Il capitano Jebediah Rivers, comandante del brigantino da sedici cannoni Achilles, si appoggiò al ruvido tronco della palma, godendosi l’ombra delle fronde che crepitavano e frusciavano nella brezza tiepida. L’oceano scintillava di una luce abbagliante sotto il feroce sole africano, e la spuma delle onde quasi lambiva i piedi nudi degli uomini radunati sulla spiaggia, molti ancora fradici di rum dalla sera precedente.
Le urla cominciavano a irritare Jeb Rivers. John McCawley stava seminando zizzania come una baldracca sul sagrato di una chiesa. Non che vi fosse alcunché di divino, sull’Ilha de Metundo, pensò Rivers con un sorrisetto acido. Eppure quell’uomo aveva alte aspirazioni: voleva diventare il comandante John McCawley. Rivers lo sapeva da tempo, ma adesso McCawley stava mostrando le sue carte.
«Quand’è stata l’ultima volta che abbiamo preso un bottino decente, eh?» chiese, scagliandosi contro Jeb. «Non sono certo entrato a far parte di questo equipaggio per spezzarmi la schiena trascinando legname e pietre come un maledetto schiavo!» La tirata strappò qualche grido di consenso agli uomini dietro di lui, alcuni dei quali avevano già la mano sull’elsa della spada o sul calcio della pistola. Un gesto che incoraggiò McCawley. «Siamo diventati pirati perché ci sono state promesse libertà, uguaglianza e fratellanza. Sfido chiunque sia presente a dirmi dove si trovano queste tre cose, al momento. Perché, per quello che mi riguarda, non vedo nessuna libertà, uguaglianza o maledetta fratellanza.»
Non guardò direttamente Rivers, a quel punto, ma non aveva bisogno di farlo, perché ognuno dei presenti sapeva benissimo a chi fosse rivolta quella provocazione. «È chiaro a tutti come funziona. Niente bottino, niente paga. Be’, non metteremo le mani su nessun bottino, bloccati qui come dannati terraioli.» Indicò l’oceano azzurro e luccicante dietro di sé. «Dovremmo essere là fuori a caccia, invece sgobbiamo come manovali qualunque.»
«Volevate dire che bevete fino a perdere i sensi e vi perdete tra le braccia di affascinanti prostitute, signor McCawley?» lo corresse il quartiermastro George Dowling, quindi si tappò la narice destra con il pollice e dalla sinistra soffiò un lucente nastro di catarro, che cadde sulla sabbia ai suoi piedi.
Dowling era un lottatore feroce, possente come un toro, ma anche McCawley si dimostrava un vero selvaggio, nelle zuffe, e adesso era in collera.
«Perché non sono stupito, George Dowling? Ero pronto a scommettere il mio ultimo farthing di ottone – e sa il diavolo che non ho nemmeno quello – sul fatto che avreste preso le sue parti», gli disse McCawley, pieno di disprezzo. «Dovreste appoggiare noi, signor Dowling, non lui, dannazione!»
Dowling, che quando attaccavano una nave era sempre alla testa dell’arrembaggio, si tolse il berretto e lo usò per sventagliarsi la testa pelata, come se la sua unica preoccupazione fosse cercare sollievo dal caldo. «Se dovessimo andare ai voti rispetterò il risultato, quale che sia.» Si strinse nelle spalle.
McCawley annuì sollevato. Il quartiermastro Dowling, che fungeva da amministratore per l’intero equipaggio, a bordo era una sorta di magistrato civile e averlo dalla sua, o almeno sapere che non si sarebbe opposto al voto, era un bel vantaggio.
