensola oscurò il cielo e, non appena Hal rivolse il cannocchiale verso quella massa minacciosa, l’oceano sotto di essa cominciò a ribollire, con la spuma bianca che schizzava dalle rapide scie delle due navi.
«Non c’è modo di batterla in velocità, signor Tyler!» gridò Hal, poi guardò Tromp. «Meglio terzarolare troppo presto che troppo tardi, signor Tromp, vero?»
L’olandese sorrise a quella dimostrazione di antica saggezza marinaresca. «Terzarolate troppo tardi e non lo farete mai più, comandante», concordò.
«Non diamole troppa tela con cui giocare, signor Tyler», disse Hal. «Andate all’orza e ci presenteremo da veri gentiluomini.»
Il signor Tyler diede l’ordine e alcuni marinai si arrampicarono sulle sartie e lungo i pennoni per terzarolare, mentre il timoniere manovrava per avvicinare la prora della Bough verso ciò che stava arrivando.
Hal tornò al parapetto di poppa per fronteggiare il colossale ammasso di nubi e pioggia che sfrecciava nel cielo, e vide con sollievo che anche John Lovell, che li seguiva, stava riducendo la velatura della Delft e la portava verso il vento, accordando i propri movimenti a quelli della Bough come un ballerino con la sua dama.
Si girò di nuovo verso la sua nave. «Signor Stanley, chiudere i boccaporti. Mastro Daniel, controllare che tutti i cannoni siano rizzati saldamente.» L’ultima cosa di cui avessero bisogno era una colubrina che rotolava per il ponte di batteria, schiacciando uomini o aprendo una falla nello scafo.
«Sta venendo a prenderci, ragazzi!» gridò. «E si direbbe che abbia dei gran bei denti.»
Osservò la Bough. A un occhio non addestrato sarebbe parsa una scena caotica, ma per un marinaio quello dei membri dell’equipaggio che correvano ai loro posti e si dedicavano alle rispettive mansioni era uno spettacolo magnifico, con ogni uomo – che fosse un guerriero amadoda, una testa di formaggio proveniente dall’Olanda meridionale oppure un nativo del Devonshire – che si occupava dei bisogni della nave, offrendo a se stesso, ai compagni e alla Golden Bough le migliori chance di superare vittoriosi quella prova.
«Comandante, credete che sia un intervento divino?» chiese Robert Moone. «Che stiamo per affrontare il giudizio finale per quello che abbiamo là sotto?» Indicò il ponte principale, ma Hal sapeva che si riferiva a quanto si trovava nella stiva sottostante, dove erano conservati i barili con le ossa e i frammenti della Croce, i brandelli di pelle dei santi e un assortimento di Sacri Graal, tutti fasulli.
«Se dobbiamo essere giudicati, signor Moone, non sarà certo per il carico nella nostra stiva, bensì per l’intenzione nel nostro cuore. Per le nostre azioni.»
Moone si accigliò. «Se lo dite voi, comandante.»
«Non abbiamo recuperato già una volta l’unico vero Calice di Cristo rubato dagli infedeli, signor Moone?» domandò Hal. «Il nostro carico è un mezzo per raggiungere un fine, niente di più.»
Non aveva stivato volentieri sulla Golden Bough il bizzarro carico della Delft e, a dire il vero, si sentiva a disagio sin da allora. Ma l’ultima cosa di cui avesse bisogno era un equipaggio spaventato dal giudizio divino. I marinai erano già abbastanza superstiziosi senza aggiungerci il timore di essersi tirati addosso un infausto destino cercando di trarre profitto dalla vendita di reliquie false. Riportò l’attenzione sul fortunale in arrivo.
«Bene, signor Moone, non avete del lavoro da fare?» domandò. L’uomo si scusò e andò ad assicurarsi che le barche di salvataggio fossero rizzate con cura.
