17.



Jefferson Cartwright si avvolse un asciugamano attorno al corpo e uscì dalla sauna del club. Entrò nella doccia e lasciò che il violento spruzzo gli battesse sulla testa, poi levò il viso all'insù finché le minuscole raffiche d'acqua non gli fecero dolere la pelle. Sistemò i rubinetti in modo che l'acqua diventasse lentamente più fredda, e infine gelida.

La notte prima s'era preso una gran sbornia. Per la verità, aveva cominciato a bere nel primo pomeriggio e a mezzanotte era così partito che aveva deciso di restare al suo club anziché andare a casa. Aveva tutte le ragioni di questo mondo per festeggiare. Da quando aveva avuto quel trionfale incontro con Elisabeth Scarlatti, aveva passato parecchi giorni ad analizzare quanto meglio poteva, nei limiti delle sue capacità, gli affari della Fondazione Scarwyck. Ora era pronto a muoversi tra i suoi pari. L'accordo di Elisabeth non abbandonava mai la sua mente. Se l'era tenuto in borsa finché non aveva saputo abbastanza sul conto della Scarwyck da far colpo persino sui suoi avvocati. Mentre l'acqua gli scorreva sulla testa, si ricordò di aver messo la borsa in una cassetta di sicurezza alla Grand Central Station. Molti dei suoi colleghi giuravano che le cassette della stazione erano più sicure delle camere blindate. Certamente erano più sicure delle camere blindate degli Scarlatti!

Avrebbe ritirato la borsa dopo colazione e portato il contratto ai suoi avvocati. Sarebbero stati meravigliatissimi e gli avrebbero fatto delle domande sulla Scarwyck. E lui avrebbe sciorinato fatti e cifre a una tale velocità da lasciarli allibiti.

Già li sentiva.

Mio Dio, vecchio Jeff ! Non ne avevamo la minima idea!

Cartwright rise forte sotto la doccia.

Lui, Jefferson Cartwright, era il più cavaliere dei cavalieri della Virginia. Quegli stronzi di settentrionali, che la facevano cadere dall'alto, con i loro modi condiscendenti, e non erano neanche capaci di soddisfare la loro moglie, adesso dovevano fare i conti con il vecchio Jeff. Allo stesso livello!

Mio Dio, pensò, poteva comprare e vendere metà dei membri di quel club! Che magnifica giornata!

Dopo la doccia, Jefferson si vestì e, pienamente conscio del suo potere, entrò spavaldamente nel bar privato. La maggior parte dei membri era riunita per la colazione e alcuni di loro accettarono con falsa benevolenza il suo invito a bere qualcosa. La loro riluttanza, però, si trasformò in lieve entusiasmo quando Jefferson annunciò con disinvoltura che ora si occupava delle questioni finanziarie della Scarwyck.

Due o tre dei presenti scoprirono improvvisamente che il rozzo Jefferson Cartwright aveva delle qualità che non avevano mai notato prima. Per la verità, non era mica male, a pensarci bene... Certamente qualcosa doveva avere! Le pesanti seggiole di pelle che circondavano il tavolo rotondo di quercia al quale s'era seduto Jefferson furono presto occupate.

Dato che l'orologio sul muro segnava quasi le due e mezzo, i membri si scusarono e partirono per i loro uffici e i loro telefoni. Fu attivata la rete di comunicazioni, e la sconvolgente notizia del colpo di Cartwright con la Fondazione Scarwyck fece il giro.

Ma un certo signore non se ne andò. Si fermò con alcuni inamovibili personaggi e si unì alla corte di Jefferson Cartwright. Aveva forse cinquant'anni e la sua immagine era la quintessenza di quella tanto perseguita dagli uomini di mondo di una certa età. Fino ai baffi sale e pepe perfettamente lisciati e impomatati.

La cosa strana era che a quel tavolo nessuno sapeva bene come si chiamasse, ma nessuno voleva ammetterlo. Quello, dopo tutto, era un club.

Il signore si accomodò con grazia nella sedia vicino a Jefferson, appena si liberò. Scherzò con lui e insistè per offrire un altro giro.

Quando arrivarono i drink, l'elegante signore prese i martini e nel mezzo di un aneddoto li mise per un momento davanti a sé. Come ebbe finito la storiella, ne porse uno a Jefferson.

Jefferson lo prese e lo bevve fino in fondo.

Il signore si accomiatò. Due minuti più tardi Jefferson Cartwright stramazzò sul tavolo. I suoi occhi non erano assonnati e nemmeno chiusi come li avrebbe un uomo giunto al limite della sua tenuta alcolica. Erano invece spalancati, e gli sporgevano dalla testa.

Jefferson Cartwright era morto.

E quel signore non tornò mai più.

In città, nella sala stampa di un giornale scandalistico, un vecchio compositore pestò le lettere della breve notizia che doveva apparire a pagina 10.

Banchiere muore in un club elegante per soli uomini.

Il compositore era indifferente.

Alcune macchine più in là, un altro impiegato batté sui tasti per comporre un'altra storia. Questa era inserita tra gli annunci delle vendite a pagina 48.

Cassetta di sicurezza della stazione centrale svaligiata.

L'uomo si domandò: ma non c'è più niente di sicuro a questo mondo?



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