3.
Una storia americana di successo.
Il 24 agosto del 1892, l'ambiente mondano di Chicago e di Evanston, Illinois, fu scosso alle fondamenta, che già non erano eccessivamente solide. Perché quel giorno Elisabeth Royce Wyckham, la figlia ventisettenne dell'industriale Albert O. Wyckham, sposò un povero immigrato siciliano di nome Giovanni Merighi Scarlatti.
Elisabeth Wyckham era una ragazza alta, aristocratica, che era stata per i suoi genitori una fonte inesauribile di preoccupazioni. Secondo Albert O. Wyckham e sua moglie, la non più giovanissima Elisabeth aveva rifiutato tutte le più brillanti occasioni di matrimonio che poteva offrire Chicago. Per tutta risposta aveva detto: «Non è tutto oro quello che riluce, papà!» Così la portarono a fare uno splendido giro in Europa, spendendo grandi somme in grandi speranze. Dopo quattro mesi in cui le furono sottoposti i migliori partiti d'Inghilterra, Francia e Germania, la sua risposta fu: «Paccottiglia, papà. Preferirei una sfilza di amanti!» Il padre appioppò un sonoro schiaffo alla figlia.
E lei, a sua volta, gli assestò un calcio negli stinchi.
Elisabeth conobbe il suo futuro marito in occasione di uno di quei picnic che i dirigenti della ditta di Chicago di suo padre organizzavano ogni anno per gli impiegati meritevoli e per le loro famiglie. L'uomo le era stato presentato come avrebbe potuto essere presentato un servo alla figlia di un barone feudale.
Era gigantesco, con mani massicce ma stranamente delicate, e marcati lineamenti italiani. Parlava un inglese quasi incomprensibile, ma invece di presentare con imbarazzata umiltà i suoi discorsi smozzicati, irradiava sicurezza di sé e non si scusava affatto. A Elisabeth piacque immediatamente. Sebbene il giovane Scarlatti non fosse né un impiegato né avesse una famiglia, aveva colpito i dirigenti della Wyckham per la sua conoscenza dei macchinari; e aveva addirittura presentato un progetto di una macchina che avrebbe ridotto il costo di produzione dei rotoli di carta forse del 16%. Era stato invitato al picnic.
La curiosità di Elisabeth era già stata stuzzicata dalle storie che raccontava suo padre. Quell'uomo sapeva mettere le mani in tutto ciò che era tecnico - un talento incredibile. Aveva individuato due tipi di macchine, in altrettante settimane, nelle quali l'aggiunta di una sola leva eliminava la necessità di un secondo addetto. Dal momento che c'erano otto esemplari per ciascuna macchina, la società Wyckham aveva potuto licenziare sedici operai che ovviamente non servivano più. Inoltre, Wyckham aveva avuto la previdenza di assumere un italiano della seconda generazione della Little Italy di Chicago per accompagnare Giovanni Scarlatti ovunque nello stabilimento e per fargli letteralmente da interprete. Il vecchio Wyckham trovava da ridire sugli otto dollari la settimana che doveva dare a quell'accompagnatore italiano, ma giustificava il salario col fatto che Giovanni avrebbe introdotto altri miglioramenti. E lui avrebbe fatto meglio a darsi da fare. Wyckham gli dava quattordici dollari la settimana.
La prima vera intuizione sul conto del suo futuro marito, Elisabeth l'ebbe parecchie settimane dopo il picnic. Una sera, a tavola, suo padre annunciò gongolante che il suo grosso semplicione italiano aveva chiesto il permesso di andare in fabbrica di domenica! Niente paga straordinaria, da notare: è che non aveva niente di meglio da fare. Naturalmente Wyckham aveva acconsentito, dando istruzioni al guardiano, perché era suo dovere di cristiano tenere occupato un simile individuo, e lontano da tutto il vino e la birra a cui erano dediti gli italiani.
La seconda domenica Elisabeth trovò un pretesto per allontanarsi dalla sua elegante casa nella suburbana Evanston e andare a Chicago e poi allo stabilimento. Là trovò Giovanni, non nel reparto macchine, ma in uno degli uffici contabilità: stava ricopiando laboriosamente delle cifre da un incartamento che portava scritto a chiare lettere: riservato. Il cassetto di uno schedario d'acciaio sulla parete sinistra dell'ufficio era aperto. Un lungo pezzo di sottile fil di ferro pendeva ancora dalla piccola serratura. Ovviamente la serratura era stata scassinata con mano esperta.
