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27 ottobre 2018, sabato

Uno stridente rumore metallico, simile a quello che si sente nei cortili delle scuole, risuona dietro la porta.

«Alla faccia del campanello. Come se ci fosse il rischio di non sentirlo», si allarma Julia, allontanando la mano.

Cestero si lascia scappare una risatina.

«Saranno sorde. Chissà quanti anni ha la più giovane.»

Il portone di legno si apre quasi immediatamente.

«Uau, le ertzainas più belle di tutta la provincia...», saluta un uomo con un abbondante tupè e un paio di occhiali da sole, che esce dalla penombra dell’ingresso. È il venditore di biglietti della lotteria, gliene offre uno dei tanti che porta appesi alla pettorina. «Come potete rifiutare uno stipendio per la vita...? Entrate, entrate. Io stavo andando via. Credo che siano rimasti degli amarguillos di mandorle per voi. Sono i più buoni del circondario.»

Il tempo che l’uomo si allontani di qualche passo e Cestero si rivolge a Julia: «Ma quel tizio è cieco? Ogni volta che lo incrocio mi parla di qualcosa che c’entra con il mio aspetto, anche se poi se ne va in giro dappertutto con occhiali neri e bastone».

«Chi, Crespo? Ma va’... Ci vede poco, ha il campo visivo ridotto, ma se la cava benissimo. È del mio anno. Non sai com’era quando eravamo studenti e andavamo alle feste... Se le faceva tutte.»

Sono entrate nell’ingresso e qualcuno si schiarisce la voce dietro la ruota per interrompere la loro volgare conversazione.

«Sia lodato Gesù Cristo», saluta una voce vellutata.

«Sempre sia lodato», risponde Julia. «Buon pomeriggio, sorella. Siamo ertzainas e dobbiamo fare alcune domande alla madre superiora. Sarebbe così gentile da chiederle di riceverci per un momento?»

«Polizia? Ah, Dio mio... È successo qualcosa?»

Julia si volta verso Cestero che si limita a farle un gesto indicandole di continuare. Nel frattempo la sottufficiale dà una rapida occhiata a quella stanza dalle pareti in pietra. Un’immagine della Vergine sorveglia il luogo, anche se è la vecchia ruota di legno incastonata nella parete a rivelare che si trovano nell’ingresso di un monastero di clausura.

«Niente di grave. È solo un accertamento di routine, ma abbiamo bisogno di parlare con la badessa. Ed è urgente.»

Cestero è contenta che Julia non voglia mettere in agitazione quelle donne dalla vita così lenta e tranquilla. Lo faranno se ce ne sarà bisogno in seguito.

La monaca resta in silenzio per qualche secondo. Non deve aver capito il dettaglio dell’urgenza.

«Purtroppo non è possibile.»

«Perché? Non si trova nel monastero?», interviene Cestero.

La religiosa resta immobile. Si sente solo il suo respiro.

«Non sta bene.»

Julia si volta verso Cestero con un’espressione contrariata.

«E non c’è nessuno a cui possiamo fare qualche domanda? Forse lei...?», dice rivolgendosi di nuovo verso la fessura della gelosia.

«Ma cosa vi possiamo dire, noi? La nostra vita non è altro che preghiera. Non usciamo mai da qui.»

Cestero sta cominciando a perdere la pazienza. Spera di non dover richiedere un mandato di perquisizione per poter fare qualche domanda di routine a delle monache di clausura... Non arriverà a tanto, ma sa che nel caso potrebbe essere difficile, perché a volte le credenze religiose di un magistrato possono determinare le sue decisioni.

«Sorella, una donna che è stata assassinata ha avuto un legame con questo monastero» annuncia, cercando di dare una scossa alla conversazione.

«Ah, ama! Una di quelle dei tulipani?», chiede la religiosa.

«Ma pensa, non sapevo che le notizie arrivassero anche qui», commenta Cestero senza nascondere il proprio stupore.

