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24 ottobre 2018, mercoledì
L’orgoglioso profilo in pietra del castello di Arteaga si affaccia tra gli alberi che sorvegliano la strada. La luna calante dà alla torre uno splendido tono argenteo, ideale per un cacciatore di istantanee notturne di cui vantarsi su Instagram. A Cestero, invece, quella vista fa solo venire la tachicardia.
Spegne il motore della Renault Clio. Non deve andare oltre. I dirompenti accordi dei Belako, il suo gruppo preferito, si placano all’istante. Ora non è più una ragazza che canta al volante, ma un’ertzaina sul punto di buttarsi in un’operazione ad alto rischio.
In modo quasi meccanico, controlla che la sua arma regolamentare sia carica e si tasta le tasche per assicurarsi di avere il cellulare con sé. La torre del castello spunta orgogliosa attraverso il parabrezza. Un pipistrello volteggia a caccia degli insetti che un povero lampione attira verso una morte sicura. Non c’è altro movimento in vista. Cestero nemmeno se lo aspetta. I trafficanti avranno senz’altro scelto un luogo meno esposto come base.
«Andiamo, su» dice, aprendo la portiera.
Nonostante stia parlando a voce alta, lo fa solo per se stessa. Non c’è nessun altro in macchina. Si rimprovera ancora di non aver portato uno dei suoi colleghi. Quello che sta per fare è un’assoluta follia. Forse non poteva contare su Txema per un’operazione così rischiosa, ma sicuramente Aitor e Julia l’avrebbero accompagnata se gliel’avesse chiesto.
Ormai è tardi, in ogni caso. Non è il momento di tornare sui suoi passi.
Prende il piccolo rastrello nel portabagagli e sceglie il sentiero che si addentra tra gli acquitrini, un mondo di canali intricati tra banchi di piante acquatiche. Il labirinto d’acqua si spiega subito di fronte a lei. Orientarsi non sarà semplice come sperava. Il panorama non ha niente a che vedere con le immagini satellitari che ha consultato prima di uscire dal commissariato.
Un rumore la obbliga a fermarsi all’altezza di una delle continue biforcazioni del sentiero. Che cos’è stato? Un martellare, leggero ma costante. È così concentrata che riesce a malapena a ridere tra sé quando si accorge che sta battendo i denti, tutto qui.
Le nubi si sono dissipate, forse per diversi giorni o forse solo per un paio d’ore, e il freddo colpisce con forza la riserva della biosfera. È un freddo umido contro il quale difficilmente si può lottare, zuppo della spessa bruma che fluttua sugli acquitrini.
Di positivo c’è la luna che, per la prima volta da giorni, illumina il paesaggio con la sua luce naturale, permettendo a Cestero di camminare senza torce che potrebbero rivelare la sua presenza.
Un vecchio mulino appare tra i canneti. È una costruzione allungata, a due piani, disposta a mo’ di ponte sul canale che fa da scolo a un grande bacino che si riempie con la marea. Le finestre del piano superiore, quello che ospita la casa del mugnaio e della sua famiglia, sono illuminate. Il lampione che rischiara la facciata bianca è simile a quelli che fiancheggiano il percorso asfaltato che arriva al mulino dalla strada vicina.
Cestero prende mentalmente nota del posto. Bisognerà parlare con le persone che vivono lì. Forse loro hanno visto movimenti strani che potrebbero essere legati con il presunto traffico di stupefacenti.
Il richiamo di qualche uccello notturno rompe il silenzio. Altri volatili rispondono da diversi luoghi della palude, un coro afono e disordinato che cessa solo quando i fari di una macchina si insinuano tra le canne.
La ertzaina si rannicchia dietro un cespuglio. Il veicolo si ferma a una decina di metri da lì. Portiere che si aprono e chiudono, mormorii sommessi...
«Buonasera. Ti sei persa?» La voce la lascia pietrificata. Non ha sentito nessuno avvicinarsi.
Il suo primo impulso è di portare la mano all’impugnatura della pistola. All’ultimo istante si trattiene, non può buttare all’aria il piano al primo contrattempo.
«No... Sono qui a raccogliere le vongole, come tutti», mente cercando di non apparire troppo nervosa.
La luna conferisce un aspetto malsano e bianchiccio al volto di quell’uomo, che la osserva senza un briciolo di simpatia. Una cicatrice gli attraversa la faccia da un orecchio l’altro, passando per le labbra, un grottesco sorriso che sfuma quando l’intruso fa un passo avanti e l’ombra del ramo sparisce dal suo viso.
