Erano passati due giorni dal duello e né Pett né Tromp sembravano in pericolo per le ferite riportate. Ormai incisa la pustola dell’ostilità tra i due, la Bough veleggiava verso sud, sospinta da una brezza fresca e animata dalla speranza. Tromp lo giudicò il momento ideale per avvicinare Hal, ritto sul cassero, e chiedergli: «Potrei scambiare due parole con voi, signore?»

«Certo», replicò lui. Era al comando della sua nave, con il sole sulla schiena, il vento sul viso e la donna che amava al proprio fianco. La vita era davvero magnifica.

«Forse ricorderete che di recente vi ho chiesto se potevate consentire a me e ai miei marinai di entrare a far parte del vostro equipaggio. Naturalmente avevate altre cose di cui occuparvi...» Tromp fece un sorrisino ironico e lanciò un’occhiata alla figura snella accanto al parapetto poppiero, ferma a guardare l’acqua. «Non è forse vero, signor Pett?» Poi si rivolse di nuovo a Hal. «Avete avuto il tempo di riflettere sulla mia richiesta?»

Hal rise. «Certo che avete proprio una gran faccia tosta. Prima volevate ucciderci, ora chiedete di navigare insieme a noi.»

«Non ho mai voluto uccidervi», protestò Tromp. «Volevo solo questa nave e un pasto decente.»

Aboli li aveva raggiunti per unirsi alla conversazione. «Non lo si può certo biasimare per questo», commentò, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.

«Lasciate che mi unisca al vostro equipaggio», continuò Tromp. «Sono un comandante esperto, ma siete voi a capo della nave e vedo che mijnheer Aboli è il vostro fidato primo ufficiale. Benissimo, allora, prendetemi come secondo ufficiale. Conosco queste acque. Ho esperienza della costa a nord fino a capo Horn e a sud oltre il capo di Buona Speranza. Ho navigato fino alle Isole delle Spezie, quindi anche le acque delle Indie mi sono familiari. Sarò felice di condividere i contatti commerciali da me coltivati nel corso degli anni. Ho degli amici, comandante.»

«Dovete averli per forza», ribatté Hal, «se siete riuscito a sopravvivere così a lungo con così tanti nemici.»

Tromp lo guardò con aria stranamente riflessiva, quasi solenne. «Siete un uomo mandato dal destino, comandante Courteney», affermò, e non c’era traccia di ironia nella sua voce. «Chiunque può vederlo, sembrate indossare questa missione come un elegante mantello. Sarebbe un onore servire sotto di voi.»

Aboli e Ned Tyler, che era al timone e riusciva a sentire ogni parola, guardarono il loro comandante. Tromp aveva messo tutto nelle sue mani. Non si poteva negare che si fosse espresso con eloquenza e disponesse di valide argomentazioni. Come avrebbe reagito Hal?

Rimase assorto nelle sue riflessioni, soppesando quanto affermato dall’olandese. Fu Judith a spezzare il silenzio.

«Non hai detto di essere a corto di uomini?» chiese.

«Infatti.»

«Quindi non accoglieresti volentieri marinai esperti come questi?» domandò lei.

Tromp la stava fissando, chiaramente sbalordito nel sentir perorare la propria causa dalla donna che aveva minacciato di uccidere.

«Sei una creatura davvero straordinaria, mia cara», disse Hal a Judith, che spostò lo sguardo da lui a Tromp.

«Ho visto troppa gente morire», spiegò. «Se hai il potere di salvare la vita di quest’uomo e quella del suo equipaggio, devi farlo.»

«Grazie, signora», le disse Tromp, e lei prese tacitamente atto della sua gratitudine con un cenno del capo.

«Come faccio a sapere che non tenterete di impadronirvi della mia nave alla prima occasione?» chiese Hal. «Mi sembrate un uomo che nutre poco rispetto per l’autorità, eppure vorreste servirmi come guardiamarina...?»

