32. Umanesimo e Rinascimento

Prima di concludere è necessario sottolineare che il periodo dei Comuni e delle Signorie, quello che anche noi abbiamo fatto cominciare nel 1250 per concluderlo con il 1294, comprende al suo interno l’Umanesimo e il Rinascimento.

Con la denominazione di Umanesimo si indicò pertanto quell’indirizzo culturale, approfondito e perseguito per tutto il ’400, nato dal culto delle humanae litterae che vide nell’humanitas e negli studia humanitatis un mezzo di perfezionamento spirituale della natura umana.

Questo ideale ritorno alla cultura latina e alla greca iniziò già alla fine del ’300 con Coluccio Salutati (1331-1406), Leonardo Bruni (1370-1444), Poggio Bracciolini (1380-1459) che, seguendo il cammino tracciato dal Petrarca (1304-1374), individuarono e recuperarono testi di autori classici, ormai considerati dispersi, e intesero con sensibilità rinnovata opere pur note ma che, nella saldatura tra virtù e sapere, formarono le peculiari caratteristiche del movimento umanistico.

Quintiliano e Stazio, Silio Italico e Columella, Valerio Fiacco e Manilio, con Cicerone e Lucrezio, Virgilio, Orazio, Ovidio, Lucano e Livio in testa, consentirono di approfondire un colloquio mai interrotto con i sapienti antichi, divenuti nuovamente punto di riferimento e modello di vita.

La conoscenza del greco, dei suoi filosofi, dei poeti e dei letterati, il ritorno alla filosofia greca e a Platone – impostosi a metà del ’400 – segnarono, dopo una secolare supremazia aristotelica, un nuovo proficuo impulso per la cultura e la conquista del sapere.

Allo stesso tempo pittori, scultori, architetti cominciarono a respingere i dettami dell’arte medievale per tornare alle proporzioni di quella classica.

Giorgio Vasari e Leon Battista Alberti teorizzarono il distacco dall’arte definita «gotica» e il ritorno alle più raffinate forme di quella greco-romana.

Gli umanisti si consacrarono così al reperimento dei codici di autori antichi, quasi con la venerazione con cui potevano rinvenirsi le memorie degli avi.

Importante in questo senso fu la fondazione dell’Accademia platonica, aperta a Firenze da Cosimo il Vecchio nel 1462, fra i cui esponenti di spicco si contarono Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, Giannozzo Manetti, Giovanni Bessarione, Giorgio Gemisto Pletone, Manuele Crisolora, Giorgio Trapezunzio, Giovanni Argiropulo.

Connessa con l’Umanesimo fu poi l’invenzione della stampa a caratteri mobili, attribuita al tedesco di Magonza Giovanni Gutemberg (1400-1468), il quale, verso la metà del ’400 stampò per la prima volta la Bibbia, mostrando la sua grande passione per il libro, nuovo vigoroso mezzo di trasmissione della cultura e dei suoi valori.

Con l’invenzione della stampa diminuì il costo dei libri, fin dalla comparsa dei primi preziosi incunaboli.

L’officina che stampò il maggior numero di opere fu quella veneziana del tipografo Aldo Manuzio, nativo di Bassiano (1449-1515), che alla sua produzione artigiana affiancò in Venezia un cenacolo di cultura frequentato da esponenti qualificati italiani ed europei.

Del pari, con il movimento umanistico, tra la fine del ’400 e la prima metà del ’500, si affermò la civiltà del Rinascimento che conseguì in Occidente e soprattutto in Italia le affermazioni più compiute e originali.

Motivo peculiare di tale indirizzo fu una sorta di religione per le letterature e le civiltà antiche da cui scaturì la tendenza di far rimanere, mediante l’imitazione, forme ed espressioni dell’antica civiltà, intesa come un modello insuperato e insuperabile.

Scultori, pittori e architetti come Nicola e Giovanni Pisano, Filippo Brunelleschi, Michelozzo Michelozzi, Giuliano da Sangallo, Donatello, Masaccio, Botticelli, il Ghirlandaio, i Della Robbia, Lorenzo Ghiberti, Piero della Francesca, Iacopo della Quercia, Leonardo da Vinci e Raffaello, Bramante, Michelangelo, Mantegna, Giorgione, Tiziano, Correggio, il Veronese, il Tintoretto dettero vita a capolavori tramandati come patrimonio prezioso per l’umanità.

Al ravvivarsi dell’arte, fece altresì riscontro quello della scienza e Leonardo da Vinci (1452-1519), segnò il percorso della ricerca nuova sulla quale poco dopo si posero Niccolò Copernico e il grande Galilei.

Originale indagatore di testi antichi, matematico e filosofo, fu poi il tedesco Nicolò da Cusa (1401-1464) che inaugurò gli studi della moderna astronomia grazie alla sua intuizione del cosmo considerato spazio infinito, non conchiuso in successive sfere concentriche intorno alla terra, come si era sino a quel tempo ritenuto.

Culla dell’Umanesimo in Italia fu Firenze, ove quel movimento compì tutta la sua parabola attorno al Salutati, al Bruni, a Poggio Bracciolini che esaltarono la città del fiore, la sua fede nelle istituzioni repubblicane e nell’ingegno civile degli uomini colti.

