34.
Elisabeth aveva sparso qua e là sul divano gli articoli dei giornali e delle riviste. Gli editori Ogilvie e Storm avevano fatto un ottimo lavoro. Li c'era più materiale di quanto lei e Canfield avrebbero potuto smaltire in una settimana.
Il partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori ne veniva fuori come una plebaglia fanatica. Gli Schutzstaffel erano dei bruti, ma nessuno li prendeva sul serio. Tutti gli articoli, le fotografie, perfino i brevi titoli erano fatti in modo da creare un effetto da opera buffa.
Perché sgobbare nella terra degli avi se ci si può addobbare e far finta che sia Wagner?
Canfield raccolse il ritaglio di un supplemento domenicale e lesse i nomi dei capi. Adolf Hitler, Erich Ludendorff, Rudolf Hess, Gregor Strasser. Suonavano come i nomi di una squadra di prestidigitatori da operetta. Adolf, Erich, Rudolf e Gregor. Però, arrivato quasi alla fine dell'articolo, il suo divertimento svanì. Lesse queste frasi.
...cospirazione di ebrei e comunisti... ...figlie violentate dai terroristi bolscevichi... ...il sangue ariano lordato dagli intriganti semiti... ...un piano per un migliaio di anni!
Canfield si vide di fronte Basil Hawkwood, proprietario di una delle più grandi industrie d'Inghilterra, che sussurrava con tono vibrato molte di quelle stesse parole. Pensò alle spedizioni a Monaco. Articoli senza il marchio di fabbrica hawkwood che diventavano parte delle uniformi di quelle fotografie. Si ricordò le manovre del defunto Bertholde, la strada del Galles, la strage di York.
Elisabeth, seduta allo scrittoio, buttava giù in fretta degli appunti che prendeva da un articolo. Poco per volta un'immagine si stava delineando davanti ai suoi occhi. Ma era ancora incompleta, come se mancasse parte dello sfondo. La cosa la infastidiva, ma aveva già saputo abbastanza.
«E allucinante, no?» disse Canfield, alzandosi dalla seggiola. «Cosa ne conclude?»
«Abbastanza per esserne spaventata. Un'oscura organizzazione politica con un potenziale esplosivo di violenza viene poco a poco finanziata da un gruppo di uomini tra i più ricchi del mondo. Gli uomini di Zurigo. E tra questi c'è mio figlio.»
«Ma perché?»
«Non ne sono ancora sicura.» Elisabeth andò alla finestra. «Bisogna sapere di più. Ma una cosa è certa. Se la banda di questi fanatici farà dei reali progressi in Germania -nel Reichstag - gli uomini di Zurigo potrebbero controllare un inaudito potere economico. È un progetto di vasta portata, credo. Potrebbe essere una brillante strategia.»
«Allora devo tornare a Washington.»
«Può darsi che lo sappiano già, o che lo sospettino.»
«Allora dobbiamo intervenire!»
«Non potete intervenire!» Elisabeth si voltò verso Canfield alzando la voce. «Nessun governo ha il diritto di interferire con la politica interna di un altro. C'è un'altra via molto più efficace. Ma c'è anche un rischio enorme e devo considerarlo.»
«Cos'è? Qual è il rischio?» Ma Elisabeth non lo sentiva. Era totalmente assorta. Dopo pochi minuti gli rispose dall'altra parte della stanza.
«C'è un'isola in un lago di una zona remota del Canada.
Mio marito l'ha comprata tanti anni fa in un momento di entusiasmo. Ci sono parecchie casette, primitive, ma ci si può abitare... Se le mettessi a disposizione tutti i fondi necessari, crede che le sarebbe possibile rendere questa isola inespugnabile?»
«Penso di si.»
«Non basta. Non deve esserci ombra di dubbio. La vita della mia famiglia intera dipenderebbe dall'isolamento totale. Sia chiaro che i fondi cui alludo sono illimitati.»
«Allora, d'accordo. Si, lo potrei fare.»
«Potrebbe farli arrivare laggiù nella più assoluta segretezza»
«Si.»
«Potrebbe organizzare tutto entro una settimana?»
«Si, anche questo è possibile.»
«Benissimo. Le spiegherò la mia proposta. Mi creda se le dico che questa è l'unica via.»
«Qual è la sua proposta?»
«Per dirla in due parole, le Industrie Scarlatti distruggeranno economicamente tutti gli uomini del gruppo di Zurigo. Li porteranno ineluttabilmente alla rovina finanziaria.» Canfield guardò l'affascinante e sicura vecchia signora. Tacque per alcuni secondi, trattenendo un po' il respiro, come se cercasse di formulare una risposta.