L’olandese rispose con un sorriso che gli si riflesse negli occhi azzurri. «Vi devo la vita. Due volte, visto che avreste potuto darmi in pasto agli squali all’alba, quando ci siamo conosciuti. Inoltre sono un uomo ambizioso, più di ogni altra cosa.» I suoi occhi si fissarono in quelli di Hal. «Sono convinto che navigare con voi rappresenti la mia migliore speranza di avanzamento di carriera.»

Hal meditò su quanto aveva appena sentito. In effetti, se anche Tromp fosse venuto meno alla parola data, per gli olandesi sarebbe stata un’impresa quasi impossibile sgominare l’equipaggio della Bough e impadronirsi di quest’ultima. D’altra parte, al momento la nave era davvero a corto di uomini, e un po’ di marinai esperti sarebbero risultati assai graditi.

«Cosa ne pensate, signor Pett? Dovrei permettere al signor Tromp e ai suoi uomini di entrare a far parte del mio equipaggio?»

Pett parve colto alla sprovvista. «La cosa non mi riguarda affatto, comandante», replicò, con una ruga che gli solcava la fronte. «Ma essendo i vostri marinai superstiziosi, non può certo nuocere l’avere a bordo un uomo fortunato.»

«Fortunato, signor Pett? In che senso?» chiese Hal.

«Molto fortunato», gli assicurò l’altro. «Per prima cosa mi ha centrato da venti passi, mentre eravamo fermi su un ponte beccheggiante. In secondo luogo il mio colpo lo ha soltanto scalfito, e io non sono abituato a mancare il bersaglio.»

«Sono parole davvero sorprendenti, da parte di un uomo d’affari, signor Pett», commentò Hal.

«Ho già accennato al fatto che mio padre mi ha istruito nell’uso delle armi da fuoco, no? Era molto severo e si è dimostrato un bravo insegnante. Non sarebbe stato felice di vedermi deluderlo così.»

«Capisco.» Hal osservò il suo interlocutore. In Pett c’era qualcosa che lo turbava, qualcosa di strano. Sapeva di non essere l’unico a provare quel disagio. Aveva sentito i suoi uomini parlare della singolare freddezza da lui mostrata durante il duello, di come fosse a malapena trasalito quando Tromp l’aveva colpito, dell’algida sicurezza di sé con cui aveva mirato all’avversario. Il capitano olandese, d’altro canto, si era guadagnato parecchi elogi per il coraggio con cui aveva affrontato Pett, sapendo di non poter fare assolutamente nulla per difendersi. La scelta di Pett di prendersela comoda e la sua chiara irritazione per aver mancato il bersaglio, tuttavia, avevano turbato gli uomini, più che impressionarli. Hal non voleva che quel tizio trascorresse sulla sua nave più del tempo strettamente necessario. Tromp, invece, era tutt’altra cosa.

«Benissimo, allora, signor Tromp, la mia risposta è sì», disse. «Vi ingaggio come secondo ufficiale e vi sarei grato se poteste prepararmi un elenco con i nomi di tutti i vostri uomini, e di qualsiasi talento particolare possiedano.»

Il viso di Tromp si aprì in un sorriso radioso. «Non rimpiangerete la vostra decisione, comandante Courteney», dichiarò.

Anche Hal sorrise, ma non ci fu traccia di ironia nelle sue parole. «Sarà meglio per voi. Vi ho dato fiducia, ma vi assicuro che, se mai doveste tradirla, ve ne farò pentire amaramente, quant’è vero Iddio.»

«Ti terrò d’occhio, olandese», ringhiò Aboli.

«Bene, così potrai imparare un paio di cosette», scherzò Tromp, lasciandolo con gli occhi sbarrati e quasi senza parole di fronte a una così oltraggiosa insolenza.

«Tenete a freno la lingua, signor Tromp», lo avvisò Hal. «Un duello è più che sufficiente. Non vorrei che ne provocaste un altro.»

«Sissignore, comandante», ribatté Tromp.

 

 

Con estremo sollievo di Hal, il signor Tromp si rivelò estremamente utile, con loro due che esaminavano insieme le carte nautiche e l’olandese che lo metteva a parte della sua conoscenza della costa, in modo che l’insieme delle loro esperienze si rivelasse inestimabile in futuro.

