29. Gli Stati regionali dopo il 1454

Tracciando un profilo della situazione signorile nella seconda metà del ’400, cominceremo da Venezia che, per difendere le sue prerogative commerciali, rafforzò i suoi possedimenti nel Mediterraneo orientale e la conquista di città greche e albanesi. I Turchi tuttavia non dettero tregua alla Serenissima che nel 1470 dovette subire la perdita dell’isola di Negroponte, solo in parte compensata dall’acquisto di Cipro, ceduta alla repubblica adriatica dalla regina cipriota Caterina Cornaro, della casata dei Lusignano.

Nonostante la difficile situazione i rapporti commerciali veneto-turchi non si interruppero del tutto, anche se la città lagunare preferì commerciare con Alessandria e con altri porti egiziani i suoi prodotti provenienti dall’estremo Oriente.

A Milano, Francesco Sforza (1450-1466), non più minacciato da Venezia, si impegnò a fondo per accrescere consensi alla sua dinastia e rafforzarne il potere. Oltre a una politica di accordi con le principali potenze italiane egli ne avviò una industriale, volta a dotare la pianura lombarda di opifici, intensificò la politica artigianale e accrebbe il ducato di opere pubbliche, rifece il castello milanese di porta Giovia, denominato allora castello Sforzesco, scavò il Naviglio della Martesana per condurre le acque dell’Adda da Trezzo a Milano.

Il figlio Galeazzo Maria (1460-1476), meno prudente del padre, dette vita a iniziative non conclusesi allorché, vittima di un tentativo insurrezionale, cadde pugnalato nella chiesa di Santo Stefano. La vedova Bona di Savoia, figlia di Amedeo IX e nipote di Luigi XI di Francia, assunse la reggenza per il figlioletto Giangaleazzo, ma nel 1480 prese il potere il fratello del defunto duca, Ludovico il Moro, che tenne la guida del ducato in nome del nipote.

Tra Venezia e Milano si insinuò la Signoria gonzaghesca di Mantova, i cui esponenti furono anche condottieri, fra i quali famoso Gianfrancesco I (1407-1444), capitano generale di Venezia dopo il Carmagnola. Nel 1433 l’imperatore Sigismondo gli dette il titolo di marchese. Raggiunse così ingrandimenti territoriali, estendendo il suo dominio sul lago di Garda.

La difficile situazione generale rese complicata la Signoria agli Estensi, soggetti in Ferrara, Modena e Reggio alla pressione dei Veneziani interessati alle saline del Polesine. Di spicco fu la Signoria di Borso d’Este (1450-1471), tra i fondatori della Lega italica. Nel 1452 l’imperatore Federico III gli concesse il titolo di duca di Modena e Reggio cui nel 1471 unì quello di duca di Ferrara, conseguito da papa Paolo III.

Il momento più delicato per gli Estensi fu la guerra di Ferrara (1482-1484) provocata da Venezia, volta alla conquista di Ferrara, e dal programma di Sisto IV che voleva creare in Romagna uno Stato più ampio per il nipote Gerolamo Riario, signore di Imola e Forlì.

Il papa per le difficoltà dell’impresa si ritirò dalla Lega dietro promessa di compensi per il nipote. Venezia invece allargò il conflitto, attaccando Milano e il Regno di Napoli, sbarcando a Gallipoli (1484), allorché Ferrante d’Aragona aveva appena superato le difficoltà causategli dalla conquista turca di Otranto.

Notevoli i successi ottenuti da Amedeo VIII di Savoia che nel 1416 eresse in ducato i domini familiari con la contea di Nizza, riorganizzata nel 1430 in province e castellanie.

Nel 1439 Amedeo divenne antipapa – fu l’ultimo – con il nome di Felice V. Con i suoi successori però in particolare con Amedeo IX (1465-1472), marito di Iolanda, sorella di Luigi XI di Francia, egli protesse il suo ducato dal duca di Borgogna, da Carlo il Temerario e dagli Svizzeri, raggiungendo nel complesso una meno precaria stabilità.

