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29 ottobre 2018, lunedì
Il campanello suona con irritante insistenza oltre la ruota. Passi di qui, passi di là... Il legno del soffitto scricchiola sotto i movimenti delle suore al piano di sopra. Nessuno, tuttavia, viene ad accogliere i poliziotti, che nell’ingresso cominciano a perdere la pazienza.
«Bisognerà buttare giù la porta», decide Cestero.
«È di legno massiccio. Dovremmo procurarci un buon ariete», commenta Aitor tastando la porta con le nocche.
Julia insiste con il campanello.
«Perché non aprono?»
«Perché non ne hanno voglia, maledette. E poi verranno a dirci che stavano dicendo il rosario o un’altra scusa qualunque. Dovremmo arrestarle per ostruzione alle indagini», esclama Cestero scuotendo con forza la ruota.
«Polizia! Aprite immediatamente o vi sbattiamo tutte in cella!»
Julia nota una lunga panca di legno appoggiata alla parete. Potrebbe servire da ariete. Così non dovrebbero aspettare che i colleghi ne portino uno dal commissariato.
«Buttiamo giù la porta?»
Cestero annuisce con un’espressione grave in volto. Hanno avuto fin troppa pazienza.
Due agenti da una parte, uno dall’altra, la panca viene afferrata e spinta, e scarica tutta la sua forza sulla porta. I cardini stridono leggermente.
«Dai, un’altra volta.»
Il secondo assalto non si è ancora concluso quando si sentono avvicinarsi dei passi dall’altra parte del muro.
«Sia lodato Gesù Cristo.»
«Apra la porta, adesso!», ordina Cestero senza tante cerimonie.
«Ma... Che cosa sta succedendo? Siamo in piena preghiera...»
La sottufficiale sta per ripetere l’ordine quando Aitor la anticipa.
«Abbiamo un mandato giudiziario per perquisire il monastero», spiega in tono amichevole.
«Non potete entrare in un monastero di clausura.»
Cestero non riesce a capire se la voce appartiene a una delle religiose che conosce dalle visite precedenti o a una nuova. Non importa. Le sue mani si stringono sull’ariete improvvisato. Continuerebbe più che volentieri a dare colpi alla porta solo per far indispettire quelle cospiratrici.
«Posate a terra la panca», ordina ai colleghi. Poi estrae da una cartellina il mandato della giudice e lo deposita nella ruota. «Eccolo qui. Apra immediatamente.»
«Datemi un istante. Vado a prendere gli occhiali. Non ci vedo più come quando ero giovane», si scusa la monaca.
«Ci sta prendendo in giro. Ve ne siete accorti, no?», si lamenta Cestero appena sente i passi allontanarsi.
Aitor annuisce con un gesto di circostanza.
«Si stanno prendendo gioco di noi fin dal primo giorno», aggiunge Julia arricciando le labbra.
La sottufficiale sbuffa. È difficile contenersi in momenti del genere. Il nesso tra i crimini dell’Assassino del Tulipano e la sparizione di Charo Etxebeste si trova dietro quella porta. Non possono permettere che una donna che vive dando le spalle al mondo gli faccia perdere tempo prezioso.
«Diamole dieci secondi. Se non torna, buttiamo giù la porta», dice ai colleghi, anche se il tentativo di calmarsi è più diretto a se stessa.
Passano dieci e poi venti secondi. Cestero si lascia scappare un’imprecazione prima di chinarsi e sollevare di nuovo la panca. Sente tutta la tensione concentrata sulle braccia. Questa volta la porta non resisterà nemmeno al primo colpo.
Senza avvisare, la ruota gira e il documento firmato dalla giudice riappare nell’ingresso.
«Questo vi dà il permesso di perquisire i nostri archivi e la biblioteca, in nessun caso potrete entrare nelle nostre celle o in altre dipendenze del monastero», annuncia la suora.
Cestero non l’aveva sentita tornare.
«Esatto», ammette controvoglia. Non tutti sono in grado di leggere così bene tra le righe di un mandato giudiziario. «Apra la porta una buona volta o la buttiamo giù.»
«Ah, per cortesia! Un po’ di serenità. Siamo troppo anziane per prenderci un tale spavento», obietta la religiosa facendo scorrere i chiavistelli.
Un grave stridio accompagna l’apertura della pesante porta. Dall’altra parte c’è solo un filo di luce, sufficiente perché Cestero e Julia possano riconoscere suor Teresa, la stessa che le ha ricevute con vino dolce e pasticcini alla loro prima visita. La sua espressione questa volta non è altrettanto amichevole.