Era troppo presto per parlargli della laguna dell’Elefante e dei tesori che celava. Ma Tromp non ebbe bisogno di sentirsi dire che stavano puntando verso sud: gli bastò una semplice occhiata al sole per capirlo. Conosceva diversi ancoraggi sicuri fra Zanzibar e il capo di Buona Speranza in cui una fregata inglese avrebbe potuto fermarsi a fare scorta di acqua fresca senza rischiare un attacco da parte dei signori della guerra arabi dell’Oman o delle flottiglie di pirati malgasci, noti per le razzie persino ai danni dei velieri ben armati.

Quanto agli uomini della Delft, lavoravano sodo, se non più di chiunque altro, ed erano palesemente marinai esperti o «consumati lupi di mare», come aveva commentato con riluttante rispetto Ned Tyler una mattina, dopo che lui e Hal li avevano messi alla prova facendoli correre su per le sartie dell’albero di maestra, fino alle varee del pennone e poi di nuovo giù, per ripetere il tutto finché non si erano ritrovati viscidi di sudore e piegati in due, senza fiato.

«Possono andare, signor Tyler», dichiarò Hal, celando la soddisfazione. «Ma i nostri ragazzi li hanno accettati? È questa la cosa importante.»

«Sì. Naturalmente ci sono state le consuete canzonature sulle teste di formaggio, ma come ben sapete, comandante, è un buon segno.»

Le parole erano state pronunciate con allegria, ma Hal intuì che Tyler gli stava nascondendo qualcosa. «Siete preoccupato, Ned, ve lo leggo in faccia. Di cosa si tratta?»

«Oh, sono sicuro che non è niente, comandante...»

«Lasciate giudicare a me. Ditemi.»

L’altro emise un lungo sospiro, pigiò il tabacco nella sua amata pipa di argilla e diede qualche energica boccata perché riprendesse a bruciare per benino. Hal lasciò che si prendesse il suo tempo; sapeva che sarebbe stato controproducente mettere fretta a quel timoniere brizzolato, dal viso segnato dalle intemperie.

Alla fine Tyler disse: «Si tratta del signor Pett. Ora, non voglio certo mancare di rispetto a quel gentiluomo, ma temo che l’equipaggio non lo trovi simpatico, per così dire. Per nulla».

Hal era stato educato dal padre a prendersi cura dei suoi uomini. «Potrai chiedere loro di salire sulle sartie degli alberi di velaccio mentre soffia un vento di burrasca e di lanciarsi all’arrembaggio di una nave nemica mentre volano proiettili», amava ripetere Francis Courteney. «Lo faranno di malavoglia, se hanno troppa paura per disobbedirti. Ma se li tratti nel modo giusto e provvedi ai loro bisogni, lo faranno volentieri, perché desiderano obbedirti.»

Quindi Hal prese sul serio le parole di Tyler. «C’è qualcosa in particolare che non gradiscono?»

«Be’, tanto per cominciare pensano che non ci stia del tutto con la testa. A cena è abbastanza garbato e sa persino raccontare una storia in maniera decente, questo glielo concedo. Ma parecchi dei ragazzi dicono che parla da solo quando pensa che nessuno lo senta, come se stesse facendo una conversazione con qualcuno che soltanto lui riesce a vedere. E parla di Dio e degli angeli e roba simile.»

«Non c’è niente di male nell’avere una salda fede cristiana.»

«Sì, comandante, è vero, ma non è questo il caso del signor Pett. C’è qualcosa...» Tyler cercò il termine adatto. «Non so spiegarlo», disse alla fine, «ma in lui c’è qualcosa che non va. Qualcosa di molto strano, ecco.»

Hal stava per ribattere, ma Ned lo prevenne. «E poi c’è la faccenda del duello. Il modo in cui se ne è rimasto lì impalato e ha lasciato che il signor Tromp gli sparasse, come se non sentisse niente o che so io. E poi l’espressione sulla sua faccia quando ha mirato contro il signor Tromp, gelida, come se lo lasciasse indifferente sparare a un altro uomo, come se fosse uguale a sparare a un ratto... o a un animale nocivo, comunque. E quando ha sbagliato il colpo...»