Piuttosto debole invece fu la repubblica di Genova che spese le sue energie per potenziare i traffici e le attività finanziarie, limitando al massimo gli interventi di carattere militare, concentrati nel controllo della riviera ligure, della Corsica e di taluni centri costieri del mar Nero.

Allorché l’avanzata turca mise in pericolo le conquiste orientali, a differenza dei Veneziani, i Genovesi non tentarono un’inutile resistenza, preferendo darsi alla navigazione oceanica paghi dell’influenza dei governatori del banco di S. Giorgio, nato come impresa privata dei creditori dello Stato, per amministrare le entrate pubbliche ma poi, aumentato di importanza, e poi addirittura gestore delle gabelle, dei monopoli e di diversi possedimenti della repubblica, tra cui la Corsica.

Nella politica italiana della seconda metà del ’400 Firenze ebbe un ruolo superiore alla sua forza militare e alla sua consistenza territoriale. Essa esercitò il suo dominio su un’area pari alla metà del territorio di Venezia e a poco più di un quinto del regno di Napoli. Ma il merito fu prima di Cosimo dei Medici, poi di Lorenzo il Magnifico che attuò un’abilissima politica estera.

Lorenzo, fedele all’alleanza con Milano, si schierò in seguito con Venezia o con gli Aragonesi, sollecitato dalla situazione contingente.

Al tempo di papa Innocenzo VIII (1484-1492) egli creò un buon collegamento con la Chiesa, dando in moglie sua figlia Maddalena a Franceschetto Cibo, figlio naturale di Innocenzo. Così Firenze superò finalmente il difficile momento della guerra di Ferrara.

Insieme al fratello Giuliano, Lorenzo a partire dal 1469 cominciò a svuotare progressivamente i vecchi organismi comunali, sostenendo il ruolo di magistrature preesistenti come il Consiglio degli otto di guardia, divenuto una vera polizia politica contro gli oppositori.

Già il padre di Lorenzo aveva dovuto fronteggiare nel 1466 una congiura facente capo a Luca Pitti. Ma un nuovo e più pericoloso colpo di mano fu tentato contro Lorenzo e il fratello Giuliano, con il concorso del pontefice Sisto IV e di Gerolamo Riario dalla famiglia dei Pazzi. La congiura ebbe luogo il 26 aprile 1478 quando arrivò a Firenze il cardinale Raffaele Riario Sansoni, nipote anch’egli di Sisto IV. Durante la funzione in duomo taluni sicari si avventarono sui due fratelli: Giuliano fu ucciso, mentre Lorenzo, ferito, si rifugiò in sacrestia le cui porte vennero serrate dal poeta e umanista Angelo Poliziano. La crescente reazione popolare successiva provocò la morte dei Pazzi e dell’arcivescovo Salviati, mentre il Sansoni, complice, fu trattenuto in ostaggio.

La reazione del papa fu immediata. Egli scomunicò Lorenzo e cercò di suscitargli contro una sorta di santa alleanza, ma il Magnifico con lucida abilità capovolse la situazione, lasciando solo il papa Sisto IV che nel 1480 stipulò un accordo con Firenze alleata di Milano e Napoli.

La diplomazia del Magnifico, sempre in piena attività, bloccò i conflitti, aiutata in ciò da Milano, e cercò sempre di avere la situazione sotto controllo, mantenendo così nella penisola un generale equilibrio.

Lorenzo scomparve nel 1492. Nello stesso anno morì papa Innocenzo VIII e nel 1494 Ferrante d’Aragona e ancora in pari data, con la discesa di Carlo VIII, fu definitivamente turbato e compromesso il precedente equilibrio signorile.

Poteva così considerarsi finita tutta un’epoca nata con i Comuni e tramontata con le Signorie territoriali che furono apportatrici di progresso economico e culturale nella penisola e si inaugurò invece un’età di invasioni e di conflitti generati dal desiderio di predominio di due fra le maggiori potenze europee: Francia e Spagna.

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