«Abbiamo collaborato ogni volta che ci è stato richiesto», si difende la monaca. «Ora mi direte il perché di questo sopruso. Solo il medico è entrato nella clausura negli ultimi cinquant’anni. Il medico, e quelli delle pompe funebri quando nostro Signore richiama una di noi al suo fianco. Questa è un’imperdonabile mancanza di rispetto alla congregazione e alla Chiesa cattolica tutta.»
«Dove tenete l’archivio del monastero?», chiede Cestero senza badare ai rimproveri.
«Non abbiamo granché. Alcuni numeri relativi alla vendita di pasticcini, e poco altro.»
«Dove lo tenete?», il tono di Cestero non nasconde la sua preoccupazione.
«Dovete solo dirmi che cosa avete bisogno di consultare e io stessa posso portarvelo», obietta la monaca.
«Ci abbiamo già provato. Non si preoccupi, lo cercherò da sola. Perquisirò quell’archivio fino all’ultimo foglio», tuona la sottufficiale facendo segno ai colleghi di seguirla.
«Va bene. Vi accompagno. Qui è facile perdersi», si offre suor Teresa con un’espressione di circostanza.
È evidente che sta tentando di controllarli, assicurandosi che non lascino il percorso prestabilito e che non ficchino il naso nelle zone non comprese dal mandato.
Le scale che portano al piano superiore stridono sotto il peso di quella comitiva, che suor Teresa obbliga ad avanzare con una lentezza esasperante con la scusa dei suoi acciacchi. Un odore stantio, come di vecchia casa di paese, di quelle che si aprono solo durante le vacanze estive, fluttua nell’aria. La carta da parati, con motivi floreali che un tempo dovevano essere belli, è chiaramente di un altro tempo, consumata e divorata agli angoli dalle tarme. Eppure, nessuno è sorpreso; pochi luoghi sono in grado di soddisfare le aspettative di chi li visita come quel monastero.
Una decina di porte di legno, scuro come quello del pavimento, si schiera a ogni lato del primo piano. Poche di queste sono aperte e la luce del giorno filtra dai vani fino al corridoio.
«La biblioteca è la porta in fondo. Quella socchiusa», indica suor Teresa. «Aspettatemi lì, vi porterò qualcosa per addolcire la ricerca.»
«Mi sa che le si stanno bruciando i dolcetti», scherza Cestero notando l’odore che impregna l’aria.
Suor Teresa fa come se niente fosse: «È la stufa a carbone. Usiamo ancora quella per i pasticcini. Nel forno a gas non vengono altrettanto buoni, proprio no. Vedrete che delizia appena sfornati».
Cestero sta per dirle che non è necessario che porti dei dolci quando decide che questo darà a loro qualche minuto per muoversi senza avercela attaccata come una zecca.
La religiosa si affretta a salire le scale. D’un tratto ha recuperato un’agilità sorprendente.
«Dove sono le altre monache? O questa signora vive da sola?», chiede Aitor.
«Saranno di sopra, a fare i pasticcini», suggerisce Cestero con sarcasmo.
Julia arriccia il naso prima di affacciarsi su una delle celle aperte.
«Be’, non se la passano così male. Ho visto camere d’albergo più piccole di questa.»
Cestero dà un’occhiata fugace. La sua collega non esagera. Magari il letto è un po’ piccolo per i suoi gusti, e il mobilio austero e antiquato, ma lo spazio è ampio e, nei limiti, accogliente. Un crocifisso è l’unica cosa che rompe la monotonia delle pareti nude.
«Cos’è questo rumore?»
La sottufficiale si volta verso Aitor.
«Quale? Io non sento niente.»
Il collega scuote la testa.
«Niente. Mi era sembrato di sentire qualcosa.»
«Saranno le suore in cucina. Immagino che siano agitatissime. Abbiamo invaso la clausura...», scherza Cestero dirigendosi verso la biblioteca. Non vuole perdere un secondo di più.
«Di nuovo... Non l’avete sentito adesso?», Aitor si è fermato in mezzo al corridoio.
Accanto a lui, Julia annuisce. Entrambi hanno un’espressione molto concentrata.
«Viene da una delle celle. È una specie di lamento.»
Anche Cestero tende l’orecchio. Niente.
«Cazzo, sono la più giovane della squadra e la più sorda... Mi prendete in giro?»
I passi che si avvicinano lungo il corridoio la obbligano a voltarsi. Suor Teresa è tornata.
«Siete ancora qui? Su, su. Non avevate tanta fretta?»
