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Laura
20 marzo 2015
Quando mi squilla il telefono e la fotografia di Mac riempie lo schermo vengo percorsa da una scossa elettrica per la sorpresa, anche se sono stata io a pregarlo di richiamarmi. Quello che solo pochi minuti prima sarebbe stato il mio salvatore è ora un’interruzione che non posso permettermi.
«Laura, che cazzo è successo? Sei in ospedale?». Mac suona proprio come Kit quando è in preda al panico, la parlata strascicata sparisce, e riesco a sentirlo a malapena al di sopra delle voci e del clangore in sottofondo.
«Sto bene», gli dico. «I bambini stanno bene». All’altro capo del telefono sento un rumore forte e qualcuno che grida: «Merda!».
«Cosa è stato?»
«È esplosa una tubatura in negozio», dice. «Lo scantinato è allagato e l’acqua arriva fino al ginocchio. Sono rimasto qua sotto a cercare di sistemare il casino, ecco perché non mi prendeva il telefono. Le provviste sono state danneggiate e mi ci vorrà tutta la notte per ripulire». Fa una pausa per poi tornare finalmente al discorso iniziale. «Ma se i bambini stanno bene, che succede? Perché hai chiamato?». La voce gli precipita sotto le scarpe. «Merda, non sarà Kit, vero?».
L’ironia mi fa venire voglia di scoppiare a ridere di gusto; per tutto questo tempo sono stata in pensiero per Kit e lui è al sicuro nella sua fortezza galleggiante.
«Sta bene», dico. «Mi dispiace, era un falso allarme». Non gli dico che è stato un attacco di ansia perché mi appiopperebbe a Ling e ho bisogno di avere quante più persone possibili in stand by per me.
«Terrò il telefono al piano di sopra». È tornata la parlata strascicata, ma ora si è aggiunta una sfumatura di pazienza esasperata. «Dovrei sentirlo, se dovesse suonare. E continuerò a controllarlo».
È con sollievo che riattacco. Sono le 07:40, Beth sarà al Salisbury ormai, davanti a un bicchiere di vino o di caffè a portar via.
La prima pagina, una lettera sciolta scritta fronte e retro, deve essere la cosa che le ho sentito infilare nella busta. Do un’occhiata veloce al resto – fotocopie e stampe da Internet – prima di tornare al punto di partenza.
Cara Laura,
sto scrivendo al tavolo della cucina prima di partire per Londra. Se stai leggendo questa lettera, vuol dire che per qualsivoglia ragione non siamo riuscite ad avere una conversazione di persona. Forse non ho trovato casa tua o forse l’ho trovata ma non ti va di parlare. Avrei voluto affrontare tutto questo al tuo fianco, discutere con te di ciò che significa, ma una lettera imbucata in una cassetta è sempre meglio di niente. Quello che conta è che l’informazione ti arrivi. È da settimane che mi tormenta.
So che sentirmi così all’improvviso ti scombussolerà. Fidati, anch’io non sprizzo esattamente gioia da tutti i pori all’idea di riportare alla luce il nostro passato. Ho pensato che tutta la faccenda di Jamie fosse morta e sepolta anni fa, e non gradisco che dopo tutto questo tempo stia tornando alla carica, ma tant’è.
Per favore, leggi con attenzione. C’è parecchio materiale, ma ho cercato di dargli una parvenza di ordine in modo da farti capire cosa sia accaduto.
Non preoccuparti, non sono interessata a riallacciare i rapporti. Hai messo bene in chiaro che te ne vuoi lavare le mani di me e, a essere sincera, dopo un po’ di tempo ho esaurito l’energia per cercarti e persuaderti a cambiare idea. Comunque, qualsiasi cosa possa essere successa allora, ti sarò sempre grata per ciò che hai fatto per me, ecco perché mi sono rimessa in contatto adesso.
Credo che dovresti prendere seriamente la minaccia.
Con affetto, baci,
Beth
La sua lettera porta con sé più domande che risposte. Cos’è che la tormenta da settimane? Quale minaccia? Come diavolo mi ha trovata?
Mi dedico alla prima delle pagine in allegato. La successiva è la fotocopia di una lettera dattiloscritta risalente a sette mesi prima; la settimana in cui ho scoperto di essere incinta. La settimana in cui il sito web di Jamie è cambiato.
