11.
Sulle prime nessuno ci fece molto caso. Ulster si era già assentato altre volte da casa. Certo non era il comportamento tradizionale di uno che era diventato padre per la prima volta, ma Ulster non corrispondeva mai a nessuno schema tradizionale. Si pensò che i riti tribali che accompagnavano la nascita di un figlio maschio si fossero rivelati insostenibili per lui e che perciò avesse cercato rifugio in attività su cui era meglio sorvolare. Quando, dopo tre settimane, ancora non era arrivata nessuna notizia da lui né era stata fornita nessuna spiegazione soddisfacente da una serie di persone, i familiari cominciarono a preoccuparsi seriamente. Al venticinquesimo giorno dalla sua scomparsa, Janet chiese a Chancellor di chiamare la polizia. Chancellor invece chiamò Elisabeth, cosa che fu molto più positiva.
Elisabeth valutò attentamente le alternative. Chiamare la polizia avrebbe significato inevitabilmente un'indagine e un mucchio di pubblicità. Tenuto conto delle attività di Ulster dell'anno precedente, la cosa non pareva affatto opportuna. Se l'assenza era volontaria, una simile azione sarebbe servita soltanto a provocarlo. Se non lo provocavano, suo figlio era imprevedibile; ma se veniva provocato, poteva diventare intrattabile. Elisabeth decise di incaricare un'agenzia di investigazione molto discreta, alla quale si erano rivolti spesso perché esaminasse le richieste di pagamento di certe assicurazioni fatte alle aziende di famiglia. I titolari capirono perfettamente e assegnarono l'incarico ai loro uomini più efficienti e più fidati.
Elisabeth diede loro due settimane per scovare Ulster Scarlett. A dire il vero, si aspettava che suo figlio si sarebbe fatto vivo prima d'allora, ma in caso contrario avrebbe passato la cosa alla polizia.
Alla fine della prima settimana, gli investigatori avevano compilato un nutrito rapporto sulle abitudini di Ulster. I posti che frequentava più spesso; i suoi amici (molti); i suoi nemici (pochi); e una ricostruzione, il più particolareggiata possibile, dei suoi movimenti nei giorni precedenti la sua scomparsa. E quelle informazioni furono trasmesse a Elisabeth.
Elisabeth e Chancellor Drew studiarono attentamente il rapporto. Non c'era nulla di rivelatore.
La seconda settimana fu altrettanto sterile di novità, a parte il fatto che vennero ricostruite più minuziosamente, giorno per giorno e ora per ora, le attività di Ulster. Da quando era tornato dall'Europa, le sue occupazioni quotidiane avevano obbedito a un rituale preciso. I campi di squash e i bagni turchi del club atletico; la banca nella bassa Broadway, la Waterman Trust; i cocktail tra le quattro e mezzo e le sei pomeridiane in cinque diversi locali clandestini della Cinquantatreesima che si contendevano la sua presenza nei cinque giorni feriali; le sortite notturne nel mondo dei divertimenti dove un pugno di imprenditori requisiva i suoi piaceri (e finanziamenti); le quasi quotidiane puntate a tarda notte in un club ristorante della Quindicesima prima del ritorno a casa, mai più tardi delle due.
Ci fu un dato che colpì Elisabeth, come già, a dire il vero, aveva colpito l'uomo che l'aveva raccolto. Era assurdo. Compariva nella ricostruzione di mercoledì.
Uscì di casa alle 10 e 30 circa e chiamò immediatamente un taxi davanti alla sua abitazione. La cameriera stava spazzando i gradini d'ingresso ed ebbe l'impressione di sentir dire al signor Scarlett di portarlo a una fermata della metropolitana.
Elisabeth non aveva mai pensato che Ulster prendesse la metropolitana. Comunque, due ore dopo, secondo un certo 'signor Mascolo, capo cameriere al ristorante Venezia', Ulster faceva colazione con tale 'miss Dempsey (Vedi Amicizie: Artisti di teatro)'. Il ristorante era a due isolati di distanza dalla casa di Ulster. Naturalmente potevano esserci decine di spiegazioni e di certo nel rapporto non c'era nulla che indicasse qualcosa di strano a parte la decisione di Ulster di prendere la metropolitana. Li per li Elisabeth l'attribuì al fatto che Ulster doveva incontrare qualcuno, probabilmente miss Dempsey.
Alla fine della settimana Elisabeth capitolò e ordinò a Chancellor Drew di contattare la polizia. Fu un giorno memorabile per i giornali. L'fbi si associò alla polizia di Manhattan sulla base del fatto che probabilmente erano state violate leggi interstatali. Decine di cercatori di pubblicità come di sinceri individui si presentarono spontaneamente per dichiarare di aver visto Ulster Scarlett nell'ultima settimana prima della sua scomparsa. Giunsero anche telefonate di sciacalli, che sostenevano di sapere dove si trovasse e pretendevano denaro per le informazioni. Arrivarono cinque lettere contenenti la richiesta di un riscatto per il suo rilascio. Tutte le piste furono controllate. E tutte si rivelarono false.
Benjamin Reynolds lesse la storia nella seconda pagina del Washington Herald. A parte la cronaca delle nozze, era la prima notizia che leggeva sul conto di Ulster Scarlett dall'epoca del suo incontro con Elisabeth Scarlatti avvenuto più di un anno prima. Però, mantenendo la parola data, aveva svolto delle discrete indagini sul celebre eroe di guerra durante gli ultimi mesi - solo per apprendere che era rientrato nel suo mondo per bene. Elisabeth Scarlatti aveva fatto un buon lavoro. Suo figlio si era ritirato dall'affare delle importazioni e le voci di suoi rapporti con elementi criminali si erano spente. Si era addirittura spinto fino ad assumere un ruolo, sebbene secondario, alla Waterman Trust di New York.