«Io se fossi in te non girerei da queste parti di notte. Vai a sapere chi puoi incontrare. Per le vongole, meglio l’altra sponda», commenta il tipo indicando il rastrello che Cestero ha appena fatto in modo di mostrargli.
«Ma pensa», mormora Cestero a denti stretti. Anche senza alcuna cicatrice, il volto di quell’uomo non le ispira fiducia.
Il vigilante, perché non c’è dubbio che lo sia, se ne sta piazzato in mezzo al sentiero. Le sue parole non ammettono alcuna replica: seppur cordialmente, le sta intimando di girare sui tacchi e andarsene da dove è venuta. E poi, c’è quella mano che non toglie mai dalla tasca, senz’altro sta impugnando un’arma.
«Grazie per avermi avvisata. Così non perdo tempo inutilmente», si obbliga a dire Cestero prima di intraprendere il percorso di ritorno.
Non è piacevole sentire lo sguardo del vigilante fisso sulla schiena. Ormai non ha più dubbi. Lì sta succedendo qualcosa. Continua a camminare finché dei giunchi non avvolgono i suoi passi. Solo quando è sicura che nessuno la stia seguendo, prende un percorso secondario.
Avanza ingobbita tra le piante acquatiche. I canneti sono alti e densi, offrono un buon nascondiglio. In ogni caso, si ferma ogni due o tre passi ad ascoltare la notte, e solo quando è sicura che non ci sia nessuno nelle vicinanze riprende il cammino. È difficile orientarsi in quel mondo acquatico, più di quanto immaginasse. I canali si susseguono come vasi sanguigni che portano la vita fin negli angoli più insospettabili dell’acquitrino. Uno dopo l’altro, Cestero si vede obbligata a schivarli o a saltarli per mantenere la propria direzione. La luna, fissa nel cielo, è la sua sola guida. Vuole arrivare al punto in cui si appostano i falsi pescatori, quelli che Pedro le ha mostrato dall’arenale opposto. Ha la sensazione di non essere lontana.
D’un tratto si ferma di colpo. Ha sentito delle voci. Due uomini. Sono vicini. Si inginocchia e posa le mani a terra. Qualsiasi cosa pur di passare inosservata. L’odore della terra umida è più intenso lì sotto, proprio come il rumore dei passi che si avvicinano.
«Piccoletta, con un tatuaggio sul collo e un piercing qui.»
Cestero riconosce la voce che sta parlando. È il vigilante di prima, e si sente immediatamente identificata con quella descrizione.
«Polizia?»
«Impossibile. Non ci sono poliziotte così basse. Non c’è un’altezza minima? Era una che faceva pesca di frodo. Aveva uno di quei rastrelli con cui si raccolgono i frutti di mare. Sembrava una novellina. Si è spaventata appena mi ha visto.»
«Bisognerà avvertirli. Da questa zona non si passa. Pensavo che fosse chiaro. Hanno il resto dell’estuario per loro. Ti ha assicurato che se ne andava?» Una pausa. «Questo è un no... Su, non prendermi per il culo. Andiamo a fare un giro e vediamo se è ancora nei dintorni.»
La ertzaina si morde la lingua fino a farsi male. È stata un’incosciente. Se quei due trovano la sua Clio parcheggiata accanto al castello si lanceranno come segugi alla sua ricerca e non si fermeranno finché non l’avranno trovata.
Sente i loro passi avvicinarsi. Accarezza con prudenza il metallo dell’impugnatura dell’arma e trattiene il respiro.
Cerca di calcolare a che distanza si trovano. È difficile capirlo basandosi solo sui suoni, ma sembra evidente che siano a meno di dieci metri da lei.
Il gorgheggio inopportuno di un airone confonde il rumore dei passi. Cestero toglie la sicura della USP Compact nove millimetri. L’adrenalina le risveglia i sensi, la sente espandersi in tutto il corpo alla velocità della luce. In pochi istanti andrà tutto a monte.
Non ha mai ucciso nessuno. Questa volta però la situazione potrebbe ridursi a un semplice lei o loro. Se la scoprono lì nascosta a spiarli, per di più armata, non avranno pietà, tizi come quelli di solito non ne hanno affatto.
L’airone continua a intromettersi col suo frastuono. A che distanza saranno? Se non si sono fermati, ormai devono essere a pochi passi da lei. Ane fa un respiro profondo, appoggia a terra la mano libera e si prepara ad alzarsi in piedi di scatto.
Ormai è chiaro.
O lei o loro.