Sembrava che la ciurma di Rivers si fosse riunita al completo: centocinque uomini, più i sessanta degli equipaggi dei tre sambuchi catturati che, insieme all’Achilles, formavano una piccola flotta predatrice. Le imbarcazioni erano alla fonda, sottovento rispetto a un promontorio dell’Ilha de Metundo, celate alla vista di eventuali navi che passassero in mare aperto. L’isola descriveva un’ampia curva in direzione sud-ovest, dove si assottigliava in una lingua di terra visibile solo con la bassa marea; quella curva di secche coralline squartanavi riemergeva dopo diverse gomene per diventare l’Ilha Quifuqui. Insieme, le due isole si allungavano sul mare turchese come un’amaca, e Rivers dubitava che esistesse una base migliore per un uomo impegnato nelle sue attività.
«Sputa il rospo, McCawley. Il cervello mi sta bollendo come uno spezzatino in pentola!» gridò un vecchio lupo di mare canuto che rispondeva al nome di Arthur Crumwell. Dalla folla di spettatori si levarono alcuni sommessi «Sì» e «Avanti, diccelo».
Lui fece una smorfia e annuì, per assicurare a tutti che stava per arrivare al nocciolo della questione. Anche molte delle donne e dei bambini che vivevano sull’isola si erano avvicinati per scoprire se, al termine della sfida, McCawley si sarebbe risvegliato nella cabina del comandante dell’Achilles, la mattina seguente.
«Siamo d’accordo che il comandante abbia il potere assoluto durante un combattimento, un inseguimento o una fuga. Nessuno di noi ha da ridire su questo, ma in tutte le altre questioni è sottoposto al volere della maggioranza dell’equipaggio.»
«Sì, abbiamo fatto la nostra parte», confermò Crumwell. «Nessuno può sostenere il contrario. Abbiamo i buchi a dimostrarlo, e tutto il resto!» Sollevò le braccia per mostrare le ferite, una dovuta a una palla di pistola e l’altra probabilmente a una sciabola.
Rivers premette il pollice nella pipa e guardò verso il mare, mentre i sottoposti continuavano a cianciare. Si finse assorto nella contemplazione delle procellarie e dei gabbiani che costellavano il cielo, dei pappagalli che strepitavano fra le mangrovie, come una bizzarra eco del chiasso sulla spiaggia.
«Sta a noi decidere se vale la pena di rischiare il collo per questa o quella preda», proseguì McCawley. «Saremo noi a ritrovarci appesi e costretti a danzare la giga se uno degli ammiragli del re arriva qui con le sue fregate per strapparci dal nostro nido.» Si voltò a guardare torvo il suo capo, il viso solcato dalle cicatrici contorto in una smorfia di disprezzo. «Sta a noi decidere chi sarà il nostro comandante.» Trasse un respiro profondo, poi sospirò con la rabbia di un cobra velenoso. «Chiedo una votazione e mi propongo come nuovo comandante di questo equipaggio.»
«Bene!» Rivers annuì, picchiettando la pipa contro il tronco della palma per farne uscire la cenere. «Ce ne hai messo di tempo, per arrivarci.» Puntò il cannello della pipa verso di lui. «Quindi vuoi la mia nave?» Erano le prime parole che pronunciava da quando era uscito dalla sua capanna dietro gli alberi per ascoltare le lamentele degli uomini.
«L’Achilles è la nostra nave», protestò McCawley, benché senza troppa convinzione. I suoi occhi si erano fatti sfuggenti, incapaci di reggere lo sguardo dell’interlocutore.
«L’Achilles è mia», lo contraddisse Rivers, con abbastanza fermezza da costringere persino i più accesi sostenitori di McCawley ad abbassare gli occhi. Tutti sapevano che «Black» Jeb Rivers si era guadagnato il soprannome grazie all’abilità con pistola e spada dimostrata durante la guerra civile. Qualcuno diceva che avesse ucciso più uomini del vaiolo e alcuni sostenevano persino che fosse tornato dal regno dei morti, la notte in cui un migliaio di cadaveri freschi ricoprivano il campo di Edgehill.