In quel momento, fermandosi nel vano della porta a osservarlo, Elisabeth sorrise. Quel grande sempliciotto italiano dai capelli neri era molto più complicato di quanto suo padre pensasse. E, cosa tutt'altro che secondaria, era quanto mai attraente.
Trasalendo, Giovanni alzò gli occhi. Nel tempo di una frazione di secondo aveva assunto un atteggiamento sospettoso.
«Okay, signorina Lisbet! Lo dica pure a suo papà! Non ci voglio lavorare più qui!» Allora Elisabeth disse le sue prime parole d'amore a Giovanni.
«Mi prenda una sedia, signor Scarlatti. L'aiuterò... Così farà prima.» E in effetti andò così.
Le settimane che seguirono furono dedicate a istruire Giovanni sulla struttura legale e societaria dell'organizzazione industriale americana. Solo i fatti, senza teoria, perché tanto Giovanni aveva la sua filosofia. Quella terra di opportunità era fatta per quelli ch'erano appena un po' più svelti degli altri opportunisti. Era un periodo di enorme crescita economica e Giovanni si rendeva conto chiaramente di una cosa: a meno che le sue macchine non gli avessero permesso di possedere una parte di quello sviluppo, la sua posizione sarebbe rimasta quella di un servo di padroni anziché quella di un padrone di servi. E lui era ambizioso.
Giovanni si mise al lavoro con l'aiuto di Elisabeth. Disegnò quella che il vecchio Albert Wyckham e i suoi dirigenti consideravano una macchina rivoluzionaria, una pressa a urto-estrusione che poteva produrre lati di scatole di cartone increspato a una velocità fenomenale e a un costo circa il 30% più basso di quello del vecchio sistema. Wyckham fu tutto contento e diede a Giovanni un aumento di dieci dollari.
Mentre si attendeva che il nuovo macchinario venisse approntato e montato, Elisabeth convinse il padre a invitare a cena Giovanni. In un primo momento Albert Wyckham pensò che sua figlia volesse giocargli uno scherzo. Uno scherzo di dubbio gusto per tutti gli interessati. Poteva darsi che Wyckham avesse preso in giro l'italiano, ma lo rispettava. Non voleva vederlo in imbarazzo, invitandolo a una cena formale. Però, quando Elisabeth disse a suo padre che metterlo in imbarazzo era l'ultima cosa che aveva in mente, che aveva incontrato Giovanni in diverse occasioni da quella volta del picnic della ditta - trovandolo assai divertente - suo padre acconsentì a una cenetta alla buona, improvvisamente assalito da nuovi sospetti.
Tre giorni dopo la cena, la nuova macchina di Wyckham per produrre cartone increspato entrò in funzione e quel mattino Giovanni Scarlatti non si presentò al lavoro.
Nessuno dei dirigenti riusciva a spiegarselo. Avrebbe dovuto essere la mattina più importante della sua vita.
E lo fu.
Perché invece di Giovanni, all'ufficio di Albert Wyckham arrivò una lettera, battuta a macchina da sua figlia. La lettera presentava l'abbozzo di una seconda macchina per cartone increspato che rendeva completamente superato il nuovo macchinario di Wyckham.
Le condizioni di Giovanni erano poste molto chiaramente: o Wyckham gli cedeva un grosso pacchetto di azioni della ditta e in più gli dava l'opzione per l'acquisto di altre azioni basato sui valori correnti, oppure lui avrebbe portato il suo secondo progetto per la produzione di cartone increspato al concorrente di Wyckham. Chiunque avesse posseduto il secondo progetto, poteva buttare nella spazzatura l'altro. Non che gli importasse, ma Giovanni Scarlatti pensava sarebbe stato meglio che restasse in famiglia, dal momento che chiedeva formalmente la mano della figlia di Albert. Di nuovo, la risposta di Wyckham non gli interessava veramente, perché comunque lui ed Elisabeth sarebbero stati uniti come marito e moglie entro la fine del mese, a prescindere dalla sua posizione.
