39.



I cablogrammi erano tutti in inglese e, a parte i nomi e gli indirizzi dei destinatari, il contenuto era identico. Ciascuno fu mandato alla compagnia o società in cui la persona specificata ricopriva la posizione più alta. Si tenne conto dei fusi orari; ogni telegramma doveva arrivare a destinazione alle dodici di lunedì, e doveva essere consegnato a mano a ciascun destinatario dietro ricevuta firmata.

Scrivendo quel testo, Elisabeth Scarlatti voleva mettere sullo stesso identico piano quelle illustri società. Voleva che coloro che avrebbero ricevuto i suoi telegrammi sapessero che si trattava soprattutto di affari. Ciascun telegramma diceva: tramite il fu marchese de bertholde le industrie scarlatti tramite la sottoscritta esclusivamente sono state informate della vostra fusione stop in quanto unica portavoce della scarlatti la sottoscritta crede esistano aree di comune interesse stop il capitale scarlatti potrebbe essere a vostra disposizione alle dovute condizioni stop la sottoscritta arriverà a zurigo tra due settimane la sera del 3 novembre alle ore nove stop il convegno si terrà alla falke haus stop elisabeth wyckham scarlatti.

 

Ci furono tredici reazioni, tutte distinte, in molte lingue diverse, ma tutte con un ingrediente comune.

La paura.

Ci fu una quattordicesima reazione, che si verificò nell'appartamento riservato da Heinrich Kroeger all'Hotel Emperador di Madrid. E questa fu di furia.

«Non lo tollero! Non può succedere! Sono tutti morti! Morti! Morti! Morti! L'avevo avvertita! Sono morti! Tutti quei maledetti, dal primo all'ultimo! Morti. I miei ordini partono stasera! Adesso!» Charles Pennington, mandato da Ludendorff a fare da guardia del corpo a Kroeger, era in piedi dall'altra parte della stanza e stava contemplando, oltre il balcone, i raggi rossastri, a ventaglio, del sole spagnolo.

«Magnifico! Semplicemente magnifico! Non essere sciocco.» Non gli piaceva guardare Heinrich Kroeger. Calmo, quel viso fibroso, rappezzato, era già abbastanza sgradevole. Arrabbiato, era ripugnante. Ora era color cremisi dalla rabbia.

«Non dirmi...»

«Oh, smettila!» Pennington vide che Kroeger continuava a stritolare nel pugno il telegramma di Howard Thornton che raccontava esplicitamente del convegno di Zurigo indetto dalla Scarlatti. «Che cavolo di differenza fa per te? O per chiunque di noi?» Pennington aveva aperto la busta e letto il messaggio perché, come aveva detto a Kroeger, non aveva idea di quando lui sarebbe rientrato dal suo incontro con l'addetto pontificio. Avrebbe potuto essere urgente. Quello che non aveva detto a Kroeger era che Ludendorff gli aveva raccomandato di intercettare tutte le lettere, le telefonate - qualunque cosa - che avesse ricevuto quell'animale. Era un piacere.

«Noi non vogliamo farci entrare nessun altro! Non possiamo avere nessun altro! Non possiamo! Zurigo sarà colta dal panico! Ci mollerà!»

«Hanno avuto tutti i telegrammi. Se Zurigo vuole mollarci, ormai non li fermerai più. Inoltre, questa Scarlatti è come il cacio sui maccheroni, se è come penso. Possiede milioni... Per noi è una fortuna pazzesca che voglia entrare. Non stimavo gran chè Bertholde probabilmente meno di quanto lo stimassi tu, quel maledetto ebreo francese - ma se ha concluso lui questa faccenda, gli faccio tanto di cappello. Comunque, ripeto, per te cosa cambia?» Heinrich Kroeger guardò con rabbia quell'inglese elegante, effeminato, che si tirava giù i polsini, badando bene che sporgessero appena sotto la manica della giacca. I gemelli rossi e neri erano circondati dal morbido lino della camicia celeste. Kroeger sapeva che il suo aspetto era ingannevole. Come il mondano Boothroyd, Pennington era un killer che traeva alimento emotivo dal suo lavoro. Era anche molto stimato da Hitler, e ancora di più da Joseph Goebbels. Ciò nonostante, Kroeger aveva deciso. Non poteva correre questo rischio!