«Succede sempre», la scusa la monaca. «Le persone fuori credono che viviamo dando le spalle al mondo. Abbiamo il televisore, la radio... Perfino internet e i social network. Le nostre sorelle del monastero di Hondarribia sono balzate agli onori della cronaca qualche mese fa per il loro messaggio di solidarietà alla ragazza del caso de La Manada... Se vogliamo pregare per le persone che sono in difficoltà, dobbiamo sapere quel che succede fuori. E va tutto molto male. Con tutta questa malvagità non so proprio che fine faremo.»

«Quindi, possiamo parlare un momento del caso che ci ha portate qui?», interviene Julia.

Di nuovo silenzio, di nuovo quegli occhi velati che studiano le due agenti attraverso la gelosia.

«Datemi un momento. Vedrò che cosa posso fare.»

I passi risuonano questa volta nella direzione opposta.

«Non sta bene», Cestero imita la monaca, a bassa voce.

«Con qualcuno riusciremo a parlare», mormora Julia.

I passi si fermano una volta giunti al piano superiore.

«Non sapevo che te la cavassi così bene con le suore», scherza Cestero.

«Ho fatto una scuola religiosa. Fissazioni di mia madre. La domenica non si perde una messa.»

Cestero non può evitare di pensare a sua madre. Non ce la vede ad andare in chiesa, non volontariamente almeno. Lo fa solo in caso di matrimoni, funerali e altre circostanze in cui è necessario. E questo è ciò che ha inculcato ai suoi figli. Né Ane né suo fratello sono credenti, e la ertzaina non ne sente il bisogno. Forse lo sentirà quando passeranno gli anni e la fine le sembrerà vicina. Forse.

«Tu sei credente?», chiede alla collega.

Julia rivolge lo sguardo all’immagine della Vergine e ci mette qualche secondo a rispondere.

«No, e se lo fossi sarei buddista», confessa.

Ora si sentono altri passi. Più di una persona sta scendendo le scale.

«Come Richard Gere?»

Julia scoppia a ridere.

«Più o meno. Tre anni fa ho passato un mese in Thailandia. Volevo studiare meditazione e ho fatto un ritiro in un tempio in mezzo alla giungla. A Chiang Rai, dove quei poveri bambini sono rimasti incastrati nelle grotte con l’allenatore...»

«E sei diventata buddista», riassume Cestero. I passi si avvicinano costringendole a concludere rapidamente la chiacchierata.

«Non proprio, ma ammetto che non mi ero mai sentita così in pace.»

Il chiavistello della ruota scricchiola quando qualcuno dall’altro lato lo fa scorrere.

«Vi aiuterà suor Carmen», commenta la stessa voce che le aveva accolte prima.

La ruota di legno gira accompagnata da una serie di cigolii che chiedono a gran voce un po’ d’olio sui cardini.

«Prendete questa chiave e aprite quella porta. Vi aspetta lì dentro.»

Julia allunga una mano e prende la chiave.

«Grazie, sorella. Che Dio la benedica», dice voltandosi in cerca della porta indicata dalla suora.

«Pregherò per voi», si congeda la voce. «Sì, quella lì a destra. È chiusa con due mandate.»

Cestero segue la collega nell’altra stanza. La prima cosa che le passa per la testa nel vedere la grata che divide in due il parlatorio è il carcere. Le fa impressione vedere quella suora da una parte delle sbarre e loro dall’altra, ancor di più sapendo che quelle donne si sono chiuse lì dentro di loro spontanea volontà.

«Sia lodato Gesù Cristo.»

«Sempre sia lodato.» Questa volta le due poliziotte rispondono in coro.

«Suor Teresa mi ha spiegato che volevate vedere la badessa. Mi dispiace, ma sta molto male e non potrà ricevervi. Spero di potervi essere d’aiuto. Sono suor Carmen.»

È sorprendentemente giovane. Non avrà più di quarant’anni.

«Abbiamo bisogno di informazioni su un episodio che risale al 1979», chiarisce la sottufficiale. Una monaca che probabilmente all’epoca era appena nata non sarà di grande aiuto.

«Uff.., è complicato», ammette suor Carmen. «Io sono qui da otto anni. Ho fatto il noviziato a Lerma e poi mi sono trasferita in questo posto. C’era bisogno di nuove vocazioni a Gernika.»