Da quel momento in avanti, l'ascesa di Scarlatti fu tanto rapida quanto poco chiara. I fatti di dominio pubblico indicano che per diversi anni egli continuò a disegnare nuove e migliori macchine per numerose cartiere del Midwest. E lo fece sempre alle stesse condizioni - diritti di brevetto e partecipazioni di piccola entità, con opzione sull'acquisto di altre azioni al prezzo anteriore alla messa in opera delle sue nuove macchine. Per tutti i progetti era prevista una nuova contrattazione dei diritti dopo un periodo di cinque anni. Una clausola ragionevole da affrontare con discreta buona fede. Un'espressione legale largamente accettabile, soprattutto alla luce delle basse percentuali di royalty.
A quell'epoca, il padre di Elisabeth, sfinito per le tensioni sul lavoro e per il matrimonio di sua figlia 'con quel bastardo', fu felice di ritirarsi dagli affari. A Giovanni e a sua moglie fu assegnato l'intero pacchetto azionario della Wyckham Company con diritto di voto.
Era tutto ciò di cui Giovanni avesse bisogno. La matematica è una scienza pura, e mai la cosa fu più evidente. Dato che aveva già una partecipazione in undici cartiere dell'Illinois, dell'Ohio e della Pennsylvania, e che possedeva i brevetti di trentasei macchinari già in funzione, Giovanni Scarlatti indisse un convegno delle aziende in cui era interessato. Con un'iniziativa che equivalse a una strage degli ignari, Giovanni sostenne l'opportunità di costituire un'organizzazione di controllo con lui e sua moglie come principali azionisti.
Naturalmente, gli interessi di tutti sarebbero stati ben tutelati, e sotto la guida del suo genio inventivo le singole società si sarebbero espanse al di là dei loro sogni più sfrenati.
Se non erano d'accordo, potevano rimuovere le sue macchine dalle loro fabbriche. Lui era un povero immigrato che s'era fatto raggirare sugli accordi iniziali. I diritti che gli pagavano per i suoi progetti erano ridicoli alla luce dei profitti. Inoltre, in parecchi casi, certe azioni erano salite astronomicamente e secondo i termini dei suoi contratti quelle determinate aziende dovevano mettergliele a disposizione al prezzo precedente. Quindi, a voler ben guardare, Giovanni Scarlatti era uno dei maggiori azionisti di numerose solide società produttrici di carta.
Urla lamentose si udirono nelle sale dei consigli d'amministrazione di tutti e tre gli Stati. Sfide impulsive furono lanciate all'arrogante italiano, solo per essere bloccate da più saggi pareri legali. Meglio la sopravvivenza nella fusione che la distruzione nell'isolamento. Poteva darsi che Scarlatti venisse sconfitto in tribunale, ma era possibilissimo anche il contrario. In quest'ultima eventualità le sue pretese avrebbero potuto essere eccessive, e se fossero state respinte, il costo della sostituzione delle attrezzature e della perdita delle scorte avrebbe precipitato molte di quelle aziende in una condizione finanziaria disastrosa. Per di più, Scarlatti era un genio, e probabilmente per tutti loro sarebbe andata piuttosto bene.
Così, fu costituita la gigantesca società Industrie Scarlatti, e così nacque l'impero di Giovanni Merighi Scarlatti.
Esso rifletteva il carattere del suo padrone - onnivoro, energico, insaziabile. Come si diversificava la curiosità di Giovanni, così facevano le sue società. Dalla carta fu semplice passare all'imballaggio; dall'imballaggio ai trasporti; dai trasporti ai prodotti agricoli. E immancabilmente, ogni volta che comprava, gli veniva un'idea migliore.
Nel 1904, dopo dodici anni di matrimonio, Elisabeth Wyckham Scarlatti decise che era prudente per lei e il marito trasferirsi all'Est. Sebbene le fortune di suo marito fossero solide e crescessero di giorno in giorno, la sua popolarità non era davvero invidiabile. Tra le potenze finanziarie di Chicago, Giovanni era la prova vivente della dottrina di Monroe. Gli irlandesi erano antipatici, ma questo qui era insopportabile.