Ma McCawley si era spinto troppo in là per poter gettare l’ancora e fermare ciò che aveva iniziato. E lo sapeva, a giudicare dalle contratture incessanti dell’occhio destro e dal movimento della stessa mano, che continuava a piegarsi, aprirsi e chiudersi come se si stesse preparando a ghermire l’elsa della sciabola infilata nella cintura. Rivers quasi lo ammirava. Nessun altro aveva mai osato sfidarlo per diventare il capo dell’equipaggio. Ma con McCawley al comando erano destinati ad annegare oppure a essere uccisi da un proiettile o dal capestro prima della fine dell’anno.
«Voteremo proprio qui», annunciò McCawley, «e il quartiermastro Dowling controllerà che lo si faccia in maniera equa e onesta.»
Dowling annuì e Rivers vide che i principali complici di McCawley mormoravano qualcosa agli uomini intorno a loro, avvisandoli su come votare.
«Il tuo tempo è scaduto, vecchio», gli disse McCawley.
In parte aveva ragione, Rivers era disposto ad ammetterlo. A quarantasei anni non era certo un giovanotto. I capelli sempre più radi, raccolti in un codino lungo e sottile sotto il cappello dalla tesa larga, erano ormai argentei, e la mattina le sue ossa si lamentavano, quando scendeva dalla cuccetta. Ma il suo tempo era davvero scaduto? No, su quello McCawley si sbagliava.
Si toccò il bordo del cappello. Era il segnale prestabilito, gli uomini a lui leali entrarono in azione. Bendall tentò di sfilare la sciabola dalla cintura, ma una pugnalata al cuore glielo impedì, facendolo cadere in ginocchio sulla sabbia. Fu una carneficina; quando Rivers individuò Laney lo vide immobile, con lo sguardo fisso, il lugubre sorriso rosso inciso sulla gola che riversava sangue sul torace nudo.
Rivers si mosse e gli uomini gli fecero spazio, allontanandosi in fretta anche da John McCawley, come onischi in fuga da un ceppo al quale qualcuno avesse appiccato il fuoco. McCawley lo vide arrivare e, con un gesto che gli rese onore, estrasse la pistola e armò il cane.
«Che tu possa bruciare all’inferno!» sbraitò, e fece fuoco. Rivers sentì il proiettile lacerare l’aria accanto al suo orecchio sinistro, ma in molti avevano cercato di ucciderlo senza successo. McCawley scagliò la pistola sulla sabbia e alzò addirittura la sciabola mentre Rivers sguainava la propria arma, una spada con la lama larga e l’elsa a cesto. Un’arma non molto pratica, quando ci si lanciava all’arrembaggio di navi nemiche, benché sulla terraferma fosse letale nel tranciare arti.
McCawley menò un fendente diretto alla testa di Rivers, il quale bloccò la lama con un colpo preciso e lo centrò al volto con l’elsa della spada. McCawley barcollò, ma lui incalzò eseguendo un affondo. L’altro rimase immobile mentre la lama gli penetrava nell’ascella per tutta la lunghezza, poi le dita si aprirono lentamente e la sciabola cadde sulla sabbia ai suoi piedi. Rivers si allungò verso di lui e gli serrò il braccio libero intorno al collo, come un amante, poi mosse la lama avanti e indietro, spaccandogli il cuore, e il sangue ne sgorgò in un denso fiotto cremisi.
Quando le gambe di McCawley cedettero, Rivers estrasse la lama e indietreggiò.
«Qualcun altro?» chiese, con tono indifferente.
I suoi sostenitori gli si strinsero intorno, ma lui sapeva quali uomini McCawley avesse comprato, quelli che nell’ultima settimana erano stati impegnati a costringere altri con minacce e denaro. Adesso non erano altro che carne per i granchi.
«Comandante!» gridò uno dei suoi, e per un attimo Rivers temette che le morti della giornata non fossero ancora finite.