Antonia Balcombe
c/o Imrie and Cunningham Chambers
198 Bedford Row
Londra EC1
Elizabeth Taylor
c/o Evans and Bay Chartered Solicitors
1 Broad Street
Gedling
Nottingham NG15
3 ottobre 2014
Cara Beth,
spero che non ti dispiaccia se ti do del tu e ti chiamo per nome. Mi auguro che questa lettera ti arrivi senza problemi e che tu voglia leggerla fino in fondo. A quanto pare al momento spero in un sacco di cose. Non merito la tua attenzione e non ti biasimerei se volessi bruciarla, o persino gettarla nella carta straccia, ma spero che la leggerai. Lo spero davvero.
Forse avrai notato che la scorsa settimana il sito web di Jamie – quel maledetto sito del cavolo – è stato sostituito dall’avviso che ci sono stati sviluppi nel caso. Non è vero. Come potrebbe essere possibile, dopo quindici anni? Quello che è successo è che, dopo anni di miseria e di abusi, ho finalmente trovato il coraggio di lasciare Jamie e non sono più disposta a prestare il mio nome alla sua causa. Ma non ho smesso di sostenerlo perché stiamo divorziando; stiamo divorziando perché ho smesso di sostenerlo. Un sostegno che non avrei mai dovuto dargli fin dal principio. Dire che ti devo delle scuse sarebbe un insulto.
Sono determinata a non accampare giustificazioni in queste righe, però sento il bisogno di spiegarmi.
Jamie è un prepotente e un bullo e io immagino di essere una facile da tormentare. È astuto, affascinante. Suona sciocco a scriverlo, ma ammettere la propria “infedeltà” con te è stato un colpo da maestro. Pensavo che fosse onesto; non mi ero resa conto che fosse solo la più spudorata delle sue menzogne. Devi essere stata così forte a schierarti contro di lui. Quando ripenso al processo, cosa che accade spesso, ti ammiro incredibilmente e alla fine il tuo coraggio ha giocato un ruolo decisivo per smuovere il mio. Adesso ho un nuovo vocabolario; tutto quel tempo passato a convivere con quello che chiamano “controllo coercitivo”, anche se potrei riempirci un libro con gli esempi a riguardo, non sapevo che avesse un nome. Pensavo che fosse soltanto qualcosa che lui faceva a me.
Le cose si conoscono su vari livelli, Beth. E io credo che persino allora sapessi cosa ti aveva fatto Jamie, ma ero stretta nella morsa di qualcosa di potente a quei tempi. Gli credevo anche dopo che era finito in prigione. O forse dovrei dire che credevo di credergli, sempre che abbia senso. Non avevo margine di dubbio: tu ne hai visto solo il lato gelido, ma a meno che tu non l’abbia vissuto sulla tua pelle non puoi immaginarti il calore di un benvenuto Balcombe. Jamie è il cocco di sua madre; la sua fiducia in lui ha giocato un ruolo decisivo nel persuadermi.
Mi hanno dato un appartamento, mi hanno aiutata a sistemarlo in previsione del suo rilascio, e anche se nei primi mesi ha mantenuto la facciata non ci ha messo molto a prendersi ciò che voleva, quando lo voleva. Non c’è bisogno che lo metta per iscritto, ma lasciami solo dire che io e te abbiamo in comune più di quanto qualsiasi donna dovrebbe avere. Per allora ormai sentivo di esserci dentro fino al collo. Avevo il suo anello al dito; avevo prestato il mio nome alla sua campagna, e c’era sempre il fascino, i regali – gioielli, vestiti, profumi – subito dopo. Mai una scusa, però, perché le scuse equivalgono a un’ammissione.
Forse adesso avrai dei figli, e se è così spero che capirai perché sono rimasta così a lungo. I beni materiali avevano il loro peso, soprattutto nei primi tempi, ma era anche un buon padre, nella misura in cui non mi ha mai toccata davanti a loro.
Ma c’è sempre un punto di svolta e il mio è stato quando lo ha rifatto. Non a me; o non solo a me.