«Possiamo parlare con una sorella che fosse già in monastero all’epoca?», chiede Julia.

La religiosa annuisce lentamente, pensandoci su.

«Un momento», si scusa alzandosi e lasciando la sala.

I suoi passi non vanno lontano. Si sente bisbigliare in corridoio.

«Giovanissima, no?», nota Cestero in un sussurro.

«Stavo pensando la stessa cosa», confessa Julia. «Che cosa può spingere una ragazza della sua età a farsi suora?»

«Vai a sapere. Shhh, che sta tornando.»

Suor Carmen si affaccia di nuovo alla porta, ma si fa da parte per lasciar passare una monaca di un’età più compatibile con l’immagine che Cestero si era fatta di una religiosa di clausura.

«Sia lodato...»

Dopo il solito rituale, la donna appena arrivata indica il tavolo al quale le due ertzainas sono appoggiate e rimprovera suor Carmen con un gesto.

«Ma offriamo qualcosa, figliola... Ah, queste giovani. Non so che cosa hanno in testa.»

«Non si preoccupi», la scusa Cestero. «Vogliamo solo farle qualche domanda.»

La monaca scuote la testa con decisione mentre si siede dal suo lato delle sbarre. L’abito lascia indovinare delle forme rotonde. Il suo volto, tuttavia, non sembra cordiale come quello della giovane donna con cui hanno parlato poco prima.

«Sedetevi» ordina, indicando il tavolo che occupa buona parte del lato riservato alle visite. «Prima tenevamo il parlatorio sempre aperto. Davamo da mangiare ai bisognosi.» La suora fa un sospiro. «Abbiamo dovuto smettere. Ci rubavano tutto.» Indica una parete nuda. «Lì c’era un quadro che ci aveva donato un’artista di qui, di Gernika. Ah, non mi ricordo come si chiama... Be’, lo saprete voi. Quello che ha fatto una mostra a Parigi... No? Be’, forse siete troppo giovani. Comunque se lo sono portato via. Perfino il crocifisso è sparito un giorno... Non ci si può più fidare delle persone.»

Suor Carmen torna con un vassoio di metallo che fa passare sotto la grata.

«Hai portato qualche amarguillo, no?», chiede l’anziana.

«Sì, suor Teresa. Amarguillos di mandorla e puñitos de San Francisco alla crema.»

«Offri anche un po’ di vino.»

«No, no. Siamo in servizio, grazie», si scusa Julia.

«Su, su... Che va giù come acqua», insiste l’anziana.

Cestero non riesce a evitare un sospiro impaziente. Perché è tutto di una lentezza così esasperante?

«Volevamo chiedervi di una ragazza che avete mandato a Lourdes parecchi anni fa», chiede senza dilungarsi in altre cerimonie.

La monaca si porta alla bocca uno dei dolcetti, che suor Carmen ha servito anche a lei.

«Mmm... Li abbiamo appena sfornati. Sono ancora tiepidi. A me piacciono così. Siediti, figliola, siediti con noi» dice, offrendo la sedia libera alla giovane religiosa.

Suor Carmen obbedisce.

«Le chiedevo...», insiste Cestero.

«Lo so, lo so», ammette l’anziana alzando le mani. «Sto cercando di ricordare. Alla mia età non si ha certo l’agilità mentale che avete voi. Aspettate di compierne sessanta, vediamo se siete così veloci... Peccato che la madre superiora non vi possa ricevere. Lei ha sempre avuto una memoria eccellente.»

«Ci hanno già detto che è malata», commenta Julia.

«Sta molto male», conferma l’anziana con il volto adombrato.

«E tutto per un dispiacere», aggiunge suor Carmen.

«Un dispiacere?»

La giovane annuisce con espressione grave. Prima che possa rispondere, suor Teresa si sporge sulla sedia e abbassa la voce, come chi confessa un segreto.