«Ma lei è matta» disse con calma. «Lei è una persona. Loro sono quattordici... No, ora sono tredici luridi pezzi grossi pieni di quattrini. No, non può competere con loro.»
«Non è la ricchezza che conta, signor Canfield. Non da un certo punto in avanti. E la rapidità con cui si possono muovere i capitali. Il fattore tempo è l'arma fondamentale in economia, e che nessuno le venga a dire il contrario. Nel mio caso, una sola persona decide.»
«Cosa significa?» Elisabeth stava immobile davanti a Canfield. Parlò in tono misurato. «Se dovessi liquidare le intere Industrie Scarlatti, non c'è nessuno al mondo che potrebbe fermarmi.» Canfield non era ben sicuro di avere afferrato quello che lei voleva dire. La fissò per qualche minuto prima di esclamare: «Eh? davvero?»
«Via, non sia sciocco! All'infuori dei Rothschild e forse di qualche maharajah indiano, non credo ci sia un'altra persona nella mia posizione, nella nostra civiltà, che possa dire altrettanto!»
«Perché no? Perché qualcuno degli uomini di Zurigo non potrebbe fare la stessa cosa?» La vecchia signora era esasperata. Intrecciò le dita e se le portò sotto il mento. «Per essere uno che ha molta più immaginazione che intelligenza, lei mi lascia stupefatta. O è solo la paura che la fa arrivare a intuire cose più grandi?»
«Non risponda a una domanda con una domanda! Voglio una risposta!»
«È tutto collegato, glielo assicuro. La ragione principale per cui quelli di Zurigo non possono fare - e non faranno -quello che posso fare io è la paura. Paura delle leggi che vincolano i loro impegni; paura degli investimenti, degli investitori; paura di decisioni straordinarie; paura del panico che è sempre una conseguenza di decisioni simili. E, più importante di tutto, paura della rovina finanziaria.»
«Lei invece non ha nessuna di queste paure? E questo che mi sta dicendo?»
«Niente vincola la Scarlatti. Fino alla mia morte, ci sarà soltanto una voce. Io sono la Scarlatti.»
«E tutto il resto? Le decisioni, il panico, la rovina?»
«Come sempre, le mie decisioni saranno eseguite con precisione e prudenza. Non ci sarà panico.»
«E neanche la rovina finanziaria, eh? Lei è la vecchia più maledettamente sicura di sé che esista!»
«Di nuovo non riesce a capire. In questo frangente prevedo come inevitabile la rovina della Scarlatti. Sarà una guerra senza quartiere.» Matthew Canfield capì. «Che il diavolo mi porti!»
«Devo disporre di somme gigantesche. Quantità di denaro per lei inconcepibili possono essere trasferite con un semplice comando. Denaro che può acquistare interessi enormi, far lievitare o deprimere interi mercati. Una volta compiuto questo tipo di operazione, dubito che tutto il capitale di questa terra messo insieme possa ricomporre la Scarlatti. Non le si darebbe più credito.»
«Lei sarebbe finita.»
«Irrevocabilmente.» La vecchia signora andava su e giù davanti a Canfield. Lo guardava, ma non col solito sguardo che lui conosceva bene. Avrebbe potuto essere una vecchia nonna delle aride pianure del Kansas che, preoccupata, chiedeva al sacerdote se il Signore avrebbe fatto venire la pioggia.
«Non c'è più niente da discutere. Mi conceda, per favore, la mia ultima battaglia. Il mio atto finale, per così dire.»
«Lei rischia una sorte terribile.»
«Non così terribile, se ci pensa bene. Se torna in America, le ci vorrà una settimana per raggiungere Washington. Un'altra settimana per stendere il rapporto su quello che ci è successo. Poi ci vorranno alcuni giorni prima di riuscire a incontrare le persone del governo che dovrebbero ascoltarla, sempre che riesca a farsi ascoltare. Secondo i miei calcoli ci vorranno almeno tre o quattro settimane. È d'accordo?» Canfield si sentì uno sciocco, li in piedi davanti a Elisabeth. Si mosse verso il centro della camera, solo per mettere una maggiore distanza tra loro. «Dannazione, non so su cosa sono d'accordo!»
«Mi dia quattro settimane. Solo quattro settimane da oggi... Se fallisco, faremo come vuole lei... Anzi, verrò a Washington con lei. Testimonierò, se occorrerà, davanti a una di quelle commissioni. Farò tutto quello che lei e i suoi colleghi riterranno necessario. Inoltre, le pagherò i suoi servigi tre volte quello che avevamo pattuito.»
«Ammettiamo che fallisca?»
