Judith era ormai prossima al crollo. Ogni muscolo pulsava dolorosamente, aveva la vista offuscata e la testa le martellava come se il cervello le si stesse seccando nel cranio, al pari di una carcassa di pesce sulla rastrelliera. Eppure teneva il passo con gli altri, non volendo dare all’uomo mascherato la soddisfazione di vedere quanto stesse soffrendo.
Le paludi e le distese fangose della costa avevano lasciato da tempo il posto al terreno boscoso della savana dell’entroterra. Quando lei aveva ripreso a camminare sul terreno solido e asciutto, i piedi, rimasti immersi nell’acqua per così tanti giorni, erano molli come pane bagnato nel latte, pieni di vesciche e sanguinanti. Ma ormai erano guariti e, benché pieni di duri calli, erano uno strazio in meno da sopportare. Spesso, verso la fine dell’ennesima lunga giornata di cammino, Judith si sentiva sul punto di crollare, ma riusciva sempre a proseguire. Non poteva arrendersi, mentre portava in grembo un fardello così prezioso.
Non fermarti! sembrava dire il bambino dentro di lei. Non arrenderti. Possiamo superare tutto questo. Se io posso lottare, puoi farlo anche tu.
Anche Ann era ormai allo stremo delle forze e Judith, nonostante fosse in condizioni pietose, doveva aiutarla, incoraggiandola quando crollava in ginocchio e si rifiutava di proseguire. Era lei a sollecitarla a continuare con sommesse rassicurazioni o, in altre occasioni, a rimproverarla finché non si rialzava; tutto pur di convincerla a riprendere il cammino, quando sembrava che preferisse stendersi a terra e aspettare che la morte le concedesse un minimo di requie.
L’uomo mascherato faceva fermare la carovana ogni tre ore, concedendo loro un breve riposo. Adesso Ann era seduta nella polvere accanto a lei, con le braccia che cingevano le ginocchia e il viso affondato nella gonna lacera.
«Stanotte», le sussurrò Judith, piegandosi verso di lei. «Lo faremo stanotte.»
Ann sollevò la testa, con un movimento lento e patetico. Sbatté le palpebre degli occhi lacrimosi e tirò su con il naso. «Dici sul serio, stavolta?»
Avevano già progettato diverse volte di fuggire, ma non si erano mai spinte oltre le parole.
«Stavolta dico sul serio», le garantì Judith, non osando aggiungere altro perché i marinai della Pelican erano seduti lì vicino, spartendosi una bottiglia di gin mentre ascoltavano la storiella volgare che uno di loro stava narrando.
«Come?» Negli occhi tristi di Ann c’era una scintilla, adesso, un barlume di speranza.
Judith si voltò a guardare i marinai e poi l’Avvoltoio già sdraiato a terra, avvolto nelle coperte, con le mani dietro la testa e la spada posata accuratamente accanto a sé. La maschera rendeva impossibile stabilire se fosse sveglio o dormisse. Poi, quasi avesse captato i pensieri di Judith, trasportati dalla brezza notturna, come un predatore che fiuti la preda, l’uomo si drizzò a sedere e voltò la testa verso di lei. L’occhio solitario dal feroce cipiglio, il naso a becco assurdo eppure spaventoso e quel sorriso da satiro dai denti aguzzi strapparono un singulto ad Ann.
«Non guardarlo», le mormorò Judith. Si accorse che la ragazza stava tremando, così le prese la mano e se la posò sul ventre. «Fingi che stiamo parlando del bambino», le disse. Ann continuava a fissare l’uomo mascherato. «Ann», sibilò lei, e la ragazza voltò la testa di scatto e abbassò gli occhi sul ventre dell’amica, capendo, finalmente, e sforzandosi di fare un sorriso.
Judith le spiegò come sarebbero fuggite.
Era notte fonda e la luna era alta nel cielo. Judith e Ann raggiunsero in silenzio l’ingresso del riparo di fortuna, attente a non svegliare nessuno degli uomini che, avvolti nelle coperte, stavano russando intorno a un fuoco morente, profondamente addormentati nonostante il coro notturno di grilli e cicale. Di guardia c’era Pereira, l’anziano ufficiale che aveva contribuito a condurre la pinaccia fra le mangrovie e continuava a fungere da navigatore. A dispetto dell’età era molto vigile e si voltò non appena le due donne uscirono dal riparo.
«Ann deve fare i suoi bisogni», spiegò Judith. «Ha troppa paura per andare da sola.»
«Mettetevi là», borbottò Pereira, indicando uno spiazzo aperto ai margini dell’accampamento. Lei scosse il capo.
«Non davanti agli uomini», disse.
Lui rifletté per un minuto. «Restate qui», ordinò, nel suo inglese dall’accento marcato, poi passò loro accanto, tornando verso il fuoco.
