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Sto addosso al ragazzo, ci manca solo la torcia puntata in faccia. «L’hai detto tu, Augie, che quando mercoledì vi siete rivisti a Baltimora, Nina aveva già pensato a un piano.»
Lui annuisce.
«Perché? Cos’era cambiato da quando vi eravate salutati in Algeria? Che cos’ha fatto Nina nel frattempo? Dov’è andata?»
«Questo non lo so.»
«Non me la bevo, Augie.»
«Non la beve? In che senso?»
Mi chino ancora più su di lui, il mio naso a due centimetri dal suo. «Non ci credo. Voi due vi amavate. Vi fidavate l’uno dell’altra, e avevate bisogno l’uno dell’altra.»
«Quello di cui avevamo davvero bisogno era restare all’oscuro di ciò che sapeva l’altro. Per il nostro bene. Lei non doveva essere in grado di localizzare il virus, né io di disattivarlo. In questo modo voi non avreste potuto toccare nessuno di noi due.»
«Che cosa ti ha raccontato della sua fonte?»
«Le ho già detto più di una volta che...»
«E allora ritenta, sarai più fortunato», dico afferrandolo per una spalla. «E ricordati che stai giocando con la vita di centinaia di milioni di persone...»
«Non mi ha raccontato niente!» esplode alla fine, la voce che vira in acuto. «Mi ha detto solo la parola d’ordine, ’Tempi Bui’, e quando le ho chiesto chi le avesse dato un’informazione tanto riservata mi ha risposto che per il bene di entrambi era meglio che non lo sapessi.»
Lo fisso, in silenzio, scruto il suo volto in cerca del minimo segno di cedimento.
«Vuole sapere se ho sospettato che fosse entrata in contatto con un pezzo grosso di Washington? Certo che sì, non sono un imbecille. Ma questo mi dava sicurezza, mi faceva sentire al sicuro. Significava che avevamo buone probabilità di successo. Mi fidavo di Nina. Era la persona più intelligente che avessi mai...» La commozione lo soffoca, gli impedisce di finire la frase.
Il mio telefono vibra. Di nuovo FBI Liz. Non posso continuare a ignorarla.
Metto una mano sulla spalla di Augie. «Vuoi onorare la memoria di Nina? Allora scendi e fa’ tutto quello che puoi per fermare il virus. Subito.»
Lui fa un respiro profondo e salta giù dal divano. «Va bene, lo farò.»
Appena esce dalla stanza, mi accosto il cellulare all’orecchio. «Pronto, Liz.»
«Signor presidente. I cellulari trovati nel furgone di Nina.»
«Sì, mi ricordo. Due, vero?»
«Sì, uno in tasca alla ragazza e l’altro sotto il tappetino del sedile posteriore.»
«Ok...»
«Signore, il telefono sotto il tappetino non siamo riusciti ancora a crackarlo, ma quello che la ragazza aveva in tasca, sì. Abbiamo trovato un sms da un numero straniero che ci è sembrato particolarmente interessante. Ci abbiamo messo un bel po’ a rintracciarlo, perché il segnale è rimbalzato per tre continenti prima di...»
«Avanti, Liz, sputa il rospo.»
«Pensiamo di averlo trovato, signore», dice. «Dovremmo aver localizzato Suliman Cindoruk.»
Trattengo il respiro.
Una seconda possibilità, dopo quella in Algeria.
«Signor presidente?»
«Lo voglio vivo.»