34

 

«Siamo sotto attacco. Ripeto, siamo sotto attacco...»

Colpito dalle raffiche che arrivano dalla sponda del ponte, il SUV sbanda a destra e a sinistra. La battaglia ingaggiata dall’agente Davis con il volante fa stridere gli pneumatici, che slittano sul bagnato.

Noi tre dietro rimbalziamo da un lato all’altro come in un flipper, tendendo al massimo le cinture di sicurezza. Io e Jacobson, a forza di rollare avanti e indietro, per poco non ci prendiamo a capocciate.

Una macchina va a sbattere contro il nostro retrotreno, mandando il SUV di nuovo in testacoda in mezzo alla carreggiata, poi sentiamo un altro colpo sulla fiancata destra. I fari spuntano a una ventina di centimetri dalla faccia di Jacobson. L’impatto mi rimbomba tra denti e collo, scagliandomi verso sinistra.

Tutto si riduce a una trottola urlante, le raffiche flagellano le fiancate, il cofano, il lunotto posteriore, non si vede più nulla...

Poi il SUV si schianta contro la barriera di cemento e finalmente siamo fermi, nella direzione opposta al senso di marcia, il muso verso il flusso di macchine che vanno verso sud. Ora il fuoco incessante delle armi automatiche proviene da sinistra; alcune pallottole rimbalzano, altre rimangono incastrate nel rivestimento di metallo o nel vetro antiproiettile.

«Ci serve una via di fuga!» grida Jacobson. La prima cosa da fare è trovare un percorso e portare in salvo il presidente.

«Augie», sussurro.

Lui si lascia sorreggere a peso morto dalla cintura di sicurezza, è cosciente e indenne ma confuso, cerca di raccapezzarsi, di respirare.

Poi mi passa un pensiero in testa: guardando verso il centro città dal ponte, si riesce a intravedere la Casa Bianca. Centinaia di agenti dei servizi segreti e un’intera squadra SWAT sono ad appena sei isolati di distanza, eppure sembra di essere su un altro pianeta.

Mentre Davis litiga con il cambio in un profluvio di bestemmie, la visuale oltre il parabrezza si sgombra quel tanto che basta per vedere cosa abbiamo di fronte, a sud. Gli spari non provengono solo dalla corsia pedonale sulla sponda del ponte, ma anche dall’altra macchina del convoglio: Alex Trimble e i suoi uomini stanno rispondendo al fuoco.

Come ne usciamo? Siamo in trappola. Dobbiamo correre più veloce di...

«Via! Via! Via!» grida Jacobson con la solita cadenza marziale, senza togliersi la cintura ma con il mitra in pugno.

Davis riesce finalmente a inserire la retromarcia e le ruote fanno presa sull’asfalto fradicio; aiutandosi con il sensore posteriore, fa inversione. Le raffiche continuano, ma sono sempre più deboli. Cessano del tutto nell’istante in cui un altro veicolo s’immette nella corsia, molto più grosso del nostro SUV.

Un camion gigantesco punta dritto verso di noi, andando al doppio della nostra velocità.

Davis accelera e cerca di schizzare via. Noi finiamo scaraventati all’indietro sui sedili, ma non c’è modo di evitare il camion che procede contro di noi. Quando il radiatore del camion è l’unica cosa visibile oltre il parabrezza, mi aggrappo alla maniglia della portiera per prepararmi all’impatto.

Davis sterza di centottanta gradi, costringendo il SUV a un’improvvisa sbandata a gomito. Mentre il retrotreno slitta di nuovo verso destra, io volo addosso a Jacobson e il muso del camion, perfettamente perpendicolare al senso di marcia, centra il muso dell’auto.

Il boato dell’impatto mi toglie il respiro, una pioggia di scintille danzanti mi oscura la vista, e un’onda mi attraversa il corpo da capo a piedi. Il radiatore del camion sfonda il lato del passeggero in uno stridore di lamiere, scagliando Ontiveros come una bambola di pezza addosso a Davis. Il retrotreno si piega di sessanta gradi rispetto al resto dell’auto. Un vapore bollente invade l’abitacolo, e il SUV geme nel tentativo di non spezzarsi.