Il padre e la madre di Elisabeth morirono, e con loro le vennero a mancare anche quei pochi rapporti sociali che poteva aver conservato. L'opinione delle famiglie dei suoi amici d'infanzia fu così descritta da Franklin Fowler, da non molto padrone della Fowler Paper Products: «Quello sporco italiano tutto nero può anche possedere l'ipoteca sul palazzo del club, ma neanche morti lasceremo che ne diventi membro!» Quell'atteggiamento generale non faceva il minimo effetto a Giovanni, che non aveva né tempo né interesse per questo genere di piaceri. E neppure a Elisabeth, che divideva con Giovanni assai più del letto matrimoniale. Lei era il suo censore, la fonte di ogni conferma, la costante interprete di significati a lui poco chiari. Ma la vedeva diversamente dal marito per quanto riguardava il fatto di essere esclusi dai più normali svaghi sociali. Non per sé, ma per i bambini.
Elisabeth e Giovanni avevano avuto in dono dalla sorte tre figli: Roland Wyckham, di nove anni; Chancellor Drew, di otto; e Ulster Stewart, di sette. E sebbene fossero solo dei ragazzini, Elisabeth vedeva l'effetto che l'ostracismo da cui era colpita la famiglia stava producendo su di loro. Essi frequentavano l'esclusiva Evanston School, ma al di fuori dei quotidiani contatti scolastici non vedevano altri ragazzi oltre ai fratelli. Non venivano mai invitati alle feste di compleanno, ma se le sentivano raccontare il giorno dopo; gli inviti che rivolgevano ai compagni ricevevano regolarmente una fredda accoglienza grazie all'intervento delle istitutrici; infine, e forse era la cosa più dolorosa di tutte, c'era la solita canzoncina che ogni mattina salutava i ragazzi al loro arrivo: «Scarlatti, spaghetti! Scarlatti, spaghetti!» Elisabeth decise che dovevano ripartire da zero. Anche lei e Giovanni. Sapeva che potevano permetterselo, anche se avesse significato per il marito tornare alla sua natia Italia e comperare Roma.
Invece che a Roma, però, Elisabeth fece un viaggetto a New York e scoprì qualcosa che non avrebbe mai immaginato.
New York era una città molto provinciale. I suoi interessi erano insulari, e tra gli uomini d'affari la reputazione di Giovanni Merighi Scarlatti aveva avuto una sorte piuttosto atipica: non sapevano molto di lui, a parte il fatto che era un inventore italiano che aveva acquistato numerose società americane del Midwest.
Inventore italiano. Società americane.
Elisabeth scoprì anche che alcuni dei più avveduti uomini di Wall Street credevano che il denaro di Scarlatti provenisse all'origine da una delle compagnie di navigazione italiane. Dopo tutto, sua moglie veniva da una delle migliori famiglie di Chicago.
New York, dunque.
Elisabeth scelse di sistemarsi temporaneamente con la famiglia al Delmonico, e, appena si fu trasferita, capì di aver preso la decisione giusta. I ragazzi non stavano nella pelle dall'eccitazione, pregustando la nuova scuola e i nuovi amici; e dopo neanche un mese, Giovanni aveva acquistato il controllo di due fallimentari e antiquate cartiere sullo Hudson, di cui stava progettando con zelo la congiunta resurrezione.
Gli Scarlatti restarono al Delmonico per circa due anni. Non che fosse davvero necessario, perché la casa nei quartieri alti avrebbe potuto essere completata molto prima se solo Giovanni fosse stato in grado di dedicarle la dovuta attenzione. In compenso, come risultato di queste lunghe consultazioni con gli architetti e gli imprenditori, egli scoprì un altro interesse: la terra.
Una sera, mentre stavano cenando a tarda ora nel loro appartamento, a un tratto Giovanni disse: «Riempi un assegno per duecentodiecimila dollari. Intestalo alla Immobiliare East Island.»
«Un'agenzia immobiliare?»
«Già. Mi dai i cracker?» Elisabeth gli passò i cracker. «Sono un sacco di soldi.»
«E noi ce l'abbiamo un sacco di soldi, no?»
«Be', si, è vero, ma duecentodiecimila dollari... E per un nuovo stabilimento?»
«Tu dammi l'assegno, Elisabeth. Ho una bella sorpresa per te.» Elisabeth lo fissò. «Lo sai che non discuto mai il tuo parere, ma devo insistere...»
«D'accordo, d'accordo.» Giovanni sorrise. «Niente sorpresa, allora. Te lo dico... Diventerò una specie di barone.»