«Signore! Navi!» aggiunse l’altro, indicando il mare. Rivers si aprì un varco fra la calca e si riparò gli occhi dal sole per vedere meglio le vele in avvicinamento.
«La fregata in testa è una vera bellezza!» commentò Dowling, in soggezione. «Rapida, leggera e potente! Fiera come poche. E quella nella scia è una nave piccola e graziosa.»
La fregata non si stava muovendo rapida come avrebbe potuto, perché aveva spiegato solo metà delle vele. Evidentemente il comandante aveva abbastanza buonsenso per usare prudenza, trovandosi così vicino all’isola. Stava sicuramente scandagliando le acque e controllando la velocità del suo veliero dalla carena profonda, ormai quasi fra i banchi di sabbia e gli scogli. Ma Rivers si chiese perché fosse così vicino all’isola. Quasi tutte le navi di passaggio la evitavano, rimanendo nei tratti più profondi del canale o a non meno di un miglio e mezzo dalla terraferma.
Sarà l’ennesimo ragazzino ambizioso che si illude di eliminare il pirata Rivers e la sua ciurma di tagliagole? Dowling rifletté sulla sua stessa domanda mentre scoccava un’occhiata ironica al comandante.
«Prendiamola nella nostra rete e diventeremo ricchi come re», commentò qualcun altro, e a Rivers sembrò quasi di percepire la voglia dei suoi uomini di combattere, mentre si disponevano alla caccia come i predatori che erano.
«Ha il doppio dei nostri cannoni. Anche con i sambuchi sarà davvero un osso duro», osservò Dowling, ma negli occhi gli brillava una luce famelica, mentre la guardava. «Perderemo degli uomini. Anche delle barche, probabilmente.»
Rivers annuì. Era tutto vero. Ma il suo equipaggio voleva una preda, quindi lui gliene avrebbe data una. «Passeranno oltre e non c’è bisogno che scoprano che siamo qui», mentì per stuzzicarli. «Oppure...»
Lasciò inespressa l’alternativa. Sapeva che il comandante della fregata avrebbe individuato presto l’Ilha Quifuqui, dritta a sud, per poi virare verso ovest allo scopo di evitare l’isola. Questo avrebbe dato a lui il tempo di allestire la trappola. «Manderemo i sambuchi lungo il canale per tagliarle la strada a sud di Quifuqui. Nel frattempo daremo qualcosa da fare ai suoi serventi ai pezzi. Mentre amoreggiano con l’Achilles, gli equipaggi dei sambuchi saliranno furtivamente a bordo, a prua e a poppa.»
Dowling annuì. Aveva funzionato in precedenza e, a Dio piacendo, avrebbe funzionato anche quel giorno.
Rivers stava per ordinare ai marinai di andare ai propri posti, quando qualcosa lo costrinse a fermarsi. «Sta cambiando rotta, signor Dowling», disse, strizzando gli occhi non per la brillantezza del sole, stavolta, ma perché qualcosa non quadrava. La fregata stava infatti virando non in direzione sud, per evitare la punta meridionale di Ilha Quifuqui, bensì verso est. Verso di loro.
«Dannazione, ci ha visto!» si lamentò Dowling.
Rivers scosse il capo. «Sapeva che eravamo qui», asserì, sicuro.
«Forse re Charlie ha mandato i suoi bastardi a impiccarci», ipotizzò un uomo.
«Non avranno mai abbastanza corda!» gridò una donna.
Ma ormai non c’erano dubbi: quella splendida e possente nave era diretta verso di loro e, pur con una sagola fuori bordo per evitare i banchi di sabbia, poteva arrivare a incombere sull’Achilles e sui sambuchi ormeggiati.
«Meglio svignarcela, comandante», suggerì Dowling. «Ci infiliamo nel varco e ce ne andiamo. Ma dobbiamo farlo subito, senza sprecare un istante.»