In qualche modo Jacobson abbassa il finestrino, punta l’MP5 contro la cabina del camion e apre il fuoco in un tornado di vapore caldo e pioggia. Incastrati l’uno nell’altro, i due veicoli si fermano. Jacobson non smette di sparare, mentre arriva l’altro SUV e dai finestrini aperti Alex e i suoi cominciano a crivellare il camion.

Bisogna far uscire Augie.

«Augie», dico sganciandomi la cintura.

«Fermo, signore!» grida Jacobson, proprio mentre il vano motore del SUV si trasforma in una sfera di fuoco arancione.

Augie, pallido per il terrore, si slaccia la cintura.

Apro la portiera posteriore sinistra e lo afferro dal polso. «Stai giù!» dico trascinandolo lungo la fiancata, al riparo dalla linea di tiro della cabina del camion. Poi ci gettiamo nella pioggia battente verso la macchina di Alex, vanificando qualsiasi possibilità di essere colpiti dagli assalitori, anche nella remota eventualità in cui riescano a spararci nonostante il fuoco incessante di Jacobson.

«Salga, presidente!» grida Alex vedendoci avvicinare. Insieme a lui, altri due agenti sono scesi dal SUV e hanno ricominciato a sparare sul camion.

Io e Augie ci precipitiamo verso la seconda vettura del convoglio, dietro cui s’intravede una montagna di auto puntate in tutte le direzioni.

«Sali dietro!» urlo a Augie con il volto sferzato dalla pioggia. Io salgo al posto di guida. Inserisco la retromarcia e premo sull’acceleratore.

Nonostante i danni subiti, la macchina funziona abbastanza bene da portarci via. Non mi piace abbandonare i miei uomini sul terreno. Quello che sto facendo va contro ogni lezione impartitami nell’esercito, ma sono disarmato e non servirei a nulla. E poi sto proteggendo l’unico individuo davvero insostituibile: Augie.

Mentre lasciamo il ponte che segna il confine con la Virginia e migliaia di domande mi affollano la mente, sento il boato della seconda esplosione. Era inevitabile.

Ma finché non siamo morti, siamo vivi.

Il presidente è scomparso
titlepage.xhtml
part0000.html
part0001.html
part0002.html
part0003.html
part0004.html
part0005.html
part0006.html
part0007.html
part0008.html
part0009.html
part0010.html
part0011.html
part0012.html
part0013.html
part0014.html
part0015.html
part0016.html
part0017.html
part0018.html
part0019.html
part0020.html
part0021.html
part0022.html
part0023.html
part0024.html
part0025.html
part0026.html
part0027.html
part0028.html
part0029.html
part0030.html
part0031.html
part0032.html
part0033.html
part0034.html
part0035.html
part0036.html
part0037.html
part0038.html
part0039.html
part0040.html
part0041.html
part0042.html
part0043.html
part0044.html
part0045.html
part0046.html
part0047.html
part0048.html
part0049.html
part0050.html
part0051.html
part0052.html
part0053.html
part0054.html
part0055.html
part0056.html
part0057.html
part0058.html
part0059.html
part0060.html
part0061.html
part0062.html
part0063.html
part0064.html
part0065.html
part0066.html
part0067.html
part0068.html
part0069.html
part0070.html
part0071.html
part0072.html
part0073.html
part0074.html
part0075.html
part0076.html
part0077.html
part0078.html
part0079.html
part0080.html
part0081.html
part0082.html
part0083.html
part0084.html
part0085.html
part0086.html
part0087.html
part0088.html
part0089.html
part0090.html
part0091.html
part0092.html
part0093.html
part0094.html
part0095.html
part0096.html
part0097.html
part0098.html
part0099.html
part0100.html
part0101.html
part0102.html
part0103.html
part0104.html
part0105.html
part0106.html
part0107.html
part0108.html
part0109.html
part0110.html
part0111.html
part0112.html
part0113.html
part0114.html
part0115.html
part0116.html
part0117.html
part0118.html
part0119.html
part0120.html
part0121.html
part0122.html
part0123.html
part0124.html
part0125.html
part0126.html
part0127.html
part0128.html
part0129.html
part0130.html
part0131.html
part0132.html
part0133.html
part0134.html
part0135.html
part0136.html
part0137.html
part0138.html
part0139.html
part0140.html
part0141.html