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Kit
20 marzo 2015
La Princess Celeste è la prima nave a salpare dal porto di Tórshavn ed è quasi un grande evento. La folla che saluta pare uscita da un secolo fa: sembra di vedere quelle fotografie con effetto seppia dove tutti gli uomini indossano il cappello e hanno i baffi e le donne sventolano fazzoletti di pizzo.
Invece di cappelli e fazzoletti, però, ci sono impermeabili e smartphone. In mezzo alla folla ci sono anche Krista e la sua famiglia, con i loro impermeabili abbinati. Li saluto con entrambe le mani e mi rendo conto che mi piacerebbe restare in contatto con loro. (Anche se non ho ancora idea di chi sia Bill e credo che il momento di chiederlo sia ormai passato; riesco a immaginare di rimanere amici per un altro ventennio senza che io abbia la più pallida idea di dove l’ho conosciuto). Il bambino a cavalcioni sulle sue spalle è molto piccolo e ha l’età giusta per giocare con i miei figli, che verso il 2017 avranno i suoi anni. Il pensiero mi riempie di calore.
Suona la sirena; la nave vibra e poi vira a tribordo, facendoci tutti aggrappare al corrimano; chi l’ha afferrato in tempo scoppia a ridere e gli altri che non ce l’hanno fatta si lasciano sfuggire un’imprecazione.
Presto le isole spariscono alla vista. La nave si lascia dietro una scia schiumosa nel mare blu petrolio. Resto in piedi sul ponte di poppa, dove mi è sembrato di aver visto Beth nel tragitto di andata. È stato davvero soltanto due giorni fa?
Sento anche un po’ di nostalgia, dopo il sollievo provato. Sono abbastanza abituato alla vita in mare, ma sto iniziando a stufarmi dei ponti, dei rivetti e dei corrimano; non voglio dormire a bordo stanotte. Non ho la pazienza di affrontare il treno e la metropolitana di domani. Quello che vorrei è teletrasportarmi subito a casa, davanti alla porta d’ingresso o, meglio ancora, nel mio letto, abbracciando mia moglie addormentata, con una mano sulla sua pancia, e lasciarmi cullare dal ritmo leggermente asincrono dei calcetti dei miei figli. Ho viaggiato a sufficienza. Questo viaggio mi basterà per un bel pezzo. Non lascerò più Londra fino alla grande eclissi americana del 2017 e ci andremo tutti insieme: io, Laura e i nostri bambini.
Invio a Laura un messaggio breve: “Sono di ritorno a casa. Spegnerò il telefono per la notte. Ti amo. Baci”.
Fendiamo le acque del mare del Nord e le tacche sul telefono spariscono una dopo l’altra mentre le terre emerse si dissolvono alle nostre spalle. Quando alla fine rimango senza campo, con il pollice spengo lo schermo.