«È rimasto deluso, sì, l’ho notato anch’io», replicò Hal. «E so cosa intendete quando dite che all’equipaggio non piace. Mi ero accorto che qualcosa bolliva in pentola, ma non mi ero reso conto di cosa fosse.» Sospirò. «Speravo davvero di evitarla...»

«A cosa vi riferite, comandante?»

«A Zanzibar. L’intera città è governata da arabi dell’Oman, le stesse persone di cui abbiamo affondato allegramente le navi su e giù per il mar Rosso. Non ce li vedo a guardare con benevolenza la Golden Bough, se compare nel loro porto. Ma in fondo...»

Rifletté per un istante, poi aggiunse: «Ned, siate così gentile da avvisare il signor Aboli, il signor Tromp e mastro Fisher che desidero vederli, insieme a voi, naturalmente, nella mia cabina, a mezzogiorno».

Quando gli uomini si riunirono, con Judith presente, Hal disse loro: «Mi è stato fatto notare che il signor Pett – del tutto involontariamente, ne sono sicuro – sta minando il morale dell’equipaggio, ragion per cui sbarcherò a Zanzibar con lui e lo accompagnerò dal console di sua maestà, affinché insieme possano trovare il mezzo più rapido per il suo ritorno in Inghilterra. Questo avvantaggerà anche il signor Pett e la Compagnia delle Indie Orientali, perché se lui si dirige a nord fino a Suez e raggiunge via terra Alessandria, da dove può imbarcarsi per Londra, il suo viaggio sarà di gran lunga più rapido di quanto sarebbe circumnavigando il capo di Buona Speranza a bordo della Golden Bough. Come potete dedurre dal fatto che non è tra noi, questa non è una proposta sulla quale intenda lasciargli voce in capitolo. La sua partenza, inoltre, metterà fine a qualsiasi eventuale risentimento rimasto fra lui e il signor Tromp».

«Da parte mia la faccenda è chiusa, comandante, ve lo assicuro», dichiarò Tromp.

«E io vi credo. Abbiamo fatto il nostro dovere salvando il signor Pett, fornendogli un discreto alloggio e pasti regolari. Adesso porteremo a termine i nostri obblighi aiutandolo a tornare a casa. Ho anche parecchia corrispondenza da mandare in Inghilterra. Il visconte di Winterton, per citarne uno, ha il diritto di sapere cosa ne è stato della sua nave e del suo povero figlio, perché temo che ancora non sappia della sua dipartita.»

«Raggiungeremo Zanzibar con la Bough?» volle sapere Aboli. «Là ci sono parecchie persone al corrente delle nostre prodezze nel mar Rosso, e magari alcune che vi hanno assistito con i propri occhi e potrebbero riconoscere una nave che ha arrecato loro enormi danni.»

«Sono d’accordo, ecco perché la ormeggeremo ad almeno un giorno di viaggio da Zanzibar e andremo in città a bordo della Delft. A tal fine potreste ottenere nuovamente il comando, signor Tromp. E, prima che sottolineiate che nemmeno voi desiderate che la vostra nave venga riconosciuta, voglio assicurarvi che è altamente improbabile che qualcuno attualmente a Zanzibar abbia visto la Delft nelle acque delle Indie Orientali. Le daremo un altro nome. Ho pensato che Christina andrebbe benissimo. So che è un nome a cui siete molto affezionato, in fondo.»

Tutti gli uomini scoppiarono a ridere, sapendo che era il nome della figlia dell’ammiraglio sedotta da Tromp, e apprezzarono ancor più l’olandese quando si unì di buon grado alle risate generali. «Accidenti a lei!» esclamò. «Speravo di essermene liberato per sempre!»

«L’equipaggio, tuttavia, sarà costituito da validi uomini della Bough», aggiunse Hal, «sia perché così vi terranno d’occhio mentre io sono a terra, sia perché potrei avere bisogno di loro nel caso non venga accolto a braccia aperte. Naturalmente sbarcherò sotto falso nome. Ma il console Grey mi riconoscerà subito, e può darsi che mi serbi tuttora rancore.»