Nella voce del quartiermastro c’era un’urgenza che rasentava il panico perché, pur essendo la fregata ancora lontana, ci sarebbe voluto parecchio per imbarcare tutte le persone presenti sull’isola.
Ma Rivers non si mosse. Non impartì alcun ordine, se non dire a un ragazzo di correre alla sua capanna a prendergli il cannocchiale, anche se probabilmente non ne avrebbe più avuto bisogno, una volta che l’altro fosse tornato. C’era qualcosa di particolare, in quella nave. A dispetto di tutti i banchi di sabbia situati fra la sua attuale posizione e la base di Rivers, sottovento rispetto all’affioramento, continuava ad avanzare, come se il suo comandante conoscesse la profondità di quei canali.
O forse non si trattava del suo comandante, ma di qualcuno al parapetto di prua, qualcuno fermo accanto allo scandagliatore e intento a gridare ordini al timoniere alla barra, dietro di lui.
Poi Rivers vide il segnale. Lo vide lui, non uno degli uomini più giovani o dei ragazzi, con il loro sguardo acuto, ma proprio lui, i cui occhi erano compromessi da una vita intera di fumo di cannone e di moschetto, spettatori di tanti orrori che era un miracolo se non avevano ancora rinunciato alla vista. Due insegne sventolavano sull’albero di maestra della fregata. Una di esse sfoggiava l’arancione, il bianco e il blu della Repubblica d’Olanda, l’altra era la Union Flag. Perché mai il comandante avrebbe dovuto esporre entrambe le bandiere? Gli inglesi potevano anche essere in pace con gli olandesi, almeno per il momento, ma Rivers non aveva mai visto una nave issare i colori di entrambi i paesi contemporaneamente. E nemmeno si aspettava di vedere più una cosa simile.
Poi giunsero i boati, tre colpi sparati da tre delle colubrine d’ottone della fregata, con i pennacchi di fumo che venivano portati via dalla brezza.
«Be’, che io possa...» borbottò Dowling cominciando a sorridere. Non era stata una fiancata, ma un saluto. Un attimo dopo lui iniziò a urlare a quanti, fra i marinai, stavano già correndo sulla spiaggia, verso l’Achilles e i sambuchi, dicendo loro che andava tutto bene, che quel giorno non ci sarebbero stati combattimenti.
«Buongiorno, mijnheer», borbottò Rivers fra sé, osservando la fregata. Quel saluto con tre cannoni era il segnale del capitano Tromp, con il quale, in passato, lui aveva concluso parecchi affari.
«Chissà cosa ci fa qui, quella testa di formaggio», commentò Dowling, senza rivolgersi a nessuno in particolare. «Si direbbe che abbia avuto il suo bel daffare.»
Rivers scosse il capo. «Quella non è la sua nave, amico mio. Tromp è un avido figlio di puttana e un ottimo marinaio, ma nemmeno lui è tanto stupido da dare la caccia a una preda del genere, con questa dannata tregua fra sua maestà e le teste di formaggio.» Si accigliò, non del tutto convinto dal suo stesso ragionamento. «Comunque sia, come potrebbe anche solo tentare di farlo?» Indicò con un cenno del capo la fregata, la cui prua puntava quasi verso la gente riunita sulla spiaggia. «Una bellezza del genere ridurrebbe in briciole qualsiasi nave Tromp possa comandare.»
«Quindi... forse... Forse Tromp è un voltagabbana che sta portando un capitano inglese a darci battaglia, e vengono a bruciare le nostre navi e a stanarci con il fumo come dei maledetti ratti di sentina.»
«Calma.» Rivers scosse il capo. «Tromp non lo farebbe mai.» Anche se gli si contrasse la mascella, al pensiero di un simile tradimento. «Sa che altrimenti lo impiccherei con i suoi stessi intestini.» Si rivolse al quartiermastro. «Signor Dowling, sapete cosa fare.»
L’uomo annuì e scese a grandi passi lungo la spiaggia.