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2 novembre 2018, venerdì
I banchi di sabbia giocano con l’acqua del mare per disegnare uno splendido quadro impressionista che fonde armoniosamente i toni dorati con il blu del mar Cantabrico. Sono i capricci della bassa marea. Quell’ora magica in cui l’imboccatura dell’estuario sembra un’immagine appena uscita da un libro fotografico. Non ci sono turisti quel pomeriggio, è curioso per un punto panoramico solitamente affollatissimo. Eppure, pensandoci bene, è novembre e non è strano che gli unici veicoli che solcano la strada tra Sukarrieta e Mundaka siano furgoni per le consegne e macchine di chi va o torna dal lavoro.
Ha le braccia appoggiate al freddo muretto in pietra, e la brezza densa di sale gli accarezza la casa. C’è un tempo strano, autunnale, né buono né sgradevole. Il cielo pesa troppo, le nubi accarezzano le alture di Ogoño e San Pedro de Atxarre, e il sole si infila in qualche spiraglio azzurrino, per bagnare con una patina di irrealtà la vicina isola di Izaro. Un peschereccio blu è al lavoro nelle vicinanze e il ronzio del motore arriva mescolato a quello delle onde che si infrangono sulla spiaggia di Laida.
Si direbbe che è una giornata tranquilla, piacevole. Eppure, la tempesta cresce dentro di lui ed è sul punto di avere la meglio. Tutto è precipitato per colpa di Julia. Se lei non fosse apparsa sulla scena nel momento meno opportuno, ora non ci sarebbero tutti gli agenti della Biscaglia a perlustrare la zona in cerca della loro collega. Il fatto che siano scomparse altre due donne ha fatto scattare tutti gli allarmi. Non si parla d’altro, né alla radio né tra i cittadini, che cominciano a non poterne più di tutti quegli eventi sanguinosi in una zona solitamente tranquilla. E la Ertzaintza è decisa a non tollerare un altro omicidio. Influisce, sicuramente, anche il fatto che tra le donne scomparse ci sia una poliziotta. Ma non ha avuto scelta: ha dovuto portarla con sé. L’alternativa era permetterle di avvertire quella donna, la quinta della lista. E allora sì che il suo piano sarebbe davvero andato in fumo.
Non importa. L’ha pianificato per così tanto tempo che non può certo fallire ora. Deve solo anticipare la conclusione di qualche giorno e completare la sua grande messinscena, che tutti dovranno ricordare. Sarà sublime, come le precedenti. Come quasi tutte le precedenti, a dire il vero, perché con Araceli Arrieta non era riuscito a fare quello che voleva. Aveva pensato a un finale molto più cinematografico e con una trasmissione in diretta. Purtroppo un imprevisto dell’ultima ora aveva rovinato tutto. Perché non aveva accompagnato il marito a fare la spesa come ogni settimana? Il piano era aspettarla in cucina e abbordarla quando fosse rientrata carica di buste del supermercato, perché quel tossico del marito si fermava sempre al bar mentre lei si caricava tutto come un mulo. Ricorda ancora il volto spaventato della donna quando aveva visto che qualcuno stava entrando in casa sua. Sicuramente era un riflesso della sua stessa espressione quando se l’era ritrovata davanti nel bel mezzo del corridoio. Araceli era più forte di quel che poteva sembrare. Aveva resistito e non gli aveva dato il tempo di sedarla. Non aveva potuto far altro che gettarla nel cortile illuminato e abbandonare la scena in fretta e furia.
Questa volta non vuole lasciare nulla al caso. Se Julia fosse arrivata solo quindici minuti più tardi avrebbe trovato la casa vuota. Quella donna, la quinta della lista, sarebbe già morta tra i moli di Murueta, quelli che tanto piacciono ai ragazzini che caricano le foto su Instagram, tutti presi da un esibizionismo 2.0.
È arrivato il momento di San Juan di Gaztelugatxe. L’eremo appeso sul punto più alto di un isolotto che comunica con la terraferma grazie a una specie di muraglia cinese in miniatura. Non aveva previsto di usare quel posto così presto, ma conosceva nel dettaglio l’istante in cui la marea avrebbe raggiunto il punto necessario... Il mar Cantabrico sarebbe stato suo complice, un mare tanto impetuoso che ogni sei ore il suo livello varia di quasi cinque metri, come una gigantesca vasca che si riempie e si vuota a suo piacimento. Sente le farfalle nello stomaco al pensiero che quel momento sia già così vicino.
