11. I Comuni d’Oltralpe
Anche se lo sviluppo della vita cittadina e la costituzione di amministrazioni autonome sono un fenomeno tipicamente italiano e ad esso ci riferiamo in prevalenza nell’ambito della presente ricerca, non possiamo dimenticare che una marcata ripresa della vita cittadina si manifesta, sia pure in forme diverse, in altre zone dell’Occidente cristiano. Pertanto dobbiamo, anche se di passata, far cenno alla fioritura dei centri urbani nella Francia settentrionale, in Provenza, in Catalogna, nei Paesi Bassi e in Germania, tutti luoghi in cui molto spesso tale rinascita viene denominata come Comune. Certo però l’ampliamento dei Comuni d’Oltralpe presenta differenze sensibili nel rapporto creatosi fra città e campagna e in quello fra Comune e Stato.
In Italia, come abbiamo sino ad ora veduto, ma anche in Linguadoca, il progressivo inurbamento di elementi di provenienza feudale fa sì che il Comune cittadino conservi interessi rurali, tanto che esso si estenderà sul contado fino a identificare il suo territorio con quello della diocesi o del comitato. Così l’amministrazione comunale diviene un piccolo stato territoriale che tende ad assumere potere, oltre che economico e commerciale, anche politico.
Le città d’Oltralpe invece, spesso di recente formazione, non conoscono la presenza dell’aristocrazia feudale che rimane rinserrata nei propri castelli e nelle foreste che li circondano e la città o borgo che dir si voglia con i suoi burgenses – da cui borghesi – resta ben separata dalla campagna e non estende la sua giurisdizione oltre il confine delle mura cittadine o dell’immediato suburbio.
Ancor più nette sono poi le differenze nel rapporto fra Comuni e Stato, spesso accentrato e in mano a monarchie nazionali e a grandi signori, i quali non sono disposti a riconoscere alle nuove formazioni un potere diverso da quello commerciale. Anzi i monarchi occidentali presto si imporranno sulle amministrazioni che, una volta ricevuta l’autonomia amministrativa e talvolta giudiziaria, restano per altro completamente nelle mani della Corona e delle sue strutture.
In Francia però la monarchia, che per mantenersi in vita e accrescere il suo prestigio deve appoggiarsi sul sistema feudale e intende pertanto frenare l’eccessivo potere dei grandi feudatari, si avvale dei centri urbani e della borghesia cittadina. Così, dal XII secolo in poi, le città francesi si contraddistinguono in città feudali, alle dirette dipendenze dei signori locali che consentono loro un’assai limitata libertà di manovra e in città della corona che raggiungono più larghe autonomie, sempre però restando organi del potere centrale, quindi assai diverse da quelle dell’Italia centro-settentrionale.
Le città dei Paesi Bassi si originano sovente dalla presenza di un mercato e sorgono anche prima del castello costruito per proteggerle e riscuotere le tasse loro imposte.
Alcuni centri costituiscono la stabile residenza dei mercanti e dei loro magazzini abbandonati con la primavera, quando si formano le cosiddette hanse o carovane, dirette da un hansgraf che lungo la strada raccoglie altri mercanti che vogliono commerciare lontano dal loro paese.
Anche tali centri e i mercanti che li costituiscono sono sottoposti al re. I mercatores formano delle associazioni, dette gilde, nate per motivi religiosi e presto trasformatesi in una sorta di corporazione, volta a provvedere ai bisogni comuni.
In varie città le gilde diverranno organi amministrativi del castrum e del burgus. Così accade a Tournai e a Bruges dove le finanze cittadine saranno sorvegliate dalla gilda dei mercatores, fino a tutto il ’300. Anche a Lille il tesoriere cittadino prende il nome di hansgraf.
In questa realtà si formerà dunque un regime municipale che durante il ’200 avrà come organo significativo il collegio degli Scabini. All’inizio nominati a vita dal signore, fra i cittadini più autorevoli, essi saranno poi rinnovati annualmente e cooptati dagli Scabini uscenti.
In alcune città accanto allo scabinato si forma un collegio di giurati, che nel ’300 diverrà consiglio cittadino con una posizione sempre più autonoma e competenze vaste, relative all’amministrazione della giustizia, all’esercito e all’autonomia cittadina, parzialmente sottratta al signore e ai suoi funzionari. È questa insomma la situazione relativamente più somigliante a quella comunale italiana.