«Chi altri mai potrebbe risentirne, a parte me? A questo mondo c'è ben poca compassione per i milionari andati in rovina.»
«E cosa ne sarà della sua famiglia? Non potranno vivere il resto della loro vita in qualche lago remoto del Canada!»
«Non sarà necessario. A prescindere dalle più vaste conseguenze, io distruggerò mio figlio. Smaschererò Ulster Scarlett rivelando la sua vera identità. Lo condannerò a morte a Zurigo.» L'ispettore contabile restò un istante in silenzio, e guardò Elisabeth. «Ma ha pensato che potrebbe essere uccisa?»
«Lei correrebbe questo rischio... Liquidare le Industrie Scarlatti. Distruggere tutto quello che ha costruito. Ma ne vale la pena? Lo odia fino a questo punto?»
«Si. Lo odio come si odia una malattia. E l'odio è ancora più grande perché sono io la responsabile dello sviluppo di questa malattia.» Canfield depose il bicchiere, tentando di versarsi un altro drink. «Mi pare che stia un po' esagerando.»
«Non ho detto di avere inventato io la malattia. Ho detto che sono responsabile per averla diffusa. E non semplicemente perché ho procurato il denaro, ma cosa molto più grave, perché ho inculcato io questa idea. Un'idea che sviluppandosi si è distorta sempre più.»
«Non ci credo. Lei non è una santa, ma non la pensa così.» Indicò le carte sul divano.
Gli occhi stanchi della vecchia signora si chiusero.
«C'è un po' di... Quello in ciascuno di noi. Fa tutto parte di quell'idea... L'idea malata. Mio marito e io abbiamo dedicato anni e anni alla fondazione di un impero industriale. Dopo la sua morte ho combattuto io sul mercato - raddoppiando, raddoppiando di nuovo, aggiungendo, costruendo - sempre acquistando... E stato un gioco stimolante, divorante... E l'ho giocato bene. Aun certo punto, durante tutti questi anni, mio figlio imparò quello che molti osservatori non riuscivano a imparare: che ciò che conta non è mai l'acquisizione di profitti o di guadagni materiali - sono soltanto sottoprodotti. È l'acquisizione del potere... Volevo quel potere perché ero sinceramente convinta di avere i requisiti necessari per assumermi questa responsabilità. E quanto più me ne convincevo, più ne conseguiva che gli altri non erano all'altezza... La ricerca del potere divenne una crociata personale, credo. Più uno ha successo e più diventa personale. Che l'avesse capito o no, questo è ciò che mio figlio vide accadere sotto i suoi occhi... Possono esserci delle analogie di finalità, perfino di motivazioni. Ma un abisso divide me e lui.»
«Le concederò le quattro settimane. Dio solo sa perché. Ma lei non mi ha ancora chiarito perché vuole rischiare tutto questo. Gettare via tutto.»
«Ho cercato... A volte lei è un po' tardo. Se ora l'offèndo, è perché credo che possa capire. Lei mi sta deliberatamente chiedendo di spiegare punto per punto una spiacevole realtà.» Elisabeth portò gli appunti sulla tavola presso la porta della sua camera da letto. Ormai la luce del giorno era debole. La donna accese la lampada, facendo oscillare la frangia del paralume. Parve affascinata da quel movimento. «Penso che tutti noi - la Bibbia ci chiama i ricchi e i potenti - desideriamo lasciare questo mondo un po' diverso da come l'abbiamo trovato. Col passare degli anni, questo istinto vago, indefinito, diventa importantissimo. Quanti di noi si sono trastullati immaginando le parole del proprio necrologio?» Girò lo sguardo dalla lampada a Canfield. «Tenendo conto di tutto quello che ora sappiamo, le spiacerebbe fare una previsione sul mio non lontano necrologio?»
«Niente da fare. Di nuovo un'altra domanda.»
«Guardi, non ci vuole niente... La ricchezza è data per scontata. Ogni decisione tormentosa, ogni speculazione snervante - diventano risultati semplici, previsti. Risultati che saranno fatalmente più disprezzati che ammirati perché io sono una donna e insieme una speculatrice altamente competitiva. Una sgradevole combinazione... Un figlio perso nella grande guerra. Un altro che si rivela rapidamente un borioso incompetente, cercato per tutti i motivi sbagliati, messo da parte e deriso appena possibile. E ora, questo. Un pazzo che guida o che fa parte, almeno, di una banda sempre più grossa di psicopatici scontenti... E questa la mia eredità. L'eredità Scarlatti, signor Canfield... Non è un bilancio molto invidiabile, vero?»
«No, direi proprio di no.»
«Di conseguenza non mi fermerò di fronte a niente per impedire quest'ultima follia...»
***