Ha appena il tempo di festeggiare. Una volante della Ertzaintza si è fermata sul ciglio della strada. I poliziotti scendono dal veicolo e vanno dritti verso il punto panoramico. I battiti del suo cuore accelerano mentre si obbliga a reprimere la voglia di scappare di corsa. Non li conosce, non sono del commissariato di Gernika. Probabilmente sono agenti di rinforzo che stanno arrivando in zona per l’emergenza della doppia sparizione.
«Buongiorno», mormora quando sono ormai così vicini che il saluto si fa inevitabile.
«Egun on», risponde uno di loro.
L’altro si accontenta di un lieve cenno del capo.
Trattiene il respiro quando gli passano accanto. Non si fermano, avanzano di qualche altro passo e si appoggiano al muretto, come farebbe qualunque turista.
Il più giovane si accende una sigaretta e fa un lungo tiro.
«Bassa marea», annuncia dopo aver soffiato via il fumo. «Quando sale copre tutto e si vede solo la lingua di sabbia della spiaggia di Laida. O è Laga? Non lo so, una delle due, non mi ricordo mai. L’altra è più in là. Vedi quell’arenale ai piedi del promontorio di Ogoño?»
«Che fico», ammette l’altro. «D’estate dev’essere bellissimo.»
Un sollievo repentino lo invade quando capisce che si stanno solo godendo una pausa. Chiude gli occhi e si congratula tra sé e sé. Una serie di respiri lenti e profondi lo aiutano a recuperare la calma.
Un ultimo sguardo di sbieco agli agenti, che continuano a distrarsi con il panorama e i cellulari, e si dirige verso il furgone. Immagina gli sguardi di quei due fissi sulla sua schiena e cerca in ogni modo di non comportarsi in modo strano. Deve allontanarsi da loro quanto prima, ma deve farlo senza sollevare alcun sospetto.
«È suo?», chiede d’un tratto uno dei due poliziotti. Si riferisce al furgone, ovviamente.
Il cuore gli balza nel petto, il sangue gli si gela nelle vene e le parole si spezzano prima di riemergere dalla sua bocca. Se lo perquisiscono troveranno il cloroformio che ha in tasca.
«Eh... Sì. È mio.»
I passi degli ertzainas risuonano sulla ghiaia come le zampe di un dinosauro che si avvicina in cerca della propria preda.
«Apra il bagagliaio, per favore.»
Non può far altro che obbedire. Ogni tentativo di fuga gli pare impossibile.
«È per via di quelle due donne?», riesce a chiedere fingendo disinteresse.
Gli agenti non rispondono. Semplicemente aspettano che giri la chiave e apra il portello posteriore.
Dentro non c’è niente. Se l’avessero visto solo qualche ora prima avrebbero scoperto i corpi delle due donne. Vive, sì, ma narcotizzate. Tutto sarebbe finito bruscamente, impedendogli di portare a termine la sua missione.
Uno dei poliziotti, il più giovane, cha ha già finito la sigaretta, si dirige alla parte anteriore del veicolo. Apre la porta del passeggero e dà una rapida occhiata. Perché si sofferma così tanto sulla cartina che riposa sul sedile? Per fortuna non c’è alcun segno sui luoghi scelti per abbandonarci le vittime.
«Lei è di qui?», chiede il poliziotto.
Trattiene il fiato. È una buona domanda con una difficile risposta. Se è di Urdaibai, perché una cartina di una zona che dovrebbe conoscere bene?
«Più o meno, ma ancora mi perdo. Troppe strade secondarie.»
Lo sguardo dell’ertzaina si incrocia con quello del suo collega rivelandogli che ha incespicato. Ha esagerato. L’agente non aveva detto nulla della cartina. Ha risposto andando troppo nel dettaglio a una domanda che poteva essere innocua.
Affonda la mano in tasca. Tastare il flacone di cloroformio gli dà una certa sicurezza. Sa che è solo un’illusione. Non è la stessa cosa affrontare delle donne confuse o due poliziotti armati.
«Tutto bene?»
Deglutisce. Certo che no. Ha ucciso quattro donne e ne ha altre due legate con del nastro adesivo vicino a una coltivazione di tulipani. Che cosa pretende, di non innervosirsi neanche un po’ mentre due ertzainas ispezionano il furgone con il quale ha trasportato quasi tutte le sue vittime?
«Sì, certo. Solo non sono abituato a farmi perquisire il furgone dalla Polizia.»
Il più giovane fa un gesto come per indicare che non importa.
«Non è una perquisizione. Stiamo solo dando un’occhiata. Siamo qui per aiutarvi.»
L’altro chiude la portiera del veicolo.
«Può andare.»