Le città tedesche conosceranno una sensibile ripresa dopo le vittorie degli Ottoni sugli Ungheri e sugli Slavi e quando Ottone I prosegue la sua avanzata verso le terre dell’est, lungo il corso dell’Elba e dei fiumi minori, lungo le vecchie strade commerciali un tempo meta di notevoli traffici, si animarono un notevole numero di nuovi centri militari, commerciali e religiosi.
Soprattutto le città mercantili prenderanno però progressivamente corpo sino a quando non diverranno sedi episcopali e addirittura metropolitiche. Sorgeranno in tal modo centri significativi come Magdeburgo, Würzburg, Brema, Verden.
I commercianti si moltiplicano e ricevono protezione dai sovrani che concedono loro ampi privilegi, anche se durante l’XI secolo non si ha notizia della formazione di gilde per l’area tedesca così come se ne accumulano per quella franco-fiamminga.
Le fonti cittadine cominciano tuttavia allora a parlare dei mercatores e poi dei burgenses, un’espressione che non può essere ancora colorita di significato sociale, ma indica gruppi economici già forti e in posizione di progressivo potere. Fra i burgenses infatti cominciano a emergere gli optimi civitatis e i primores civitatis.
Con la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, tali ceti daranno luogo alle prime assemblee cittadine nel cui corso si pronunciano giuramenti – coniurationes – di effettuare con scrupolo e a vantaggio di tutta la comunità vari compiti amministrativo-economici e giudiziari. Sarebbe tuttavia errato dare a tale commune civium ius un valore politico che non ebbe e che mantenne le amministrazioni sempre sotto il potere dei sovrani e dei signori feudali.
I feudatari poi furono incoraggiati dai sovrani a costituire nuovi centri non solo per finalità commerciali, ma per favorire nuovi insediamenti militari e per colonizzare territori rimasti per lungo tempo disabitati e privi di strutture di qualsiasi tipo. La carta di fondazione di Friburgo in Brisgovia – 1120 – che si richiama alle consuetudini di Colonia, quella di Lipsia –1156 – che riceve i suoi diritti da Halle e da Magdeburgo, la comunità di Lubecca – 1158 – che riceverà i suoi iura da Soest, e mediatamente dalla stessa Colonia, mostrano una tendenza tutta germanica alla formazione delle cosiddette famiglie di città contrassegnate da uno stesso diritto pubblico e privato, non dipendente dalla situazione politica.
A questo tipo di centri urbani vanno aggiunte anche in terra tedesca altre amministrazioni locali che vedranno la luce per motivi politici. Filippo di Svevia, all’inizio del ’200, potenzierà ad esempio dei «consigli» cittadini – Rat – contro Ottone IV di Brunswick e quest’ultimo farà la stessa cosa nei riguardi dello Svevo. Ciò come è naturale spinge anche le città tedesche ad assumere verso la metà del ’200 e poi nel secolo successivo un potere che non sia solo di carattere commerciale e che cerca di espandersi sulle zone circostanti.
Come però accade in territorio franco-fiammingo, anche in Germania, i feudatari e i sovrani staranno molto attenti a isolare le città desiderose di conquistarsi una supremazia di carattere politico.
Quindi la formazione delle città imperiali accrescerà la potenza economica di varie comunità ma ne annullerà ogni velleità politica. In egual misura e forse ancor più saranno prive di autonomia le città territoriali. Quelle libere – freie Städte – come le appartenenti alla Lega Hanseatica, saranno poi più prospere ma ancor meno dotate di strumenti autonomistici.
È evidente dunque che solo il Comune italiano rappresenta sotto ogni aspetto un nuovo sistema di governo cittadino, un fatto innovativo, basato su una antica tradizione mai interrottasi neppure durante le invasioni barbariche. Di fronte a ciò, le situazioni locali delle regioni occidentali pongono interessanti problemi di amministrazione e di governo, un’evoluzione tesa ad ammodernare la vita dei centri urbani, ma incapace di modificare profondamente e originalmente la situazione politica.