Rimasero ad aspettare, e Judith sperò ardentemente che l’uomo non svegliasse l’Avvoltoio. Con profondo sollievo lo vide ignorare la sagoma dormiente, accovacciandosi invece per afferrare la spalla di uno dei suoi compagni della Pelican e scuoterla. Il marinaio si drizzò a sedere e nella luce del fuoco lei riuscì a scorgerne il cipiglio assonnato. Con una scrollata di spalle rassegnata l’uomo scostò la coperta e si alzò, accese l’estremità della sua miccia accostandola al fuoco e raggiunse le donne. In una mano stringeva il moschetto e con l’altra fece cenno di seguirlo.
«Sicura di non poter aspettare fino al mattino?» chiese Judith ad Ann. Era il segnale in codice concordato in precedenza, con cui le offriva l’ultima occasione di tirarsi indietro.
«No, devo andarci subito», replicò l’altra, le labbra tese in una linea severa.
Judith annuì. Si aspettava che Ann si defilasse. Brava ragazza, pensò.
Il loro guardiano le condusse a meno di trenta passi dall’accampamento, dove si fermò al limite di una chiazza di erba alta che oscillava nella brezza fresca. Anche a notte fonda il chiarore delle stelle era sufficiente a rendere inutile una fiaccola, e Judith si voltò a guardare l’accampamento, sollevata nel vedere che la parete di piante spinose era talmente fitta da nascondere persino il fuoco da campo. Il sottile fumo grigio e un’occasionale scintilla che si levavano in cielo erano gli unici segnali della presenza di alcuni uomini nella savana.
«Potete andare là?» chiese il marinaio, indicando la macchia d’erba.
Ann riuscì ad assumere un’aria pudica, spostando lo sguardo da lui a Judith e poi di nuovo al guardiano. Annuì e con un cenno lo esortò a voltarsi mentre lei faceva quanto doveva. Lui obbedì senza lagnarsi, ma poi fece qualcosa di meglio. Mentre Ann si sollevava la gonna e si accosciava, il giovane marinaio posò il moschetto per terra, accanto a sé, serrò fra i denti la miccia accesa, si sbottonò i calzoni e cominciò a orinare con uno scroscio rumoroso che coprì il lieve rumore prodotto da lei.
Judith aspettò che il getto d’urina si facesse ancora più intenso e infilò la mano nella scollatura dell’abito, serrandola sul bastoncino di mangrovia acuminato. Raggiunse il giovane alle spalle, silenziosa come un leopardo, e aspettò che si voltasse nuovamente verso di lei.
Gli si avventò contro e, con tutte le forze, gli conficcò la punta del rametto alla base della gola, dopo di che sfruttò il proprio slancio per agganciare la gamba destra a quella di lui e farlo cadere all’indietro. Gli finì sopra e, grazie all’energia di entrambe le braccia, spinse più a fondo il bastoncino e lo mosse su e giù per infliggere il maggior danno possibile. Il marinaio emise un gorgoglio, cominciando a soffocare, ma Judith gli aveva lesionato gola e corde vocali a tal punto che riuscì a emettere solo un rantolo soffocato, che si spense quasi subito.
Lei si allontanò dal cadavere e rimase seduta, ansimando, mentre riacquistava il controllo. Aveva già ucciso decine di uomini, sul campo di battaglia. Non le ci volle molto per ricomporsi.
«Presto!» sibilò ad Ann. «Il moschetto!» La ragazza si mosse in fretta nell’erba e raccolse l’arma del morto. Judith gli sganciò la cintura e sfilò il sacchetto di pelle con i proiettili e la fiaschetta piena di polvere da sparo. Prese anche l’acciarino, quindi afferrò la miccia caduta, che stava bruciando senza fiamma fra l’erba, e vi soffiò sopra per spegnerla. Valutò l’ipotesi di sottrargli anche la sciabola ma poi ci ripensò: era pesante, le avrebbe potute rallentare. Avrebbe dovuto accontentarsi del moschetto e dei proiettili.
«Acqua?» sibilò.
L’altra annuì, dando qualche colpetto alla fiaschetta che portava al fianco. Anche Judith ne aveva una, dalla quale aveva bevuto il meno possibile in vista di quel momento. Aveva osservato i suoi carcerieri andare in cerca di cibo e imparato parecchie cose su quali piante e frutti fossero commestibili.
Guardò le stelle per orientarsi, poi si misero a correre. Sfrecciarono verso sud: contava sul fatto che l’uomo mascherato pensasse che si erano dirette a est, verso la costa da cui erano arrivate. Avrebbero puntato verso est e il mare solo dopo aver messo una notevole distanza fra loro e gli inseguitori.
Nell’eccitazione della fuga, si dimenticarono quasi di quanto fossero stanche. Corsero come animali braccati.