Hoskins
Vanno a un McDonald’s, perché è quello che vuole Sammie, e visto che è lei al volante Hoskins non può discutere più di tanto. Mangiare in macchina non le piace, e così entrano, ordinano e si siedono in uno dei séparé di plastica. Sammie ha preso quattro doppi cheeseburger, una porzione grande di patatine e un gigantesco bicchiere che conterrà tre litri di Coca. Hoskins ha solo un caffè, e osserva perplesso mentre lei si stende in grembo un tovagliolo di carta e comincia a ingozzarsi.
«Hai intenzione di mangiare tutta quella roba?» le chiede.
«Guardami.»
E lui lo fa, rilassandosi all’indietro sul sedile. Nota le sbavature di trucco sotto gli occhi e di rossetto agli angoli della bocca. Alla rozza luce fluorescente del locale Sammie sembra invecchiata e tesa. Certe donne ingrassano col passare degli anni, mettono su qualche chilo intorno alla vita, ma in questi sette anni Sammie sembra addirittura dimagrita. Sul dorso delle sue mani si possono vedere gli intrecci delle vene e dei tendini. Sono brutte mani. Mani da strega. Profuma di arancia. «Agli uomini piace che una donna profumi di frutta» diceva sempre, e Hoskins credeva che si riferisse a lui, non ad altri uomini. Lei si profumava dietro le orecchie, sui polsi e nel soffice punto in cui le sue cosce si toccavano.
Piaceva anche a Seever, che profumasse di frutta?
Non glielo chiede.
«Allora, chi è stato ucciso in quella casa?» domanda invece lei, la bocca così piena di cibo che Hoskins la capisce a fatica. «Ha a che fare con l’altro duplice omicidio? È un emulo di Seever?»
Hoskins prende il cucchiaino di plastica, poi torna a posarlo.
«So perché hai aggredito quel ragazzo, Paulie, ma non è stato lui.» È quello che Loren gli ha detto al telefono; lo ha chiamato mentre lo stavano visitando, e Hoskins ha risposto malgrado le proteste del personale medico. C’era un cartello in sala visite (VIETATO L’USO DEI CELLULARI), ma ignorare simili regole è uno dei vantaggi di essere un poliziotto. «Quel ragazzo… com’è che si chiama? Ted? Ho controllato. Il fine settimana in cui Brody e Abeyta sono scomparse si trovava a Miami, e sua madre dice che la settimana scorsa è rimasto a casa ogni sera.»
«Ma perché è fuggito quando mi ha visto?»
«Non ne ho idea, socio. Forse perché gli avevi appena fatto il culo perché aveva curiosato nei dossier di Seever, e perché non voleva un’altra strigliata? L’hai conciato proprio male, per qualche giorno non potrà venire in ufficio. Speriamo che non ti denunci.»
E poiché il dottore stava aspettando, e l’infermiera lo guardava spazientita, Hoskins non ha potuto ribattere, non ha avuto modo di spiegarsi. «Non lo sapevo» ha detto invece; non gli sembrava che ci fosse altro da dire, e Loren è scoppiato a ridere.
«Non sei cambiata per niente, lo sai?» osserva ora. «Tutti uguali, voi giornalisti.»
«Che intendi dire?»
«Non riesci a smettere di spillarmi informazioni, nemmeno per due minuti.»
«Non è vero. Ti ho chiesto come va la vita» ribatte lei con un sorriso.
«Ti prego, so perfettamente cosa vuoi da me. Tu godi a vedere il tuo nome sul giornale. Se avessi l’alternativa tra passare il resto dei tuoi giorni in paradiso e pubblicare un pezzo in prima pagina, so benissimo cosa sceglieresti.»
«Cosa?» Sammie sorride, perché sa benissimo cosa preferirebbe, in effetti. Le parole, la scrittura, sono una droga, è così per Sammie, come per quasi tutti gli altri giornalisti che Hoskins ha avuto il piacere di conoscere. Sono come tossici alla continua ricerca di crack. C’erano stati momenti, a casa di Seever, quando riportavano alla luce un’altra delle sue vittime, in cui a Sammie si leggeva in faccia una profonda soddisfazione, la soddisfazione di poter scrivere ancora, di aver altro materiale con cui arricchire la sua storia. Prendeva appunti, parlava coi ragazzi della Scientifica, scattava qualche foto e poi scriveva, e quando il giornale pubblicava il pezzo se lo portava sempre dietro, e non era soltanto fiera, era eccitata. Dopo la pubblicazione di un articolo voleva sempre scopare; una volta l’avevano fatto nella cucina di casa sua mentre Dean era in ufficio, sul linoleum accanto alla lavapiatti ronzante. Sammie si era stesa supina e aveva piantato i talloni su due sedie cosicché lui potesse sollevarla per i fianchi e penetrarla più a fondo, e quando era venuta gli aveva morsicato la spalla fino a farlo sanguinare.
Hoskins avverte un’ondata di calore sulla nuca.