L’equipaggio non aveva il tempo di scendere sotto coperta a infilarsi i giacconi di tela impeciata. Non che un marinaio degno di quel nome avrebbe pensato a non inzupparsi, in un momento simile: tutti sapevano che una burrasca che avanzava rapida come quella poteva annientare una nave. L’ammasso di nubi turbinava minaccioso, propagandosi nel cielo, correndo verso di loro come una valanga.
«Sbrigatevi, signor Tyler, se non vi spiace.» Hal sentì contrarsi lo stomaco. «Basta gingillarsi, adesso. Non ci resta molto tempo.»
Si girò a guardare di nuovo il cielo. «Sono pronto», affermò, sfidando la tempesta.
Spostò lo sguardo sull’albero di maestra e gridò: «Scendi, Awdy!» Il ragazzo era ancora aggrappato alla coffa. «Razza di sciocco dalla testa vuota!» Durante una battaglia quello era il posto più sicuro, ma rimanere lassù nel corso di una burrasca del genere equivaleva a un suicidio.
«La tempesta se lo prenderà», sentenziò Aboli, guardando su. Adesso Hal aveva il vento in faccia, mentre Ned Tyler orzava verso la bocca della tempesta.
«Tenetevi forte!» urlò, dritto e spavaldo, afferrandosi all’impavesata sopravvento mentre la bufera avviluppava la Golden Bough, sferzandola con una pioggia gelida e scorticante e facendola sbandare a tal punto che le onde superavano l’impavesata sottovento, travolgendo alcuni marinai e facendoli rotolare sul ponte, immersi nell’acqua fino alla vita. Gli uomini si tenevano stretti alle sartie come alla vita stessa.
«Aboli! Aiuta Ned!» gridò Hal. L’altro, obbediente, raggiunse a fatica il timone per prestare la propria forza alla barra. Ma in quel momento la galleggiabilità della Bough ebbe la meglio, e il rollio la fece sbandare nella direzione opposta. Gli uomini scivolarono di nuovo attraverso il ponte, cozzando contro l’impavesata sottovento se non riuscivano ad aggrapparsi a qualcosa. Hal si ritrovò sott’acqua per un terrificante momento in cui temette che gli scoppiassero i polmoni, poi la chiglia appesantita dal piombo fece raddrizzare di nuovo la nave e lui udì un grido lamentoso, che sovrastò persino il ruggito del vento. Il giovane Awdy era stato scagliato via dalla coffa come un sasso da una fionda. Colpì la superficie del mare e scomparve come se non fosse mai esistito, inghiottito dall’oceano furioso.
Fino a quel momento Hal non aveva sentito giungere grida concitate da sotto coperta; questo gli diceva che le grandi colubrine erano ancora saldamente rizzate e le coste della Bough reggevano. Ma poi udì il cigolio ritmico delle pompe, mentre le squadre sotto di lui lavoravano per buttare fuori l’acqua che stava inondando le sentine.
Arrivarono le onde, gigantesche pareti di acqua provenienti da nord; quando colpirono la nave Hal capì che, per quanto i preparativi fossero stati meticolosi, sarebbe stato fortunato a non perdere un albero o a non vedere i pennoni spezzarsi come rametti.
«Padre, aiutaci!» gridò, sbattendo le palpebre per liberare gli occhi dall’acqua salata, appellandosi tanto al proprio padre quanto al Signore nell’alto dei cieli. L’onda seguente che li investì pareva alta come l’albero di maestra, con la cresta che si ripiegava su se stessa per l’intera lunghezza, rompendosi in una cascata di schiuma bianca.
Gli amadoda, nessuno dei quali aveva mai sperimentato nemmeno lontanamente qualcosa di simile, erano fuori di sé per il terrore, e strillavano e salmodiavano invocazioni ai loro dei della foresta.
«La Bough può reggere!» gridò lui per rassicurare l’equipaggio. «Ha visto di peggio, nella sua vita. Può sconfiggere questa carogna!» Ma il mondo si fece ancora più buio, con il muro d’acqua che incombeva ormai su di loro. Hal si preparò all’impatto. L’onda gigantesca si abbatté sulla nave.