Bibbie, vangeli, biografie di santi, la storia dell’ordine... Nulla che somigli anche vagamente a quello che stanno cercando.
«Qui non troveremo nulla. Lo sa anche suor Teresa. Per questo ci ha lasciati a cercare da soli», si lamenta Julia.
La religiosa si è assicurata di chiuderli in biblioteca prima di sparire di nuovo. Stavolta non è tornata in cucina, il rumore dei suoi passi è sfumato prima, in una delle celle che si affacciano sul corridoio.
«Da qualche parte dovranno pur tenere le loro carte. Non posso credere che delle donne che non escono mai da qui non abbiano un registro di tutto quello che succede, almeno di ciò che è fuori dall’ordinario... E i numeri? Quella strega non ha detto che avevano la contabilità delle vendite? Ora ditemi dov’è.»
Aitor non apre bocca. Inclina la testa, si avvicina agli scaffali, si allontana...
«Qui mancano dei libri», annuncia nel preciso istante in cui la monaca fa di nuovo la sua apparizione.
L’anziana prova, senza riuscirci, a mostrarsi sorpresa. È evidente che sta nascondendo qualcosa. Tanto che alla fine finge di ricordare un dettaglio.
«Ah, i quaderni con i conti... Me ne stavo scordando. Ve li porto subito.»
Cestero apre la bocca per aggiungere di non limitarsi alla contabilità, ma Aitor con un gesto la prega di aspettare. Lui e il suo intuito...
Qualche minuto dopo suor Teresa torna in biblioteca con quattro libri contabili, di quelli con le pagine divise in caselle per annotare entrate e uscite.
«È tutto quello che abbiamo. Il furto...», si lamenta depositandoli sul tavolo.
Aitor non perde tempo a sfogliarli. Li prende e li porta verso gli scaffali. Cestero annuisce orgogliosa quando il suo collega accende la torcia e rivolge la sua attenzione alle tracce di polvere in uno degli spazi privi di libri. Solo una persona minuziosa come lui si sarebbe potuta accorgere di un dettaglio simile.
«Guardi, sorella. Si avvicini», indica Aitor appena i quattro libri contabili prendono il loro posto nella libreria.
Suor Teresa obbedisce controvoglia. Sono tornati gli acciacchi, si muove di nuovo con una lentezza esasperante. Cestero deve trattenersi per non darle uno spintone, e resta in piedi a una discreta distanza. Non ha bisogno di vederlo per capire quello che ha scoperto il suo collega. Preferisce osservare le reazioni della religiosa.
«Vede la traccia che i libri hanno lasciato nella polvere?» La monaca non risponde. «Sì, certo che la vede. E vede anche che questi volumi si infilano perfettamente nel solco lasciato. Dove sono gli altri? A mio avviso qui dovrebbero esserci almeno altri sei libri. La polvere indica chiaramente che stavano qui e ora mancano.»
«Sta forse dicendo che nascondiamo qualcosa?»
Cestero sbuffa. Fino a quando quella donna pensa di poterli prendere in giro?
«Niente affatto», decide di intervenire. «Quello che le sta cercando di dire molto educatamente l’agente Goenaga è che se non inizia a collaborare la sbattiamo dentro. E mi creda, cara suor Teresa, la clausura delle nostre celle non è come questa. Lì avrà certo occasione di imparare cosa significa fare sul serio voto di povertà.»
Il volto dell’anziana resta imperscrutabile. Le sue labbra non si muovono.
«Forse non mi sono spiegato», commenta Aitor posando una mano sulla spalla della religiosa. «Solo qualche ora fa, forse qualche minuto fa, qui c’era una serie di documenti che qualcuno ha fatto sparire. I quattro libri che lei ci ha appena portato sono parte del materiale, ma non c’è ancora tutto. Dove ha messo il resto? C’è una donna scomparsa la cui vita può dipendere da quello che troviamo qui dentro. Capisce la gravità della situazione?»
«Noi preghiamo per lei. Le nostre preghiere...»
Cestero, che ha ancora in mano uno dei dolcetti offerti da suor Teresa, è sul punto di perdere la pazienza. Non vuole prendere la monaca per la tunica e scuoterla. Se lo porta alla bocca per liberarsi la mano e aggrotta le sopracciglia. È freddo. Non li avevano appena sfornati?
«Cazzo, stanno bruciando i documenti!», esclama ricordando l’odore che aleggia per tutto il monastero.
Suor Teresa cerca di obiettare. Senza successo. Quando cerca di afferrare il braccio di Aitor per impedirgli di uscire di corsa dietro alle sue colleghe è già troppo tardi.