«Sono entrati i ladri. Ci era già successo qualche volta. Le offerte della chiesa ce le portano via ogni due per tre. La gente ormai non ha più rispetto per nulla, non ci sono più valori. Rubare sotto gli occhi di Cristo in croce!»

Cestero e Julia si scambiano uno sguardo carico di dubbi.

«E la madre superiora si è dispiaciuta tanto da star male?»

«Questa volta è stato peggio. Sono entrati nel monastero mentre dormivamo. Avranno pensato che abbiamo cose di grande valore perché la gente crede che la chiesa sia piena di ricchezze, ma qui non è rimasto più nulla», commenta suor Carmen.

«Non ricordo nessuna denuncia. Quando è successo?», interviene Julia aggrottando le sopracciglia.

«Sarà stato sei mesi fa.»

«Sette», corregge la giovane.

«Sette mesi», ammette suor Teresa. «Certo che non ci sono state denunce. Ci siamo stufate da tempo di fare reclami. A che serve? Qualcuno ha mai risolto il problema delle offerte? No. Be’, ecco tutto. Alla Polizia non interessa niente di qualche povera monaca in difficoltà.»

«Hanno portato via dei soldi?», chiede Cestero.

Le religiose fanno segno di no con un simultaneo cenno della testa.

«Non li hanno trovati», esclama suor Carmen. Il volto le si illumina con un sorriso orgoglioso.

«Non che ne abbiamo molti. Non credetevi che qualche scatola di pasticcini possa risollevare dalla povertà un’intera congregazione...», si affretta a chiarire l’anziana. «Il giusto per poterci mantenere e fare qualche piccola ristrutturazione, poiché questo edificio è molto vecchio e il governo non ci aiuta con i lavori.»

«Ancora non ho capito che cosa è successo alla madre superiora. È stata aggredita?», interviene Cestero.

Suor Teresa arriccia le labbra in una smorfia triste.

«La poveretta se n’è andata a dormire senza nessun sintomo e la mattina dopo l’abbiamo trovata svenuta. L’hanno portata via in ambulanza e ha passato diverse settimane in ospedale. A Basurto. Lì ci sono dei buoni medici... Non c’è niente da fare. È in coma.» Mentre racconta, la monaca scuote ripetutamente la testa, oppressa dal dolore. Accanto a lei, suor Carmen prega a voce bassa. «Ora la curiamo qui. Dove può stare meglio che tra le sue sorelle?»

«Mi dispiace», mormora Cestero, sempre più confusa. L’espressione di Julia indica che anche lei si è persa. «Ma questa storia cosa c’entra con il furto?»

«Be’, tutto è successo la stessa notte», risponde l’anziana. «La madre superiora deve aver sentito dei rumori. Sicuramente si è alzata e ha scoperto gli intrusi. Non so se li abbia affrontati o se è stato per via dello spavento, ma l’abbiamo trovata incosciente in mezzo al corridoio. Suor Carmen si è alzata in tempo per vedere qualcuno che scappava giù per le scale.»

La giovane annuisce accanto a lei.

«Non posso credere che non abbiate fatto denuncia dopo un episodio del genere», sbotta Cestero. «Entrano i ladri, la madre superiora finisce in coma, e a nessuno viene in mente di fare nulla... È incredibile!»

«Certo che abbiamo fatto qualcosa: l’abbiamo portata all’ospedale», si difende la giovane.

«E non avete avvisato la Polizia?», insiste Cestero.

«Ma se non hanno portato via nulla. E poi, che cosa avreste fatto?» Suor Teresa non la sfida solo a parole, ma anche con i gesti. «Venire qui, frugare dappertutto, rovinare la pace del monastero e curiosare tra le nostre cose. Qualcos’altro? Niente, come al solito!»

«Che cosa hanno detto i medici?», chiede Julia interrompendo i rimproveri.

«Che è in coma. Il suo cervello ha subito dei danni irreparabili. Per mancanza di ossigeno. Il signore ha voluto così», spiega suor Carmen.

«Possiamo vederla?», chiede Cestero. La sua voce ha perso ogni traccia di cordialità.

Suor Teresa non esita nemmeno un secondo prima di rifiutare. La cordialità è sparita anche dalla sua voce.