Era sembrato che l'affare Scarlatti fosse finito, per quanto riguardava Ben Reynolds.
E ora questa storia.
Ciò significava forse che tutta la faccenda non era conclusa, non era più una ferita rimarginata? Avrebbe comportato la riapertura della crudele ipotesi sulla quale lui, Reynolds, aveva lavorato? Si sarebbero rivolti ancora al Gruppo Venti?
Un rampollo Scarlatti non spariva nel nulla senza che il governo si mettesse, come minimo, in allarme. C'erano troppi parlamentari che avevano debiti di gratitudine verso la Scarlatti per una cosa o per l'altra: una fabbrica, un giornale, un cospicuo assegno per la campagna elettorale il più delle volte. Prima o poi qualcuno si sarebbe ricordato che il Gruppo Venti aveva già indagato una volta sulle attività di Ulster Scarlett.
Sarebbero tornati alla carica. Con discrezione.
Se Elisabeth Scarlatti avesse dato il suo benestare.
Reynolds depose il giornale, si tirò su dalla sedia e andò alla porta del suo ufficio.
«Glover,» chiese al suo subordinato «potresti venire un momento nel mio ufficio?» L'uomo più anziano ritornò alla sua sedia e si sedette. «Hai letto la storia di Scarlatti?»
«Si, stamattina, mentre venivo qui» rispose Glover, varcando la porta.
«Che cosa ne pensi?»
«Sapevo che me l'avresti chiesto. Penso che qualche suo amico dell'anno scorso si sia rifatto vivo con lui.»
«Perché?» Glover si sedette sulla sedia davanti alla scrivania di Reynolds. «Perché non riesco a pensare a nient'altro e perché è logico... E non chiedermi di nuovo perché, dato che lo sai quanto me.»
«Davvero? Non ne sono sicuro.»
«Oh, andiamo, Ben. L'uomo che mette i soldi non ci sta più. Qualcuno è inguaiato per una spedizione e va da lui. Lui si rifiuta. Scattano in azione i bellimbusti siciliani ed ecco fatto... O è qualcosa del genere oppure un ricatto. Lui ha deciso di battersi - e ha perso.»
«Non posso credere a una storia di violenza.»
«Vallo a raccontare alla polizia di Chicago.»
«Scarlett non se la faceva coi pesci piccoli. Ecco perché non accetto l'ipotesi della violenza. C'era troppo da perdere. Era troppo potente; aveva troppi amici... L'avrebbero usato, non ucciso.»
«Allora che cosa pensi?»
«Non so. Ecco perché l'ho chiesto a te. Hai molto da fare oggi pomeriggio?»
«Si, maledizione. Sempre le stesse due cose. E non stiamo cavando un ragno da un buco.»
«La diga in Arizona?»
«Quella è una. Quel figlio di puttana di deputato continua a far passare stanziamenti e noi sappiamo benissimo che prende i soldi, ma non possiamo provarlo. Non riusciamo nemmeno a far ammettere a nessuno che conosce qualcuno... Incidentalmente, a proposito dell'affare Scarlett, di questo si sta occupando Canfield.»
«Si, lo so. Come se la cava?»
«Oh, non possiamo dire niente su di lui. Sta facendo tutto quello che può.»
«Qual è l'altro problema?»
«Il memorandum di Pond da Stoccolma.»
«Deve tirar fuori qualcosa di più di semplici dicerie, Glover. Finché non ci dà qualcosa di concreto, ci fa solo perdere tempo. Questo te l'ho detto.»
«Lo so, lo so. Ma Pond ha mandato attraverso il corriere la notizia - arrivata dal Dipartimento di stato stamattina -che l'affare è stato concluso. Questa è la novità.»
«Ma Pond non riesce a procurarsi dei nomi? Ci sono in ballo titoli per il valore di trenta milioni di dollari e lui non riesce a scoprire un solo nome?»
«Una confederazione molto solida, evidentemente. Lui non ne ha strappato neanche uno.»
«Uno schifo d'ambasciatore. Coolidge nomina degli ambasciatori pessimi.»
«Lui è convinto che Donnenfeld abbia manovrato l'intera faccenda.»
«Be', finalmente un nome. Chi diavolo è Donnenfeld?»
«Non è una persona. E un'azienda. Una delle più grosse alla Borsa di Stoccolma.»
«Come è arrivato a questa conclusione?»
«Per due ragioni. La prima è che solo una grande azienda potrebbe permetterselo. La seconda, che l'intera faccenda può essere coperta più facilmente in questo modo. E lo sarà. Dei titoli americani venduti alla Borsa di Stoccolma... è un affare rischioso.»
«Rischioso un corno! Non si può fare!»
«D'accordo. Raccolti a Stoccolma. Stessa cosa per quanto riguarda i soldi.»
«Cosa intendi fare?»
«Una sfacchinata. Continuare a controllare tutte le società che hanno grossi legami con la Svezia. Vuoi sapere una cosa? Ce ne sono cinque o sei solo nel Milwakee. Che ne dici? Fa' fagotto e tornatene a casa a metterti in affari coi tuoi cugini di laggiù.»
«Se vuoi la mia opinione, Walter Pond sta montando la cosa per attirare un po' d'attenzione su di sé. Cai Coolidge non nomina ambasciatore un amico mandandolo nella terra del sole di mezzanotte - o come diavolo si chiama - a meno che il tipo non sia l'amico che crede lui.»
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