«Un cosa?»
«Un barone. Un conte. Tu puoi essere una contessa.»
«Continuo a non capire...»
«In Italia, uno che ha un paio di campi, magari qualche maiale, è praticamente un barone. Molti vogliono essere baroni. Ho parlato con quelli dell'East Island. Mi venderanno qualche prato giù a Long Island.»
«Ma Giovanni, non servono a niente! Sono semplicemente soldi buttati via!»
«Donna, usa la testa! Già non c'è più posto per i cavalli. Domani mi darai l'assegno. Non discutere, per piacere. Fammi un sorriso e sii la moglie di un barone.» Elisabeth Scarlatti sorrise.
DON GIOVANNI MERIGHI ED ELISABETH WYCKHAM SCARLATTI DI FERRARA Casa di Ferrara d'Italia - Residenza americana Delmonico New York Sebbene Elisabeth non li prendesse sul serio, ma anzi li vedesse come uno scherzo privato tra lei e Giovanni, quei biglietti da visita effettivamente servivano a qualcosa, quando la gente non ci rifletteva troppo. Perché fornivano un'identificazione adatta alla ricchezza di Giovanni Scarlatti. E sebbene nessuno di quelli che li conoscevano si riferisse mai a loro come al conte o alla contessa, c'erano molti che non erano sicuri.
In fondo era possibile...
E un risultato specifico fu ottenuto; anche se il titolo non appariva sul biglietto da visita, per il resto della sua vita Elisabeth fu chiamata madame.
Madame Elisabeth Scarlatti.
E Giovanni non potè più protendersi fino all'altro capo del tavolo per prendere il piatto di minestra della moglie.
Due anni dopo l'acquisto della terra, il 14 luglio del 1908, Giovanni Merighi Scarlatti morì. Era come esploso. E per settimane Elisabeth cercò, nel suo intontimento, di rendersi conto. Non c'era nessuno a cui potesse rivolgersi. Lei e Giovanni erano stati amanti, amici, soci; e ciascuno aveva fatto da coscienza all'altro. Il pensiero di vivere senza il proprio compagno era stato per entrambi l'unica paura che avessero mai conosciuto.
Ma lui non c'era più, ed Elisabeth sapeva che non avevano costruito un impero perché uno dei due lo vedesse crollare con la scomparsa dell'altro.
La sua prima iniziativa fu quella di unificare in un solo posto di comando le varie direzioni delle molte e sparse Industrie Scarlatti.
Gli alti dirigenti e le loro famiglie furono sradicati dal Midwest e trasferiti a New York. Furono preparati degli organigrammi, da sottoporre all'approvazione di Elisabeth, che definivano chiaramente tutti i livelli decisionali e le aree di responsabilità specifica. Fu creata una rete privata di comunicazioni telegrafiche tra gli uffici di New York e ciascuno stabilimento, fabbrica, cantiere e ufficio locale. Elisabeth era un buon generale e il suo esercito era un'organizzazione eccellente per addestramento e pertinacia. I tempi erano dalla sua parte, e la sua acuta analisi della gente faceva il resto.
Si fece costruire una magnifica casa di città, acquistò una proprietà a Newport e un altro ritiro marino in un centro residenziale chiamato Oyster Bay, e ogni settimana aveva una serie di sfibranti incontri con i dirigenti delle società del suo defunto marito.
Tra le sue azioni più importanti ci fu la decisione di aiutare i suoi figli a identificarsi completamente con la democrazia protestante. Il suo ragionamento era semplice: il nome Scarlatti suonava fuori posto, persino grossolano, nei giri in cui i ragazzi erano entrati e dei quali avrebbero continuato a far parte per il resto della loro vita. Così il loro cognome fu legalmente modificato in Scarlett.
Naturalmente lei, dal canto suo, per profondo rispetto verso Don Giovanni e la tradizione di Ferrara, restò: ELISABETH SCARLATTI DI FERRARA
Ma non volle indicare alcun domicilio, perché le era difficile sapere in quale delle sue case sarebbe stata rintracciabile.
Elisabeth riconosceva la spiacevole evidenza che i suoi due figli più grandi non avevano né il dono dell'immaginazione di Giovanni né la sua tipica capacità di capire il prossimo. Quanto al più giovane, era difficile dire, perché Ulster Stewart Scarlett stava rivelandosi sempre più un problema.