Lascia che cominci dal principio o dall’inizio di quest’altra ragazza. L’azienda di Jamie offre uno stage molto prestigioso per i laureandi; è ben pagato e i tirocinanti ottengono più esperienza sul campo di qualsiasi altro rivale nel settore. Immagino che si debba conoscere l’industria dall’interno per capire cosa significhi per un giovane studente di architettura appartenere al gruppo dei Balcombe. È una cosa grossa. L’anno scorso la tirocinante era una giovane graziosa e Jamie è diventato il suo mentore, dandole attenzioni che non aveva riservato a nessun altro, anche se lei non poteva sapere che non era normale. Aveva ventun anni all’epoca, ma era molto ingenua, Dio solo sa se so che esistono donne del genere, e non si è resa conto che lui aveva dei progetti per lei se non quando è stato troppo tardi. Le circostanze sono state orribilmente familiari, Beth: ci ha provato una sera quando lavoravano entrambi fino a tardi, ma lei l’ha rifiutato, lui si è comportato come se nulla fosse e lei ha pensato che si trattasse solo di un incidente lusinghiero, per quanto imbarazzante. Più tardi mi ha raccontato che le aveva persino fatto credere che la sua condanna non potesse essere valida; di certo se fosse stato uno stupratore avrebbe colto l’opportunità di attaccarla in quel momento, no? In effetti dopo averlo rifiutato lei si è sentita molto più rilassata che in precedenza.
Due giorni più tardi l’ha gettata a terra nel parcheggio dell’ufficio – quel cinico bastardo sapeva esattamente dove farlo, nel punto cieco delle telecamere – e l’ha inchiodata lì mentre la stuprava. Le ha tenuto la faccia nella polvere, proprio come ha fatto con te in Cornovaglia, ma questa volta non è stato interrotto. Lei non ha idea di quanto tempo sia andato avanti, ma quando ha iniziato c’era ancora il sole e alla fine era notte fonda. La ricompensa di Jamie è iniziata non appena ha finito con lei. Le ha offerto un aumento di stipendio, referenze stellari e la possibilità di lavorare al nuovo complesso residenziale che stanno costruendo a Thames Gateway. Era così sconvolta che ha semplicemente detto di sì, ha accettato l’offerta.
Sai come lo so? Non è stata lei a raccontarmelo; non me l’avrebbe mai detto. Si è seduta al mio tavolo a un evento di beneficenza e questa ragazza che conoscevo vagamente da un anno o giù di lì, quella brillante e spumeggiante giovane donna aveva uno sguardo spento in viso. Mi sono chiesta se avesse problemi con il ragazzo o se fosse una questione di debiti, oppure un disturbo alimentare o qualcosa del genere, e ho pensato: Più tardi la prendo da parte e le chiedo se le serve aiuto. Non era in lei: mi ricordava qualcuno, ma non riuscivo a capire chi. Poi, nel corso della serata, c’era stato un ballo; Jamie non aveva dovuto fare altro che guardare nella sua direzione perché lei attraversasse di corsa, sui tacchi, la pista da ballo e si fiondasse nel bagno delle donne. Mi si è gelato il sangue nelle vene. Sapevo chi mi ricordava. Avevo visto lo stesso identico sguardo su di te e nello specchio del mio tavolo da toeletta. L’ho raggiunta e ha ceduto, raccontandomi tutto.
Ho cercato di persuaderla a rivolgersi alla polizia, le ho detto che l’avrei sostenuta, ma conosceva la mia storia, la campagna che avevo fatto, perciò perché avrebbe dovuto credermi? Invece, mi ha guardata come se fossi pazza, una bugiarda o una strega. Ha pensato che fossi parte della cospirazione! Quella notte, mentre mi struccavo, ho visto il disgusto riflesso nei miei lineamenti.
Il giorno dopo ho detto a Jamie che avrei ritirato la mia deposizione dal sito web. Non che lo stavo lasciando, non che avevo intenzione di dare il via a una contro-campagna; quel ritiro silenzioso del mio supporto è stato abbastanza. Al momento si trova nella prigione di Erlestoke per avermi spaccato la mandibola in risposta.
Non mi aspetto né mi merito il tuo perdono, ma un giorno mi piacerebbe incontrarti e cercare di capirci qualcosa. Spero – di nuovo questa parola – che non prenderai la mia lettera come un insulto, ma come una scusa sincera.
Tua,
Antonia Balcombe
L’ultimo foglio di carta fluttua fino al pavimento. L’ha fatto; Jamie ha stuprato davvero Beth. Il dubbio che mi ha dilaniata per anni sparisce e il sollievo si libra sopra la mia testa come un uccellino liberato dalla gabbia. A livello morale non ho più niente di cui preoccuparmi. Le lacrime che mi spuntano ora sono per Antonia e l’altra ragazza. Potrei piangere per tutta la notte, ma le lancette corrono.
La pagina successiva contiene di nuovo la scrittura di Beth.