Alla prima fase repubblicaneggiante seguì la seconda che contemplò un’adesione convinta al governo e agli ideali di Lorenzo dei Medici. Si inaugurò allora il cosiddetto Mecenatismo con cui il Magnifico gratificò poeti, filosofi e artisti, incarnando l’esempio emblematico del Principe-filosofo.

Così in Firenze e nella Toscana si ebbe una favolosa concentrazione di ingegni legati a pressoché ogni branca del sapere.

Ma i centri di cultura e di arte nell’Italia umanistica e rinascimentale si moltiplicarono. Roma si empì di magnifiche opere d’arte con Raffaello e Michelangelo, Leon Battista Alberti, il Rossellino, Bramante, mentre l’Accademia animata da Pomponio Leto e la nuova Biblioteca Vaticana divennero veicoli prodigiosi di cultura e di conoscenza.

A Napoli furono ospitati il Valla e il Manetti, Giovanni Pontano, Antonio Beccadelli, detto il Panormita, Michele Marnilo Tarcaniota, Iacopo Sannazzaro e Francesco Laurana.

A Milano, il mecenatismo brillò presso la corte di Ludovico il Moro, come abbiamo già detto, divenuta molto più che al tempo dei Visconti un vero punto di riferimento di cultura europea. Splendide furono poi le corti di Urbino, Mantova, Ferrara, mentre Venezia conobbe una stagione di intensa attività urbanistica, architettonica ed ebbe la presenza di grandi pittori, orafi, incisori. Vicenza è legata all’attività di Andrea Palladio, Tiziano Vecellio e Iacopo Tatti, detto il Sansovino.

Vivace centro universitario fu Padova ove si trovarono personaggi fra i quali ricordiamo Albertino Mussato, Ferreto de’ Ferreti e Lovato de’ Lovati.

Fra le arti primeggiò nelle corti e nella Chiesa la musica, mentre i più famosi esecutori e cantanti italiani erano richiesti e contesi dalle principali corti d’Europa. Per la musica sacra italiana poi, il secolo maggiormente significativo fu il ’500 con Pier Luigi da Palestrina, autore di innumerevoli Messe, mottetti, canti. Anche la musica profana con i canti carnascialeschi, i madrigali, le frottole, eseguite a una o più voci, divennero veicolo di cultura e di elevazione spirituale oltre che di divertimento.

Anche la creazione dello Stato fu considerata nel Rinascimento un’opera d’arte fondata sull’iniziativa di un uomo eccezionale, Il principe dotato di «virtù» e «fortuna» il quale al di sopra di sé non riconobbe alcun ente superiore.

La teorica legata all’acquisto e al mantenimento del potere fu lucidamente enunciata da Niccolò Machiavelli nel suo trattato Il Principe, in cui si affermò l’indipendenza della politica dai presupposti di carattere morale. Si inaugurò così il mondo moderno, fondato su un’articolazione nuova di problemi e di motivi sui quali dominarono l’uomo, la società laica, lo Stato.

Nel campo religioso infine, la riforma protestante di Martin Lutero infranse l’unità della fede medievale, in nome di ideali di rigenerazione della Chiesa e del papato.

Il generale sviluppo della civiltà rinascimentale, lo spirito di ricerca, l’intendimento di affermare la potenza umana nella natura, nell’arte, nel sapere, originarono un’intensa attività di viaggi e scoperte volti a generare un enorme allargamento dei confini del mondo conosciuto, le cui conseguenze sugli orientamenti della più moderna civiltà furono di incalcolabile momento.

La bussola favorì allora la navigazione in mare aperto e negli oceani. L’ardore della ricerca e la gioia della scoperta dettero ai naviganti il coraggio di oltrepassare le colonne d’Ercole, considerate nel Medioevo, anche da Dante Alighieri, l’estremo, invalicabile limite verso l’ignoto, popolato di mostri e ritenuto sede di spaventosi fenomeni che non consentivano ritorno.

Alle prime scoperte destinate a completare la conoscenza dell’Africa e dell’Asia seguì quella più importante dovuta a Cristoforo Colombo che il 12 ottobre 1492, toccò terra nel luogo da lui definito Indie Occidentali – l’isola di San Salvador – cui seguirono altri viaggi di Amerigo Vespucci fra il 1499 e il 1501, effettuati lungo le coste meridionali del nuovo continente. Si comprese subito infatti che Colombo non aveva raggiunto le Indie «buscando» l’Oriente dall’Occidente, ma si era giunti in un nuovo mondo in onore del secondo scopritore denominato America.

Le conseguenze di tali eventi furono di grande portata per la storia italiana e per quella del continente che, dal ’400 in poi, tornò a chiamarsi a tutti gli effetti Europa, dopo essere stato definito per secoli Cristianità occidentale o Occidente cristiano.

Tutto ciò dunque serve per contrassegnare secondo caratteri più certi e delimitati una stagione irripetibile; quella dei Comuni e delle Signorie, dei Principati e degli Stati regionali, protrattasi per oltre due secoli e mezzo, al cui termine poté considerarsi in buona sostanza concluso l’Autunno del Medioevo, mentre l’età moderna cominciava a stagliarsi nei suoi lineamenti e nei suoi assetti di cui ancora oggi possiamo considerarci figli.

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