Da bambino Ulster era semplicemente capriccioso - un tratto caratteriale, che Elisabeth attribuiva al fatto di essere il più piccolo, il più viziato. Ma quando diventò adolescente, il suo atteggiamento subì un sottile cambiamento. Non solo doveva ottenere a tutti i costi quello che voleva, ma lo pretendeva. Era l'unico dei fratelli che usasse la sua ricchezza con crudeltà. O con brutalità, forse, e questo preoccupava Elisabeth. La prima volta che si scontrò con tale atteggiamento fu in occasione del tredicesimo compleanno di Ulster. Qualche giorno prima l'insegnante del ragazzo le aveva mandato un biglietto.
Cara signora Scarlatti, sembra che gli inviti per il compleanno di Ulster siano diventati un piccolo problema. Il caro ragazzo non sa decidersi su quali siano i suoi migliori amici - ne ha talmente tanti - e di conseguenza ha distribuito un mucchio di inviti che ha poi ritirato per darli ad altri ragazzi. Sono certa che la Parkleigh School rinuncerebbe al limite di venticinque nel caso di Ulster Stewart.
Quella notte Elisabeth chiese spiegazioni a Ulster. «Si. Ho ritirato qualche invito. Ho cambiato idea.»
«Perché? E molto scortese.»
«Perché no? Non volevo che venissero.»
«Allora perché prima gli hai dato gli inviti?»
«Perché potessero correre a casa ad annunciare a papà e mamma che venivano da noi.» Il ragazzo rise. «Poi sono dovuti tornare indietro per dire che non ci venivano più.»
«Ma è terribile!»
«Non direi. Loro non vogliono venire alla mia festa di compleanno, vogliono venire in casa tua!» Quando era matricola a Princeton, Ulster Stewart Scarlett manifestò una pronunciata tendenza all'ostilità verso i fratelli, i compagni di classe, i professori e - ciò che per Elisabeth era la cosa più sgradevole - verso i domestici. Lo tolleravano perché era figlio di Elisabeth Scarlatti e per nessun'altra ragione. Ulster era un giovane mostruosamente viziato, ed Elisabeth si rendeva conto che doveva fare qualcosa a questo proposito. Nel giugno del 1916 gli ordinò di tornare a casa per un fine settimana, poi gli disse che doveva mettersi a lavorare. «No, non lo farò.»
«E invece lo farai! Non oserai disobbedirmi!» E Ulster non disobbedì. Passò l'estate allo stabilimento sullo Hudson mentre i suoi due fratelli a Oyster Bay godevano i piaceri dello Stretto di Long Island.
Alla fine dell'estate, Elisabeth chiese come si era comportato.
«Vuole la verità, madame Scarlatti?» domandò il giovane direttore della fabbrica, un sabato mattina, nello studio di Elisabeth. «Certamente.»
«Probabilmente mi costerà il posto.»
«Ne dubito.»
«Benissimo, signora. Suo figlio ha cominciato col reparto delle balle di materiale grezzo, come ha ordinato lei. E un lavoro duro, ma lui è forte... L'ho tirato via di li dopo che ha pestato un paio di uomini.»
«Santo cielo! Perché non sono stata avvertita?»
«Non conoscevo le circostanze. Pensai che forse quelli l'avessero provocato. Non sapevo.»
«E che cosa ha scoperto?»
«La provocazione era dall'altra parte... Lo misi alle presse e fu anche peggio. Minacciò gli altri, disse che li avrebbe fatti licenziare, li costrinse a fare il suo lavoro. Non lasciò mai dimenticare a nessuno chi era.»
«Avrebbe dovuto dirmelo.»
«Non lo sapevo nemmeno io fino all'altra settimana. Tre uomini se ne sono andati. A uno abbiamo dovuto pagare il conto del dentista. Suo figlio li ha colpiti con una sbarra di piombo.»
«Sono cose terribili... Potrebbe dirmi la sua opinione? Sia franco, per favore. Le converrà.»
«Suo figlio è un ragazzone. È un tipo tosto... Ma non so bene cos'altro sia. Ho solo idea che voglia cominciare già in alto, e forse è quello che dovrebbe fare. E suo figlio. Suo padre ha costruito la fabbrica.»