«Non ti chiedo molto» dice Sammie. «Prima o poi verranno a saperlo tutti, cos’è successo in quella casa. Ti chiedo solo di concedermi un vantaggio. Un nome, perché possa avere qualcosa da proporre. Ne ho bisogno.»
«Stiamo cercando di evitare che si scateni il panico» ribatte lui. «Non voglio leggere un articolo pieno di menzogne solo perché possiate vendere qualche abbonamento in più. Come quello schifo che avete pubblicato stamattina. Sono cose che odio.»
«Io non scrivo roba simile» protesta Sammie in tono sprezzante. «Dovresti saperlo, mi conosci.»
«Sì, ti conosco» ripete Hoskins. «Ed è proprio questo il problema. Stiamo cercando di risolvere il caso al più presto. E francamente, meno la gente ne sa e più facile sarà il mio lavoro.»
Lei inarca un sopracciglio. «L’opinione pubblica deve sapere cosa sta succedendo nella sua città. Ne ha il diritto. E anche se tu non me lo dici adesso, presto o tardi verrà fuori, per quanto vi sforziate di tenerlo segreto.»
Hoskins potrebbe darle ciò che vuole, in cambio di sesso. Di un pompino, o anche qualcosa di più spinto, in ufficio ne ha sentite di ogni genere. Potrebbe ottenere quello che vuole. Erano i termini del rapporto di un tempo: sesso in cambio di informazioni, anche se allora per lui era diverso. Potrebbe proporle di riprendere, potrebbe chiederle qualsiasi cosa, qualunque perversione gli sia mai venuta in mente, potrebbe legarla e torcerle i capezzoli fino a farla gridare di dolore e lei lo farebbe, lo capisce guardandola in faccia. Lei accetterebbe. Non le piacerebbe più di tanto, ma farebbe qualsiasi cosa per ottenere ciò che vuole, e poi lo lascerebbe in pace.
Ma Hoskins non chiede niente di tutto questo. Non le chiede nulla, punto e basta. Le dice quello che vuole sapere perché ha ragione lei, non ha importanza, presto la notizia si diffonderà. E perché la ama ancora, anche se vorrebbe tanto che non fosse così.
«La vittima è Carrie Simms» dice a bassa voce e con finta noncuranza. Ai tavoli vicini non è seduto nessuno, ma non si può mai sapere.
«Carrie Simms?» Sammie aggrotta la fronte. «Simms, è un nome… oddio, è la ragazza che riuscì a sfuggire a Seever.»
«Sì.»
«Come è morta?»
«L’assassino è entrato in casa sua, l’ha torturata e stuprata. Si è assicurato che il collegamento con Seever fosse evidente.»
Sammie si acciglia di nuovo, tamburella la dita sul tavolo. Si riesce quasi a vedere il moto frenetico degli ingranaggi del suo cervello.
Molte donne sarebbero rimaste sconvolte e inorridite da una simile notizia, ma Sammie è sempre stata diversa, e Hoskins la ammira per questo. In lei c’è qualcosa di freddo e calcolatore, un aspetto che spesso le donne riescono a nascondere, ma che lei lascia del tutto in bella vista.
«Ecco perché Loren si veste come Seever» dice.
«Sì.»
È elettrizzata, lo si capisce dal modo in cui mastica il cibo, dalla luminosità degli occhi. Hoskins le ha dato esattamente quello che desiderava, quello che ha sempre voluto da lui. Ma tutto ha un costo, nella vita. Sammie ha resti grigi di carne trita tra i denti, e mangiando ha fatto sbavare il rossetto sul mento. Non ha un bell’aspetto.
Sembra quasi un pagliaccio.
«Ho una domanda da farti» dice Hoskins.
«Di che si tratta?»
«Hai davvero fatto sesso con Seever?»
Lei abbassa gli occhi sulla metà dell’hamburger nel cartoccio giallo, da cui sbuca il semicerchio di una fetta di cetriolo, e allunga la mano come se volesse riprenderlo e proseguire a mangiarlo. Ma all’ultimo istante sembra ripensarci, e si lascia ricadere la mano in grembo.
«Sì» risponde piano.
«E ti è piaciuto?» la incalza lui, sporgendosi in avanti finché il bordo del tavolino gli affonda nel petto. Non sa perché lo sta facendo, per quale motivo provi l’impulso improvviso di ferirla, ma a quanto pare non riesce a fermarsi. «Com’era, scopare con lui?»
Sammie distoglie lo sguardo dall’hamburger e lo alza su di lui. Ha degli occhi bellissimi, li ha sempre avuti: grandi e innocenti come quelli di una bambina. Sembra sul punto di piangere, ma lui dubita che lo farà, perché Sammie è un tipo tosto, incassa e reagisce all’istante. No, non piange, ma Hoskins rimane di sasso quando la vede sporgersi oltre il lato del tavolino, emettere un rutto sonoro come il verso di una rana toro e poi vomitare l’intera cena, spargendo una polla di carne masticata e bibita schiumante sul lindo pavimento di piastrelle.