«Lo hai tradito, Gundwane», osservò Aboli. «Se un uomo facesse una cosa del genere a me, non lo perdonerei tanto in fretta.»

«Non l’ho tradito in senso stretto», puntualizzò Hal. «Ho comprato una lettera di marca che mi autorizzava a combattere contro la flotta etiopica, e gliel’ho anche pagata profumatamente, potrei aggiungere. Com’è ovvio, non avrei mai imbracciato le armi contro un nemico cristiano. Non riesco a credere che lui non lo sapesse, e sono sicuro che non è stato ritenuto responsabile delle mie azioni. Se invece lo è stato, il console Grey anteporrà sempre il denaro a qualsiasi altra alleanza. Se necessario, allevierò i suoi problemi con l’oro.»

Aboli conservava un’aria scettica ma rimase in silenzio; non voleva farsi vedere a mettere in dubbio l’autorità di Hal davanti a un qualsiasi membro dell’equipaggio, per quanto di alto livello o fidato. Il piano venne approvato e gli ufficiali lasciarono la cabina, dove Hal rimase solo con Judith.

«Devo chiederti una cosa», disse lei.

«Certo, amore mio.» Lui la guardò con la fronte aggrottata per la preoccupazione e domandò: «Non ti senti bene?»

Judith sorrise e gli toccò un braccio con fare rassicurante. «Sto benissimo, ma porto un bambino in grembo, quindi a volte mi sento prendere dalla nausea o dalla spossatezza. A tempo debito, quando arriverà il momento, soffrirò parecchio.»

«No! Non permetterò che succeda!» esclamò lui.

Lei rise dolcemente. «Ci sono alcune cose che esulano dalla tua autorità, persino sulla tua nave», asserì. «Il parto è difficile, doloroso, ecco perché lo definiscono travaglio. Vorrei che a bordo ci fosse un’altra donna per aiutarmi ad affrontarlo. Forse al momento giusto potremo sbarcare da qualche parte e cercare una levatrice.»

«Potrebbe essere difficile trovarne una in Africa, mio tesoro.»

«Non se io fossi a casa. Avrei tutte le donne della mia famiglia e anche le domestiche. Ma ce la caveremo come meglio possiamo, e ci sono erbe e preparati che mi aiuteranno, sia eliminando il senso di stanchezza che contribuendo a lenire il dolore. Sono sicura che a Zanzibar ci sono speziali in grado di fornirmeli.»

«Certo, capisco.» Hal annuì. «Dimmi solo cosa ti serve e te lo troverò.»

«No, Henry, amore mio, non lo farai», replicò Judith, con un tono così affettuoso che lui si accorse a stento di essere stato contraddetto apertamente. «Hai altre cose da fare, ben più importanti, inoltre sei un uomo, quindi non sapresti cosa prendere e nemmeno lo capiresti se te lo dicessi io. E sei inglese, quindi non puoi discutere la questione con uno speziale che parla soltanto l’arabo o lo swahili.»

«Forse, ma tu sei il crudele generale Nazet, che ha sconfitto non uno bensì due grandi eserciti musulmani. Ogni zanzibarino devoto ti odierà.»

«Odiano il generale, è vero», confermò lei. «La credono un mostro, una gorgone, la sposa di Shaitan, venuta sulla terra con sembianze umane. Ma quello che vedranno quando mi aggirerò per il mercato o entrerò in una bottega fresca e buia per chiedere a uno speziale una cura per certi disturbi femminili sarà una giovane donna rispettabile, educata, modesta, con i capelli nascosti da un velo, impegnata nelle sue incombenze quotidiane. Perché mai qualcuno dovrebbe guardarla e pensare che sia il generale Nazet?»

Hal le rivolse un sorrisetto ironico. «Benissimo. Capisco quando vengo battuto. Contro di te non ho più chance di vittoria di quelle che avevano quei generali arabi. Andremo a Zanzibar insieme, tu e io. Speriamo solo di lasciarla anche insieme.»

Il leone d'oro
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