«Questa riunione non avrà luogo. Lei sarà uccisa. La farò uccidere io!»

«Allora devi ricordarti che una decisione del genere dev'essere multilaterale. Non puoi prenderla tu da solo... E credo che nessun altro sarà d'accordo.».

«Non spetta a te dirmi cosa devo fare!»

«Oh, ma io sono... Le mie istruzioni provengono da Ludendorff. E, naturalmente, lui sa del messaggio che hai ricevuto da Thornton. Gliel'ho telegrafato alcune ore fa.» Pennington guardò con noncuranza l'orologio. «Io esco a cena... Francamente preferirei mangiare da solo, ma se insisti a volermi seguire sopporterò la tua compagnia.»

«Miserabile idiota! Potrei spezzarti quel fottutissimo collo!» Pennington era livido di rabbia. Sapeva che Kroeger era disarmato - il suo revolver era sul cassettone in camera da letto - e la tentazione era notevole. Poteva ucciderlo, usare come prova il telegramma, e dire che Kroeger aveva disobbedito. Ma poi sarebbero intervenute le autorità spagnole e lui sarebbe dovuto sparire precipitosamente. E Kroeger aveva effettivamente un compito da svolgere. Strano che questo coinvolgesse così totalmente Howard Thornton.

«È possibile, certo. Ma allora potremmo, senza dubbio, farci fuori a vicenda in diversi modi, no?» Pennington estrasse una piccola pistola dalla fondina sotto l'ascella. «Per esempio, io potrei spararti immediatamente un solo colpo dritto in bocca... Ma non lo farò, nonostante la tua provocazione, perché l'ordine è più importante sia di me che di te. Dovrei rispondere della mia azione e certamente mi giustizierebbero. Ti uccideranno se agirai per conto tuo.»

«Tu non conosci questa Scarlatti, Pennington. Io si!» Come aveva fatto Elisabeth a sapere di Bertholde? Cosa poteva aver saputo da lui?

«Certo, voi siete vecchi amici!» L'inglese mise via la pistola e rise.

Come? Come? Lei non avrebbe osato sfidarlo! L'unica cosa che contasse per lei era il nome Scarlatti, la sua eredità, il suo futuro. E doveva sapere senz'ombra di dubbio che lui avrebbe soffocato tutto! Come? Perché?

«Non ci si può fidare di quella donna! Non ci si può fidare di lei!» Charles Pennington si tirò giù la giacca in modo che le spalle cadessero perfettamente e la stoffa nascondesse la leggera protuberanza della fondina. S'incamminò con calma verso la porta, già pregustando il chorizo. «Davvero, Heinrich? Tra noi c'è qualcuno di cui ci si possa fidare?» L'inglese chiuse la porta lasciandosi dietro un leggero aroma di Yardley.

Heinrich Kroeger ridistese il telegramma accartocciato che teneva in pugno.

Thornton era stato colto dal panico. Ciascuno degli altri tredici di Zurigo aveva ricevuto un identico cablogramma da Elisabeth Scarlatti. Ma nessuno eccetto Thornton sapeva chi era lui.

Kroeger doveva agire in fretta. Pennington non aveva mentito.

L'avrebbero ucciso, se avesse ordinato la morte di Elisabeth Scarlatti. Ciò non impediva, tuttavia, che quell'ordine partisse dopo Zurigo. Anzi, dopo Zurigo sarebbe stato imperativo.

Ma prima la terra di Thornton. Aveva ordinato a Thornton, per la sua stessa sicurezza, di mollare. Lui, spaventato, non aveva discusso, e quell'idiota di attaché stava facendo esattamente il suo gioco. Per la gloria di Gesù e per infliggere un altro colpo all'ateo comunismo.

Il denaro e il titolo sarebbero stati trasferiti entro una settimana.

Thornton stava mandando il suo avvocato da San Francisco a firmare i negoziati per procura.

Non appena la terra fosse diventata sua, Heinrich Kroeger avrebbe emesso una condanna a morte che nessuno avrebbe potuto rifiutare.

E quando la vita di quello spostato fosse stata spenta, Heinrich Kroeger sarebbe stato libero. Sarebbe stato una vera luce del nuovo ordine. Nessuno avrebbe saputo che Ulster Scarlett esisteva.

Eccetto una persona. L'avrebbe affrontata a Zurigo. L'avrebbe uccisa a Zurigo.



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