21. La nascita delle Signorie

Uno degli argomenti più dibattuti e approfonditi della storiografia del secolo scorso e del nostro ormai al tramonto, è quello della trasformazione del distretto cittadino nell’Italia centro-settentrionale dei secoli XIII-XIV: in altri termini si tratta dei problemi del passaggio dall’età comunale e post-comunale all’organizzazione di un coerente sistema di Signorie (1250-1494), presto o tardi avviate a diventare Principati, allorché ai rappresentanti dell’imperatore e del papa venne conferito ufficialmente un titolo nobiliare che creò fra signore e istituzione universale un rapporto di carattere essenzialmente feudale.

Più che noto l’elenco degli aspetti della chiusura e del successivo consolidamento di vecchie istituzioni trasformatesi in nuovi strumenti di dominio. Nuove famiglie, dal ’200 in poi, andarono al potere nelle città e ottennero progressivi spazi di partecipazione alla vita pubblica.

Le situazioni comunali si fecero più deboli e non riuscirono più a dominare le lotte per la conquista e la gestione della cosa pubblica. Le famiglie militari, in particolare, crearono nuovi collegamenti con le città e il contado e si inserirono sempre più nell’amministrazione del Comune.

Comunque, nonostante le differenti situazioni fra città e città, di cui subito dopo diremo, va precisato che i princìpi sui quali si basò la Signoria furono l’egemonia di coloro che assunsero il predominio e l’equilibrio con le potenze vicine. E questi possono definirsi i cardini della lotta politica del ’300 e del ’400. Mentre nel XIII secolo, poi, i mutamenti apparvero graduali e si riuscì, almeno esteriormente, a mantenere la vecchia impalcatura comunale, nel XIV secolo, la Signoria sbocciò senza infingimenti e diaframmi e da essa restarono fuori le classi popolari che pagarono il fio delle lotte da loro animate nelle città italiane e furono, senza esitazione e anzi con un malcelato senso di liberazione, messe da parte: le masse rurali poi, per le quali, con la metà del Trecento, le condizioni di vita si fecero più gravi, anche in seguito all’epidemia di peste, furono anch’esse compromesse dalla nuova istituzione.

Aggiungeremo inoltre che, se nell’affermazione signorile si manifestò importante la forza, nel Medioevo fu forse ancor più importante ch’essa nascesse nella legalità.

«Ex facto oritur jus» – dissero allora i giuristi degli atenei: ossia il diritto doveva scaturire dal fatto; e tale massima si attagliò perfettamente anche alla nascita della Signoria.

In vario modo e tempo siffatti processi si svilupparono a Ferrara ove, già nel 1240, si trovarono saldamente inseriti in città gli Estensi.

Subito dopo la morte di Federico II, gli Ezzelini presero il potere nel Veneto, mentre Oberto Pelavicino e Guglielmo VII di Monferrato si volsero verso il Piemonte.

Prima della fine del ’200 nacquero poi le Signorie degli Scaligeri a Verona e dei Visconti a Milano. Più vivace e assai più persistente invece apparve la vita del Comune in Toscana, la cui durata si estese sino alla seconda metà del ’300.

A dominare la situazione e a conquistare il potere furono in questa condizione persone di particolare preparazione e abilità, in qualche modo fuori del normale, pronte a battersi per trionfare nella vita politica. Fra queste ricorderemo personaggi quali Azzo II d’Este, Carlo I d’Angiò, Oberto Pelavicino, Matteo, Giovanni e Giangaleazzo Visconti, Cangrande della Scala e Uguccione della Faggiuola.

Fra le tendenze maggiormente evidenziabili allorché nasce la Signoria, noteremo anzitutto quella delle famiglie di estrazione cittadina e non feudale che cercano di assumere atteggiamenti politici e di vita sempre più somiglianti a quelli delle antiche casate feudali. Si originò pertanto un patrimonio urbano chiuso e volto a frenare il successo politico di altri lignaggi: così ebbe inizio la Signoria a Venezia e a Milano e, seppure con esiti diversi, anche a Firenze.

I nobili, una volta al potere, cercarono di tenerlo strettamente nelle loro mani, trasmettendolo, se possibile, ai loro eredi. Dettero luogo pertanto a una politica di espansione territoriale spesso facilitata da accordi stretti con l’imperatore e il papa o da patti con fuorusciti politici dal Comune di cui tentarono la conquista.

Quando la consistenza politico-territoriale lo consentirà e la situazione concorrerà a rendere favorevole la gestione del loro potere, la Signoria si trasformerà, in un determinato momento, in Principato.

Tuttavia una tale evenienza si verificherà allorché il signore, assurto alla carica per elezione popolare, riuscirà ad assicurarsene la ereditarietà per i discendenti, oppure quando egli riceverà la nomina dall’imperatore o dal papa che gli conferiranno l’investitura delle terre e delle città di cui è già padrone, inserendolo più strettamente nella feudalità.

Emblematico in tal senso quanto accaduto ai Visconti i quali, quando già detengono la Signoria milanese, nel 1395 ricevono dall’imperatore Venceslao il titolo di duchi, con ciò assicurandosi una consistenza indubbiamente superiore a quella che avrebbe potuto derivar loro da altre conquiste di terre e di città.

Anche i Savoia si insedieranno in Piemonte sino a che nel 1416 con Amedeo VIII non avranno la dignità ducale dall’imperatore Sigismondo.

Un’ampia Signoria territoriale ma con caratteristiche diverse e assai più lento esito nacque fra XIV e XIV secolo in Toscana. Il papato poi tra la fine del ’200 e il ritorno da Avignone e la conclusione del grande scisma, soprattutto grazie alla politica di Egidio Albornoz volta a coordinare e a ridimensionare l’autonomia di molte città del Patrimonio, costruì un grande Stato temporale della Chiesa.

Gli Stati signorili regionali si organizzarono in vario modo: i Visconti di Milano mantennero in vita i Comuni cittadini e rurali, considerati una proiezione dell’amministrazione centrale. Firenze invece tentò di rompere i legami fra le città conquistate e i loro contadi mantenuti secondo sistemi autonomistici maggiori di quelli consentiti ai centri urbani.

Venezia tentò di inserirsi e di sfruttare il più possibile i consigli municipali sottomessi alla Signoria. Lo Stato della Chiesa invece creò le province governate dai Rettori, al cui interno le città, affidate a esponenti di famiglie nobiliari, detennero – sulla scorta delle Costituzioni Egidiane del 1357 – un’ampia autonomia. Anche il Piemonte fu diviso in province legate al duca per il fatto che mancarono ivi grandi e vitali città in concorrenza con il potere centrale.

L’ampio fenomeno signorile, volto a segnare il passaggio dall’età medievale alla moderna, è stato assai spesso veduto a livello locale; si sono dunque moltiplicati studi pur pregevoli su singole città e famiglie signorili che hanno consentito di approfondire la conoscenza di numerose situazioni piemontesi, lombardo-venete o toscane e umbro-marchigiane. Ancora adesso però lasciano a desiderare le ricerche che, pur muovendo da particolari esempi, offrano un panorama globale che permetta la miglior comprensione di una situazione che a livello cittadino è in gran parte italiana e ha importanza per i suoi risultati politico-economici e artistico-culturali.

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