Ok, quindi. Ho incontrato Antonia parecchie volte da quando mi ha scritto questa lettera. È una brava persona, è sincera. Dovrà portare una placca di metallo in faccia per il resto della sua vita e sta messa peggio di me, perché lei è stata con quel bastardo per tutti quegli anni. Comunque, ne abbiamo parlato e questo è il massimo cui riesco a spingermi per riassumere ciò che è successo.
Quando ha scritto quella lettera, Jamie era appena entrato. Da allora, anziché migliorare, è peggiorato. La nuova ragazza, questa tirocinante – non conosco il suo nome – a quanto pare è sul punto di raccontare tutto alla polizia e lui lo sa. Adesso crede che Antonia, lei, io e persino tu stiamo cospirando contro di lui. Ha completamente perso la testa. Sta parlando di farle causa, Gesù. Sta parlando anche, ed è qui che entri in gioco tu, di “tornare alle origini”, che per quanto ne sappiamo significa spingere me e te a cambiare le nostre dichiarazioni su quanto accaduto al Lizard. Lo so, lo so, è andato. Ma lui crede di essere nel giusto, ed è questa la cosa che fa paura.
È difficile dire quanto sia reale questa minaccia – insomma, le prigioni, e le strade se è per questo, sono piene di pazzi che sparano stronzate. Continuo a pensare: No, non fa sul serio e comunque non riuscirà a trovarli, devo lasciarli in pace. A un certo livello è quasi ridicolo; l’idea che all’improvviso possiamo fare un’inversione di marcia e dire: “In realtà, Jamie, hai ragione! Non vedevo l’ora di farlo con te e Laura non ci ha mai nemmeno visti! Alziamo le mani, poliziotto, è stata tutta una cospirazione!”. Poi parlo di nuovo con Antonia e noto quanto fatichi a chiudere i denti per masticare perché la sua mascella non tornerà mai più come prima, quanto sia spaventata, quanto stia lottando senza il sostegno dei suoceri che per lei sono stati una famiglia per tutta la sua vita adulta. Non si inventerebbe tutto. E di colpo non mi sembra ridicolo per niente e mi torna in mente quello che mi ha fatto passare. Ripenso a dove si trova, alla gente con cui si relaziona e al fatto che è ancora molto ricco. Questo mix di soldi e agganci e la sua folle convinzione mi fanno credere che Jamie sia molto più pericoloso adesso di quanto lo sia mai stato in passato. Penso a tutto questo e mi rendo conto che non posso non dirlo a Laura e a Kit.
Antonia è preoccupata per quello che Jamie potrebbe fare e lo sono anch’io. Senza di lei, la reputazione di cui ha cercato di riappropriarsi così strenuamente è di nuovo compromessa. Tutte quelle persone che ritengono che non sia colpevole ma innocente, gli hanno creduto grazie a lei. Senza Antonia, non può più prendere in giro nessuno. È come se non avesse più niente da perdere, soprattutto se lei riuscirà a persuadere questa ragazza a farsi avanti. Lui non potrebbe trovarti come ho fatto io – conoscerti bene come ti conosco io mi ha portata da te…
L’ultima riga mi strappa da Jamie e mi riporta a Beth. Cosa intende con “ti ho trovata solo perché ti conosco così bene”? Sarebbe facile, sopraffatta come sono da questa mole di nuove informazioni, perdere di vista quella riga. O è ciò che vuole? Che sia tutto un suo stratagemma? Ricomincio a leggere con rinnovata circospezione.
…ma è ricco, determinato e non ha un cazzo da fare.
E sì, prima che tu lo chieda, ho già provato a rivolgermi alla polizia. Sono stati i primi cui mi sono rivolta. Ho cercato di parlare con la sergente Kent, più che altro per ricevere un suo consiglio, ma è morta qualche anno fa. Così sono dovuta andare alla mia stazione locale, ma mi sono stati di scarso aiuto lì. Hanno preso me sul serio, per via della condanna di Jamie, ma per lo più mi hanno detto solo che lo terranno d’occhio e mi faranno sapere quando uscirà. Sai quanto me ne faccio, visto che sono già in contatto con Antonia. Non faranno niente per te, però, anche se hai testimoniato contro di lui. Gliel’ho chiesto io e così ha fatto Antonia, ma figuriamoci. Tanto per cominciare, deve minacciarti direttamente perché la polizia possa intervenire. A quanto pare che l’abbia detto ad Antonia non conta. È classificata come minaccia attraverso terzi. Anche se la polizia potesse offrirti protezione, ci sarebbe un altro problema più ovvio. Chi gli dico di proteggere? “C’è questa coppia, Kit e Laura, penso che abbiano cambiato i loro nomi o magari non sono nemmeno più in Gran Bretagna, per quanto ne so io, ma potreste comunque impiegare tutte le vostre risorse per trovarli e portarli in un rifugio sicuro?”. Potrai immaginarti la risposta.