Nel buio e nella turbolenza di quelle acque furiose, sentì una voce familiare e molto amata che si rivolgeva a lui: Resisti, mio adorato. Abbiamo bisogno di te. Sia io che il bambino abbiamo bisogno di te. Non lasciarci proprio ora, ti prego. Non lasciarci mai, ti prego.
Lui urlò di rimando: «Sopravvivrò. Sopravvivrò. Aspettami, Judith, amore mio! Aspettami!»
La tempesta infuriò su di loro per altre dodici ore. Quando finalmente si placò, la Golden Bough era malconcia ma ancora galleggiava. Avevano perso solo Sam Awdy, e gli uomini erano storditi e grati a Dio e a Hal per essere sopravvissuti.
Soltanto lui si sentiva avvilito. La burrasca aveva spinto le sue due navi molto a sud, lontano da Zanzibar, e ogni miglio percorso lo allontanava ancor più da Judith.
«Il vento si è calmato, Gundwane», cercò di rincuorarlo Aboli. «Possiamo tornare verso nord, raggiungeremo sicuramente Zanzibar prima...» Stava per dire «che Judith venga venduta» ma riuscì a trattenersi in tempo. «Prima del giorno di mercato», concluse.
«Sono sicuro che per allora saremo vicini», replicò lui. «Ma a Zanzibar? Jahan e i suoi uomini ci staranno aspettando. Ogni funzionario portuale e doganale, ogni mercante, ogni facchino... l’intera popolazione sarà allertata per individuare il sottoscritto o qualsiasi individuo sospetto che cerchi di salvare Judith Nazet.»
«Ma voi non volete salvare Judith Nazet», sottolineò Tromp, come se fosse un’ovvietà, e non un’affermazione assurda.
«Cosa significa, che non voglio salvarla? Certo che voglio, dannazione!» sbottò Hal.
«No che non volete, signore. Volete comprarla. In quel modo potete portarla via senza che nessuno si faccia male. Lei sarà di vostra proprietà... anche se», aggiunse con uno dei suoi sorrisetti ironici, «se mi è consentito dirlo, quella donna non apparterrà mai a nessuno.»
«Comprarla?» ripeté Hal in tono meditabondo. «Sì... sì, capisco dove volete andare a parare. È una buona idea, signor Tromp, ma le mie perplessità rimangono. Siamo ricercati, di certo lo siamo Aboli e io. Come potremmo fare un’offerta per Judith, se verremo catturati e quasi sicuramente ridotti noi stessi in schiavitù non appena dovessimo aprire bocca?»
«E se non foste voi a fare l’offerta? Se fosse qualcuno che è conosciuto a Zanzibar e la cui presenza non susciterà sospetti?»
Hal lo osservò con aria critica. «Date l’impressione di sapere chi potrebbe essere.»
«Sì. Conosco un uomo, e non siamo molto distanti – due giorni di viaggio al massimo – da dove mi aspetto che sia. Ma, comandante, devo avvisarvi che, se giudicate me un furfante, questo soggetto è di gran lunga peggiore del sottoscritto. È un pirata. Venderebbe la sua stessa madre in quello stesso mercato degli schiavi, se pensasse di poterne trarre profitto, e se mai doveste contrastarlo vi taglierebbe la gola senza pensarci due volte.»
Vi fu una pausa di silenzo mentre Hal rifletteva sul monito di Tromp. «Posso chiedervi una cosa, allora?» disse alla fine. «Questo vostro amico, se stringiamo un accordo e io vi tengo fede, manterrà anch’egli la promessa fatta?»
«Se vi dimostrerete un uomo di parola, sì, lo sarà sicuramente anche lui. Ma vi converrebbe infilare la testa nella bocca di uno squalo piuttosto di offrirgli un qualsiasi motivo di pensare che lo avete tradito.»
«In tal caso, signor Tromp, mi assicurerò di mantenere la parola data e vi prego, se non vi dispiace, di dirmi dove posso trovare questo signore.»