«Ma questo non gli dà affatto un simile diritto. Suo padre non ha cominciato in alto!»
«Allora forse dovrebbe spiegarglielo. Non sembra che sia molto utile a nessuno di noi.»
«Quello che mi sta dicendo è che mio figlio ha un diritto di nascita, un temperamento, una certa forza animale... e nessun talento evidente. Dico bene?»
«Se mi costerà il posto, me ne troverò un altro. Si. Suo figlio non mi piace. Non mi piace per niente.» Elisabeth studiò attentamente quell'uomo. «Forse neanche a me, ho paura. Lei avrà un aumento a cominciare dalla settimana prossima.» Elisabeth rispedì Ulster Stewart a Princeton quell'autunno, e il giorno della sua partenza lo mise di fronte alla relazione sulle sue prodezze estive.
«Quel piccolo sporco irlandese figlio di buona donna voleva fregarmi a tutti i costi! Lo sapevo!»
«Quel piccolo sporco irlandese figlio di buona donna è un eccellente direttore di stabilimento.»
«Ha mentito! Sono tutte bugie!»
«È la verità! È riuscito a impedire a molti operai di sporgere querela contro di te. Dovresti essergliene grato.»
«Che vadano all'inferno! Spregevoli vermiciattoli!»
«Il tuo linguaggio è disgustoso. Chi sei tu per insultare la gente? Tu che cosa hai fatto?»
«Non sono tenuto a far niente.»
«E perché? Perché sei quello che sei? E cosa sei tu? Quali straordinarie capacità avresti? Mi piacerebbe saperlo.»
«È questo che cerchi, vero? Che cosa sai fare, piccolo uomo? Come te la cavi a fare i quattrini?»
«È una misura del successo.»
«E la tua unica misura!»
«E tu la rifiuti?»
«Certo!»
«Allora fatti missionario.»
«No, grazie.»
«In questo caso non spargere calunnie al mercato. Ci vuole una certa abilità per sopravvivere là dentro. Tuo padre lo sapeva, questo.»
«Sapeva come si fa a imbrogliare. Pensi che io non l'abbia saputo? Sapeva trafficare, proprio come te!»
«Lui era un genio! S'era fatto da sé! Tu cos'hai combinato? Cos'hai mai fatto, oltre a vivere di quello che ci ha dato lui? E non sai neanche farlo con stile!»
«Merda!» Improvvisamente Elisabeth si fermò per un istante, osservando suo figlio. «Dunque è così! Mio Dio, è così, non è vero? Sei spaventato a morte. Sei pieno di arroganza, ma non hai niente - assolutamente niente - che la giustifichi, nemmeno in minima parte. Dev'essere molto penoso.» Suo figlio uscì precipitosamente dalla stanza, ed Elisabeth stette seduta a lungo a riflettere sullo scambio di idee che aveva appena avuto luogo. Aveva paura. Ulster era pericoloso. Quel ragazzo vedeva intorno a sé i frutti dell'abilità e non aveva il talento o la capacità di dare il suo contributo. Sarebbe restato a guardare. Poi pensò a tutti e tre i figli. Il timido, malleabile Roland Wyckham; lo studioso, preciso Chancellor Drew; e l'arrogante Ulster Stewart.
Il 6 aprile del 1917 le fornì la risposta diretta: l'America entrò nella guerra mondiale.
Il primo a partire fu Roland Wyckham. Lasciò l'ultimo anno a Princeton e si imbarcò per la Francia come tenente Scarlett, nel corpo dell'artiglieria. Fu ucciso lo stesso giorno che arrivò al fronte.
Immediatamente, gli altri due ragazzi decisero di vendicare la morte del fratello. Per Chancellor Drew la vendetta aveva significato; per Ulster Stewart era una fuga. Ed Elisabeth si disse che lei e Giovanni non avevano creato un impero per farselo distruggere dalla guerra. Un figlio doveva restare.
Con freddo calcolo Elisabeth ordinò a Chancellor Drew di rimanere un civile. Ulster Stewart poteva andare in guerra.
Il ragazzo partì per la Francia, non ebbe incidenti a Cherbourg, e si fece onore al fronte, specialmente alla Mosa-Argonne. Negli ultimi giorni di guerra venne decorato al valore militare per un'azione contro il nemico.
***