Comunque, ho provato a raccogliere tutto, ma sicuramente mi sarà sfuggito qualcosa. Spero davvero che potremo vederci di persona così da colmare le rispettive lacune.
Grazie per aver letto, baci,
Beth
Alla fine c’è una lista di numeri: cellulari e fissi con prefissi che non mi sono familiari, per Beth e Antonia, e sotto in lettere maiuscole: “SALVATELI NEL TELEFONO. SIAMO ENTRAMBE QUI SE DOVESSI AVERE BISOGNO DI NOI”.
Esito, riluttante a fare qualsiasi cosa mi dica Beth; poi salvo i suoi numeri, così saprò che non devo rispondere se in qualche modo riuscisse a trovare il mio – meglio non sottovalutarla – e quelli di Antonia, nel caso alla fine risulti tutto vero. Poi ripiego le pagine, un pugno di minacce e indovinelli che mi giace in grembo, e chiudo gli occhi per non vedere l’ora e darmi il tempo di pensarci su. La cosa che ho più bisogno di sapere è quella che non ha nemmeno menzionato; nelle lettere non fa alcun riferimento al nostro passato di regali e foto, vetri e incendi.
A poco a poco ritorno consapevole dell’ambiente circostante; il telefono silenzioso al mio fianco, la TV che ancora borbotta in sottofondo, scolaretti che guardano l’eclissi in Scozia. Il drink rovesciato che si coagula intorno a me, l’odore nauseabondo che sale dal pavimento e le macchie sui vestiti che si rapprendono. Sono le 08:15.
Come intorpidita, vado in cucina, afferro uno strofinaccio per i piatti e inizio a pulire a terra, con la pancia che sfiora le piastrelle mentre mi inginocchio, con gli occhi che continuano ad andare dallo strofinaccio alla porta, all’orologio, al telefono. Non posso passare la notte qui. Andrò da Ling; ho la chiave, non importa se è in casa o meno. Se andassi ora, mentre Beth è ancora al pub, non potrebbe seguirmi fino a là. In camera da letto cambio i vestiti impiastricciati con una sottile maglietta premaman che può farmi anche da pigiama, un cardigan morbido e un paio di jeans elasticizzati.
08:20. Tra dieci minuti se ne andrà.
Indosso un cappotto che non riesco più a chiudermi, mi infilo il cellulare in tasca e chiudo a doppia mandata la porta alle mie spalle, prima di coprire la breve distanza da Wilbraham Road fino al Salisbury. Uno sciame di api si agita laddove dovrebbe esserci il mio cuore e se non fosse per le mani sulla pancia, potrei quasi sentirmi temeraria. Finiamola una buona volta: il processo, l’incendio, la fotografia, lo Zambia; tiriamo fuori tutto quanto. La chiave per camminare sui carboni ardenti è il coraggio.
È a malapena primavera a Green Lanes, figuriamoci estate, ma la promessa del calore a venire è sufficiente a riportare la vita nella strada; due bambini piccoli giocano a calcio nella via chiusa, mentre la divisione tra carreggiata e marciapiede si dissolve. Al Salisbury metto una mano sull’enorme porta, restando ferma sui gradini a scacchi e socchiudendo gli occhi davanti al vetro sabbiato. Mi tremano le gambe, come se solo loro sapessero che dovrei scappare, correre alla prima stazione di polizia. Ma sono anni che avrei dovuto avere questa conversazione e mi rimane ancora una paura residua della polizia.
Il pub è decorato con le tinte rosse e dorate di un auditorium. L’alto soffitto vittoriano e le pareti d’oro creano un proscenio che incornicia Beth, l’attrice solitaria, minuscola al suo tavolo per due. Sembra innocua; no, sembra spaventata, che non è per niente la stessa cosa. Devo ricordarmi che la colpevolezza di Jamie non neutralizza ciò che ha fatto Beth. Niente potrebbe mai neutralizzare ciò che ha fatto.