«Non avete bisogno di vedere una povera anziana prostrata a letto. La sua dignità...»

Cestero sostiene il suo sguardo per qualche istante. Quella storia non le piace affatto.

«Prima le chiedevamo di una ragazza che avete mandato a Lourdes nel ’79. Abbiamo bisogno di sapere che cosa l’ha spinta ad abbandonare il suo lavoro per venire con voi», ricorda Julia. Cestero tra sé e sé esulta per il suo intervento.

Suor Teresa annuisce lentamente.

«Abbiamo mandato molte bambine in Francia, non solo una. Erano creature vulnerabili. Ci sono troppi peccati pronti a corrompere le nostre giovani donne. Le famiglie ce le consegnavano perché le riportassimo sulla retta via, quella indicata da nostro Signore.» L’anziana beve un sorso dal bicchiere di vino prima di proseguire. «Qualche mese, a volte un anno intero, lontano da casa e dalle tentazioni terrene. C’è così tanto da fare a Lourdes, tanti malati che hanno bisogno di assistenza nel loro pellegrinaggio. Le ragazze erano di grande aiuto nella casa della nostra congregazione.»

«Si ricorda di Isabel Otero? Era figlia di immigrati galiziani. Ci risulta che sia passata da qui nel ’79. Sarebbe molto importante se una di voi riuscisse a ricordarla», chiede Cestero.

L’anziana nega con un cenno del capo mentre un altro dolcetto sparisce nella sua bocca.

«Come faccio a ricordare una cosa del genere? Sono passate così tante bambine da qui che non potrei certo dare un nome a nessuna di loro.»

Cestero sente il cellulare vibrare nella tasca della felpa. È un messaggio di Aitor. Sta continuando a lavorare sulla biografia delle vittime e questa volta ha trovato un dettaglio importante:

Anche Araceli Arrieta ha passato vari mesi a Lourdes.

La sottufficiale resta senza fiato. Lo legge di nuovo, una volta e un’altra volta ancora. Il monastero è appena diventato il punto di contatto tra le vittime. Alza gli occhi fino a incrociare lo sguardo di suor Teresa.

«Le dice qualcosa il nome di Araceli Arrieta?»

La monaca nega con un movimento della testa. Non le dice nulla.

«Non è la donna che hanno ammazzato qualche giorno fa?», interviene suor Carmen.

Cestero mostra il telefono a Julia, che alza le sopracciglia, sorpresa, leggendo il messaggio di Aitor. Ne è appena arrivato un altro in cui dice che l’anno coincide. Anche nel caso di Araceli era il ’79.

«E non conoscevate nemmeno Natalia Etxano?», chiede Julia.

La sottufficiale le è grata per la domanda. Sarebbe interessante sapere se anche la giornalista è passata per il monastero.

«La sentivamo alla radio, certo. Bisogna ascoltare il suo programma se si vuole essere al corrente di quello che succede a Urdaibai», chiarisce suor Teresa.

Cestero serra le mascelle. Fatica a contenersi davanti a quella donna che parte sempre per la tangente invece di rispondere.

«Sorella, abbiamo bisogno di una lista delle donne che avete mandato a Lourdes», annuncia Julia.

L’anziana si appoggia ai braccioli della sedia per mettersi in piedi.

«Venite domani. No, domani no, è il giorno del Signore. Meglio lunedì. Cercheremo negli archivi, forse lì è rimasto qualcosa. Ora devo lasciarvi. Andiamo, suor Carmen. È l’ora dell’Angelus

«Potrebbe esserci un’altra vita in gioco», insiste Cestero.

L’anziana si volta verso di lei quando giunge alla porta.

«Qui state perdendo il vostro tempo. Come vi viene in mente di cercare risposte a un crimine in un luogo dove non c’è altro che pace e amore per il prossimo? Non dimenticate di chiudere quando uscite e lasciate la chiave nella ruota.»

«Pregheremo per voi», aggiunge suor Carmen prima di seguire la donna lungo il corridoio.

La danza dei tulipani
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